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Non si può non essere d’accordo con Alessandro Salvini che, nell’introduzio- ne al “Potere dell’empatia”, scrive che si tratta di “Un libro chiaro, scorrevole, ricco di esempi, che offre al lettore una comprensione della ricchezza psicolo- gica che si cela dietro la parola “empa- tia”. Io aggiungerei che si tratta di un testo che si legge volentieri, senza farsi venire il mal di testa. L’autore ha stuz- zicato sapientemente anche l’empatia del lettore.

Ma cos’è l’empatia? Nel suo Diziona-

rio psicologico (1992), U. Galimberti la

definisce come “la capacità di imme- desimarsi in un’altra persona fino a coglierne i pensieri e gli stati d’animo”. Secondo M. V. Masoni si tratta però di un’interpretazione riduttiva. Infatti, è necessario distinguerla dalla “non em- patia” che magari è utile proprio perché permette di “risvegliare l’animale che è in noi” ed è opportuno non confonderla con l’”empatia sbagliata” che può essere anche dannosa, quando ad esempio, induce l’”altro” a crogiolarsi nella passi- vità che gli abbiamo involontariamente accordato, anziché ad affrontare la crisi per trovare nuovi e più maturi equilibri. In ogni caso, empatia e non empatia sono i due poli della questione. Perché ci sia empatia, occorre la presenza di non empatia (p. 71).

Oggi, l’empatia la trovi dappertutto in tutte le pietanze intellettuali, come

di Marco Vincio Masoni Dario Flaccovio Editore 2005

pp. 128 € 16,00

il prezzemolo in cucina. A cosa serve questa competenza? La risposta è che con l’empatia si può far star meglio gli altri (p. 14, p. 43). In realtà bisogna sta- re attenti, perché questa capacità può essere sfruttata dai lestofanti per irretire gli altri (quelli più vulnerabili) per scopi truffaldini.

In questi agili capitoli l’autore presenta una serie di esempi (quasi delle para- bole) che mostrano al lettore le diverse sfaccettature di questa competenza così potente da permettere agli attori di una interazione una profonda corrente di simpatia e consente ai partner di met- tersi l’uno nei panni dell’altro. “Insegnare

per esempi” spiega l’autore, ”è da sempre ritenuto la via più efficace per passare e condividere idee”. Si tratta di storie che

fanno parte della sua vicenda professio- nale e che ci mostrano, come se fossimo in una galleria d’arte, la sequenza di qua- dri che rivelano la natura dell’empatia. Possiamo affermare che l’empatia non risiede nel DNA e che per essere svilup- pata ha bisogno della nostra riflessione e della nostra disponibilità a metterci in gioco e a cambiare.

Qual è l’empatia utile all’altro? Solo chi sa che esistono molte verità può ascol- tare con rispetto la verità dell’altro (p. 51) senza restare intrappolato nei pro- pri pregiudizi, ideologie o dogmatismi. Dunque, l’empatia si può imparare e si può migliorare usando una sorta di gin-

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nastica mentale, sostenuta dalla disponi- bilità a cambiare, scrollando le abitudini che fanno ristagnare i nostri pensieri (p. 56). L’autocambiamento è necessario per fare emergere l’empatia, anche (o proprio per questo) rigettando la norma che presidia rigidamente il nostro com- portamento (pp. 64-5). A questo propo- sito, l’autore osserva che “l’agire empatico

è tanto più efficace, quanto più si distacca dallo sfondo, dalla norma, quando giu- dichi l’altro”. Questo approccio implica

l’uso di due termini entrati di recente nell’uso comune: emico ed etico e un rapporto empatico deve comprendere entrambi questi due aspetti.

Emico: ci induce a indagare le ragioni dell’Altro per comprenderne i compor- tamenti.

Etico: se constatiamo che il compor- tamento dell’Altro è disfunzionale, è necessario individuare altre vie funzio- nali al raggiungimento dell’obiettivo perseguito.

Non solo gli umani, ma persino le macchine (o meglio il software che es- se attivano) possono essere empatiche. Un esempio ci mostra, in maniera icasti- ca, come un personal computer (il suo programma) possa essere più empatico di un’insegnante.

Le vie dell’empatia sono numerose: fare bene il proprio lavoro è anche un la- vorare per gli altri e dunque è empatico. Una frase detta nel modo giusto dalla persona giusta (per esempio: “Bravo,

hai scritto un tema interessante” all’allie-

vo che si sente un asino), può davvero generare una motivazione nuova, stra- ordinaria. Anche questa è empatia (p. 78). Per i docenti e i genitori, se si vuole ridurre l’ansia, “che è il peggior nemico

dell’intelligenza”, si può persino usare la

tecnica paradossale della prescrizione dell’errore. “Se la scuola anziché corregge-

re gli errori nelle verifiche di classe segnasse con la penna rossa tutte le cose giuste, gli studenti ‘crescerebbero’ a velocità notevol- mente incrementata” (p.119).

La prescrizione del sintomo (analoga a quella dell’errore) viene spesso usata

nelle psicoterapie strategiche e con- siste nel prescrivere all’Altro proprio il comportamento che si vuole sradicare. L’effetto ‘magico’ di tale prescrizione è che il comportamento prescritto viene accuratamente evitato. Si può dire che tale modalità implichi l’accettazione as- soluta dell’Altro: “Mi vai così bene, che non

voglio che tu cambi. Anzi, insisti!” Questo

atteggiamento mostra l’autocambia- mento del genitore, del terapeuta che usa una flessibilità aliena alla norma che permette alla rigidità identitaria del figlio /paziente di rilassarsi, di allargare i propri confini comportamentali.

L’empatia, dunque, può consentire di trasformare i problemi in risorse.

In chiusura, l’autore risponde a una grande domanda empatica: “A che cosa

ti serve?” e la risposta impone un’analisi

dei propri comportamenti, senza giu- stificazioni, assoluzioni e mistificazioni, cercando di andare dritti al cuore del problema. Tali domande e tali risposte sono sicuramente empatiche.

Questo percorso scandito da gustosi esempi viene riassunto da 12 tocchi di bacchetta empatica, un prontuario ef- ficace per imparare a rafforzare il potere dell’empatia.

Diego Lavaroni

Psicologo Coordinatore

Struttura stabile “Giuliana”

di sostegno all’orientamento educativo Gorizia - Trieste

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