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1. MISURARE E GESTIRE IL RISCHIO NEL SISTEMA BANCARIO:

1.3. Basilea 3: il rafforzamento delle banche e dei sistemi bancari

1.3.2. Le principali novità del framework di Basilea 3

I primi interventi del Comitato riguardano una revisione dei requisiti patrimoniali, sia in termini di consistenza che di qualità delle dotazioni patrimoniali.

Al fine di potenziare la componente core del patrimonio, la nuova regolamentazione prevede un concetto armonizzato di capitale bancario di prima qualità, il Common Equity Tier 1 (CET1)26, corrispondente nella sostanza alle azioni ordinarie e alle riserve di utili. Nonostante il requisito patrimoniale complessivo minimo sia rimasto inalterato (pari all’8% delle attività ponderate per il rischio), Basilea 3 ha introdotto soglie minime del patrimonio di vigilanza più elevate (il Common Equity Tier 1 sale dal 2 al 4,5%, mentre il requisito minimo per il patrimonio di base aumenta dal 4 al 6% delle attività ponderate per il rischio).27

A ciò occorre aggiungere l’introduzione di un ulteriore cuscinetto di capitale, il cosiddetto Capital Conservation Buffer, aggiuntivo rispetto ai minimi regolamentari già previsti, composto da elementi di Common Equity, il cui livello minimo dovrà raggiungere progressivamente il 2,5% del totale rischi assunti. La previsione di tale cuscinetto risponde ad un’esigenza fondamentale: esso consente di accumulare risorse patrimoniali nelle fasi in cui la crescita del credito risulti particolarmente elevata, per sopperire alle perdite che si possono realizzare nelle fasi di stress economico e finanziario.

A completamento del set regolamentare relativo ai requisiti di capitale, è altresì prevista l’introduzione di un buffer anticiclico di capitale (il cosiddetto Countercyclical Buffer), variabile dallo 0 al 2,5%, da intendersi come estensione del Capital Conservation Buffer già richiamato, al fine di proteggere il settore bancario nel suo complesso da fasi di eccessiva espansione del credito.

26 Il patrimonio d vigilanza è costituito dal patrimonio di base (Tier 1) e dal patrimonio supplementare (Tier 2), destinato a coprire le perdite in caso di crisi. Il patrimonio di base è a sua volta composto dal patrimonio

di primaria qualità (Common Equity Tier 1) e dall’ Additional Tier 1.

27 Si può pertanto concludere che l’Additional Tier 1 Ratio sarà pari all’1,5% e che il rimanente 2% per

raggiungere il requisito complessivo dell’8% potrà essere costituito da patrimonio supplementare oppure con capitale di qualità primaria.

43 Il documento del Comitato individua poi dei precisi adempimenti e obblighi informativi a carico delle banche al fine di garantire la massima trasparenza e la possibilità per tutti gli stakeholderss di monitorare la qualità del patrimonio della banca, primo presidio a fronte dei rischi tipici dell’attività bancaria.

La regolamentazione di Basilea 3 ha poi previsto un innalzamento dei requisiti patrimoniali a fronte dei rischi di mercato e di controparte, anche in considerazione del fatto che lo scoppio della crisi economico finanziaria ha dimostrato come queste particolari tipologie di rischio siano state sistematicamente sottostimate, rendendo necessario un intervento degli standard setter internazionali, a garanzia della stabilità del sistema nel suo complesso.

Con riferimento ai rischi di mercato, la riforma ha introdotto modifiche significative sia in relazione all’approccio standard sia per quanto riguarda il ricorso ai modelli interni predisposti dalle banche per la definizione del requisito patrimoniale. Nel primo caso, viene modificato il requisito riferito al rischio delle posizioni azionarie e vengono introdotti due requisiti specifici per il rischio connesso alle operazioni di cartolarizzazione e ri-cartolarizzazione. Le banche che fanno ricorso ai modelli interni sono invece chiamate a definire un requisito ulteriore per il rischio delle posizioni del portafoglio di negoziazione (Incremental Risk Charge, IRC) e un requisito di capitale basato sul valore a rischio in condizioni di stress acuto (stressed VaR), calcolato ipotizzando un periodo di 12 mesi di tensioni finanziarie significative.

Per quanto riguarda il rischio di controparte, invece, il Comitato ha introdotte, tra le altre, le seguenti disposizioni (BCBC, 2011):

 le banche devono determinare il requisito patrimoniale a fronte del rischio di controparte utilizzando input che tengano conto di condizioni di stress;

 è previsto che le banche individuino un requisito patrimoniale a copertura di potenziali perdite dovute alla variazione dei prezzi di mercato (rischio di rettifiche di valore della componente creditizia, o Credit Valuation Adjustment, CVA), come conseguenza del deterioramento del merito creditizio della controparte;

 l’adozione di standard aggiuntivi per rafforzare le prassi di gestione del rischio connesso alle garanzie reali;

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 l’innalzamento dei requisiti per la gestione del rischio di controparte in diverse aree (cd. wrong-way risk), al fine di monitorare i casi in cui l’esposizione aumenta a causa del deterioramento del merito creditizio della controparte.

