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Giorgio Agamben, L'APERTO. L'UOMO E L'ANIMA-LE, pp. 99, € lì, Bollati Boringhieri, Torino 2002

Nel 1735 Carlo Linneo pubblica la sua ope-ra Systema naturae, nel quale l'uomo viene

messo nell'ordine degli Anthropomorpha, cioè

i primati, tra i quali figurano anche scimmie, lemuri e pipistrelli. Secondo Linneo, l'Homo

sapiéhs risulta essere una "macchina

antro-pologica" che mette in atto strategie operative per confrontarsi con Wmwelt, con il mondo

esterno o ambiente. Ciò che distingue l'Homo sapiens dagli altri primati è la sua capacità di

riconoscersi in un non-uomo. In questo denso volumetto, procedendo col metodo genealo-gico che contraddistingue le sue ultime ricer-che da Homo Sacer (Einaudi, 1995) a Quel che resta di Auschwitz. L'archivio e il testimo-ne (Bollati Boringhieri, 1998) e II tempo che resta. Un commento alla "Lettera ai Romani"

(Bollati Boringhieri, 2000), Giorgio Agamben tenta di dare voce e campo a quella dimen-sione liminare, L'aperto", che permette di creare la separazione (sottile) tra l'uomo e l'a-nimale. Seguendo la traccia già percorsa da Heidegger (rammentato autore del corso uni-versitario del 1929-30 "Concetti fondamentali della metafisica. Mondo - finitezza - solitudi-ne"), l'autore delinea L'aperto" come atto di comprensione dell'uomo situato nella sfera del pensiero, che dischiude alla "verità" del-l'essere. In questa prospettiva, Agamben po-ne in primo piano il discorso antropogepo-netico (la cesura, cioè, tra umano e animale), mani-festando L'aperto" come un territorio che si costituisce nella sospensione dell'animalità umana, quindi nell'essere-altro dell'uomo. La trama genealogica, che sorregge il libro di Agamben, riconduce (giustamente, a nostro avviso) alle dinamiche biopolitiche (cioè con-flittuali, di controllo e di movimenti intesi a ri-conoscere o sopprimere il corpo della colletti-vità), che modificano il concetto stesso di "macchina antropologica", e nell'epoca attua-le, nella post-storia, la lasciano "girare a vuo-to". Di qui, l'invito sotteso ad approfondire il "mistero pratico-politico della separazione"

ri-sulta d'estrema attualità.

GIANLUCA GIACHERY

Marco Ivaldo, INTRODUZIONE A JACOBI, pp. 202,

€ 10, Laterza, Roma-Bari 2003

Curata da Marco Ivaldo, esce per Laterza

l'Introduzione al pensiero di Friedrich

Heinri-ch Jacobi (1743-1819). Filosofo anticonven-zionale, economista e uomo d'affari, poli-grafo e poliglotta, Jacobi ebbe la singolare abilità di mettere in luce sul nascere le carat-teristiche e i limiti dei grandi sistemi del suo tempo. Critico dell'illuminismo, visto come un unilaterale intellettualismo; di Kant, detto idealista trascendentale prima ancora di Fi-chte; e di Fichte stesso, fautore di uno "spi-nozismo rovesciato", Jacobi incarna una del-le anime più vivaci della filosofia classica te-desca: l'anima antisistematica (ma non per questo irrazionalista), letteraria, curiosa della storia e della società, e felicemente proietta-ta oltre i confini tedeschi, verso la grande tra-dizione intellettuale dell'Europa moderna, da Spinoza a Vico, à Hume. Ivaldo, noto studio-so di Fichte, ha già dedicato a Jacobi un saggio nel 1998 (Filosofia delle cose divine,

Morcelliana). Neil'Introduzione, egli segue

con cura l'articolarsi del pensiero iacobiano: dai primi scritti "giornalistici" e politici, ai ro-manzi "goethiani" Allwill e Woldemar, dalle

dispute sullo spinozismo di Lessing (Lettere sulla dottrina di Spinoza) e sulla filosofia

del-la fede, alternativa al kantismo (Idealismo e realismo), fino alla metafisica della "filosofia

delle cose divine". Sia pure con discrezione, Ivaldo non rinuncia a un'impostazione teore-tica che lo porta a mettersi in dialogo con l'autore, riscoprendone inquietudini e solleci-tazioni, culminanti con l'invito a ripensare la filosofia come modalità esistenziale, e non solo esercizio concettuale.

