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Una legge umana di natura per ordinare la complessità del reale

MAGMA DI MARIO LUZI E GLI STRUMENTI UMANI DI VITTORIO SEREN

2.1 Una legge umana di natura per ordinare la complessità del reale

...Tu mi m'hai detto primo che il piccino fermento

del mio cuore non era che un momento del tuo; che mi era in fondo

la tua legge rischiosa: esser vasto e diverso e insieme fisso:

e svuotarmi così d'ogni lordura come tu fai che sbatti le sponde tra sugheri alghe asterie

le inutili macerie del tuo abisso. E. Montale

Il frammento di poesia tratto da Mediterraneo di Eugenio Montale è anticipatore di molte delle considerazioni che interessano le opere cui rimanda il titolo di questo capitolo. Mi riferisco, nello specifico, a due questioni che colmano lievemente le effettive distanze di un autore situato all’altezza di una stagione che è ancora nel complesso lontana dall’esperienza poetica medio-novecentesca. Alcuni aspetti, infatti, sono possibili semi, letti a posteriori, di tratti che germoglieranno rigogliosi e chiaramente espliciti solo decenni più tardi. Il «mare» montaliano, in questa lirica presente come immagine di una totalità della legge di natura che compendia nel sua vastità la realtà tutta, è soggetto a un primario statuto di ambiguità, che si forma e precede, in un continuo scambio, senza soluzione di continuità. L’immagine è simile alla figura dell’uroboro, non accade mai in origine, ma si sviluppa in una continuità ciclica, dove la legge di necessità non sta nel raggiungimento di una meta in un tragitto lineare, bensì nel mantenere alimentata la circolarità del flusso.

Prendere atto delle variazioni e operare al fine di un equilibrio è, in sintesi, desunto dall’immagine metaforica del mare che, sapientemente trattiene in un abbraccio senza confini, in una perenne evoluzione di forma; un mare che, tuttavia, al tempo stesso è distinto nelle sue componenti che lo consustanziano. L’esito di questo equilibrio mai realmente raggiunto, sempre approssimato, è una «legge rischiosa», proprio per la sua instabilità, che la espone al collasso. Eppure il mare propone una via d’uscita: è lo «svuotamento d’ogni lordura», la revisione critica come opportunità di eliminare il nocivo, mutare la realtà e le sue presenze, espellendo l’inutile, non perché perisca, ma perché conviva, riposto però ‘fuori da sé’, in un rapporto tutelato da una giusta distanza non asfissiante («e svuotarmi così d’ogni lordura / come tu fai che sbatti..le inutili macerie del tuo abisso).

Vediamo ora gli elementi che troveranno continuità in Luzi e Sereni, che saranno più avanti affrontati: 1.un primo aspetto concerne la diretta corrispondenza fra l’animo dell’autore e il paesaggio verso cui egli si pone in tre posizioni diverse. Attraverso il paesaggio, infatti, in primo luogo il poeta trova rappresentazione visiva, poi fisica e infine empatica del proprio sentimento.

2. Diretta conseguenza di ciò, è un accento marcato sulla concretezza dell’esperienza. La natura (intesa come realtà) è depositaria di una legge che è universalmente riconosciuta come ordinatrice di verità. La natura è custode della verità e la sua osservazione/partecipazione data da una vivace apertura nei suoi confronti, consente al poeta di accedervi e offrire una risposta alla ricerca di senso dell’esperienza.

3. Il terzo aspetto riguarda l’olismo del principio montaliano, che nella poesia è presentato come principio assiomatico, da cui il disporsi della realtà deriva. Non più dunque metafisiche allusioni a una privata significazione, che assolve più a una funzione consolatoria, ma esclusiva, da cui non proviene un nuovo umanesimo, ma una solitaria conciliazione con la realtà. Ben diversa, infatti, l’attrattiva che le parole di Montale prospettano. Il desiderio, l’anelito carico di sospirata melanconia è la decisa volontà di proseguire sull’esempio del flusso marino, sospeso fra i termini di accoglienza ed espulsione («essere vasto e diverso / e insieme fisso»). In Montale, a questa altezza, si percepisce ancora forte il tono della sfiducia. La legge del suo mare, infatti, ha negli effetti una caratura di forte intransigenza, e di assolutismo che Luzi e Sereni trasformeranno. L’esclusività è dominante nel soppesare esperienze, cose e fatti,