Fra gli interventi più significativi di tutta la regolamentazione di Basilea 3 rientrano senza dubbio le nuove regole in materia di liquidità.28 Le difficoltà emerse durante la prima fase della crisi finanziaria internazionale sono in larga parte imputabili al mancato rispetto dei principi base di gestione del rischio di liquidità; tale consapevolezza ha spinto il Comitato ad elaborare due requisiti quantitativi minimi, che rispondono a due obiettivi fondamentali. Il primo, a cui si deve il requisito noto come Liquidity Coverage Ratio (LCR)29, mira a promuovere “la resilienza a breve termine del profilo di rischio di liquidità delle banche, assicurando che esse dispongano di sufficienti risorse liquide di alta qualità per superare una situazione di stress acuto della durata di un mese”(BCBC, 2011); il secondo obiettivo, raggiungibile mediante la previsione dell’ indice strutturale noto come Net Stable Funding Ratio (NSFR)30, è invece quello di garantire una struttura

equilibrata tra poste attive e passive di bilancio fino all’orizzonte temporale di 1 anno evitando il cd. “cliff effect”, che si crea qualora sia prevista solo la regola di breve termine.

L’introduzione di questi requisiti risponde all’esigenza fondamentale di elevare a rischio di primo pilastro anche il rischio di liquidità; tale previsione è associata alle conseguenze

28 La previsione di apposite misure per il rischio di liquidità è riconducibile al documento Basilea 3 – Schema di regolamentazione internazionale per il rafforzamento delle banche e dei sistemi bancari del 2010; a

questo si sono aggiunti nuovi documenti come esito del processo di revisione della regolamentazione relativa al leverage ratio tra cui è opportuno ricordare:

- Basilea 3 – Schema internazionale per la misurazione, la regolamentazione e il monitoraggio del rischio di liquidità (dicembre 2010);

- Basilea 3 – Il Liquidity Coverage Ratio e gli strumenti di monitoraggio del rischio di liquidità

(gennaio 2013);

- Basilea 3 – Il Net Stable Funding Ratio (ottobre 2014). 29 L’LCR è definito dal seguente rapporto:

LCR = Attività liquide di elevata qualità/Deflussi di cassa netti 30 gg ≥ 100%

L’indicatore compara il buffer di attività liquide a disposizione della banca con i flussi di cassa netti attesi su un orizzonte temporale a breve termine (30 giorni), sviluppati tenendo conto di uno scenario di stress univocamente definito. Il requisito della liquidità a breve termine, introdotto il 1° gennaio 2015 nella misura del 60% della copertura minima, sarà poi innalzato fino a raggiungere il 100% il 1° gennaio 2019, termine ultimo per l’adeguamento delle banche a tutte le disposizioni introdotte da Basilea 3.

30 Il NSFR è dato dal seguente rapporto:

NSFR = Provvista stabile “disponibile”/ provvista stabile “richiesta”≥ 100%

L’indicatore si basa sul confronto tra il totale delle fonti di provvista con vita residua maggiore di un anno e della quota residua “stabile” dei depositi da un lato, e le componenti meno liquide dell’attivo, dall’altro. Il monitoraggio dell’indice è iniziato nel 2011 e la sua definizione quale requisito minimo obbligatorio è prevista entro il 1° gennaio 2018.

45 che si sono avvertite dopo lo scoppio della crisi iniziata nel 2007, aggravata dalla presenza di una leva finanziaria eccessiva, in bilancio e fuori bilancio, da parte delle banche, a cui è seguito un’inevitabile erosione del livello e della qualità della dotazione patrimoniale. A ciò occorre aggiungere la perdita di fiducia da parte dei consumatori sulla solvibilità e liquidità di molti intermediari, incapaci talvolta anche di far fronte ai propri impegni di breve termine, costringendo i governi nazionali ad intervenire con massicce iniezioni di liquidità, garanzie e ricapitalizzazioni senza precedenti.

In aggiunta all’individuazione dei requisiti richiamati, il Comitato ha previsto una serie di requisiti di informativa al pubblico, con riferimento alla composizione dell’indice di leva finanzia, al fine di rendere completa e consistente l’informativa che le banche devono destinare al pubblico, secondo quanto disposto dal Terzo Pilastro.

La definizione del nuovo quadro regolamentare si traduce nella necessità per le banche di implementare processi di ottimizzazione e conservazione del capitale; si tratta di attività che consentono di ottenere benefici patrimoniali, mediante una definizione efficiente degli attivi, che comporta un minore ricorso al mercato dei capitali.

Tra gli interventi di carattere operativo/gestionale che gli intermediari possono effettuare ai fini dell’ottimizzazione e conservazione del capitale rientrano (KPMG Advisory, 2011):

la mitigazione delle attività ponderate per il rischio (Risk Weighted Assets), mediante l’acquisizione di garanzie che abbattono l’assorbimento patrimoniale e riducono i costi di attivazione;

l’attività di Data quality management, relativa alla valutazione della correttezza formale dei dati rispetto ai fenomeni che rappresentano, al fine di ottenere ulteriori benefici nell’applicazione di ponderazioni migliori per le singole esposizioni;

 il monitoraggio del portafoglio crediti, al fine di valutare in maniera più accurata i rischi attesi e i relativi assorbimenti patrimoniali.

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CAPITOLO 2

2. CORPORATE GOVERNANCE, RISK MANAGEMENT E LA CRISI