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Le radici del coinvolgimento europeo nella regione

SEZIONE II: UE-GCC: AFFINITÀ E DIVERGENZE

II.1 Le radici del coinvolgimento europeo nella regione

Storicamente, il coinvolgimento europeo nella regione del Golfo è stato precluso dalla percezione che esso rappresentasse un’area d’influenza statunitense; fino al 1973 gli stati del Golfo rappresentavano infatti nell’immaginario dei Paesi europei una sorta di “terra incognita”. Sebbene la Gran Bretagna fosse già presente nella regione da decenni, avendo appreso profondamente le sue criticità sociali e le ragioni alla guida delle sue scelte politiche, per gli altri Paesi il Golfo Persico si limitava alla pesca delle perle, alle sue spiagge sabbiose e, certamente, al suo petrolio1.

Prima di analizzare le relazioni tra le due regioni per come si presentarono all’indomani del primo Shock Petrolifero, è necessario ricercare i germi dell’interessamento europeo nell’area del Golfo Persico nel post Seconda Guerra Mondiale, allorché la maggior parte delle potenze del vecchio mondo si trovò a dover fare i conti con i moti indipendentisti delle proprie colonie mediorientali; queste spinte provocarono un marcato indebolimento della rilevanza europea nell’area e della sua impossibilità di imporvi le proprie volontà. La situazione precipitò considerevolmente nel post-Suez (1956), in una discesa inarrestabile che trovò il proprio apice nella guerra dei Sei Giorni del 1967. Il conflitto esplose infatti “senza preavviso” per le potenze europee, le quali, non essendo riuscite pianificare una strategia d’azione coerente e concertata, decisero di agire seguendo i propri interessi nazionali. Era evidente, in seguito alla gestione fallimentare di questo conflitto, la necessità per i leader dei Paesi europei di riesaminare in modo critico le proprie posizioni nell’area2

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1 B. Khader, Le Relazioni UE-CCG: un breve bilancio degli ultimi venticinque anni (1981-2006), in Aliboni, R. (a cura di), Il Golfo e l’Unione Europea, Rapporti economici e di sicurezza, Roma, Quaderni IAI-Istituto Affari Internazionali, 2007, p. 35.

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Sebbene le relazioni istituzionali tra il Gulf Cooperation Council e l’Unione Europea si facciano canonicamente risalire all’Accordo di Cooperazione del 1988, i primi tentativi di impostare un dialogo fruttuoso per entrambe le parti coinvolte affondavano le proprie radici molti anni prima.

A partire dagli anni ’70, la presenza internazionale nella regione si limitava a quella degli Stati Uniti, che tentavano di assicurarsi forniture di petrolio a basso costo prima, un fido alleato nella regione poi. Fino al rovesciamento dello Shah in Iran, infatti, gli Stati Uniti abbracciavano la Twin-Pillars Policy in Medio Oriente, al fine di assicurarsi che Iran e Arabia Saudita restassero i garanti dei propri interessi nell’area. Dopo la Rivoluzione Iraniana, le mire di Washington si spostarono verso l’Iraq, sebbene la sua invasione, anni dopo, del Kuwait, richiese la messa a punto di una politica di contenimento nei confronti di Iran e Iraq. Pertanto, in questa prima fase, la politica estera dell’Europa nei confronti della regione era, potremmo dire,

low profile, dal momento che si limitava a privilegiare le relazioni commerciali a

discapito di quelle politiche3.

Un segnale d’inizio del dialogo tra l’Europa ed i Paesi del Golfo Persico, tuttavia, può essere rinvenuto negli avvenimenti dell’autunno 1973 e della primavera 1974. Dopo lo scoppio della Guerra del 1973, i Paesi arabi produttori di petrolio, nel tentativo di gettare il fronte egiziano-siriano in una guerra contro Israele, annunciarono la decisione di imporre un embargo petrolifero ai danni di Stati Uniti e Paesi Bassi. Questi eventi furono seguiti, come rilevato in precedenza, da un aumento senza precedenti nel prezzo del petrolio4. Gli sviluppi della situazione ebbero effetti negativi sulla Comunità Europea, che, per la prima volta, sentiva minacciata la propria sopravvivenza economica. Ne risultarono una serie di dichiarazioni congiunte5 riguardo alla situazione in Medio Oriente, il punto di svolta più importante nell’atteggiamento della Comunità nei confronti del conflitto Arabo- Israeliano. Questa apertura verso il Medio Oriente segnò l’inizio di una nuova

3 Martin Indyk, “US Policy Priorities in the Gulf: Challenges and Choices”, in The Emirates Center for Strategic Studies and Research, International Interests in the Gulf Region (Abu Dhabi: 2004), pp. 103-130, da Ana Echagüe, The European Union and the Gulf Cooperation Council, FRIDE Working Paper n. 39, Maggio 2007, p. 1-3.

4 Jawad, Euro-Arab Dialogue, 56.

5 Si trattò di accordi e intese che la Comunità Europea stipulò isolatamente con molti paesi del Medio Oriente, tra cui Libano, Marocco, Yemen, Egitto, Giordania, Tunisia, Siria.

stagione delle relazioni Euro-Arabe, e funse da apripista per la nascita del Dialogo Euro-Arabo (DEA6).