SERENELLA IOVINO

M a r i o M i c h e l e t t i , FILOSOFIA ANALITICA DELLA RELIGIONE. UN'INTRODUZIONE STORICA, pp. 173,

€ 14,30, Morcelliana, Brescia 2002

Le riflessioni intorno alla religione condotte negli ultimi decenni nell'ambito della filosofia analitica di area angloamericana non sono molto conosciute in Italia, dove in molti casi si è forse rimasti legati alla vecchia immagine del neopositivismo negatore della sensatezza di ogni discorso metafisico, e quindi a mag-gior ragione della speculazione intorno a que-stioni di carattere religioso. Ma dai tempi di questa condanna sono passati molti anni, e nell'ambito della tradizione analitica si è svi-luppata su questi temi una riflessione rigoglio-sa e originale, che Micheletti presenta se-guendo un filo conduttore in parte cronologi-co e in parte dipendente da una suddivisione fra tendenze teoriche. Il libro si articola infatti in quattro capitoli. Il primo affronta le discus-sioni, ormai parecchio lontane nel tempo, ri-guardanti i criteri di significanza degli enun-ciati del linguaggio religioso. I capitoli suc-cessivi sono invece dedicati alle tre principali correnti individuate da Micheletti nell'ambito della filosofia analitica della religione: quella che si ispira al lavoro del secondo Wittgen-stein (Rush Rhees, Peter Winch, Norman Mal-colm, D.Z. Phillips), la cosiddetta

epistemolo-gia riformata (così detta in quanto legata alle chiese riformate di orientamento calvinista, rappresentata soprattutto da Alvin Plantinga e Nicholas Wolterstorff) e la rinascita della teo-logia filosofica (in parte ispirata da alcuni filo-sofi allievi di Wittgenstein quali Peter Geach ed Elizabeth Anscombe, in parte declinata se-condo i modi del "tomismo analitico", che rie-labora la concezione di Tommaso d'Aquino con gli strumenti della moderna filosofia ana-litica).

GUIDO BONINO

ALLA FINE DELLA VITA. CASI E QUESTIONI ETICHE,

a cura del Comitato Etico Fondazione Floriani, pp. 138, €13,30, Guerini e Associati, Milano 2002

Un libro unico in Italia, che nasce da un'e-sperienza altrettanto unica. La Scuola italiana di medicina palliativa (Simpa), altra esperien-za unica nata per iniziativa di Michele Galluc-ci (medico all'ospedale di Desio), a partire dal 1994 ha raccolto dei "casi" capitati negli ospedali italiani o a casa. Nella Scuola, infat-ti, medici e infermieri vengono abituati a riflet-tere in modo interdisciplinare con franchezza sui casi che si presentano nell'attività clinica. Una selezione di essi è stata sottoposta al "Comitato per l'etica di fine vita" presso la Fondazione Florani di Milano, che li ha ordi-nati per temi (informazione, rifiuto dei tratta-menti, accanimento terapeutico, sedazione terminale, ecc.) e li ha esaminati, dando ad essi una risposta. Ad esempio, Renzo è ormai terminale e sta male. Il medico ordina la fle-boclisi e altre manovre rianimatorie.

