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Le principali tappe nello sviluppo del ruolo

3. IL RUOLO DELLA DONNA NELL’IMPRESA

3.1.1 Le principali tappe nello sviluppo del ruolo

Prima di continuare la nostra analisi su tutti gli aspetti che caratterizzano la donna imprenditrice, ci sembra interessante riportare brevemente come la donna in quanto tale è riuscita a guadagnarsi sempre più spazio fino ad arrivare dove è oggi, perché è noto a tutti come solo fino a qualche anno fa era impensabile parlare di donna a capo di un’impresa. Per non dilungarci troppo su questioni che esulano dal presente lavoro, facciamo partire il nostro excursus storico dal periodo che parte dal secondo dopoguerra ed arriva fino alla fine degli anni Settanta, anni in cui si registra un forte calo del lavoro femminile dovuto alla riduzione dell’occupazione nel settore agricolo ed industriale, anni in cui si va affermando il modello industriale di Ford, che riserva alle donne il ruolo di casalinghe, mentre agli uomini è riservato il lavoro all’interno della fabbrica.

A partire dagli anni Settanta però la scolarizzazione tra le donne aumenta e di conseguenza esse possono essere impiegate soprattutto nei settori del terziario, perché permettono loro di conciliare più facilmente vita lavorativa e famigliare, al contrario di quanto avviene nel lavoro di fabbrica, e tutto questo porta ad un incremento dell’occupazione femminile.75

Nel 1981 in Italia, tra tutte le donne lavoratrici indipendenti, le imprenditrici e le professioniste erano poco meno del 4%, percentuale che si è poi raddoppiata nei successivi

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Osservatorio dell’Ufficio Studi di Unioncamere Toscana e Settore Imprenditoria Femminile e Politiche di genere della Regione Toscana.

75A questo inserimento della donna nell’attività lavorativa non si accompagna però un’equa distribuzione del carico

famigliare tra uomini e donne, infatti le donne continuano a dover e voler mantenere insieme, anche a causa di tradizioni culturali radicate, le due sfere del lavoro e della cura famigliare , nonostante la fatica e la limitazione del proprio tempo libero. Questo ha però consentito loro di sviluppare delle capacità organizzative e di relazione che non sempre gli uomini conoscono e riconoscono. Ripreso da GIUSEPPE CATTURI,“Nuovi” organismi aziendali ed

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dieci anni. Nonostante questa tendenza, tuttavia, l’imprenditoria femminile rimaneva limitata a certi settori, come i servizi alle persone e il commercio al minuto, ritenuti settori di competenza delle donne.

Gli anni 80’ hanno visto crescere notevolmente l’interesse delle donne verso la creazione d’impresa: alcuni studi rilevano che tra il 1981 e il 1991 le “imprenditrici e libere professioniste” sono aumentate del 214% e il loro peso sul totale delle donne occupate passa dall’1,6% al 4,8%.76

Quindi lentamente ma in maniera costante e progressiva le donne cominciarono ad inserirsi nel mondo del lavoro a fianco dei colleghi maschi, dimostrando tutto il loro valore e le loro attitudini; ciò che rimaneva da fare era spingere verso un riconoscimento sia nella legislazione nazionale, sia nella mentalità comune, altrimenti questa uguaglianza non avrebbe mai assunto concretezza, caratteristica questa senza la quale non saremmo mai arrivati al progresso che invece si è avuto in questo campo.

Dagli anni 90’ in poi progressivamente la composizione della forza lavoro femminile cambiò, registrando una diminuzione della partecipazione delle giovani donne con età compresa tra 14 e 19 anni, derivante dall’aumento della scolarizzazione, mentre invece si ebbe un aumento della presenza delle donne adulte.

Un elemento fortemente caratterizzante, a quel tempo ma per certi versi ancora adesso, è la valenza fortemente discriminante assunta dalla variabile territoriale: era infatti netta la differenza tra realtà più urbanizzate e il resto del territorio, sia per quanto riguarda i livelli di istruzione, sia per percorsi lavorativi.

Comunque, possiamo affermare che nel corso degli anni, da una parte si è registrato sicuramente un forte sviluppo del ruolo della donna, con la creazione di un settore “forte” e maggiormente inserito nel sistema delle garanzie, dall’altra però non siamo ancora riusciti ad arrivare a condizioni che siano veramente paritetiche, a prescindere da ogni normativa al riguardo, elemento forse legato anche alle rigidità che ancora oggi sono presenti nel mercato, si veda l’orientamento delle donne stesse verso il pubblico impiego o verso occupazioni con modalità di orario atipico, una scarsa diffusione del part-time, la mancata esportazione di attività di servizi della famiglia al mercato o al settore pubblico, la limitata

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espansione dei servizi e il mantenimento di un ruolo rilevante della famiglia e della moglie- madre al suo interno.77

Proprio con riguardo a questa caratteristica di rigidità del mercato, possiamo evidenziare come per più di un secolo, dalla nascita del sistema industriale, non è esistito alcun modello del ruolo di “imprenditrice”ma solo modelli di “imprenditore”, mentre per le donne c’erano i ruoli di “madre”, “moglie”, “insegnante” ecc… Per fortuna in questi ultimi decenni molti passi in avanti sono stati fatti in questo senso e nella mentalità delle persone sono cominciati ad apparire i modelli di “donna manager”, “donna professionista” e solo più tardi, “donna imprenditrice”, sicura di sè e delle proprie capacità, determinata, ambiziosa e che non intende rinunciare agli altri ruoli per assumere quello di “donna in carriera”, bensì mantenerli tutti e quindi desiderosa di ottenere il riconoscimento sociale del proprio status. Infatti per una più diffusa e completa accettazione della donna come soggetto imprenditore, è necessario che prima si diffonda nella mentalità collettiva un modello di ruolo positivo che enfatizzi e valorizzi lo status di “imprenditrice”: gli studi sulla psicologia umana mettono in evidenza come l’emulazione, l’imitazione, la competizione siano fattori fondamentali per lo sviluppo dei comportamenti sociali, perché si attiva nelle persone un processo di identificazione che finisce per divenire uno strumento molto importante nello sviluppo delle proprie aspirazioni e propensioni. C’è da dire che spesso non ci si rende nemmeno conto di tale processo di identificazione perché, nella maggior parte dei casi, esso è così insito nella cultura sociale che non è riconosciuto come tale dalle persone, in realtà la “cultura”, come nella gran parte delle situazioni, gioca un ruolo essenziale nello sviluppo dello spirito imprenditoriale, arrivando persino ad influenzare positivamente certe doti di una persona e sfavorirne altre.78

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