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LIBRO TERZO GLI DEI

Nel documento James Stephens. L orcio d oro. (pagine 105-115)

LIBRO TERZO

GLI DEI

XII.

Caitilin Ni Murrachu era rimasta sola nella piccola caverna dietro il Gort na Cloca Mora. Il suo compagno se ne era andato. Aveva l’abitudine di vagabondare nella mattina tutta sole, sonando il flauto pei campi verdeg-gianti e desolati ove il vagabondo ch’egli desiderava sa-rebbe forse stato guidato dalla dolcezza della sua musi-ca.

Caitilin rimaneva là, pensierosa. Quegli ultimi giorni avevano segnato il risveglio del suo corpo alla pari di quello del suo spirito, giacchè l’uno non si desta mai senza l’altro. Era ripresa da quell’abbattimento già pro-vato quando custodiva le bestie del padre, con la sola differenza che ora se ne rendeva conto. Conosceva ora quel che le sussurrava il vento giù pel declivio dei cam-pi e che non aveva saputo nominare: era la felicità. Se la immaginava confusamente, senza neanche vederla. Non era che un fantasma, un fantasma di un pallore di perla, quasi senza contorno, troppo evanescente perchè riu-scisse a toccarlo e troppo lontano perchè potesse parlar-gli. Pan le aveva assicurato che si trattava dell’elargitore d’ogni felicità; ma ciò che le aveva dato non era se non inquietudine, febbre e un desiderio senza possibile

appa-XII.

Caitilin Ni Murrachu era rimasta sola nella piccola caverna dietro il Gort na Cloca Mora. Il suo compagno se ne era andato. Aveva l’abitudine di vagabondare nella mattina tutta sole, sonando il flauto pei campi verdeg-gianti e desolati ove il vagabondo ch’egli desiderava sa-rebbe forse stato guidato dalla dolcezza della sua musi-ca.

Caitilin rimaneva là, pensierosa. Quegli ultimi giorni avevano segnato il risveglio del suo corpo alla pari di quello del suo spirito, giacchè l’uno non si desta mai senza l’altro. Era ripresa da quell’abbattimento già pro-vato quando custodiva le bestie del padre, con la sola differenza che ora se ne rendeva conto. Conosceva ora quel che le sussurrava il vento giù pel declivio dei cam-pi e che non aveva saputo nominare: era la felicità. Se la immaginava confusamente, senza neanche vederla. Non era che un fantasma, un fantasma di un pallore di perla, quasi senza contorno, troppo evanescente perchè riu-scisse a toccarlo e troppo lontano perchè potesse parlar-gli. Pan le aveva assicurato che si trattava dell’elargitore d’ogni felicità; ma ciò che le aveva dato non era se non inquietudine, febbre e un desiderio senza possibile

appa-gamento. Di bel nuovo la invadeva un bisogno ch’ella non riusciva a concretare, e neanche a precisare a se stessa con una qualsiasi certezza. Questo pensiero, ap-pena nato in lei, le aveva tutto promesso, al pari di Pan, e gli aveva tutto dato... Non avrebbe saputo dire se gli avesse dato qualche cosa oppure l’inconsistente nulla.

Se ne vedevano troppo presto i termini. Ella aveva tro-vato l’Albero della Scienza: ma da ogni lato si alzava un gran muro nero che la separava forzatamente dall’Albe-ro della Vita; mudall’Albe-ro che il suo pensiedall’Albe-ro non riusciva a scalare, anche se l’istinto le suggeriva che doveva crol-lare al suo appressarsi. Una volta istruito nell’incredulità dal pensiero, l’istinto è paralizzato. E questo muro non potrà essere superato che per mezzo di un’indissolubile unione dell’Istinto col Pensiero. E il primo figlio che na-scerà da questa unione si chiamerà: Il Vincitore del Muro.

In tal modo alla calma noia dell’ignoranza seguiva in lei l’inquietudine del pensiero. Questo prodotto dello spirito che, attraverso innumerevoli generazioni, cono-sce i dolori di creare un’estasi, è la profezia promessa con giuramento dall’umanità che dovrà compiersi la-sciando scorgere, attraverso la nebbia del dubbio, una visione di gioia dove la purità del mattino non sarà più estranea alla nostra maturità.