L'infer-miere è contrario perché ritiene che ormai sia meglio lasciare che la natura faccia il proprio corso senza insistere ulteriormente a rianima-re. Che cos'è giusto fare? Ha ragione il medi-co o l'infermiere? E l'infermiere deve ubbidire senza fiatare o può manifestare il proprio dis-senso? E può anche disubbidire o la disubbi-dienza da escludere? Le soluzioni proposte dal Comitato etico sono importanti non fosse altro perché sono il frutto di un'attenta rifles-sione di un gruppo di esperti. Ma, come sem-pre accade, esse sono semsem-pre discutibili e criticabili. L'interesse del libro sta non tanto nelle risposte date, bensì nelle argomentazio-ni presentate. È questo il merito centrale, per-ché raramente si cerca di offrire le ragioni che portano alla soluzione pratica. Questo può av-venire attraverso un paziente lavoro di scom-posizione dei vari aspetti che caratterizzano la situazione. Insomma, il lettore è sollecitato a riflettere e - sia pure nei limiti ristrettì dì po-che pagine - gli vengono dati gli strumenti teorici per farlo. Qui sta l'originalità del volu-me, arricchito da un'utile appendice di carat-tere normativo e giuridico.

MAURIZIO MORI

IL RELIGIOSO IN KIERKEGAARD, a cura di Isabella Adinolfì, pp. 304, € 28,30, Morcelliana, Brescia

2002

La brillante introduzione di Isabella Adinol-fi, curatrice di questi atti del convegno di stu-di organizzato dalla Società italiana per gli studi kierkegaardiani (Venezia, dicembre 2000), presentando il tema centrale e indivi-duando alcuni Leitmotiv dei contributi

etero-genei che compongono il volume, fornisce una valida chiave di lettura anche per il letto-re non addetto ai lavori. Restituisce inoltletto-re l'at-mosfera vivace del dibattito che ha seguito ciascuno degli interventi, senza celare le di-vergenze sorte tra i relatori. L'argomento ge-nerale è rintracciabile nella categoria del "re-ligioso", inteso innanzitutto come esperienza personale lacerante, di uno scrittore che si autodefinisce religioso, poiché tutta la sua at-tività si rapporta al cristianesimo; di esso si è occupata, in particolare, Bettina Faber, con una relazione dal titolo provocatorio L'inattua-lità del religioso in Kierkegaard. In realtà,

pro-prio la dimensione esistenziale di questo te-ma, trasversale a tutti i contributi, costituisce uno dei motivi dell'attualità del pensiero di Kierkegaard e ha contribuito a rinnovare nel tempo la sua importanza all'interno della ri-cerca filosofica, sagesse attraversata

costan-temente da un'intrinseca relazione con l'esi-stente, come sottolinea Virgilio Melchiorre nel suo intervento. Al di là della tematica princi-pale, l'introduzione presenta dunque i temi nodali intorno cui si sono concentrati gli inter-venti e su cui si è accesa la discussione: la dialettica tra fede e ragione, la concezione dell'Io come fondamento dell'antropologia cri-stiana di Kierkegaard e infine il rapporto tra questo genio, poeta, filosofo e cristiano, per utilizzare alcuni tra gli appellativi che ricorro-no più spesso nel volume, e alcuni illustri filo-sofi e scrittori, nonché un regista cinemato-grafico. Il paradosso del cristianesimo, che è

oggettiva gratuità e soggettivo azzardo, o, co-me propone Pietrangelo Squeri, "storicizzazio-ne dell'eterno" e al contempo "eternizzazio"storicizzazio-ne di una realtà storica", il significato della scel-ta di fede per l'uomo, il rapporto problematico del soggetto con se stesso, con gli altri e con Dio, rapporto assoluto con l'Assoluto, espres-so appropriatamente dall'antitesi aut Deus, aut homo, il confronto con i filosofi della

me-tafisica classica, in particolare rispetto al prin-cipio di non contraddizione, con il nichilismo nietzschiano e, soprattutto, con le riflessioni di Dostoevskij e Kafka, sono alcuni tra gli ar-gomenti più coinvolgenti e interessanti. In ge-nerale, dunque, una rilettura di Kierkegaard carica dì suggestioni e interrogativi, molto lon-tana dal quadro dipinto dal filosofo stesso, che in Papirer immaginava, dopo la sua

mor-te, un folto gruppo, di docenti, "infami cana-glie", intenti a sezionare i suoi scritti per rica-varne qualche articolo di lucro.

