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DALY = YLD + YOLL , dove:

Capitolo 2 Gli strumenti di supporto

2.4. Il Life Cycle Costing

Nel contesto del Life Cycle Management, le voci di costo ambientale giocano un ruolo cruciale: il profitto, infatti, deve essere sempre tenuto in considerazione in tutto il LCM come conditio sine qua non. D’altro canto, gli aspetti ambientali sono spesso considerati come vincoli da rispettare che ostacolano la gestione dell’attività, specialmente se si considera come arco temporale il breve periodo. È per ovviare a tale ambiguità che nell’ambito del Life Cycle Management emerge un ulteriore strumento di supporto, definito Life Cycle Costing (LCC), attraverso il quale l’azienda è in grado di creare un continuo collegamento tra gli aspetti ambientali ed il suo fine ultimo, ovvero il perseguimento del profitto. Esso permette di analizzare e stimare con precisione in termini economico-finanziari le conseguenze (future) delle decisioni (attuali) riguardanti la conversione della produzione “tradizionale” in un processo eco-

compatibile: si pensi ad esempio che circa il 70-80% dei costi finanziari ed ambientali di realizzazione di un prodotto è riconducibile agli aspetti di design del prodotto stesso.

All’interno dell’azienda, la contabilità finanziaria non è per natura strutturata adeguatamente per comprendere i costi e i benefici (intesi come riduzione di costi) correlati al ciclo di vita (uso e depauperamento delle risorse naturali, esternalità negative). Attraverso l’applicazione del Life Cycle Management, al contrario, l’organizzazione è in grado di integrare le voci contabili ambientali ai costi tradizionali: il Life Cycle Costing è un approccio di contabilità ambientale mediante il quale si misurano contemporaneamente tutti i costi, ambientali e non, sostenuti lungo il ciclo di vita del prodotto, elevando perciò i primi alla caratteristica di costi diretti ed equiparandoli a quelli di natura finanziaria.

Rebitzer e Hunkeler [2003] definiscono il Life Cycle Costing “la valutazione di

tutti i costi correlati al ciclo di vita di un prodotto che sono direttamente sostenuti da uno o più attori del ciclo di vita del prodotto stesso (fornitori, produttori, consumatori), includendovi le esternalità”. In altre parole, il LCC stima la fattibilità economica di

un’attività, confrontandola con la potenziale performance sociale ed ambientale.

È da sottolineare il fatto secondo cui il Life Cycle Costing contabilizza solamente quei costi esterni la cui dimensione sia certa e internalizzabile nel breve- medio periodo dall’azienda: il LCC, in sintesi, copre unicamente i flussi monetari reali associati al ciclo di vita dei prodotti. Per ottemperare a tale limitazione, è stato recentemente sviluppato un nuovo approccio, definito Total Cost Accounting (TCA), con il quale si includono tutte le voci di costo, comprese le esternalità, i costi nascosti e quelli intangibili. Tale strumento può essere definito un’implementazione del Life Cycle Costing, essendo in grado di dare un quadro ancor più completo e puntuale della pressione ambientale espressa in termini economici, favorendo così l’attuazione di processi produttivi eco-sostenibili.

In letteratura si riconoscono tre diverse tipologie di applicazioni pratiche del Life Cycle Costing:

1. valutazione dei costi convenzionali dei prodotti, sostenuti dai soggetti lungo il ciclo di vita, senza fare particolare menzione alle voci ambientali;

2. traduzione in moneta dei costi ambientali correlati al ciclo di vita dei prodotti;

3. valutazione dei costi convenzionali dei prodotti, affiancata dall’impiego di indicatori fisici per la stima degli impatti ambientali dei prodotti (ad esempio tramite il Life Cycle Assessment). In questo caso, i risultati del LCC e del LCA vengono mantenuti separati, in quanto non rappresentati nella stessa unità di misura e, di conseguenza, non sommabili e confrontabili tra loro.

La maggior parte dei casi riguarda la prima e l’ultima tipologia di applicazione. Risulta perciò di fondamentale importanza concentrare gli sforzi della ricerca nell’implementazione della seconda metodologia, ovvero dell’approccio che tiene conto tanto dei costi economico-finanziari quanto di quelli ambientali, e che è in grado di elevare gli impatti fisici alla dimensione monetaria, in modo tale da consentire alle aziende di disporre di un quadro informativo ai fini decisionali più completo e puntuale.

Per evitare di incorrere nel double counting, contabilizzando cioè la medesima voce di costo più di una volta, è bene cercare di capire cosa si intenda precisamente per

costo ambientale. Secondo la Mio [2001], vanno riconosciuti come ambientali solo i

costi:

- addizionali: non sono “ambientali” quei costi che hanno anche un’altra

causa, come ad esempio i costi legati al miglioramento tecnologico di un impianto che è stato modificato per ridurne i costi di gestione e manutenzione e che, conseguentemente, porta ad una diminuzione degli inquinanti emessi durante il processo produttivo generando un contenimento dei costi ambientali;

- identificabili: sono “ambientali” solo quelli che possono essere riconosciuti,

rilevati e misurati nella loro dimensione e specifica evoluzione.

Sono dunque ambientali i costi per lo smaltimento dei rifiuti, per la tutela delle acque di superficie, per la conservazione ed il miglioramento della qualità dell’aria, per la riduzione del rumore, per la ricerca di prodotti, materie prime e processi produttivi a basso impatto ambientale.

Non rientrano invece tra i costi ambientali quelli che derivano da comportamenti errati dell’azienda, come ad esempio le multe o le penalità, conseguenza di un mancato

rispetto di regole, leggi o accordi. Tali costi devono infatti essere considerati come

aziendali o di gestione ambientale e non come ambientali.

In sintesi:

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per costi ambientali si intende il valore delle risorse ed attività dedicate a migliorare l’impatto ambientale dei processi aziendali [e dei prodotti lungo l’intero ciclo di vita, NdA], ovvero tese a prevenire, abbattere o eliminare l’inquinamento, nonché a controllare l’impatto ambientale dei processi aziendali [Mio, 2001];

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per costi della gestione ambientale si intendono da un lato i costi derivanti da interventi per ridurre possibili danni (costi interni all’azienda) secondo una “logica di rincorsa”, dall’altro i costi derivanti da interventi per far fronte a danni ambientali (multe).

Queste due categorie di costo vanno distinte al fine di considerare l’ipotesi di passare da una logica di intervento ex-post ad una visione strategica di considerazione dell’ambiente come vantaggio competitivo, come esplicitamente espresso nel Life Cycle Management.

Le responsabilità per il controllo della variabile ambientale non devono limitarsi al vertice dell’azienda, ma devono diffondersi lungo tutta la piramide organizzativa. E ciò non riguarda solo i costi ambientali in senso stretto, ma anche i costi della gestione ambientale, comprendendo così tutte le tipologie di costi inerenti all’uso delle risorse.