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La libertà come paradigma

Nel documento La ragazza con la valigia (pagine 96-100)

Per Una Tipologia Di Scrittura Femminile

III.4 La libertà come paradigma

Dacia Maraini, come afferma in un’intervista, è sempre stata attratta dai luoghi di reclusione:

Ho sempre avuto un interesse straordinario per i luoghi di reclusione. L’ho detto nel libro ed è vero. ogni volta che vado in qualche città sconosciuta chiedo se ci sono conventi antichi da visitare. Certamente i tre anni di collegio fiorentino mi hanno familiarizzata con i ritmi e le illiceità di una reclusione, anche se non si trattava di un convento. E certamente i due anni di campo di concentramento hanno segnato per sempre la mia vita. Ora non saprei dire se è per questo che mi interesso ai luoghi di segregazione o è perché avendo vissuto da bambina una vita di libertà e di rapporto intenso con la natura, avendo conosciuto la gioia del viaggio, mi senta incuriosita, spaventata e forse anche attratta dal contrario, ovvero dalla prigionia e dall’immobilità 41

Si può affermare che il rapporto prigionia / libertà sia estremamente vivo negli scritti dell’autrice. Nei romanzi analizzati in questo lavoro infatti sono presenti forme di prigionia sia in senso letterale, come la prigione e il collegio, sia in senso simbolico, come le gabbie costruite dal papà di Enrica e in un certo senso il cortile della casa affittata per l’estate da Vannina in Donna in guerra. Altro tema che ricorre nei quattro romanzi presi in esame in questo lavoro è appunto il suo opposto, ovvero la voglia e la ricerca di libertà da parte delle protagoniste. Il primo romanzo infatti, La Vacanza, alterna la narrazione tra il luogo della

BRUNO ELPIS, Intervista a Dacia Maraini, nell’occasione della pubblicazione del suo ultimo romanzo: “

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vacanza e il collegio dove Anna e il fratello Giovanni vivono ormai da diversi anni. La vita al suo interno è scandita da gesti sempre uguali, da regole ferree, dal buio, tutto ciò in contrapposizione alla luce, definita ‘accecante’ e alla libertà di movimento che i ragazzi sperimentano durante la breve vacanza sul litorale romano. Da questa ‘prigionia’ Anna non riesce ad uscire definitivamente, in quanto il romanzo si chiude con la fine della vacanza e il ritorno in collegio. Si è trattato dunque di una libertà intravista, appena assaggiata, non conseguita compiutamente.

Ne L’Età del malessere, invece, metafora della prigionia sono le gabbie costruite dal padre di Enrica. Sono gabbie belle, alle quali il padre dedica tempo e fatica, ma la loro funzione è, appunto, quella di chiudere, tenere recluso chi vi è dentro. Sono il simbolo dell’incapacità di Enrica di prendere possesso della propria vita e quindi prendere

metaforicamente il volo

Mi addormentai credo, ad un certo punto della notte, e sognai di essere dentro la gabbia del papà. Mi sembrava molto bella e ampia. Ma avevo sete e non trovavo da bere. Il papà mi considerava, da fuori, e si compiaceva della sua costruzione. – Cosa devo fare ? – gli chiedevo. – Stai benissimo dove sei. Non ti muovere, – mi redarguiva. Quando parlava dalla sua bocca uscivano chiodi, un’infinità di chiodi. Io ridevo e lui mi osservava incuriosito. Mi sedetti sul fondo della gabbia e alzai gli occhi al soffitto a cupola. Sembrava una chiesa. Poi mi svegliai terrorizzata quando mi accorsi che non ero nella gabbia del papà bensì nella pancia della mamma, che era fredda come una chiesa e profumata di fiori.(MA, pp.61-62)

In Memorie di una ladra è presente il più emblematico dei luoghi di reclusione: la prigione. La protagonista infatti entra ed esce di galera diverse volte nel corso del romanzo. La vita in carcere è segnata dalla ripetitività di gesti e da violenza. Nel carcere Teresa patisce la fame e convive con la sporcizia, ma appena torna ad essere libera riacquista un candido entusiasmo.

Anche in Donna in guerra è forse ravvisabile a livello simbolico una sorta di reclusione. Vannina è in vacanza con il marito su un’isola, la coppia ha preso in affitto una casa, piccola ma con un bel giardino, che però è racchiusa dentro mura alte tre metri, così alte da impedire la vista di ciò che succede oltre. Una bellissima prigione: è il mondo attorno a cui ruota la vita di Vannina e Giacinto, con le loro certezze e le abitudini consolidate: «In compenso abbiamo un bellissimo cortile, chiuso dentro un muro alto tre metri, segreto come un giardino arabo. Ci cresce il basilico, l’erba medica, la mentuccia, il pomodoro» (DO, p.4)

Al suo interno Vannina passa gran parte della giornata che si articola in gesti ripetitivi come pulire o cucinare e nel subire angherie da parte della famiglia confinante che getta, negando poi di averlo fatto, all’interno del cortile ogni tipo di spazzatura. Questa prigione però si apre non solo per far uscire Vannina, ma anche per far entrare personaggi che piano piano andranno ad incrinare le consolidate abitudini di coppia. A mano a mano si affolla il giardino. Il mondo che è al di fuori di quelle mura entra nella prigione permettendo a Vannina di diventare consapevole di ciò che è e che desidera.

La ricerca di libertà fa da contraltare, simbolicamente espressa con il sogno di un volo, come per Teresa in Memorie di una ladra o nel fluttuare nelle acque del mare come in La

vacanza:

– Mi piacerebbe tuffarmi – dissi e mi avvicinai all’acqua. Camminammo nel buio che ci

avvolgeva sempre più. Mi dimenticavo di averlo accanto. Pensavo che quella era la libertà tanto desiderata che avrei trovato di là dal portone il giorno che fossi uscita dal collegio. Nell’attesa ci nascondevamo nel ripostiglio, fra i sacchi di farina e le trecce di agli,

immaginando di poter scappare una volta uscite di lì.(VA, p.153)

Mi immersi: provai un dolore per tutto il corpo come una puntura di spilli. Mi mancò il respiro. Un momento dopo nuotavo verso il largo, nel mare calmo con un senso di libertà. Piccoli ricci d’acqua mi saltavano sulle orecchie e sulla bocca. Avevo in gola il sapore aspro del sale. Attorno a me le onde erano nere e mi urtavano appena, mollemente. Muovevo i piedi e le braccia con facilità, come se stessi volando. (VA, p.155)

Nel documento La ragazza con la valigia (pagine 96-100)

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