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U NA LEGGE DI LIBERTÀ RELIGIOSA :

URGENTE, INUTILE, IMPOSSIBILE?

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INTRODUZIONE

Paolo Naso**

Negli ultimi decenni il panorama religioso italiano è cambiato drasti- camente a causa di almeno tre elementi. Il primo è il radicamento nel tessuto nazionale di un alto numero di presenze religiose provenienti da altri contesti geografici e sociali: un fenomeno che ci consegna un «nuovo» pluralismo religioso, assai più articolato di quello storica- mente dato nel nostro Paese. Le antiche presenze ebraiche, ortodosse ed evangeliche oggi si intrecciano a quelle di testimoni di Geova, musulmani, induisti, buddhisti, sikh, mormoni, baha’i e decine di altre comunità ben identificabili quanto a credo, pratiche, valori.

È uno scenario nuovo che sta modificando il profilo urbano e che ci avvicina a universi culturali e spirituali un tempo lontani ed estra- nei. Anche le religioni, insomma, tendono a globalizzarsi e ad allar- gare i loro territori per proporsi in un contesto sempre più ampio e, appunto, mondiale. In Italia questo processo di pluralizzazione dina- mica dello scenario religioso è stato più lento e travagliato che altro- ve, ma oggi marcia a velocità sostenuta: se si discute - sia pure con un sovraccarico di pregiudizio e talvolta di intolleranza - di velo isla- mico e turbante sikh, di kasherut nelle mense e di rispetto del Ramadan o dello shabbat è perché il tema esiste e si impone nel dibattito pubblico.

Il secondo elemento è quello dello «scadimento dell’identità con- fessionale» che, se fa giustamente discutere in ambito cattolico, riguarda anche altre confessioni. Che cosa intendiamo con questa espressione? Il fatto che molti continuino a identificarsi come cattoli- ci, ma a questa proclamazione non corrisponde che una pallida idea dei principi, della dogmatica e della pratica propria connessi a que- sta identità di fede. In Italia, più che in altri paesi “cattolici”, l’asso- luta maggioranza dei credenti continua a definirsi, talvolta orgoglio-

samente, cattolica ma ormai decine di inchieste e rilevazioni ci dico- no che si tratta più di un desiderio che di una realtà, di una inven- zione più che di una convinzione.

Il terzo elemento è quello della post-secolarizzazione, ovvero del delinearsi di un nuovo scenario culturale e religioso che non è più caratterizzato dalla irrilevanza o dalla marginalizzazione dei temi religiosi, ma da una loro gestione confusa e incoerente, talvolta sin- cretica, altre fortemente identitaria: in ogni caso, si tratta di variazio- ni sul tema che concorrono a riportare autorevolmente le religioni al centro dello spazio pubblico. Chi demonizza questo processo perde un dato di realtà, perché non coglie la grande novità che chiude quel- la lunga stagione che per approssimazione possiamo definire della “secolarizzazione”: piaccia o preoccupi, le religioni oggi interessano, appassionano, fanno discutere e aprono mercati editoriali, sociali, culturali non irrilevanti. In termini di cultura pop, le icone di madre Teresa, Gandhi o del Dalai Lama circolano assai più del basco di Che Guevara, del libretto rosso di Mao o della kefiah di Yasser Arafat.

D’altra parte, chi immagina che la post- secolarizzazione ci resti- tuisca un po’ di «Old time religion» va incontro a una cocente delu- sione. Come il postmoderno non ci riporta a prima della modernità, così la postsecolarizzazione non è un’inversione di marcia rispetto alla secolarizzazione, semmai ne è la prosecuzione, sia pure in forme nuove che confondono e dis-orientano. Fondamentalismi e sincreti- smi, identitarismi e trasversalismi sono tratti essenziali di questa epoca nella quale le religioni tornano a far discutere di sé, nel bene come nel male.

Di fronte a questo nuovo scenario delle presenze e dei comporta- menti religiosi, dal punto di vista giuridico l’Italia appare pietrifica- ta, legata come è a un paradigma gerarchico che pone al vertice la Chiesa cattolica, in una fascia inferiore le confessioni che dispongo- no di un’Intesa ai sensi dell’arte. 8 della Costituzione, più sotto quel- le che hanno ottenuto un riconoscimento giuridico sulla base della legislazione sui Culti ammessi del 1929, e alla base quelle che vivono come semplici associazioni.

Il Convegno di cui in questo volume riportiamo gli atti nasce dalla semplice e ormai pluridecennale convinzione che questo assetto non sia semplicemente illiberale ma anche superato e obsoleto, struttu- ralmente incapace di dare il necessario riconoscimento giuridico al

pluralismo religioso cresciuto anche in Italia. Il fatto che da almeno vent’anni si parli di una legge sulla libertà religiosa abrogativa della legge del 1929, la dice lunga sulle difficoltà «politiche» a varare un testo più coerente con l’impianto laico e democratico della nostra Costituzione.

Scrivendo queste note, nei giorni in cui si conclude una legislatura che negli ultimi mesi è riuscita a approvare alcune Intese e, auspica- bilmente, a rimuovere la pietra tombale che dal 1995 pesava sull’ar- ticolo 8 della Costituzione, ha qualche fondamento l’aspettativa che nei prossimi mesi possa riprendere un costruttivo confronto politico per una legge quadro sulla libertà religiosa. Sappiamo bene che non è un tema che appassiona i politici ma, osservando il divario tra lo scenario religioso dell’Italia di oggi e la sua rappresentazione giuri- dica, risulta di grande attualità e di massima urgenza.

* Il presente Dossier comprende gli Atti di un Convegno di studio promosso dalla Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, dalla commissione delle Chiese Evangeliche per i Rapporti con lo Stato e dal Dipartimento della libertà religiosa dell’Unione Italiana delle Chiese Cristiane Avventiste del 7° giorno. Il Convegno si è svolto il 15 maggio 2012 presso la camera dei Deputati.