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S a l v a t o r e N a t o l i , LIBERTÀ E DESTINO NELLA

TRAGEDIA GRECA, a cura di Gabriella

Caramo-re, pp. 143, € 12, Morcelliana, Brescia 2002

La tragedia greca antica è spesso oc-casione di letture condotte su un piano etico e filosofico, tese a rintracciarvi co-stanti comuni al vivere odierno: è il caso di questo volumetto di Natoli che riproduce - come gli altri titoli della collana "Uomini e profeti" - un'intervista dall'omonimo ci-clo di trasmissioni di cultura religiosa (Ra-dio 3). Alcuni tra i più celebri drammi del V secolo sono ripercorsi alla luce della dialettica tra libertà di azione e destino che obbliga i personaggi tragici, così co-me l'uomo contemporaneo, a scelte alco-me- alme-no in apparenza ineluttabili. Quattro capi-toli affrontano alcuni aspetti di tale tensio-ne: il rapporto ambiguo tra umano e divi-no, segnato dal diverso grado di cono-scenza; il contrasto tra oggettività della colpa e innocenza del soggetto, spesso ignaro delle conseguenze delle proprie decisioni; la lacerazione dell'uomo, a un tempo artefice e vittima del proprio desti-no. L'ultimo capitolo, sulla scia di una lun-ga citazione da La Grecia e le intuizioni precristiane di Simone Weil, congeda il

lettore con una messa a fuoco della spe-cifica "tragicità" dell'uomo moderno, an-che alla luce del nuovo termine di con-fronto, in realtà sotteso a tutto il libro, rap-presentato dal cristianesimo.

ALESSANDRO IANNUCCI

Maria Lorenza Chiesara, STORIA DELLO

SCETTICISMO GRECO, pp. 240, € 16,50,

Einau-di, Torino 2003

"Dal punto di vista etimologico il termine scetticismo (...) rimanda all'inclinazione a interrogarsi sulla realtà e verità delle no-stre percezioni e sulla fondatezza dei giu-dizi, anche di valore, che proferiamo di fronte ai modi diversi e contrastanti in cui le cose ci appaiono". Così Maria Lorenza Chiesara apre l'introduzione alla sua mo-nografia, definendo anzitutto il possibile equivoco alla base del termine scettici-smo, e orientando subito il lettore in un percorso attraverso testi, discussioni, scuole filosofiche, di totale perspicuità e agilità; uno dei meriti del libro risiede in-fatti nella struttura in cui il testo si organiz-za e si presenta: senorganiz-za parti di caratte-re generale, l'analisi si articola in tcaratte-re gran-di capitoli (/ Pirroniani, Gli Accademici, I Neo-Pirroniani), all'interno dei quali ogni

sottosezione è dedicata a un filosofo par-ticolare (da Pirrone di Elide, iniziatore del pensiero scettico, ai platonici Arcesilao e Cameade, fino a Sesto Empirico e alle sue critiche a epistemologia, logica e dialetti-ca precedenti). Emerge dunque la fisiono-mia di ogni voce del secolare dibattito, aggiornata agli studi più recenti: poiché "lo scetticismo sembra coincidere con l'i-nizio dell'attività filosofica stessa", occorre indagarne le specificità, per concludere che la sua unica confutazione possibile "sembra dunque essere l'auto-annulla-mento". I temi dell'uscita dalla filosofia e la riflessione sul fallibilismo "non solo sono inattaccabili dal punto di vista della coe-renza, ma anticipano molto degli esiti cui è giunto il pensiero contemporaneo".

