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Le modalità alternative di risoluzione delle controversie

controversie

Come abbiamo osservato nel precedente paragrafo, spesso la tutela giurisdizionale non si rivela uno strumento efficace a garantire un concreto soddisfacimento delle situazioni giuridiche dell’utenza. L’effettività della tutela sarebbe infatti vanificata se, di fronte al rifiuto dell’impresa di riconoscere il proprio inadempimento, l’utente non potesse fare altro che adire le tradizionali vie giurisdizionali:

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Art. 136, comma 4, c. cons.: “E' compito del Consiglio: a) esprimere pareri, ove richiesto, sugli schemi di atti normativi che riguardino i diritti e gli interessi dei consumatori e degli utenti; b) formulare proposte in materia di tutela dei consumatori e degli utenti, anche in riferimento ai programmi e alle politiche comunitarie; c) promuovere studi, ricerche e conferenze sui problemi del consumo e sui diritti dei consumatori e degli utenti, ed il controllo della qualità e della sicurezza dei prodotti e dei servizi; d) elaborare programmi per la diffusione delle informazioni presso i consumatori e gli utenti; e) favorire iniziative volte a promuovere il potenziamento dell'accesso dei consumatori e degli utenti ai mezzi di giustizia previsti per la soluzione delle controversie; f) favorire ogni forma di raccordo e coordinamento tra le politiche nazionali e regionali in materia di tutela dei consumatori e degli utenti, assumendo anche iniziative dirette a promuovere la più ampia rappresentanza degli interessi dei consumatori e degli utenti nell'ambito delle autonomie locali. A tale fine il presidente convoca una volta all'anno una sessione a carattere programmatico cui partecipano di diritto i presidenti degli organismi rappresentativi dei consumatori e degli utenti previsti dagli ordinamenti regionali e delle province autonome di Trento e di Bolzano; g) stabilire rapporti con analoghi organismi pubblici o privati di altri Paesi e dell'Unione europea; h) segnalare alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica, eventuali difficoltà, impedimenti od ostacoli, relativi all'attuazione delle disposizioni in materia di semplificazione procedimentale e documentale nelle pubbliche amministrazioni. Le segnalazioni sono verificate dal predetto Dipartimento anche mediante l'Ispettorato della funzione pubblica e l'Ufficio per l'attività normativa e amministrativa di semplificazione delle norme e delle procedure.”

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lunghezza dei processi e sproporzione dei loro costi rispetto al risultato sconsigliano al singolo iniziative in questa direzione.

E questo si riscontra ancora di più nel settore dei servizi pubblici, laddove il carattere tecnico delle controversie e la strutturale inidoneità della giurisdizione a prevenire lesioni alle situazioni giuridiche soggettive degli utenti, rendono il ricorso al giudice una forma di tutela inefficace ed insoddisfacente30.

Questo ha condotto il legislatore ad introdurre alcuni strumenti di risoluzione alternativa delle controversie, che consistono in modalità di tutela preventive o alternative rispetto all’azione giurisdizionale, con il primario obiettivo di evitare i costi e i tempi del processo, nonché la rottura del rapporto di fiducia tra erogatore del servizio e utente.

Tra questi ricordiamo, innanzitutto, l’istituto del reclamo, già in parte analizzato nel terzo capitolo. In proposito, già la direttiva P.C.M. del 27 gennaio 1994 aveva predisposto l’obbligo per gli erogatori di prevedere procedure di reclamo, nonché di dare ad esse piena pubblicità. Tali procedure inoltre, secondo la direttiva, dovevano essere accessibili e rapide, consentire un’indagine esaustiva ed imparziale circa le irregolarità denunciate, concludersi con una

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S. Cadeddu, Strumenti alternativi di soluzione delle controversie fra erogatori e utenti di servizi pubblici, in Riv. ital. dir. pubbl. comunitario, 5, 2001, p. 683-684.

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risposta completa e con l’eventuale adozione di forme di ristoro adeguate. A tal fine si è previsto l’istituzione di un ufficio interno di controllo, incaricato di ricevere i reclami degli utenti, e di informarli sullo stato di avanzamento delle indagini e sui termini entro i quali l’erogatore provvederà a rimuovere eventuali irregolarità.