Tali erano i suoi pensieri quando Pan ritornò, un po’

scoraggiato di non aver trovato nessuno che desse ascol-to alla sua zampogna. Era seduascol-to da un momenascol-to, quan-do improvvisamente i canti degli uccelli echeggiarono gamento. Di bel nuovo la invadeva un bisogno ch’ella non riusciva a concretare, e neanche a precisare a se stessa con una qualsiasi certezza. Questo pensiero, ap-pena nato in lei, le aveva tutto promesso, al pari di Pan, e gli aveva tutto dato... Non avrebbe saputo dire se gli avesse dato qualche cosa oppure l’inconsistente nulla.

Se ne vedevano troppo presto i termini. Ella aveva tro-vato l’Albero della Scienza: ma da ogni lato si alzava un gran muro nero che la separava forzatamente dall’Albe-ro della Vita; mudall’Albe-ro che il suo pensiedall’Albe-ro non riusciva a scalare, anche se l’istinto le suggeriva che doveva crol-lare al suo appressarsi. Una volta istruito nell’incredulità dal pensiero, l’istinto è paralizzato. E questo muro non potrà essere superato che per mezzo di un’indissolubile unione dell’Istinto col Pensiero. E il primo figlio che na-scerà da questa unione si chiamerà: Il Vincitore del Muro.

In tal modo alla calma noia dell’ignoranza seguiva in lei l’inquietudine del pensiero. Questo prodotto dello spirito che, attraverso innumerevoli generazioni, cono-sce i dolori di creare un’estasi, è la profezia promessa con giuramento dall’umanità che dovrà compiersi la-sciando scorgere, attraverso la nebbia del dubbio, una visione di gioia dove la purità del mattino non sarà più estranea alla nostra maturità.

Tali erano i suoi pensieri quando Pan ritornò, un po’

scoraggiato di non aver trovato nessuno che desse ascol-to alla sua zampogna. Era seduascol-to da un momenascol-to, quan-do improvvisamente i canti degli uccelli echeggiarono

in un coro di gioia. Limpide fioriture liquescenti – tene-re voci flautate – deliziosi acuti s’univano e danzavano e trillavano in aerei concenti.

Sottile e delicata, la melodia saliva, discendeva, s’allargava, s’involava e poi si spezzava, persa un istan-te nel risucchio per assottigliarsi nella lontananza toc-cando una meravigliosa sublimità; allora, ritornata dal largo, questa melodia penetrante, nella sua più intensa soavità, girava, ripiombava di colpo, e risuonava come un lampo di gioia nell’esultare dei compagni: si snodò un’estasi musicale che per un momento diede la felicità al mondo intiero ed ai tristi esseri che si muovevano alla sua superficie. Poi il canto cessò altrettanto improvvisa-mente di come era sgorgato; un’ombra oscurò il passag-gio e Angus Og entrò nella caverna.

Caitilin, terrorizzata, si alzò con uno scatto e anche Pan si levò a mezzo: ma riprese subito la sua posa indif-ferente e abbandonata.

Il dio era vivace e mobile come il vento. I suoi capel-li, simile a una messe d’oro, ondeggiavano attorno al suo volto. Aveva occhi teneri e brillanti, e le labbra sor-ridevano con pacata dolcezza. Un branco d’uccelli vola-vano in perpetuità attorno al suo capo; e, quando parlò, la sua voce parve uscire da una sorgente di miele.

— Godi buona salute, figlia di Murrachu – disse se-dendo.

— Io non vi conosco, signore – disse la fanciulla pie-na di terrore.

in un coro di gioia. Limpide fioriture liquescenti – tene-re voci flautate – deliziosi acuti s’univano e danzavano e trillavano in aerei concenti.

Sottile e delicata, la melodia saliva, discendeva, s’allargava, s’involava e poi si spezzava, persa un istan-te nel risucchio per assottigliarsi nella lontananza toc-cando una meravigliosa sublimità; allora, ritornata dal largo, questa melodia penetrante, nella sua più intensa soavità, girava, ripiombava di colpo, e risuonava come un lampo di gioia nell’esultare dei compagni: si snodò un’estasi musicale che per un momento diede la felicità al mondo intiero ed ai tristi esseri che si muovevano alla sua superficie. Poi il canto cessò altrettanto improvvisa-mente di come era sgorgato; un’ombra oscurò il passag-gio e Angus Og entrò nella caverna.

Caitilin, terrorizzata, si alzò con uno scatto e anche Pan si levò a mezzo: ma riprese subito la sua posa indif-ferente e abbandonata.

