• Non ci sono risultati.

3.6 LE NUOVE TRASFORMAZIONI URBANE

Park Spoor Noord di Anversa, si ritrova anche il caso di Parco Dora di Torino visto come utilizzo creativo delle archeologie industriali.

3. Il paesaggio dei nuovi insediamenti; l’edilizia prevista in quest’area è un’edilizia residenziale sociale, in modo da poter rispondere al problema della casa, molto sentito dal Comune. Per tale tipo di edilizia viene imposta la garanzia di una elevata qualità architettonica e di un discreto grado di mix funzionale.

Illustrazione 59: Livello di istruzione in Campania, dal dopoguerra a oggi.

Dati ISTAT

4 CONCLUSIONI

Dalle analisi effettuate fin’ora del passato, del presente e delle pianificazioni future delle città, si può notare come esse abbiano una sorta di personalità dettata dai differenti bagagli socio-culturali che la popolazione e i ceti dirigenti hanno.

Si può infatti notare come Torino abbia una certa difficoltà ad abbandonare il processo economico precedente, entrato nella fase della stagnazione152, per cogliere le possibilità dei nuovi processi in via di sviluppo che avrebbero permesso una fioritura tanto dell’economia, quanto della città stessa. Come viene detto da Pier Luigi Bassignana “L’immagine del Piemonte alla Restaurazione è dunque quella di un paese tecnicamente arretrato, che assiste rassegnato alla fine del ciclo che lo aveva visto primeggiare nella produzione di sete greggie ed organzini. l’incapacità di cogliere appieno il significato delle trasformazioni tecnologiche intervenute a cavallo del secolo aveva fatto sì che la produzione serica, pur rimanendo la voce di gran lunga più importante della produzione manifatturiera piemontese, perdesse progressivamente terreno a vantaggio di altre regioni, come la Lombardia, più pronte a cogliere tutte le implicazioni tecniche ed organizzative derivanti dalle nuove tecnologie.153”. Una situazione analoga si verificherà con la crisi industriale e, in particolar modo, della FIAT: la città ha aspettato il suo completo declino prima di pensare a come evolversi e a una nuova vocazione.

La città di Milano risulta invece essere maggiormente aperta alle novità, elemento in parte dovuto al fatto di non essere mai stata una città monosettoriale come è

152 Vedi Capitolo 1 RAPPORTO TRA URBANISTICA E SOCIOLOGIA

153 Bassignana P.L., Industria, in Torino. Il grande libro della città, Torino, 2004

invece successo a Torino con l’avventura industriale. Questa sua multisettorialità ha permesso alla città di operare delle scelte con rischi maggiori, che però le permettessero di sfruttare al meglio le novità dei cicli economici che stavano nascendo. Inoltre, a differenza di Torino, la classe dirigente milanese ha sempre osservato con interesse le novità e gli avvenimenti delle grandi capitali europee, così da individuare quali fossero le criticità, in questo caso specifico, derivate dal settore industriale e rispondervi anticipatamente. Essendo lo sviluppo della città industriale milanese a cavallo tra Ottocento e Novecento in quello che, nel Capitolo1, viene definito momento del dialogo distante tra il ramo dell’architettura-urbanistica e quello della sociologia, la pianificazione urbanistico-territoriale risulta essere effettuata senza tenere conto delle possibili implementazioni derivate da un’analisi sociologica del fenomeno. Nonostante ciò la città riesce a optare per uno sviluppo ottimale rispetto alla collocazione degli stabilimenti industriali.

Questo carattere fortemente propenso all’innovazione della città lo si può notare anche dagli strumenti di pianificazione territoriale: a differenza di Torino che, in linea con il suo carattere tipicamente conservativo, utilizza tutt’oggi lo strumento del P.R.G., Milano ha iniziato a utilizzare già dal 2005 uno strumento di governo del territorio suddiviso in parte strategica e parte attuativo-operativa.

Per la città di Napoli il discorso si concentra maggiormente sulla difficoltà di tradurre in operazioni pratiche le pianificazioni effettuate. Ciò avviene già a partire dal piano di risanamento del 1885 che, a seguito di una scorretta gestione dell’opera da parte dell’amministrazione cittadina, non venne eseguito completamente. La situazione si ripercuote in modo similare nel corso degli anni portando, nel secondo dopoguerra, a una forte speculazione edilizia. Secondo la tesi proposta dallo scrittore Cesare De Seta nello scritto Napoli, dietro alla problematica di attuare le previsioni dei piani vi è una preparazione non ottimale della classe dirigente napoletana.

Questa situazione porta inoltre a una incapacità di innovare il sistema di pianificazione urbana: Napoli come Torino si affida ancora al vecchio strumento del P.R.G., la cui approvazione risale al 2004, un anno prima rispetto l’adozione a Milano dello strumento strategico del Piano di Governo del Territorio.