La Comunità Europea, la vera forza alla base del DEA, riteneva tuttavia necessario trovare un piano comune sul quale discutere di sicurezza energetica: l’argomento non entrava all’interno delle discussioni, sia a causa della pressione esercitata dagli Stati Uniti, sia a causa della riluttanza dei Paesi Arabi. Fu solo in seguito al secondo Shock Petrolifero e all’esplosione di scontri nel Golfo all’inizio degli anni ’80 che si ritenne sensato cercare un dialogo energetico, e questa volta con il nuovo attore che si stava affacciando sul piano internazionale: il GCC; da parte della Comunità Europea questa scelta era motivata inoltre dalla necessità di bilanciare il dislivello tra le politiche europee rivolte al Mediterraneo7 e quelle rivolte al Medio Oriente, visto come una sottocategoria del MENA piuttosto che una regione a sé stante, avente le proprie esigenze e priorità8. Viceversa, fu la decisione presa dalla Comunità Europea di imporre dazi sulle esportazioni petrolchimiche del

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Il Dialogo Euro-Arabo (DEA), è un’iniziativa geopolitica lanciata nel 1973, all’indomani della guerra dello Yom Kippur e del primo Shock Petrolifero, dal presidente francese Georges Pompidou e il suo ministro degli Esteri Michel Jobert. Le due parti chiamate al dialogo, il cui scopo principale era quello di rivedere la natura delle relazioni euro-arabe al fine di basarle sull’uguaglianza e sul rispetto reciproco, furono la Lega Araba e la Comunità Economica Europea; allo stesso tempo, il DEA aveva un forte spirito critico nei confronti delle politiche propugnate dagli Stati Uniti in Medio Oriente. 7 L’Unione Europea nutre da sempre un interesse particolare nei confronti dei Paesi che si affacciano sulla sponda sud del Mediterraneo, detti anche PTM, Paesi Terzi del Mediterraneo; a partire dagli anni ’90 la Comunità Europea ha intrapreso una nuova iniziativa il cui obiettivo principale era la creazione di un’area economica euro-mediterranea, con il fine di smantellare le barriere che proibivano il libero scambio di merci e beni, giungendo ad una progressiva liberalizzazione degli scambi commerciali a partire da quelli dei prodotti agricoli.

Nel 1995 nel quadro del cosiddetto Processo di Barcellona i 15 stati allora membri dell’UE insieme a Marocco, Algeria, Tunisia, Egitto, Israele, Giordania, Siria, Libano, Turchia, Palestina, Cipro e Malta abbracciavano una strategia comune che mirava a trasformare il Mediterraneo in una regione maggiormente integrata; questa si rivolgeva principalmente a tre ambiti della cooperazione:

1. Cooperazione Politica, attraverso la firma di una Carta per la stabilità e la Sicurezza del Mediterraneo;

2. Cooperazione Economica, con l’obiettivo a medio termine di istituire una zona di libero scambio entro il 2010 (EU-MEFTA);

3. Obiettivo Culturale, al fine di istituire un dialogo costante e fruttuoso entro le due società civili.

Questo progetto non portò ai frutti sperati, al contrario, si risolse in una serie di accordi bilaterali che l’Unione Europea concludeva individualmente con i Paesi interessati. Nel 2008, alla luce della mancanza di risultati, l’allora presidente Sarkozy tentò di rilanciare il Processo di Barcellona tramite la cosiddetta Unione per il Mediterraneo (UPM), al fine di promuovere la cooperazione tra i Paesi delle due sponde del Mediterraneo, con obiettivi primari la risoluzione delle problematiche legate all’immigrazione, la lotta al terrorismo, la tutela del patrimonio archeologico e culturale. [Salvatore Bono, Un Altro Mediterraneo, Una storia comune fra scontri e integrazioni (Roma: Salerno Editrice, 2008)].

8 Gerd Nonneman, EU-GCC Relations: Dynamics, Patterns and Perspectives (Dubai: Gulf research Center, 2006), 13.

Golfo indirizzate all’Europa a svegliare nel GCC l’interesse verso un dialogo attraverso il quale cercare di proteggere le sue esportazioni di petrolio grezzo e raffinato, petrolchimici e alluminio verso la Comunità, negoziando un accordo di libero scambio commerciale.

La Comunità Europea rappresentava allora il secondo partner commerciale dopo l’Asia per i Paesi del Golfo, importando quasi il 25% della loro produzione petrolifera9; i Paesi del GCC, a loro volta, rappresentavano il quinto mercato di esportazione per la CEE e l’Europa, oltre ad essere instancabili importatori di tecnologie e manodopera dal vecchio mondo10. Considerando nondimeno l’importanza che la Comunità Europea andava acquisendo sul panorama internazionale, tessere dei legami saldi con quest’ultima rappresentava per i Paesi del GCC una garanzia di ritorno tanto sul piano economico quanto su quello della sicurezza.

II.2 1988, Accordo di Cooperazione: traguardi e limiti della sincronizzazione