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4. LA SVOLTA NELLE RELAZIONI TRA STATI UNITI E CUBA

4.2 Sviluppi recenti

4.2.2 Le negoziazioni vere e proprie

Come si è visto nel sotto capitolo precedente i dialoghi tra la Chiesa e le amministrazioni dei due paesi iniziarono già molti anni prima delle negoziazioni ufficiali, rimanendo in segreto per preservare la buona riuscita delle trattative. Molto importante in questo frangente risulta il resoconto stilato dal Cardinale dell’Avana Jaime Ortega y Almamino, figura cardine nel processo verso il disgelo delle relazioni diplomatiche, in cui nella sua opera intitolata Dialogo a Cuba. Papa Francesco, Obama e Castro: storia

di un accordo,227 racconta dettagliatamente le trattative segrete che hanno caratterizzato

il processo verso la distensione, rese note al pubblico chiaramente solo dopo l’avvenuta ripresa delle relazioni diplomatiche a fine 2014. Tuttavia, come precisa anche egli stesso,

225 Texto íntegro del discurso de Raúl en las conclusiones del Congreso del PCC, In: Cuba Debate, 19 aprile

2011, disponibile all’indirizzo http://www.cubadebate.cu/noticias/2011/04/19/texto-integro-del-discurso- de-raul-en-las-conclusiones-del-congreso-del-pcc/#.W6-pAdIzbIU ultimo accesso 26 settembre 2018

226 Ortega y Alamino J., Dialogo a Cuba. Papa Francesco, Obama e Castro: storia di un accordo. Op. cit,

p.46

227Tutte le affermazioni sostenute nel presente sottocapitolo faranno riferimento principalmente a

quest’opera, in particolare alle pp. 61-89. In caso contrario, verrà fatto presente attraverso debite note a piè di pagina, in cui sarà indicata precisamente la fonte da cui vengono prese le informazioni.

122 il contenuto dettagliato delle lettere di corrispondenza tra Barack Obama, Raul Castro e Papa Bergoglio, resta ancora segreto e molto probabilmente lo rimarrà a lungo. Secondo Peter Kornbluh e William M. Leogrande, tuttavia le lettere contenevano un appello del Pontefice, il quale si dichiarava aperto a offrire il suo aiuto per riavvicinare le due nazioni, favorendo così il dialogo tra le due parti.228 Ciò che è chiaro è che il messaggio del Santo Padre ha colpito mente e cuore dei due Presidenti, convincendoli a fare quel passo in più volto alla normalizzazione dei rapporti. Le negoziazioni avvennero non tanto tra Raul Castro, Barack Obama e Papa Francesco in persona bensì dai loro rappresentanti e dai loro fidati. Fu proprio Julia Sweig, un’analista storica e politica, che durante una visita nella capitale cubana nel novembre del 2013, fece presente al Cardinal Ortega che l’allora presidente pro tempore del Senato, Patrick Leahy desiderava che il Pontefice diventasse partecipe delle trattative e la Chiesa sembrava l’unica istituzione in grado di poter portare una ventata di aria fresca in questa vicenda cupa e piena di insidie data la sua efficacia nel favorire il dialogo e la pace anche in situazioni turbolente, come in questo caso. Poiché si era oramai sprofondati in una situazione di stallo, solo l’intervento di un mediatore esterno ai fatti avrebbe potuto provare a sbloccare. Era, infatti necessario, abbattere quegli ostacoli che impedivano una corretta relazione tra i due paesi. In realtà il senatore in questione desiderava, appunto, che Papa Francesco intervenisse su due questioni in particolari. Da un lato sperava che Jorge Bergoglio premesse su Raul Castro per il rilascio di Alan Gross, prigioniero americano, e dall’altro ci teneva che Barack Obama procedesse con la liberazione di tre cittadini cubani rinchiusi in una prigione statunitense. Alan Gross era un cittadino americano, originario di una famiglia ebrea, che collaborava con l’agenzia statunitense USAID, ossia l’agenzia per lo sviluppo internazionale. Fu arrestato dalle autorità di Cuba mentre era impegnato in territorio cubano per cercare di portare alla comunità ebraica di Cuba alcune innovazioni tecnologiche, soprattutto in campo informativo, sprovvisto però del permesso delle autorità cubane previsto in queste circostanze. Solo risolvendo questi casi, sarebbe stato possibile procedere al tentativo di ristabilire le relazioni tra Cuba e Stati Uniti. Erano infatti questioni, quelle dei prigionieri, che impedivano la normalizzazione dei rapporti. Un cambiamento di scena avvenne a fine 2013, quando un prigioniero delle carceri cubane, attraverso suo padre, inviò delle lettere

