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Le operazioni di aggregazione nel mercato europeo

Come riportato nella breve introduzione di questo capitolo, non solo il settore bancario italiano ma altresì i mercati degli altri paesi membri dell’Unione europea furono interessati da un’intensa attività di concentrazione prima dello scoppio della crisi nel 2008.

Tabella 2.1: Numero e valore delle operazioni di M&A in Europa occidentale,

dal 1997 al 2005

Fonte: Zephyr 2008105

104 Le operazioni cross-border hanno a oggetto istituti bancari appartenenti a stati diversi.

105 Koehler M., Merger Control as Barrier to EU Banking Market Integration, Center for European Economic

Dai dati rilevati nella tabella inerente le operazioni di aggregazione intervenute nell’Europa occidentale tra il 1997 e il 2005, emerge anzitutto la prevalenza di M&A avvenute tra banche domestiche e il limitato numero di unioni tra banche appartenenti a paesi diversi. Questo, come riportato nel capitolo precedente, era dovuto in parte alle normative degli Stati membri che tendevano a favorire le operazioni di fusione e acquisizione tra istituti bancari nazionali per rafforzare il loro ruolo all’interno del mercato domestico ed estero, imponendo invece normative più stringenti agli operatori stranieri per limitare l’entrata di questi ultimi nei capitali delle banche nazionali.

Con riferimento alle operazioni di M&A tra banche nazionali e appartenenti a paesi diversi, lo studio condotto nel 2004 da Y. Alunbas e D. M. Ibáñez106 aveva evidenziato come, in media, i risultati post-fusione dei 262 deal analizzati intervenuti nel mercato bancario europeo tra il 1992 e il 2001, fossero migliori per le operazioni cross-border rispetto alle aggregazioni tra banche nazionali. Questo risultato era molto interessante in quanto i precedenti studi (condotti principalmente sul mercato americano) non avevano evidenziato dei ritorni positivo in seguito a operazioni di fusione o acquisizione e, inoltre, tale evidenza rende ancora più chiaro il ruolo svolto dalle istituzioni nazionali che, con regimi spesso troppo restrittivi nei confronti di player stranieri, tendono a limitare le possibilità di crescita e di diversificazione del rischio degli istituti bancari.

Il paper redatto da Y. Alunbas e D. M. Ibáñez contiene altre importanti informazioni concernenti le operazioni di M&A cross-border e domestiche realizzate nel territorio europeo:

➡ Istituti bancari di grandi dimensioni e molto efficienti, sia nelle aggregazioni domestiche sia con banche estere, tendevano a fondersi con entità di ridotte dimensioni, con una buona base patrimoniale e con una clientela diversificata.

Nelle operazioni cross-border la banca target aveva una dimensione pari circa al 21% dell’acquirente, mentre nelle concentrazioni domestiche la quota scendeva al 19%.

➡ Sempre con riferimento alla grandezza degli istituti bancari, nelle operazioni tra banche nazionali le performance post-acquisizione

106Altunbas Y. e Ibáñez D. M., Merger and Acquisition and bank performance in Europe. The role of strategic

risultavano minori nel caso in cui la banca target presentasse dimensioni rilevanti, mentre nelle aggregazioni tra istituti appartenenti a paesi diversi i risultati conseguiti dalla nuova entità erano più elevati qualora la differenza dimensionale tra l’istituto acquisito e la banca acquirente fosse più ridotta.

➡ Nelle operazioni tra banche nazionali la diversità nelle strutture di capitale portava a un miglioramento dei risultati post-fusione, mentre nelle aggregazioni tra istituti appartenenti a paesi diversi strutture finanziarie dissimili tendevano a ridurre le performance dell’entità dopo il perfezionamento dell’integrazione.

Nei deal conclusi tra imprese bancarie nazionali, l’integrazione tra istituti aventi modelli di business e strategie di guadagno dissimili risultava più costosa, mentre nelle operazioni cross-border accadeva il contrario. Con riferimento alla cultura aziendale e al modello di governance, uno studio condotto nel 2007 da A. Carretta, V. Farina e P. Schwizer107 aveva

evidenziato come spesso nelle operazioni di M&A l’acquirente non consideri la compatibilità tra le due strutture destinate a fondersi, con conseguenti possibili difficoltà nelle fasi d’integrazione.

➡ I risultati dello studio condotto da Y. Alunbas e D. M. Ibáñez, avevano inoltre individuato nelle diverse strategie d’investimento nella tecnologia e nell’innovazione finanziaria, alcuni aspetti che potevano migliorare le

performance dell’entità derivante dall’unione tra due banche nazionali. Al

contrario, qualora l’operazione riguardasse istituti appartenenti a paesi diversi, differenze in tali strategie potevano creare problemi d’incompatibilità con una conseguente riduzione nei risultati post- aggregazione.

➡ Infine, per quanto concerne le strategie in termini di liquidità e depositi, previsioni simili da parte delle società sottoposte all’operazione avevano come risultato quello di migliorare le performance delle banche aggregate, sia nelle concentrazioni cross-border che nazionali.

