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Capitolo 1 - La crisi del 1929 e la grande depressione

1.14 Una lettura della crisi

Arrivati a questo punto, bisogna evidenziare il fatto che la discussione sulle cause dell’origine della crisi americana è ancora aperta tra gli esperti, ma tutti tendono a sottolineare l’importanza di alcuni fattori, quali la riduzione dei tassi d’interesse sollecitata dai paesi europei, la crescita incontrollata di Wall Street, l’incapacità del presidente Hoover di contrastare la crisi e le colpe della Federal Reserve. Nel corso di questa analisi sono risultati abbastanza chiari i limiti e le insufficienze delle risposte dei principali paesi europei alla crisi. Alcuni stati, come analizzato precedentemente, (tra cui l’Inghilterra) hanno deciso di uscire dal sistema del GoldSstandard, altri (tra cui Francia, Italia, Belgio, Olanda, Polonia) decisero di rimanervi. Scelte politiche ed economiche che hanno portato a risultati anche molto eterogenei tra di loro. In certi casi (Francia, Italia, Germania nazionalsocialista) vennero applicate, con risultati differenti, ricette economiche 'interventiste'. C’è poi da sottolineare il fallimento della conferenza di Londra del 193384, la quale non ottenne i risultati sperati.

Si può quindi affermare che la disgregazione dell’Europa in più aree monetarie e commerciali, l’eterogeneità delle risposte date alla crisi da parte dei governi e delle istituzioni e l’assenza di una coerente politica economica anticrisi, abbiano aggravato e in certi casi prolungato gli effetti della crisi originata negli Stati Uniti. Alcuni studiosi infatti ritengono che “la politica, non il mercato, fu la causa principale dello shock di 80 anni fa”85

; la lettura di questa crisi e della successiva recessione, ci mostra come già a quel tempo i mercati finanziari fossero deboli e mal vigilati, e quanto velocemente essi possano cadere. Ma ci mostra poi come un’economia globalizzata ed interconnessa possa diffondere sia sviluppo, prosperità e ricchezza, ma anche generare gravi povertà, e che le ristrettezze economiche possono avere effetto sia sulla politica nazionale che internazionale. Ci viene inoltre mostrato che all’origine della depressione vi fu un “insuccesso dei tentativi, […] di realizzare

un’effettiva cooperazione internazionale, sia a livello economico-finanziario sia a livello politico”86. Tra le nazioni quindi non vi era la volontà di cooperare, ma ogni stato ricercava la soluzione più rapida ed efficace per uscire dalla stagnazione, senza cercare una cooperazione.

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Conferenza tenutasi a Londra nel giugno del 1933, cui parteciparono i rappresentanti di 66 nazioni, per discutere sulle modalità per uscire dalla Depressione economica in cui si trovava l’economia mondiale, dare nuovo slancio al commercio internazionale e per cercare di stabilizzare il quadro monetario.

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A. ALESINA, La crisi del 1929 e le sue false morali, Il Sole 24 Ore, 20 maggio 2009.

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Tra gli economisti che cercarono la causa del problema negli errori di gestione della politica economica, John Maynard Keynes è senz’altro quello che più di ogni altro ha ricercato il ruolo che ha avuto la politica fiscale. Secondo l’economista inglese, le politiche fiscali restrittive causano un rallentamento nella crescita del reddito e dell’occupazione87. La soluzione keynesiana ad una fase di ristagno economico consiste nell’applicazione di politiche fiscali di tipo espansivo (soprattutto attraverso l’aumento della spesa pubblica, ma anche attraverso tagli alle tasse).

Ad enfatizzare il ruolo della politica monetaria invece sono in particolar modo gli economisti liberisti. Per molto tempo, l’interpretazione liberista della crisi è stata dominata dalla concezione austriaca (i cui principali esponenti sono stati Ludwig von Mises e Friedrich August von Hayek), che vedeva negli errori di politica monetaria, commessi durante gli anni venti, la principale causa di un squilibrio sviluppatosi all’interno dell’economia reale. Gli economisti austriaci, in linea con l’interpretazione keynesiana, individuano la causa della crisi negli squilibri prodotti nell’economia reale88

. Il problema della politica monetaria condotta dalla Fed e dalle istituzioni negli anni venti, è consistito infatti nell’aver ostacolato il libero funzionamento dei mercati, producendo uno scostamento tra lo sviluppo della struttura produttiva e la dinamica della domanda espressa dai consumatori. Contro questa interpretazione, negli anni sessanta, il fronte liberista sviluppò un’interpretazione incentrata sugli squilibri finanziari, piuttosto che su quelli dell’economia reale. In particolare, la scuola monetarista (affermatasi grazie al contributo di Milton Friedman e Anna Schwartz) attribuiva gravi responsabilità alla Federal Reserve, non tanto nella condotta della politica monetaria prima dello scoppio della bolla, quanto nella gestione della crisi, una volta che questa si era manifestata.

Il problema, in altri termini, non sarebbe nella sfera reale – come sostengono, con opposte motivazioni, Keynes e Hayek – bensì in quella finanziaria. Gli anni Venti non sarebbero dunque stati un periodo nel quale si accumularono gli squilibri reali che avrebbero poi portato alla depressione degli anni Trenta, bensì sarebbero caratterizzati dalle ordinarie oscillazioni dell’economia reale, le quali tuttavia, dopo il crollo dei mercati, si sarebbero

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Si vede a riguardo, J. M. KEYNES, La teoria generale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta, UTET, 2006.

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Queste e altre opinioni sono ben esplicitate in Governi distruttori di ricchezza. La teoria austriaca del ciclo

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trasformate in una lunga fase depressiva, a causa degli interventi sbagliati della Federal Reserve.

Per concludere, riportiamo un estratto del discorso tenuto nel 2002, quando Ben Bernanke, allora nel board dei governatori della Fed, affermò durante un discorso in occasione del novantesimo compleanno di Milton Friedman: “Vorrei dire questo a Milton e

Anna [Schwartz]: per quel che concerne la Grande Depressione, avevate e avete ragione, è stata nostra responsabilità. Chiediamo perdono. E grazie a te, Milton, non commetteremo più lo stesso errore”89. Purtroppo, la Fed aveva già dato inizio al calo del tasso di interesse a ridosso dell’attacco delle Torri Gemelle, che avrebbe portato alle conseguenze riportate nel capitolo successivo.

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