Allo stesso modo anche la legge n. 481 del 1995 affida alle autorità, ed in particolare a quella per l’energia elettrica e il gas, il compito di “valutare la congruità delle misure adottate dai soggetti esercenti al fine di verificare periodicamente la qualità e l’efficienza delle prestazioni, all’uopo acquisendo anche la valutazione degli utenti”. Ancora oggi i reclami rappresentano uno strumento efficace che consente all’Autorità o all’Amministrazione di monitorare i comportamenti degli esercenti, nonché di valutare l’adeguatezza degli standard di qualità definiti, di modo da adottare i provvedimenti opportuni, che possono consistere o in una misura sanzionatoria nei confronti dell’esercente, o, ancora, in una variazione dei livelli di qualità imposti31.

Un ulteriore strumento è rappresentato dagli indennizzi automatici forfettari. Anch’essi sono stati già ampiamente illustrati nel

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corso della trattazione per cui ci limitiamo a ribadirne i tratti essenziali.

L’indennizzo automatico forfettario rappresenta uno strumento preventivo di tutela degli utenti che consente di intervenire tempestivamente tutte le volte in cui vi è una differenza tra la prestazione promessa e quella in concreto erogata, in termini di qualità. Le caratteristiche fondamentali dello stesso si ritrovano già nella sua nozione: il termine “indennizzo” fa riferimento all’ambito della responsabilità da atto lecito dannoso, ovvero da un atto di per sé non vietato dall’ordinamento giuridico ma comunque produttivo di effetti dannosi; il termine “automatico” indica che, in conformità con l’esigenza di garantire effettività alla tutela degli utenti, la corresponsione dell’indennizzo avviene in seguito alla mera violazione degli standard di qualità promessi, a prescindere da una specifica richiesta dell’avente diritto, dalla concreta presenza di un danno e dall’elemento soggettivo del dolo o della colpa in capo al gestore; il termine “forfettario”, infine, fa riferimento alla predeterminazione del quantum dovuto. Attraverso questo strumento si raggiunge quindi il duplice obiettivo di introdurre un efficace strumento di tutela per l’utente, nonché di stimolare il soggetto esercente al corretto svolgimento della prestazione.

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Ma gli strumenti più tipici di risoluzione alternativa delle controversie sono senz’altro rappresentati dalla mediazione e dall’arbitrato.

La mediazione è una procedura di risoluzione alternativa delle controversie, volontaria e non vincolante, nella quale un terzo neutrale aiuta le parti a raggiungere un accordo. Le parti mantengono quindi un pieno controllo sulla lite: soltanto ad esse spetta valutare l’opportunità di concludere o meno l’accordo compositivo della controversia, mentre il mediatore si limita a cooperare attivamente al raggiungimento di questo risultato, facilitando la comunicazione tra le parti e mediando tra le rispettive posizioni.

Anche l’arbitrato è incentrato sulla volontà dei privati e, in particolare, sul loro accordo compromissorio, ma tuttavia, a seguito di questo, la decisione è definitivamente devoluta ad uno o più soggetti terzi. L’intervento del terzo non è quindi preordinato a coadiuvare le parti nella composizione della lite, ma è volto a dettare l’assetto sostanziale da attribuire agli interessi in gioco e, cioè, a decidere la controversia. L’atto conclusivo della procedura è il lodo arbitrale, il quale ha efficacia vincolante tra le parti.

Tuttavia l'arbitrato può essere classificato secondo le modalità di svolgimento della procedura. Se gli arbitri, nel loro giudicare, seguono

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le norme del c.p.c. si parla di arbitrato rituale e la statuizione finale, pur essendo simile, per forma, ad una sentenza, ne può assumere la forza soltanto attraverso un procedimento giurisdizionale: attraverso il deposito del lodo presso la cancelleria del giudice competente per territorio e la successiva pronunzia, da parte dell’autorità giurisdizionale, di un decreto che lo dichiara esecutivo32.

Ove invece gli arbitri stabiliscano loro stessi le modalità di svolgimento della procedura l'arbitrato sarà irrituale e la statuizione finale avrà efficacia negoziale.

Il riconoscimento di queste modalità alternative di risoluzione delle controversie risale alla legge di riforma delle Camere di commercio, ovvero alla legge n. 580 del 1993 che, all’art. 2, comma 4, lettera a, prevede che esse possano istituire delle commissioni arbitrali e conciliative per la risoluzione stragiudiziale delle controversie tra imprese e tra imprese e consumatori.

Successivamente sono state diverse le norme con le quali si è tentato di incentivare il ricorso, da parte dei consumatori e delle imprese, a procedure alternative.