e lo dimostra la qualità linguistica prescelta dei termini lordura, sbatti, inutili macerie. Tutto ciò che è escluso è pesantemente nocivo o ingombrante, segno di una decadenza. In Luzi e Sereni, invece, la repulsione si trasformerà in abbandono come permissione, in accoglienza come scelta nel magmatico flusso cui è permessa la legge del ‘lascia che sia’.

Devo a Laura Barile lo spunto per questa comparazione, prima impensata. In un suo saggio critico composto per la rivista «Autografo», la critica accenna a una linea di continuità che si può rinvenire fra Montale e Sereni, sia citando le ben più attese Occasioni, che anche il Montale di Mediterraneo proprio per una somiglianza nella trattazione paesaggistica.84 Barile, inoltre, riconosce in Sereni l’ascendenza di un

«piccino fermento» montaliano, più grande dei contorni del singolo. Questa esigenza sorta in Sereni in età matura, trova conferma nella sua prosa

Un istinto incorreggibili mi indusse a riprodurre momenti, a reimmettermi in situazioni trascorse al fine di dar loro seguito, sentirmi vivo […] Perché facilmente una forma di presunta fedeltà alla propria immaginazione si pietrifica nell’inerzia, in una stortura85.

Un’esperienza di vita, vissuta in questi termini, si trasforma in quel più ampio e umano principio di comprensione che caratterizza il pensiero dei nostri autori, Il dolore e la sofferenza, ineliminabili, diventano però un preciso momento di questa, una «lordura» come fase di attraversamento, compensata dalla gioia del viraggio e la ricomposizione di un nuovo equilibrio.

In questo senso, diviene un’esperienza d’amore, la cui legge di attrazione si fonda su un principio che trascende il singolo nella unità e compresenza di aspetti molteplici. L’esperienza d’amore è testimoniata da una poesia di Sereni, che sapientemente Laura Barile introduce a riprova di una sottile negli effetti, ma profonda nell’intensità dell’intuizione, corrispondenza intellettuale fra Sereni e Montale86

84 LAURA BARILE, Amore e memoria. Il rammemorare e il mare di Sereni,

«Autografo», vol.V, n.s., n.13, febbraio, 1988, p. 52.

85 V. SERENI, Dovuto a Montale, cit., p. 108.

86 Non appartiene alla raccolta Gli strumenti umani, ma è ribadito da Barile come sia un

tema centralissimo anche di quella raccolta. Stella variabile (1979), la raccolta successiva, è infatti vista come coronamento e vetta delle posizioni poetiche su cui il poeta si era avviato con

amalo dunque il mio rammemorare

per quanto qui attorno s’impenna sfavilla e si sfa: è tutti il possibile, è il mare.

(Un posto di vacanza, vv. 27-30)87

La lezione di Cristina Campo – figura femminile e poetessa di risalto nel fermento culturale dell’epoca, sensibile e raffinata -, proponendo il suo concetto di sprezzatura colmo di grazia, sarà quanto mai efficace per raccogliere la ricchezza di questo nuovo umanesimo

Sprezzatura è un ritmo morale, è la musica di una grazia interiore; è il tempo, vorrei dire, nel quale si manifesta la compiuta libertà di un destino, inflessibilmente misurata, tuttavia, su un'ascesi coperta. Due versi la racchiudono, come un astuccio l'anello: «Con lieve cuore, con lievi mani | la vita prendere, la vita lasciare...»88

87 V. SERENI, Un posto di vacanza, in Stella variabile, in Poesie, cit., p. 223. 88 CRISITNA CAMPO, Il flauto e il tappeto, in Gli imperdonabili (quinta edizione),

2.2 Alterità e quotidianità: le forme di un ‘nuovo