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Lettera di ringraziamento della figlia di At- At-tilio Brugiamolini, Fabiola, al Sindaco, alla

Giunta, al Segretario ed al Consiglio comu-nale tutto.

Ancona, 31 gennaio 1986

Quasi un anno è trascorso dal giorno in cui mio padre è morto, quasi un anno da quel giorno terribile in cui ho saputo che mio pa-dre sarebbe morto dopo breve tempo. I due mesi della sua malattia sono stati i giorni più assurdi che avessi mai vissuto: e per lui, Atti-lio, ritengo i più difficili e impietosi.

Già dall’anno precedente si era messo al lavoro per organizza-re quanto, di competenza del Comune, fosse necessario ad acco-gliere il Convegno Ecclesiale:,e solo a cose fatte mi sono resa con-to dell’importanza che l’ospitare tale avvenimencon-to poteva avere per una città come Loreto, dell’impulso economico- sociale che si po-teva trarne, nonostante la manifestazione - di così grande portata - avesse determinato un carico di incombenze che oltrepassava le forze e i mezzi di una piccola città.

Vedersi quindi fluire la vitalità tra le mani proprio in quei giorni che avrebbero richiesto il massimo del suo impegno è stata per At-tilio una disperazione letteralmente indescrivibile: le sue energie - non certo fisiche, quando ormai non poteva quasi più né mangiare né riposare - le sue energie intellettuali, che sempre - non sappiamo come possa essere riuscito - ha mantenuto vivaci, fino all’ultimo momento, sono state chiamate da lui stesso a raccolta, per poter presenziare ed accogliere i partecipanti al convegno, per porgere il saluto di benvenuto alla stampa, ai prelati, al Pontefice; e quei di-scorsi che aveva sempre condotto liberamente al momento, era

sta-to costretsta-to a prepararsi, fra casa e ospedale, in ripetute stesure cor-rette e ripensate, non trovando - e soffrendo di più per questo - la consueta lucidità e concentrazione.

È riuscito nel compito che si era prefisso - portare a conclusione i preparativi per il Convegno - ma non è riuscito a sopravvivere: se ne è andato quando la primavera rinnova la sua promessa di vita, vivendo comunque la sua - di vita - disperatamente, fino in fondo.

Ha scelto il ricovero presso l’ospedale lauretano per dimostrare nei fatti l’utilità e la validità di quell’istituzione che recenti disposi-zioni regionali intendono considerare superflua, e l’ha scelto anche perché quello era l’unico modo per proseguire e per non interrom-pere il suo lavoro con il Comune.

Dalla prima legislatura in cui era stato eletto Sindaco, quel ri-torno alla sua città cui si sentiva sempre così legato, Attilio si era finalmente occupato, dopo anni di un lavoro che non l’aveva mai soddisfatto pienamente, di ciò che presto si era configurata come una missione civile, da cui niente poteva distoglierlo e che sempre perseguiva senza essere mosso da un sia pur lontano interesse per-sonale.

D’altronde in vita sua non si è mai interessato ai beni materia-li, che non avrebbe d’altro canto avuto la possibilità di possedere e che non ha mai deliberatamente voluto possedere: sua proprietà era l’automobile con cui raggiungeva la sua stanza in Comune ogni giornata ed ogni pomeriggio libero dal lavoro d’ufficio.

Sono ancora più grata, quindi, al Sindaco e alla Giunta, al Se-gretario e al Consiglio comunale tutto, per aver deliberato di dona-re la terra dove possa riposadona-re il loro concittadino Attilio: vicino a quel Comune, divenuto meta del suo vivere quotidiano, e nel con-tempo ospitato da quel Comune, al cui servizio si era voluto de-dicare, senza mirare al possesso di niente, ma ovunque e fra tutti a Loreto, cittadino felice.

Fabiola Brugiamolini

Ricordando Attilio

Erano le otto del mattino in quel bellissimo agosto del 1975, quan-do nuotanquan-do quasi in solitario mi sentii salutare: “Buon giorno, di-rettore”. Sul pattino che sfilava davanti a me c’era Attilio Brugia-molini. “Salga sù”. Così feci. Attilio, chiamato dagli amici “Brugia”

era un componente della Commissione Amministratrice dell’A-zienda Municipalizzata Servizi di Ancona. Io ero il direttore. Il rap-porto tra questi due Organi, è sempre stato, diciamo così, proficua-mente conflittuale. I momenti distensivi e piacevoli erano rari per me. Il rapporto con i commissari non era facile: ero sempre sotto tiro. Il rapporto umano fatto di amicizia e di confidenza reciproca, era praticamente inesistente.

Ma con Brugiamolini non era così.

Sul pattino, in quella bellissima mattina d’estate, ebbi modo di costatarlo.

Alternandoci ai remi sentivo che quello che ci accumunava non era l’Azienda ma il cuore. Su quel natante avveniva l’incontro di Attilio con Marco, due amici, entrambi animati dallo stesso ideale religioso, nel quale ci riconoscevamo ed al quale davano la priorità sul piano dei rapporti. Lui prese l’iniziativa trattandomi da amico, da persona cara e vicina, con uno spiccato spirito fraterno. Mi sen-tii felice di quella bella sorpresa che inaugurò un nuovo modo di es-sere tra noi. Trascorsi il resto della giornata in una gaia beatitudine.

Ricordandolo con tanto sentimento, mi affiora un solo ramma-rico: non riuscii mai a dargli del “tu”. I nostri diversi ruoli azienda-li mi condizionavano. Ma mi presi la rivincita qualche anno dopo quando incrociandolo, nella sua veste di Sindaco di Loreto,

duran-te una affollata cerimonia, gli gridai, in mezzo alla genduran-te, “Ciao At-tilio”. Mentre lui si allontanava, sospinto da altri, girò la testa ver-so di me e, guardandomi ver-sorridendo, alzò una mano facendomi un festoso saluto. Non lo incontrai più.

Marco Bernardini