228 LeoGrande W. M., Kornbluh P., Back Channel to Cuba: The Hidden History of Negotiations Between

123 al Cardinale de l’Avana, proponendosi come scambio con i tre prigionieri rinchiusi nelle prigioni statunitensi. Non si trattava di un prigioniero qualunque, bensì era un agente dei servizi segreti americani attivo a Cuba. Tuttavia, altri impedimenti non favorivano la ripresa delle relazioni, in quanto ancora un cittadino americano era prigioniero a Cuba e tre cubani erano detenuti in Nord America. A tal proposito, Papa Francesco, da buon mediatore, espresse la sua opinione per favorire la liberazione da entrambi i fronti, dicendo che se chiaramente i tre cubani fossero stati liberati, non ci sarebbe altra alternativa per Cuba, se non liberare il cittadino americano. Con queste parole il Pontefice spronava chiaramente entrambi i governi a prendere delle misure decisive, volte alla librazione dei detenuti, altrimenti la situazione sarebbe probabilmente rimasta in stallo per lungo tempo. Durante l’incontro tra il Cardinale dell’Avana e il Santo Padre, quest’ultimo gli suggerisce delle vie da seguire e fissa dei paletti sulla situazione. In

primis afferma che non sarebbe intervenuto lui personalmente nella questione, ma che

avrebbe inviato tutte le lettere e avrebbe mantenuto i contatti proprio tramite il suo interlocutore che si trovava davanti a lui in quel momento, ossia proprio il Cardinal Ortega y Alamino. La parte più complicata, a detta del cardinale stesso, deve essere stata raggiungere il Presidente statunitense. Per arrivare a questo suo obiettivo, fu sostenuto da varie personalità tra cui Orlando Marquez, l’allora direttore della rivista religiosa Parola Nuova. Tuttavia, l’incontro per far recapitare la lettera che Papa Francesco aveva scritto per Barack Obama e che era in mano al cardinale, non poteva aver luogo alla Casa Bianca, altrimenti sarebbe stato svelato il negoziati. Per desiderio del pontefice stesso la lettera doveva arrivare nelle mani del Presidente esclusivamente tramite la persona designata dal pontefice stesso. Le trattative proseguono poi nei mesi seguenti, quando arrivato il 2 agosto il Cardinal Ortega festeggia il cinquantesimo anno di sacerdozio e per l’occasione invita dei suoi amici fidati. Tra gli invitati spiccano alcune figure sacerdotali provenienti sia da Cuba che da Stati Uniti, in modo particolare il cardinal Theodore Mc Carrick. Egli rivela al cardinale dell’Avana di essere stato ricevuto quella mattina stessa dal Presidente statunitense, il quale gli ha consegnato una lettera da far recapitare al Pontefice e allo stesso tempo Obama faceva presente che la lettera, scritta da Papa Francesco, indirizzata al Presidente degli Stati Uniti, che era ancora nelle mani del cardinale, poteva essere consegnata al Cardinal Mc Carrick. Cosa che il Cardinal Ortega non fece, proprio per il desiderio del Santo Padre che le lettere fossero consegnate personalmente da lui e da

