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La legge della sofferenza

di Cosimo M a r c o Mazzoni Francesca Rescigno I DIRITTI D E G L I A N I M A L I DA RES A SOGGETTI pp. 306, €28, Giappichelli, Torino 2005

Q

uella che solitamente vie-ne oggi chiamata la "que-stione animale" è storia antica almeno quanto quella umana. L'uomo centro dell'universo, secondo l'immagine che ne of-fre la

Genesi,

ha sempre cerca-to forme di comunanza o di so-miglianza con il "mondo anima-le" nel suo complesso, quasi fos-se un universo omogeneo e a sé stante. Tutte le mitologie hanno cercato forme di identificazione o di simbologia con specie ani-mali. Ma è abbastanza recente il desiderio (perché per ora non si va oltre) verso nuove forme di soggettività per gli animali. Na-turalmente stiamo parlando di soggettività umana, quella che l'uomo ha inventato per sé, e che solo di recente e con fatica è sta-ta riconosciusta-ta caratteristica uni-versale (una vera e propria appli-cazione di un diritto di natura) per tutti gli uomini (e le donne).

E forte e sempre più numeroso il gruppo di studiosi, per lo più fi-losofi di ispirazione utilitaristica, che reclama l'edificazione di di-ritti per gli animali. Piace l'idea di estendere il concetto di soggetti-vità, ovvero di personalità, dan-dogli una connotazione inevita-bilmente antropomorfa, a entità che il sistema giuridico aveva ri-servato agli umani ovvero ad ag-gregazioni di umani. Insomma, è la tentazione un po' orwelliana di voler personificare la natura. La natura fuori dall'umano.

Una vecchia e bizzarra vicen-da giudiziaria di più di trent'an-ni fa è ritornata oggi di moda. Ne riparlano dopo tanti anni con curiosità e con accenti nuo-vi Francois Ost, Yan Thomas, Oscar Chase. La storia è questa. Nel 1972 la società Walt Disney inizia la costruzione di una serie di impianti sportivi invernali nella Minerai King Valley in Ca-lifornia, celebre per i suoi boschi di sequoie centenarie. Un'asso-ciazione ambientalista si costi-tuisce in giudizio per opporsi al-la distruzione delle sequoie, ma la domanda viene respinta per-ché a parere del giudice l'asso-ciazione non ha "un interesse di-retto e personale alla causa".

Un giovane giurista america-no, Christopher Stone, scrive al-lora un articolo che attira subito l'attenzione dell'universo giuri-dico dell'epoca. Afferma che siano le stesse sequoie ad agire in giudizio a tutela del loro per-sonale e diretto interesse. Lan-cia l'idea: Rights for Naturai

Objects. E si immagina i

"crimi-ni contro l'ecosfera" sul modello dei crimini contro l'umanità, proposti in giudizio da tutori rappresentanti i diritti delle zone a interesse ecologico, queste ulti-me create a soggetti del diritto, soggetti incapaci di esercitare

es-si steses-si l'azione ma idonei à usu-fruirne dei vantaggi grazie al meccanismo della rappresentan-za. Il caso arriva fino alla Corte suprema degli Stati Uniti.

E allora gli animali, soprattutto se simili agli umani? Francesca Rescigno ha scritto un libro inte-ressante e appassionato che ben si colloca nel dibattito contempo-raneo e traccia la storia, filosofica principalmente ma poi anche an-tropologica e sociologica e infine giuridica, del rapporto tra umani e altri animali non umani. La tesi di fondo è quella espressa fin dal titolo e desta più di una perples-sità al giurista legato alle catego-rie e alle norme del diritto quo

utimur. Ma questo non deve

scandalizzare più di tanto. Le norme e le categorie giuridiche sono state modificate, anche profondamente, nel corso della loro lunga storia. Dalla diffusa analisi del sistema giuridico, fatto di leggi scritte e di sentenze dei giudici, che oggi governa la tota-lità dei paesi di questo mondo si deduce che agli animali è dedica-to un posdedica-to come oggetdedica-to di tute-la, di salvaguardia dalla sofferen-za e qualche volta dalla morte.

Personalmente dubito che as-segnare loro la qualità di "perso-ne", cioè di soggetti del diritto (che è la stessa cosa) si risolva in una migliore protezione del loro interesse. La questione animale si esaurisce spesso nella questio-ne della sofferenza animale. La legge degli umani è diversa dalla legge della natura, dove è in vi-gore la legge del più forte, dove

è in vigore la legge della conser-vazione della specie, la legge del-l'evoluzione. Solo l'essere uma-no con 0 suo armamentario giu-ridico potrebbe abrogarla, im-ponendo una legge più "umana" capace di non far soffrire la gaz-zella aggredita dal leone. Davve-ro non so se assegnando agli ani-mali parità di diritti uguali tra lo-ro e a quelli umani si renda lolo-ro un miglior servizio (come inge-nuamente dichiara la

Dichiara-zione universale dei diritti dell'a-nimale del 1978: "Tutti gli

ani-mali nascono eguali davanti alla vita e hanno gli stessi diritti all'e-sistenza").

Ma è solo un'opinione perso-nale da vecchio giuspositivista.

E infine. Ad assegnare diritti umanoidi agli animali non si ca-de per caso ancora in quell'an-tropocentrismo che tutte le teo-rie animaliste vogliono supera-re? Insomma, che cos'è più utile alle sequoie e agli animali non umani: farsi rappresentare nella salvaguardia dei loro diritti da tutori (umani per forza, va da sé, e davanti a tribunali umani). Oppure affermare, magari anche costituzionalmente, un dovere di protezione, di rispetto della di-gnità animale e delle altre forme di vita, che l'essere umano sia te-nuto ad osservare, perché pro-prio lui è quello che più forte-mente e feroceforte-mente ne è

l'e-sclusivo trasgressore? •

c.mazzoniSmontececeri.it C.M. Mazzoni insegna diritto privato

all'Università di Siena

Laboratorio

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