Il dio era vivace e mobile come il vento. I suoi capel-li, simile a una messe d’oro, ondeggiavano attorno al suo volto. Aveva occhi teneri e brillanti, e le labbra sor-ridevano con pacata dolcezza. Un branco d’uccelli vola-vano in perpetuità attorno al suo capo; e, quando parlò, la sua voce parve uscire da una sorgente di miele.

— Godi buona salute, figlia di Murrachu – disse se-dendo.

— Io non vi conosco, signore – disse la fanciulla pie-na di terrore.

— Nessuno mi conosce, se non mi fo riconoscere – rispose. – Mi chiamano la Gioia Infinita, fanciulla di Murrachu, mi chiamano l’Amore.

Gli occhi della fanciulla, incerti, passavano dall’uno all’altro.

Pan alzò gli occhi dalla sua zampogna.

— Chiamano anche me l’Amore – disse dolcemente – e mi si chiama la Gioia.

Soltanto allora Angus Og volse gli occhi verso Pan.

— Cantore dei Pampini – disse – conosco i tuoi nomi;

sono: Desiderio e Febbre, Lussuria e Morte. Perchè hai abbandonato la tua patria per fare lo spione nei miei pa-scoli e nei miei campi sereni?

— Gli dei mortali sono spinti dall’Immortale Volontà – replicò Pan con dolcezza. – Perciò sono qui.

— Anch’io – disse Angus.

— Dammi la prova che io me ne debbo andare.

Angus Og levò una mano e di nuovo s’intese il canto trionfale degli uccelli.

— Ecco la prova – disse. – La voce di Dana si innalza nell’aria. – E, così dicendo, salutò la madre universale.

Pan levò una mano e nella lontananza si intese il muggito del bestiame e il belare delle capre.

— Ecco la prova – disse – è la voce di Demetra che esce dalla Terra, – e anche lui si inchinò profondamente in onore della madre del mondo. Angus Og alzò di nuo-vo la mano. Apparì una lancia, brillante e formidabile.

— Può una lancia indovinare la Volontà Eterna? – si accontentò di dire Pan.

— Nessuno mi conosce, se non mi fo riconoscere – rispose. – Mi chiamano la Gioia Infinita, fanciulla di Murrachu, mi chiamano l’Amore.

Gli occhi della fanciulla, incerti, passavano dall’uno all’altro.

Pan alzò gli occhi dalla sua zampogna.

— Chiamano anche me l’Amore – disse dolcemente – e mi si chiama la Gioia.

Soltanto allora Angus Og volse gli occhi verso Pan.

— Cantore dei Pampini – disse – conosco i tuoi nomi;

sono: Desiderio e Febbre, Lussuria e Morte. Perchè hai abbandonato la tua patria per fare lo spione nei miei pa-scoli e nei miei campi sereni?

— Gli dei mortali sono spinti dall’Immortale Volontà – replicò Pan con dolcezza. – Perciò sono qui.

— Anch’io – disse Angus.

— Dammi la prova che io me ne debbo andare.

Angus Og levò una mano e di nuovo s’intese il canto trionfale degli uccelli.

— Ecco la prova – disse. – La voce di Dana si innalza nell’aria. – E, così dicendo, salutò la madre universale.

Pan levò una mano e nella lontananza si intese il muggito del bestiame e il belare delle capre.

— Ecco la prova – disse – è la voce di Demetra che esce dalla Terra, – e anche lui si inchinò profondamente in onore della madre del mondo. Angus Og alzò di nuo-vo la mano. Apparì una lancia, brillante e formidabile.

— Può una lancia indovinare la Volontà Eterna? – si accontentò di dire Pan.

Allora Angus Og si pose l’arma al fianco, dicendo:

— Questa fanciulla sceglierà fra noi, perchè il Senti-mento Divino illumina il cuore umano.

Caitilin Ni Murrachu si fece avanti e si pose fra i due, ma Pan stese una mano e l’attirò a sè. Ella s’appoggiava alla sua spalla mentre il braccio divino la stringeva.

— Noi diremo la verità a questa fanciulla – disse An-gus Og.

— Possono forse velarla, gli dei? – disse Pan ridendo di gioia.

— Noi diremo la differenza che v’è fra di noi, – ri-spose Angus. – Ella giudicherà.

— Pastorella – riprese Pan stringendola a sè – tu sce-glierai fra noi. Sai che cosa c’è di più grande al mondo?

È questo il nodo della quistione.