La norma forse più significativa, prima in ordine cronologico, è l'art. 2, comma 24, lett. b della legge n. 481 del 1995, istitutiva

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dell'Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità, che ha previsto il ricorso alle A.D.R. (Alternative Dispute Resolution) quale condizione di procedibilità della domanda giudiziale33.

La completa attuazione di tale norma si è avuta con l'art. 1, comma 11, della legge n. 249 del 1997, istitutiva dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, la quale stabilisce espressamente che per le controversie fra utenti ed operatori della comunicazione non può proporsi ricorso in sede giurisdizionale fino a che non sia stato esperito un tentativo obbligatorio di conciliazione, da ultimare entro trenta giorni dalla proposizione dell'istanza all'Autorità.

Con riferimento alla previsione di tali strumenti nelle più recenti riforme possiamo ricordare la legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria 2008), la quale, all’art. 2, comma 461, prevede che “al fine di tutelare i diritti dei consumatori e degli utenti dei servizi pubblici locali e di garantire la qualità, l'universalità e l'economicità delle relative prestazioni”, in sede di stipula dei contratti di servizio, gli enti locali

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L’articolo in questione prevede che, entra sessanta giorni dalla data in vigore della presente legge, siano emanati uno o più regolamenti, allo scopo di definire, tra l’altro, “i criteri, le condizioni, i termini e le modalità per l'esperimento di procedure di conciliazione o di arbitrato in contraddittorio presso le Autorità nei casi di controversie insorte tra utenti e soggetti esercenti il servizio, prevedendo altresì i casi in cui tali procedure di conciliazione o di arbitrato possano essere rimesse in prima istanza alle commissioni arbitrali e conciliative istituite presso le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, ai sensi dell'articolo 2, comma 4, lettera a), della legge 29 dicembre 1993, n. 580. Fino alla scadenza del termine fissato per la presentazione delle istanze di conciliazione o di deferimento agli arbitri, sono sospesi i termini per il ricorso in sede giurisdizionale che, se proposto, è improcedibile. Il verbale di conciliazione o la decisione arbitrale costituiscono titolo esecutivo.”

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sono tenuti ad applicare una serie di disposizioni, tra cui quella di prevedere l’obbligo per il soggetto gestore di emanare una carta della qualità dei servizi, recante, tra l’altro, le modalità per proporre reclamo e per adire le vie conciliative e giudiziarie.

Questa previsione è stata recentemente rafforzata dall’art. 30, comma 1, delle legge n. 69 del 2009, che ha introdotto l’obbligo a carico dei soggetti pubblici e privati erogatori dei servizi di prevedere nella propria carta dei servizi la possibilità per l’utente o la categoria di utenti, che lamenti la violazione di un diritto o di un interesse giuridico rilevante, di promuovere la risoluzione non giurisdizionale delle controversie, da attuarsi entro trenta giorni dalla richiesta. Allo stesso modo, prima del referendum abrogativo del 2011, anche l’art. 11, del D.P.R. n. 168 del 2010, stabiliva che i contratti di servizio e, se emanate, le carte dei servizi concernenti la gestione di servizi pubblici locali, dovessero prevedere la possibilità per l’utente di promuovere la risoluzione non giurisdizionale delle controversie.

Per concludere, fondamentali sono i poteri attribuiti alle Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità. Quando infatti la condotta di un soggetto erogatore violi i diritti degli utenti, le autorità possono ordinare la cessazione dei comportamenti giudicati lesivi e disporre il pagamento di un indennizzo in favore degli utenti

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danneggiati. Inoltre, in tutti quei casi in cui gli esercenti si rendano responsabili di mancata ottemperanza ai provvedimenti delle autorità, non soddisfino le richieste istruttorie di queste o forniscano informazioni e documenti non veritieri, le autorità possono comminare delle sanzioni pecuniarie. Nei casi più gravi, poi, le autorità possono disporre la sospensione fino a sei mesi dell’attività del soggetto erogatore o proporre al ministero competente la revoca del titolo abilitativo in base al quale è erogato il servizio. Infine, le autorità dispongono di poteri cautelari nell’ambito delle procedure di conciliazione e arbitrato, potendo adottare provvedimenti temporanei diretti a garantire la continuità nell’erogazione del servizio e a far cessare gli abusi e i casi di mal funzionamento del servizio34.