MICHELE CURNIS

Maurizio Bettini e Carlo Brillante, IL MITO DI

ELENA. IMMAGINI E RACCONTI DALLA GRECIA

A OGGI, pp. 238, 24 ili. € 15, Einaudi, Torino

2002

Il significativo sottotitolo del volume, con il binomio di racconti e immagini, introdu-ce alla corniintrodu-ce, narrativa e iconografica, che racchiude al suo interno l'indagine storico-letteraria e antropologica sull'enig-matico personaggio di Elena, ancora una volta dall'antichità ai giorni nostri. "E

sic-come non c'è gioia più grande di quella che dà l'aver raccontato una storia, il poe-• ta si addormentò, mentre i suoi versi con-tinuavano ad attraversargli la mente. Ma in sogno gli apparve lei, Elena". Protagoni-sta della prima parte del libro, Il racconto di Elena, di Maurizio Bettini, è il poeta

Ste-sicoro di lmera, divenuto cieco per aver cantato il disonore e la rovinosa passione amorosa di Elena, che tradì lo sposo Me-nelao per seguire Paride; nel suo poema Stesicoro raffigurò la regina di Sparta co-me adultera, causa dell'orribile guerra di Troia, e quindi della morte dei più grandi eroi di Grecia: ma tale non era la verità dei fatti, ed Elena punì con la cecità il poeta che tanto l'aveva diffamata, costringendo-lo a un estenuante viaggio di conoscenza per appurare come realmente si svolse la vicenda. Alla fine Stesicoro produsse una nuova versione del canto (la celebre Pali-nodia), in cui Elena non tradiva affatto lo

sposo, perché a fuggire con Paride era soltanto il suo simulacro, un'immagine fitti-zia e ingannevole. Tra le svariate versioni delle fonti si muove Carlo Brillante nella seconda parte del libro, Elena di Troia,

ar-ticolando la trattazione in ampi capitoli te-matici, secondo la descrizione degli scrit-tori antichi (La ragazza di Sparta, La spo-sa infedele, L'adultera, L'immagine, De-mone o dea?)\ al lettore appare dunque

ben definito il problema di fondo di tanta riscrittura poetica ed erudita, ossia l'asso-luta insondabilità della conoscenza (che è anche inaffidabilità di comunicazione), in particolare delle vicende del passato: "A volte per le donne è difficile spiegare le cose agli uomini, specie a quelli che cre-dono di sapere e non sanno".

(M.C.)

non lo immortalerà nel gesto supremo, ma la figlia ne conserverà viva la memoria fi-no al momento in cui il delitto fi-non sarà vendicato e il rito di espiazione, a lungo differito per l'assenza di Oreste, non sarà compiuto".

(M.C.)

Sofocle, Euripide, Hofmannsthal e

Yource-n a r , ELETTRA. VARIAZIONI SUL MITO, a cura di Guido Avezzù, pp. 249, € 6, Marsilio, Venezia 2002

Dopo i due volumi rispettivamente dedi-cati ai testi di Medea e Antigone, a partire

dalla tragedia attica fino alle rielaborazio-ni drammatiche del secolo appena con-cluso, Marsilio affida a Guido Avezzù la cura di questo terzo titolo della collana "Variazioni sul mito" dei "Grandi classici tascabili", dedicato al personaggio di Elettra. Quattro pièces, due antiche e due

moderne (non le più moderne, ma quelle che più paiono in sintonia con lo spirito e la problematica tragica dei titoli antichi, secondo una rivisitazione attualissima), al-l'interno di un volume che riporta i testi dei quattro autori in traduzioni di altissimo li-vello (rispettivamente Bruno Gentili, Cate-rina Barone, Nicoletta Giacon, Luca Cop-pola). Il tutto introdotto da abilissime e puntuali pagine di Guido Avezzù, che conduce il lettore attraverso la progressi-va affermazione del personaggio di Elet-tra sulle scene dell'antichità ("Assente nell'epica, Elettra è creazione tragica per eccellenza, associata al canto stridulo dello strumento musicale dionisiaco e tea-trale, l'aulos che accompagna le sue