— Mi hanno detto che ci sono due cose – rispose la fanciulla, e, rivolgendosi a Pan: – Voi avete affermato che era la Fame e ho inteso più volte sostenere da mio padre che era il Buon Senso.

— Ma io non ti ho detto finora, – disse Angus Og, – che cos’è la cosa più grande nel mondo.

— Parlate – disse Pan.

— È la Divina Immaginazione.

— Ora che tutti sappiamo qual’è la cosa più grande possiamo discuterne – disse Pan.

— La figlia di Murrachu ha riferito il vostro parere e quello di suo padre: ora deve esporre il proprio. Dì, Cai-tilin Ni Murrachu, che cos’è, secondo te, la cosa più grande, nel mondo.

Allora Angus Og si pose l’arma al fianco, dicendo:

— Questa fanciulla sceglierà fra noi, perchè il Senti-mento Divino illumina il cuore umano.

Caitilin Ni Murrachu si fece avanti e si pose fra i due, ma Pan stese una mano e l’attirò a sè. Ella s’appoggiava alla sua spalla mentre il braccio divino la stringeva.

— Noi diremo la verità a questa fanciulla – disse An-gus Og.

— Possono forse velarla, gli dei? – disse Pan ridendo di gioia.

— Noi diremo la differenza che v’è fra di noi, – ri-spose Angus. – Ella giudicherà.

— Pastorella – riprese Pan stringendola a sè – tu sce-glierai fra noi. Sai che cosa c’è di più grande al mondo?

È questo il nodo della quistione.

— Mi hanno detto che ci sono due cose – rispose la fanciulla, e, rivolgendosi a Pan: – Voi avete affermato che era la Fame e ho inteso più volte sostenere da mio padre che era il Buon Senso.

— Ma io non ti ho detto finora, – disse Angus Og, – che cos’è la cosa più grande nel mondo.

— Parlate – disse Pan.

— È la Divina Immaginazione.

— Ora che tutti sappiamo qual’è la cosa più grande possiamo discuterne – disse Pan.

— La figlia di Murrachu ha riferito il vostro parere e quello di suo padre: ora deve esporre il proprio. Dì, Cai-tilin Ni Murrachu, che cos’è, secondo te, la cosa più grande, nel mondo.

Caitilin Ni Murrachu meditò un momento, poi disse timidamente:

— È la Felicità, a mio avviso.

A questa parola rimasero silenziosi per qualche istan-te, poi Angus Og riprese:

— Solo il pensiero delle Sue creature può farci cono-scere la Divina Immaginazione. Un uomo ha detto che la più grande cosa nel mondo è il Buon Senso, ed una donna la Felicità. Esse hanno un significato diverso per-chè il Buon Senso deriva dal Pensiero e la Felicità dall’Emozione: finchè non si accoppieranno nell’Amo-re, la Volontà dell’Immensità non potrà essere feconda.

Giacchè, vedete, non v’è stato connubbio d’umanità sin dall’origine dei tempi. Gli uomini non hanno fatto altro che accoppiarsi con la loro ombra. Essi hanno persegui-to il desiderio uscipersegui-to dalla loro immaginazione ma nes-suno ha finora conosciuto l’amore di una donna. E le donne sono vissute coi fantasmi del loro cuore credendo appassionatamente di riposare nelle braccia di un uomo.

Ho visto mio figlio danzare con un’Idea, e gli ho chiesto

«Con chi danzi, figlio mio?». E lui mi ha risposto: «Me la spasso con la donna che amo». E difatti aveva l’aspet-to esteriore di una donna, ma egli danzava con un’Idea e non con una donna. Egli se ne andò di buon mattino per i suoi lavori e allora la sua Idea si alzò, si rivestì tanto bene d’umanità che era fatta di bellezza e d’onore; e si allontanò per danzare col servo di mio figlio. E questa danza suscitò molta gioia, perchè una persona che non è al proprio posto, è un’Idea, non una persona. L’uomo è Caitilin Ni Murrachu meditò un momento, poi disse timidamente:

— È la Felicità, a mio avviso.

A questa parola rimasero silenziosi per qualche istan-te, poi Angus Og riprese:

— Solo il pensiero delle Sue creature può farci cono-scere la Divina Immaginazione. Un uomo ha detto che la più grande cosa nel mondo è il Buon Senso, ed una donna la Felicità. Esse hanno un significato diverso per-chè il Buon Senso deriva dal Pensiero e la Felicità dall’Emozione: finchè non si accoppieranno nell’Amo-re, la Volontà dell’Immensità non potrà essere feconda.