Nonostante le forti differenze “caratteriali” delle città, tutte e tre quando affrontano il tema della rifunzionalizzazione delle aree industriali dismesse optano per la localizzazione di attività legate allo studio e alla cultura: Torino e Milano hanno inserito poli universitari all’interno di tali aree, mentre Napoli ha rifunzionalizzato gli stabilimenti Ilva con l’apertura di un polo culturale come la Città della Scienza.

La scelta operata da tutte e tre le città di puntare sull’istruzione e, in particolar modo, sul livello universitario è dettato principalmente da due fattori, uno più strettamente legato alla composizione della popolazione e un altro legato a una questione logistica.

Partendo da questo secondo fattore, di più facile analisi, le sedi universitarie hanno bisogno di ampi spazi per aule in grado di accogliere l’elevato numero di studenti. Gli ex-stabilimenti industriali, essendo costruiti nell’ottica della catena di montaggio, hanno ampi spazi che possono essere modificati e riconvertiti in aule universitarie con il minimo sforzo.

Illustrazione 60: Livello di istruzione in Piemonte, dal dopoguerra a oggi.

Dati ISTAT

Come si può notare dalle illustrazioni qui a lato, dal 1951 al 2011 il numero di laureati e di conseguenza di persone che fruiscono degli ambienti universitari è considerevolmente

aumentato. Ciò ha generato una nuova domanda, la cui risposta poteva essere quella di andare a creare da zero degli spazi in grado di

accogliere il numero di persone sempre crescente che richiedevano tale servizio, oppure quella di saper sfruttare al meglio le risorse già esistenti sul territorio.

Come appena spiegato nel paragrafo precedente, gli stabilimenti industriali potevano essere facilmente convertiti in modo da rispondere a tale necessità. Le scelte operate da Torino e Milano risultano quindi essere positive sia nell’ottica di recupero delle archeologie industriali, sia nell’ottica di ridurre il consumo di suolo.

Non va però considerata la scelta di Napoli come negativa: strutture come la Città della Scienza o musei in generale richiedono spesso ampie aree da occupare e, come per i locali universitari, la scelta di inserire tali funzioni all’interno di siti industriali dismessi permette da un lato di evitare un ulteriore consumo di suolo, e dall’altro di recuperare elementi architettonici riconosciuti come archeologia industriale.

Oltre a poli

universitari e culturali, le aree industriali dismesse sono state rifunzionalizzate

120

Illustrazione 61: Livello di istruzione in Lombardia, dal dopoguerra a oggi.

Dati ISTAT

come poli multifunzionali, al cui interno troviamo anche zone lavorative, di svago e dedicate al commercio. La scelta di rendere le aree industriali dismesse come dei fulcri multifunzionali che permettano di creare uno schema policentrico della città, viene ritrovata anche nella pianificazione futura. Tale scelta risulta essere vincente poiché va incontro alle modifiche che la società e il mondo del lavoro sta affrontando.

Come si può notare dalle illustrazioni qui a lato, il numero di persone che lavorano nei servizi ha superato all’incirca verso l’inizio del nuovo secolo il numero di addetti impiegati nel settore industriale. Il mondo del lavoro richiede quindi aree più simili a uffici piuttosto che grandi stabilimenti industriali.

I grossi stabilimenti industriali dismessi, da salvaguardare in quanto archeologia industriale, risultano essere facilmente riconvertibili in uffici e attività commerciali.

In conclusione, i

cambiamenti

socio-demografici e i nuovi bisogni che nascono dall’evoluzione tecnologica influiscono fortemente sulle scelte di pianificazione la quale, supportando la naturale

Illustrazione 63: Suddivisione addetti in Campania, fonte dati ISTAT

Illustrazione 64: Suddivisione addetti in Lombardia, fonte dati ISTAT

evoluzione della storia delle città, deve cercare di evitare delle brusche rotture con il passato. Il caso delle industrie e dell’archeologia industriale risulta essere un buon esempio: dando una nuova vita, una nuova funzione, e una nuova importanza a quegli elementi che alla loro dismissione sembravano destinati a essere solamente dei vuoti urbani, si risponde alle nuove necessità che la comunità richiede.

BIBLIOGRAFIA

• Alisio G., Buccaro A. (2003), Napoli millenovecento. Dai catasti del XIX secolo ad oggi: le città, il suburbio, le presenze architettoniche , Electa Napoli editore, Napoli

• Baldrighi L. (1997), Luca Beltrami architetto. Milano tra Ottocento e Novecento, Mondadori Electa editore, Milano

• Battaglia A. (2010), Aree industriali dismesse: da patrimonio della storia industriale, a occasione di rinnovo urbano per le città odierne. Un viaggio attraverso importanti interventi di rilievo nazionale, fino alla realtà delle dismissioni nella città di Rivarolo Canavese, Politecnico di Torino, Torino

• Boatti A. (2007), Urbanistica a Milano. Sviluppo urbano, pianificazione e ambiente tra passato e futuro, Città Studi edizioni, Novara

