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La legge Basaglia, l’Italia come esempio per la Cina

Capitolo 3: La collaborazione Italia-Cina

3.1 La legge Basaglia, l’Italia come esempio per la Cina

Non più di cinquant’anni fa, prima della legge Basaglia del 1978, i malati mentali in Italia erano rinchiusi nelle istituzioni psichiatriche, esclusi dalla società e senza voce in capitolo ; era il direttore che oltre ad essere medico aveva anche poteri fisici e morali . L e terapie più comuni erano la camicia di forza, il bagno freddo, l’elettroshock e la lobotomia. Il primo manicomio italiano fu realizzato nel 1813 ad Aversa, tuttora sede operativa di uno degli ospedali giudiziari italiani. La prima legge sui manicomi fu proposta da Giolitti e fu promulgata nel 1904 e rimase in vigore fino al 1978. Questa legge stabiliva che il luogo designato alla cura della malattia mentale fosse il manicomio, dove il ricovero poteva avvenire esclusivamente per ordine del Pretore, attraverso l'intervento della pubblica sicurezza. Non era previsto il ricovero volontario poiché si riteneva che solo una persona pericolosa o scandalosa in base ai parametri sociali stabiliti potesse avere dei disturbi psichiatrici. Una volta che il paziente veniva dato in custodia all'istituzione manicomiale, il direttore diventava l'unico responsabile sanitario e amministrativo della vita del degente (Riccato, 2013).

Nel contesto storico degli anni sessanta, lo psichiatra e neurologo Franco Basaglia (1924 –1980), fondò la concezione moderna della salute mentale. Egli diede inizio alla fase della negazione istituzionale, in cui l'istituzione psichiatrica venne prima criticata, poi negata come strumento valido per la cura mentale, e infine annullata legalmente. Dichiarò apertamente la crudeltà in manicomio su pazienti inermi (gabbie, isolamento fisico e umano, bagni freddi, elettroshock), ma soprattutto criticò l'istituzione psichiatrica e confutò l'efficacia dell'internamento psichiatrico come cura per i disturbi mentali a causa dell'aggravamento delle condizioni in seguito all'insorgere della malattia istituzionale35. A Trieste riuscì a completare la sua opera di smantellamento della struttura manicomiale nel 1977 e di implementazione della rete di servizi territoriali per

35 La “malattia istituzionale” era ed è causata dalla lunga degenza e dalle condizioni in cui le persone

vivevano all'interno del manicomio. L'istituzione, che avrebbe dovuto curare le malattie mentali, peggiorava la situazione del malato privandolo totalmente delle proprie abitudini, della sua libertà e individualità, portandolo a un completo decadimento delle abilità sociali e relazionali.

la gestione della malattia mentale, associata al servizio di pronto intervento psichiatrico da contattare in caso di crisi acute (Riccato, 2013). Basaglia ispirò il processo di deistituzionalizzazione che ebbe un grande accelerazione dopo l'approvazione della legge del 13 maggio 1978, n. 180, anche nota come “legge Basaglia” e r ecepita nella legge 833/78 sul riordino del Servizio Sanitario Nazionale. La leggechiuse i manicomi e propose un nuovo modo di intendere la patologia psichica, liberando i malati di mente e reinserendoli nel loro ambiente familiare e sociale, attraverso la cura erogata da servizi e presidi extraospedalieri (Rossi, 2012 e Saullo, 2017).

Da quel momento l'Italia ha sviluppato, seppur in modo non omogeneo, un modello di servizi di salute mentale di comunità, con alcuni esempi di eccellenza che si pongono all'avanguardia nel tentativo di costituire modelli di salute mentale centrati sui diritti individuali. L'articolazione della Salute Mentale in Italia ha attraversato enormi cambiamenti dopo gli anni ottanta, anche se nell’attuazione della legge, la situazione varia da regione a regione.

In un contesto più generale l’Italia rappresenta un’eccellenza anche dal punto di vista del sistema sanitario, anche se la situazione varia da regione a regione nell’attuazione delle leggi. Nel 2000 l’OMS classificò i sistemi sanitari dei suoi 191 stati membri e l’Italia si posizionò al secondo posto dopo la Francia, la Cina invece era al 144° posto (Tandon et al, 2000). In un periodo della storia cinese in cui il Paese si stava da poco rendendo conto della necessità di dare avvio alle riforme della sanità pubblica.

Attualmente il Dipartimento di Salute Mentale (DSM) italiano rappresenta il modello organizzativo per l'assistenza psichiatrica. Il DSM è l'insieme di strutture operative e attività che risponde ai bisogni di salute mentale della popolazione e il suo raggio d'azione solitamente coincide con quello di una azienda sanitaria locale. Il Dipartimento di Salute mentale è costituito dal Centro di Salute Mentale (CSM) che è il primo punto di contatto per i cittadini con disagio psichico. Il CSM coordina nel territorio la presa in carico, la terapia e la riabilitazione. Al suo interno lavora un’équipe costituita almeno da uno psichiatra, uno psicologo, un assistente sociale e un infermiere professionale (Ministero della Salute). Gli orari di apertura variano molto all'interno delle realtà regionali, in linea di massima per interventi ambulatoriali e/o domiciliari deve essere

aperto almeno 12 ore al giorno per 6 giorni la settimana.

Ci sono poi i centri diurni che sono strutture semiresidenziali aperte otto ore al giorno e

in cui vengono fatti dei percorsi terapeutici ma anche attività della vita quotidiana come la cura di sé e relazioni interpersonali individuali e di gruppo. Le strutture residenziali sono strutture extra-ospedaliere in cui si svolge una parte del programma terapeutico-riabilitativo e socio-riabilitativo per i cittadini con disagio psichiatrico inviati dal CSM con programma personalizzato e periodicamente verificato. Le strutture residenziali sono differenziate in base all'intensità di assistenza sanitaria (24 ore, 12 ore, fasce orarie) e non hanno più di 20 posti e sono collocate in località facilmente accessibili.

Infine il Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura, che è situato all'interno dell'ospedale generale, fornisce risposte alle situazioni di crisi rappresenta per molte realtà uno snodo fondamentale della rete dei servizi (Rapporto sulla salute mentale, 2016). Nel 2015 sono stati sul territorio c’erano oltre 1,200 servizi territoriali, più di 2,200 strutture residenziali e 900 strutture semiresidenziali (Rapporto sulla salute mentale, 2016). La dotazione di personale all'interno delle unità operative psichiatriche pubbliche, in Italia risulta pari a 29,260 unità. Di queste il 16,9% è rappresentato da medici (psichiatri e con altra specializzazione) per un tasso pari a circa 8 su 100 mila abitanti (Rapporto sulla salute mentale, 2016).