Giacchè, vedete, non v’è stato connubbio d’umanità sin dall’origine dei tempi. Gli uomini non hanno fatto altro che accoppiarsi con la loro ombra. Essi hanno persegui-to il desiderio uscipersegui-to dalla loro immaginazione ma nes-suno ha finora conosciuto l’amore di una donna. E le donne sono vissute coi fantasmi del loro cuore credendo appassionatamente di riposare nelle braccia di un uomo.

Ho visto mio figlio danzare con un’Idea, e gli ho chiesto

«Con chi danzi, figlio mio?». E lui mi ha risposto: «Me la spasso con la donna che amo». E difatti aveva l’aspet-to esteriore di una donna, ma egli danzava con un’Idea e non con una donna. Egli se ne andò di buon mattino per i suoi lavori e allora la sua Idea si alzò, si rivestì tanto bene d’umanità che era fatta di bellezza e d’onore; e si allontanò per danzare col servo di mio figlio. E questa danza suscitò molta gioia, perchè una persona che non è al proprio posto, è un’Idea, non una persona. L’uomo è

Intelletto e la donna Intuizione: ed essi non si sono mai congiunti. Li separa un abisso, la Paura: temono di per-dere i loro attributi e di non essere più dei tiranni.

«L’Eterno ha creato l’amore cieco perchè non è la co-noscenza ma solo l’intuizione che lo riavvicina al predi-letto: mentre il desiderio, che è conoscenza, ha occhi ec-cellenti e contempla una tale moltitudine che l’oggetto del suo amore si confonde nella folla e se ne va affer-mando che l’amore non esiste e propaga miserevolmen-te le sue smiserevolmen-tesse disillusioni. È Dio che conduce la punta del dito; ma è il demonio che guarda con gli occhi di ogni creatura perchè si perdano nei lacci della ragione e giustifichino i loro errori. L’uomo dovrebbe desiderare la bellezza: ma si è formato nella mente una schiava che ha chiamata Virtù. La donna dovrebbe desiderare la Saggezza, ma si è formata col proprio sangue una bestia che ha chiamato Coraggio. Orbene, la vera libertà è sag-gezza, e la Saggezza è la figlia dell’Intelletto e dell’Intuizione. E si chiama anche Innocenza, Adorazio-ne, Felicità...

Angus Og tacque e il silenzio regnò per qualche tem-po nella caverna. Caitilin s’era nascosto il volto fra le mani e non voleva guardarlo; ma Pan, stringendo più forte la fanciulla, fissò con la coda dell’occhio Angus, ridendo.

— È giunto il momento di scegliere fra noi, per la fanciulla? – chiese.

— Figlia di Murrachu – disse Angus Og, vuoi venire con me?

Intelletto e la donna Intuizione: ed essi non si sono mai congiunti. Li separa un abisso, la Paura: temono di per-dere i loro attributi e di non essere più dei tiranni.

«L’Eterno ha creato l’amore cieco perchè non è la co-noscenza ma solo l’intuizione che lo riavvicina al predi-letto: mentre il desiderio, che è conoscenza, ha occhi ec-cellenti e contempla una tale moltitudine che l’oggetto del suo amore si confonde nella folla e se ne va affer-mando che l’amore non esiste e propaga miserevolmen-te le sue smiserevolmen-tesse disillusioni. È Dio che conduce la punta del dito; ma è il demonio che guarda con gli occhi di ogni creatura perchè si perdano nei lacci della ragione e giustifichino i loro errori. L’uomo dovrebbe desiderare la bellezza: ma si è formato nella mente una schiava che

«L’Eterno ha creato l’amore cieco perchè non è la co-noscenza ma solo l’intuizione che lo riavvicina al predi-letto: mentre il desiderio, che è conoscenza, ha occhi ec-cellenti e contempla una tale moltitudine che l’oggetto del suo amore si confonde nella folla e se ne va affer-mando che l’amore non esiste e propaga miserevolmen-te le sue smiserevolmen-tesse disillusioni. È Dio che conduce la punta del dito; ma è il demonio che guarda con gli occhi di ogni creatura perchè si perdano nei lacci della ragione e giustifichino i loro errori. L’uomo dovrebbe desiderare la bellezza: ma si è formato nella mente una schiava che

Nel documento James Stephens. L orcio d oro. (pagine 105-115)

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