• Bracco G. (1989), Torino e Don Bosco, Archivio storico della città di Torino, Torino

• Burke S. (2017), Approaches to the conservation of twentieth-century cultural heritage, Madrid – New delhi document

• Cardoza A.L., Symcox G.W. (2006), Storia di Torino, Einaudi editore, Torino

• De Seta C. (2016), Napoli, Arte’m editore, Napoli

• Gabellone F. (2003), Pilot project for a better awareness and exploitation of the archaeological-industrial heritage of the salento, 7th International Symposium of Word Heritage Cities, Rodi

• Gambarotta B., Ortona S., Roccia R., Tesio G. (2004), Torino. Il grande libro della città, Edizioni del capricorno, Torino

• Gavinelli D. (2012), Eredità industriali, nuove identità urbane e potenzialità turistiche a Sesto San Giovanni, Università degli studi di Milano, Milano

• Gravagnuolo B. (2008), Napoli dal Novecento al futuro. Architettura, design e urbanistica, Electa Napoli editore, Napoli

• Indovina F., De Matteis G., Magnaghi A., Scandurra E., Secchi B., Piroddi E. (1999), I futuri delle città, Angeli editore, Napoli

• International Committee for the Conservation of the Industrial Heritage (TICCIH) (2003), The nizhny tagil charter for the industrial heritage, Mosca

• Macionis J.J., Parrillo V.N. (2014), Prospettive rubane. Un approccio sociologico e multidisciplinare, Pearson editore, Milano

• Magnier A., Russo P. (2002), Sociologia dei sistemi urbani, Il Mulino editori, Bologna

• Mela A. (2006), Sociologia delle città, Carocci editore, Roma

• Mela A., Belloni M.C., Davico L. (2000), Sociologia e progettazione del territorio, Carocci editore, Roma

• Mumford L. (1997), La città nella storia. Dalla corte alla città invisibile, terzo volume, Bompiani editore, Milano

• Munda D. (2004), Milano, Mondadori Electa editore, Milano

• Piaia E., Pignatelli M. (2018), L’eredità della città fordista: riflessione sulle dismissioni industriali e sul riuso, Politecnico di Torino, Torino

• Punzio M. (2004), Milano, la fabbrica del futuro. Il rinnovamento di una metropoli del Novecento, Skira editore, Napoli

• Romeo E., Morezzi E., Rudiero R. (2015), Industrial herritage: reflections on the use compatibility of cultural sustainability and energy efficiency , 6th International Building Conference, Torino

• Rossi P. (1998), Antonio e Pasquale Francesconi: architetti e urbanisti della Napoli dell’Ottocento, Electa Napoli editore, Napoli

• Signorelli B., Uscello P. (2002), Torino 1863-1963. Architettura, arte, urbanistica, edizioni Società piemontese di archeologia e belle arti, Torino

• Tozzi F. (2011), Strategia e finanza della Sme nella prima del Novecento, Università degli studi di Napoli Federico II, Napoli

SITOGRAFIA

• Archivi d’impresa

www.imprese.san.beniculturali.it (ultima consultazione il 15/11/2018)

• Centro online di storia e cultura dell’industria, il Nord Ovest dal 1850.

Torino e le fabbriche www.storiaindustria.it

(ultima consultazione il 15/11/2018)

• Comune di Milano www.comune.milano.it

(ultima consultazione il 15/11/2018)

• Comune di Napoli www.comune.napoli.it

(ultima consultazione il 15/11/2018)

• Comune di Torino www.comune.torino.it

(ultima consultazione il 15/11/2018)

• Enciclopedia Treccani www.treccani.it

(ultima consultazione il 15/11/2018)

• Fondazione Pirelli

www.fondazionepirelli.org

(ultima consultazione il 15/11/2018)

• Museo Milano. La storia della nostra città www.museomilano.it

(ultima consultazione il 15/11/2018)

• Museo Torino www.museotorino.it

(ultima consultazione il 15/11/2018)

• Novecento.org www.novecento.org

(ultima consultazione il 15/11/2018)

• Per una storia delle città nell’Italia contemporanea, Società Italiana per lo studio sella storia contemporanea

www.sissco.it

(ultima consultazione il 15/11/2018)

• Qualcosa di Napoli www.qdnapoli.it

(ultima consultazione il 15/11/2018)

• Repertorio di Milano

repertoriodimilano.wordpress.com (ultima consultazione il 15/11/2018)

• Rotta su Torino

rottasutorino.blogspot.com

(ultima consultazione il 15/11/2018)

• Sapere.it www.sapere.it

(ultima consultazione il 15/11/2018)

• Serie storiche Istat seriestoriche.istat.it

(ultima consultazione il 15/11/2018)

• Sito dei beni culturali, sistema informativo unificato per le soprintendenze archivistiche

siusa.archivi.beniculturali.it

(ultima consultazione il 15/11/2018)

• Sito Ilva

www.gruppoilva.com

(ultima consultazione il 15/11/2018)

Documenti correlati