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Le Trasformationi e il Vitruvio di Rusconi

1. Lodovico Dolce: poligrafo e collaboratore tra Marcolini e Giolito

1.4. Dolce nella bottega del Giolito

1.4.1. Le Trasformationi e il Vitruvio di Rusconi

Il Dolce collabora quindi dagli anni Quaranta in pianta stabile con Giolito: ne è consulente editoriale, correttore e traduttore, come nel caso che lo vede cimentarsi con un vero classico, le Metamorfosi di Ovidio99, di cui il veneziano rielabora una traduzione, le Trasformationi, che pubblica per l’editore nel 1553; al contempo, all’interno della bottega del Giolito, si lavorava ad un altro testo, il Vitruvio di Giovanni Antonio Rusconi. Prendendo in analisi queste due pubblicazioni, che viaggiano su due linee parallele, viene confermata ancora una volta la destrezza con la quale Lodovico Dolce si approccia, anche nella collaborazione con il Giolito, ad importanti apparati illustrativi e collabora ancora una volta con incisori dell’ambito veneziano.

96Lodovico Dolce. Dediche, p. XI. 97 Ivi, p. XII.

98 Mi riferisco ovviamente ai testi dolciani pubblicati prima della collaborazione con il Giolito. Nella

dedica delle Stanze composte nella vittoria africana havuta dal Imperator e in quella dei Cinque primi

canti di Sacripante il Dolce cita il Pordenone; la traduzione della sesta satira di Giovenale è dedicata a

Tiziano.

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Nella bottega del Giolito dunque, in quei giorni, si lavorava ad entrambi i testi, e quindi anche in contemporanea alle incisioni per le illustrazioni delle Trasformazioni, oltre che a quelle per il Vitruvio, che vedremo infatti coincidere per buona parte.

A conferma di ciò una lettera di Lodovico Dolce destinata a Benedetto Varchi, datata 3 dicembre 1552, anno in cui l’opera del Rusconi doveva essere già ultimata; il Dolce afferma infatti:

È vero che io ho ridotte le Trasformationi d’Ovidio in ottava rima e già più della metà ne sono stampate […]. Il signor Giolito v’ha fatto, per onorar questa mia fatica, di molta spesa, come d’intorno a figure, che ve ne sono per ciascuna favola o poco meno, et in altro. Il simile egli ha fatto in una nuova traduttione di Vitruvio fatta da uno eccellente architetto e penso piacerà a vostra signoria e seguentemente al mondo100.

Tanto è vero che entrambi i testi sono corredati da un notevole apparato incisorio, il cui l’autore si identifica in Giovanni Antonio Rusconi101, già collaboratore per diverse

illustrazioni all’interno della bottega del Giolito, come si vedrà più avanti102.

Il progetto delle Trasformationi inizia con la traduzione dolciana del primo libro di Ovidio nel 1539 e approda alla stampa definitiva solo quattordici anni dopo, probabilmente per una serie di impegni che tennero occupato il Dolce, come le pubblicazioni fino ad ora menzionate.

100 Lodovico Dolce. Lettere, n° di lett. 29 p. 104-106.

101 Rusconi era nato a Venezia nel 1520: membro probabilmente della famiglia di stampatori attivi in

laguna fino al terzo decennio del Cinquecento, frequenta Matematica Euclidea alla Scuola dei Santi Giovanni e Paolo. Tartaglia, suo maestro, lo definisce “Pittor e Architettor” anche se non sono note opere di pittura: forse il termine PICTOR è identificativo del personaggio in quanto illustratore per le edizioni del Giolito. A segnalare la paternità delle incisioni del Vitruvio è proprio il Dolce che, nella favola di Filemone e Baucide, raccontata da Lelege a Teseo e Piridoo, afferma in versi : «Mentre piangono il danno e ‘lgrave scempio| E de la villa e de gli amici loro,| Vider la casa trasformata in Tempio | Di bianchi marmi ben fregiati d’oro; | Da cui cred’io, che poi togliesse esempio Vitruvio, e gli altri, che famosi foro, | il qual, mercè del buon Ruscone e chiaro, Hor più che mai sarà pregiato e caro». (DOLCE 1553, canto XVII, p. 185)

102 Nelle illustrazioni per le Trasformationi vediamo il rimpasto di soggetti realizzati dal Rusconi per la

bibbia del Giolito, che non darà mai alle stampe (uscirà nel 1588 in latino, a opera degli eredi della stamperia). Altre vignette intagliate per le Trasformationi vengono prestate, se così si può dire, per l’edizione del Decamerone, sempre curata dal Dolce e uscita presso Giolito nel 1552.

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La traduzione di Rusconi del Vitruvio103 invece, era sicuramente pronta nel 1552, e l’annuncio della pubblicazione del volume è proprio di Lodovico Dolce.