124 nessun altro. La consegna delle lettere avviene prima al Presidente Raul Castro, la mattina del 13 agosto, il quale consegna anch’egli un messaggio da far recapitare al Presidente Obama e qualche giorno dopo, il 17 agosto, ci fu finalmente l’incontro a Washington tra il Cardinal Ortega e Barack Obama. Tuttavia, per mantenere un certo grado di segretezza la visita del cardinale alla capitale statunitense fu giustificata con una conferenza all’Università di Georgetown, pretesto per potersi recare in quegli ambienti senza destare sospetti. Al pomeriggio, invece, il cardinale si recò alla Casa Bianca, dove incontrò il Presidente. Fu un incontro positivo che faceva ben sperare sull’esito del negoziato. Obama chiese, infatti, al cardinale di comunicare al Presidente Castro che prima della fine della sua amministrazione, i rapporti tra Stati Uniti e Cuba sarebbero stati risanati, subendo un cambio di rotta in senso positivo. Si delineava così un negoziato in senso triangolare, in cui al vertice stava la Chiesa, ossia Papa Francesco tramite il Cardinale dell’Avana, che riusciva riallacciare due linee, ossia gli Stati Uniti e Cuba, che non avevano rapporti da oltre cinquant’anni. Al suo ritorno da questa visita negli Stati Uniti, il cardinal Ortega si recò dal Presidente di Cuba, per portargli il messaggio del Presidente Obama. Dopodichè non si ebbero più novità fino al mese di ottobre, quando il cardinale Ortega fu invitato a recarsi in Vaticano da Papa Francesco.229 Gli incontri finali avvennero segretamente in Canada alla presenza di Ricardo Zúñiga, consigliere del presidente Obama e di Alejandro Castro Espín, figlio del Presidente cubano fino al momento in cui si giunse ad un accordo come garanzia scritta di tutto ciò che era stato detto o comunicato negli scambi epistolari. L’accordo stesso fu siglato tra ottobre e novembre dai rappresentanti di entrambe le nazioni alla Santa Sede e alla presenza del cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato Vaticano.230 Tuttavia, la notizia non viene diffusa immediatamente bensì in occasione del compleanno del Santo Padre. Quella stessa mattina il cardinal Ortega viene chiamato da Orlando Márquez, il quale lo informava delle scarcerazione dell’agente dell’intelligence americana Alan Gross. La notizia gli viene confermata anche dal monsignor Becciu, il quale comunica l’avvenuto rilascio di tutti i prigionieri e lo mette al corrente anche del fatto che alle ore 12.00 puntuali di quel stesso

229 Tuttavia, i dettagli di questi incontri finali rimangono ancora tutt’oggi segreti, come viene ribadito dal

Cardinale stesso nella sua opera.

125 giorno i presidenti delle due nazioni in questione, avrebbero rilasciato ai media la notizia della ripresa delle relazioni e che subito dopo il Vaticano avrebbe proseguito con una dichiarazione ufficiale, attraverso la quale avrebbe fatto presente al mondo intero che al vertice delle trattative vi era proprio la Chiesa.

La svolta avviene, infatti, ufficialmente il 17 dicembre 2014 quando Raul Castro e Barack Obama annunciano contemporaneamente, alla stessa ora e rispettivamente nei loro paesi, alle emittenti televisive che le relazioni tra i due paesi sono state ripristinate, ringraziando calorosamente l’intervento del Pontefice e dei suoi rappresentati per essere stati parte integrante nel processo di riavvicinamento delle due nazioni, le cui relazioni erano piuttosto tese e turbolente ormai da oltre mezzo secolo. Allo stesso tempo anche la Santa Sede pubblica una nota in cui afferma che Papa Francesco ha offerto i suoi buoni uffici per cercare di riprendere le relazioni diplomatiche tra i due paesi. A seguito della normalizzazione dei rapporti è stata riaperta l’ambasciata di Cuba a Washington, nel luglio dell’anno seguente al ripristino delle relazioni diplomatiche e in agosto è stata aperta anche l’ambasciata statunitense nella capitale cubana, che erano state chiuse poco dopo lo scoppio della rivoluzione castrista. Nonostante già dagli anni Sessanta, durante l’amministrazione di J.F. Kennedy, furono intrapresi i primi tentativi per ristabilire relazioni pacifiche tra Stati Uniti e l’isola di Cuba, solo nel 2014 fu possibile il disgelo dei rapporti tra le due nazioni, ormai congelati a causa dell’embargo esistente, solo ed esclusivamente grazie all’intervento della Chiesa, come mediatore e figura centrale in questo negoziato. Questo viene confermato anche dalla dichiarazione dei due presidenti, i quali ringraziano pubblicamente il ruolo svolto da Papa Francesco e dai suoi rappresentanti.

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