la-mentazioni": il lettore avveduto prowe-derà a completare la lettura di Hofmann-sthal con i taglienti accordi espressionisti della musica di Strauss, in apertura della sua Elektra): e l'utilità dell'introduzione

consiste anche nel ricordare opere prece-denti (la trilogia di Eschilo in cui Elettra ha già "un importante ruolo sussidiario") e successive rispetto a quelle del volume, sempre a proposito di funzioni simboliche e oggetti del mito, come lo scenario della reggia degli Atridi, che dall'antico al mo-derno si sposta "non più davanti, ma tro il palazzo; è come se si svolgesse den-tro il labirinto senza uscita della mente di Elettra". Perché, a prescindere dalla riela-borazione del mito, Elettra è sempre sosti-tuzione immanente della figura paterna uccisa, di Agamennone: "Gli dei hanno negato al padre una morte eroica, l'epos

O R F E O , IL MITO, LA MUSICA. PERCORSI TRA MUSICOLOGIA E ANTROPOLOGIA MUSICALE, a cura di Stefano A.E. Leoni, pp. 207, s.i.p., Trauben, Torino 2002

Il bel volume curato da Stefano Leoni e pubblicato sotto il patrocinio del Conser-vatorio statale di musica "A. Vivaldi" di Alessandria racchiude gli atti delle gior-nate di studio "Orfeo, il mito, la musica" svoltesi ad Alessandria nel novembre 1999. Si tratta di una serie di tredici con-tributi di autori vari che indagano presen-za e riproposizione del mito di Orfeo nel teatro musicale (ma non soltanto), sulla base del presupposto assolutamente condivisibile di non scindibilità della figu-ra mitologica dalle problematiche musica-li dell'espressione poetica: un cospicuo gruppo di scritti è dedicato al Novecento (si vedano, per esempio, Orfeo vedovo di

Savinio studiato da Luca Valentino, oppu-re il parallelismo tra la figura mitica e la poesia di Trakl in un saggio di Cesare Lie-vi), anche grazie al regesto di Silvana Chiesa, che riporta utili tabelle su tutti i la-vori musicali del XX secolo ispirati a Or-feo. Si apprezza però in modo particolare l'importanza conferita all'età barocca per la massiccia presenza del divino cantore e della sua suggestione: sia sul piano let-terario, con i capitoli dello stesso curatore Leoni su Orpheus tra retorica e passione: un mito barocco per l'Opera, e di

Anna-maria Cecconi su Medea vs Orfeo. Alla ri-cerca di un mito della potenza della musi-ca al femminile (centrato sul desueto

con-nubio scenico di Orfeo e Medea nel teatro veneziano dell'Accademia degli incogni-ti), sia sul piano iconografico, con l'excur-sus di Cristina Santarelli, Un topos dell'i-conografia musicale: Orfeo, che

arricchi-sce il volume di numerose e preziose illu-strazioni, dall'arte classica alla pittura ro-mantica.

(M.C.)

Marcel Detienne, APOLLO CON IL COLTELLO

IN MANO, ed. orig. 1998, trad. dal francese di

Francesco Tissoni, pp. 328, € 32, Adelphi, Milano 2002

Esce ora in versione italiana un saggio di Marcel Detienne del 1998, Apollon le couteau à la main. Une approche expéri-mentale du polythéisme grec. Il libro

co-stituisce un segmento di un percorso più ampio, un'indagine antropologica che De-tienne da anni svolge sulla genesi e sulla natura della divinità greca arcaica e sui volti inquietanti e contigui di Dioniso e Apollo. Cantato nell'inno omerico alle so-glie dell'età classica, e nella poesia di Callimaco, Apollo muove dalla rocciosa Delo, attraverso un mondo ancora incolto, per fondare il santuario di Delfi, archetipo, nel suo incedere bello e terribile, di infiniti

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