Nella presentazione alla lettera tra Claudio Tolomei e Francesco Sansovino infatti, all’interno delle Lettere di diversi ecellentiss. Huomini, pubblicate nel 1554, il veneziano riassume la risposta del Tolomei, che si scusava di non poter aiutare il Sansovino nell’interpretazione dei passi vitruviani sulla catapulta e l’idraulica: «ma» proseguiva «di ciò che verrà haver perfetta contezza, legga la traduttion di Vitruvio di M. Gio. Antonio Ruscone, eccellentiss. Et ingegnosissimo Architetto, lo quale fra pochi mesi verrà in luce»104.

A conferma di tutto ciò anche il privilegio del 1553, concesso dal Granduca di Toscana, con un unico atto a favore del Giolito, per le Trasformationi del Dolce e per la nuova «Victruvij traductionem à Ioanne Antonio Rusconio factam cum figuris ad materias pertinentibus apte appositis»105; e ancora l’affermazione del Doni nei Fiori della Zucca del 1552, che, nelle pagine sull’Accademia Peregrina, citando Rusconi aggiunge «che di Vitruvio ha l’impresa»106.

Il confronto tra le illustrazioni eseguite per il testo del Dolce e quello del Rusconi evidenzia la loro palese affinità: gli stessi sfondi e la medesima tecnica illustrativa rivelano un unico incisore.

L’economizzazione era uno di principi guida delle tipografie dell’epoca: come si è già analizzato per i casi pubblicati da Marcolini, i legni venivano prestati, venduti e reimpiegati innumerevoli volte.

Lo stile di Rusconi appare moderno, ed è evidente un’influenza per i modelli della pittura moderna, soprattutto di scuola tosco-romana.

Misurare l’apporto di Lodovico Dolce nelle illustrazioni rusconiane è però meno semplice: si può però supporre che il Dolce, in quanto traduttore e curatore dell’opera, coordinasse l’illustrazione del testo, lasciando alla bottega indicazioni precise per le immagini.

103 Per un completo riferimento bibliografico all’opera del Rusconi almeno BEDON 1983, pp. 85-89;

BEDON 1996, pp. 9-22.

104 DOLCE 1554, p. 364.

105 BEDON 1983, p. 86; Ibid. nota 3. 106 DONI 1552, c. 133v.

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Il lavoro ormai ultimato del trattato vitruviano però non vide luce per la data di pubblicazione prevista107, ma venne dato in stampa ben undici anni dopo la morte del suo autore e illustratore, avvenuta nel 1579, oltretutto non rispecchiando fedelmente le sue intenzioni, e non mettendo a fianco delle belle e scrupolose incisioni il testo della sua traduzione di Vitruvio, andato perduto, insieme con un suo probabile commento.

La pubblicazione postuma degli studi vitruviani del Rusconi è mancante quindi del testo della traduzione e del probabile commento sui Dieci Libri, mentre vengono pubblicate solo 160 incisioni, al contrario delle 300 annunciate dal Doni nei Fiori della Zucca del 1552108.

Trovandosi, gli eredi della stamperia del Giolito, comunque in possesso dei legni del Rusconi, decidono di mandare alle stampe un’opera priva della traduzione vitruviana, ormai superata, ma con un referente d’obbligo in Vitruvio, il Rusconi stesso, con commento alle immagini esclusivamente degli editori; nell’Indirizzo ai Lettori, difatti, si legge:

Ma perché molte di queste figure intagliate con altrettanta spesa nostra con quanta diligenza furono già dissegnate da lui à nostra richiesta e spesa, ci restano inutilmente, et tante, che possono in gran parte servire à chi ha gusto et intelligenza della professione, si siamo risoluti di mandarle in luce […]109.

Quello di Rusconi, non è un approccio dogmatico a Vitruvio, ma un puro approccio letterario, supportato da una notevole cultura umanistico-scientifica e da una naturale inclinazione al disegno, fortemente condizionato dall’ambiente dell’Accademia Peregrina, fondata da Anton Francesco Doni, e di cui facevano parte, come ricordato in precedenza, oltre al Rusconi, anche lo stesso Dolce, Enea Vico, il Sansovino, Tiziano Vecellio e il Salviati; insomma, i più importanti poligrafi, traduttori, curatori, artisti e illustratori dell’ambiente editoriale veneziano dell’epoca.

Sembra un gioco di rimandi, ma tutto ruota attorno a queste importanti figure e a quest’ambiente, che dobbiamo aver ben chiaro quando, nel prossimo capitolo, andremo

107 A causa dell’uscita in contemporanea del trattato sull’architettura di Daniele Barbaro, che, per

realizzarlo, organizzò anche un viaggio con Palladio a Roma, fu chiaro al Giolito che avventurarsi in una pubblicazione che con molte probabilità si sarebbe rivelata un disastro economico non fosse

conveniente.

108 DONI 1552, c. 134v.

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ad analizzare da vicino gli scritti del Dolce, e quindi molto più chiaramente il suo rapporto con gli incisori del tempo, molti dei quali erano gli stessi illustratori che aveva conosciuto in ambito editoriale, come abbiamo visto nei macro casi delle botteghe del Marcolini e del Giolito, o se non lo erano, gravitavano intorno a quel contesto che in nessun luogo, come a Venezia, ebbe la sua massima espressione.

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