107 Carretta A., Farina V. e Schwizer P., M&A and post merger integration in banking industry: the missing link of corporate culture, MPRA, 2007

In un altro studio realizzato da I. Asimakopoulos e P. P. Athanasoglou108, pubblicato

nell’agosto del 2009 avente a oggetto la creazione di valore nelle operazioni di fusione e acquisizione intervenute nel mercato europeo tra il 1990 e il 2004, gli studiosi erano giunti a evidenze differenti rispetto a quelle rilevate nella ricerca precedentemente esaminata. Gli analisti avevano infatti adottato un punto di vista diverso nel valutare le performance conseguite dopo un’operazione di M&A: la generazione di valore per gli azionisti delle banche.

Dai dati esaminati gli analisti erano giunti ad un’importante conclusione: in generale, gli acquirenti europei non pagavano prezzi elevati per le società target. Secondo gli autori dello studio una possibile spiegazione a tale risultato derivava dalla crescente competitività rilevata nel mercato bancario europeo e dalla conseguente cautela dimostrata dai management degli istituti, i quali si concentravano principalmente sulla riduzione dei costi e sul mantenimento della posizione nel settore, piuttosto che sull’espansione della quota di mercato.

L’analisi delle operazioni intervenute nel mercato bancario europeo aveva inoltre portato gli analisti ad altre fondamentali evidenze empiriche:

➡ L’annuncio di un’operazione di M&A, in base ai dati esaminati, non sembrava generare valore per gli azionisti della banca acquirente, mentre la creazione di valore per gli shareholders dell’istituto bancario target risultava significativa.

➡ Le informazioni esaminate avevano portato gli studiosi a concludere che le operazioni cross-border non creavano valore per gli azionisti della società acquirente e, di conseguenza, gli shareholders erano propensi a incentivare fusioni e acquisizioni nel mercato domestico. Secondo gli analisti questo dimostrava la preoccupazione degli investitori nei confronti della trasparenza delle informazioni fornite in tali tipologie di aggregazioni, nonché la convinzione che differenze culturali, legali o contabili tra i paesi potessero ridurre il potenziale di crescita e di abbattimento dei costi auspicabili in un’operazione cross-border. Gli azionisti della banca acquisita ottenevano, al contrario, ritorni postitivi in entrambe le tipologie di aggregazione.

108 Asimakopoulos I. e Athanasoglou P. P., Revisiting the Merger and Acquisition performance of European banks, Bank of Greece, 2009

Qualora la banca target non fosse quotata nel mercato, sia le operazioni di M&A domestiche che tra istituti esteri, provocavano una distruzione di valore per gli azionisti del gruppo acquirente, dimostrando l’importanza delle informazioni desumibili dal mercato. Gli shareholders dell’istituto acquisito, al contrario, beneficiavano di rendimenti positivi in seguito all’aggregazione sia nel caso l’acquirente fosse una società quotata che non.

➡ Gli autori dello studio erano giunti alla conclusione che gli azionisti della banca acquirente ottenessero dei benefici dal deal qualora l’istituto acquisito presentasse ridotte dimensioni, livelli di profittabilità minori rispetto a quelli dell’acquirente e derivanti principalmente da attività non collegate ai tassi d’interesse, e la banca fosse quotata sul mercato. Gli azionisti della società target, al contrario, ottenevano sempre dei buoni ritorni ma in particolare nel caso di fusioni con banche di notevoli dimensioni, poco rischiose dal lato del credito, e i cui profitti derivassero principalmente dal margine d’interesse.

Dopo aver brevemente analizzato le principali caratteristiche delle operazioni di M&A ed evidenziato le condizioni che vanno a migliorare i benefici ottenibili dagli azionisti, tornando ai dati riportati nella tabella si può cogliere come in quattro grandi paesi il fenomeno delle aggregazioni bancarie abbia rivestito un ruolo fondamentale rispetto ad altri stati europei: ci riferiamo a Regno Unito, Italia, Germania e Francia.

Le operazioni di aggregazione intervenute in tali nazioni, oltre a presentare dei valori medi molti più elevati rispetto a quelli degli altri paesi, dimostrano il protezionismo di tali grandi realtà europee verso il loro mercato domestico: il numero di M&A cross-border risulta, infatti, notevolmente inferiore rispetto alle fusioni e acquisizioni tra istituti bancari domestici.

Il protezionismo degli Stati membri nei confronti del settore bancario nazionale era stato in parte contrastato dall’Unione europea che, in occasione della mancata autorizzazione nel 2005 da parte dell’allora presidente della Banca d’Italia Fazio alle operazioni di M&A tra Banca Antonveneta e l’olandese ABN Amro, e Banca Nazionale del Lavoro e la spagnola Banco Bilbao Vizcaya Argentaria, rispettivamente per motivi prudenziali e per errori formali, aveva mosso azioni di

responsabilità contro lo Stato italiano a causa del mancato rispetto del principio di libera mobilità dei capitali e d’impresa109.

Come venne rivelato negli anni successivi, le operazioni non furono impedite per i motivi indicati dall’autorità di vigilanza bensì per evitare l’intromissione di banche estere all’interno del mercato domestico. Mentre l’operazione tra il gruppo olandese ABN Amro e la banca padovana si concluse con successo, il gruppo spagnolo dovette rinunciare all’acquisizione di BNL su cui lanciò un’OPA Unipol (una società italiana) che non andò tuttavia a buon fine per la mancanza dei requisiti di adeguatezza patrimoniale imposti dalla Banca d’Italia con lo scopo di garantire il rispetto del principio di sana e prudente gestione110.