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L’età tardo-antica e bizantina

II.1. Lilibeo e le campagne limitrofe

Il centro di Lilibeo che, com'è noto, occupa la punta occidentale della Sicilia, è stato oggetto di studi specialistici già a partire dall'Ottocento140; l'impianto urbano dell'antica città, però, è stato chiaramente delineato in massima parte mediante lo studio delle riprese aeree dell’Istituto Geografico Militare effettuate nel 1941 da G. Schmiedt il quale nel 1963 pubblicò la più completa ipotesi ricostruttiva dell’antica topografia di Lilibeo141

. Per la prima volta, venne definito l’antico tracciato viario e si individuava nel sistema portuale, nelle fortificazioni, nel fossato e nello schema urbano gli elementi caratterizzanti dell’antica topografia della città (Fig.17). Le ipotesi sullo schema urbano costituiscono la parte più innovativa dello studio di

140 Lo studioso J. Schubring nel 1866 ricostruì la topografia dell’antica Lilibeo attraverso l’utilizzo di criteri archeologici. Nel suo saggioegli riferisce che la città avrebbe avuto due porti, difesi da moli, a nord e a sud-ovest dell’abitato. Il primo si trovava nell’area di punta d’Alga ed era il porto principale, il secondo sorgeva in corrispondenza del porto odierno e aveva una funzione secondaria legata principalmente al controllo di attacchi nemici e delle condizioni meteorologiche. L’ipotesi di Schubring riguardo la presenza di un articolato sistema di mura che circondava la città lungo la costa chiudendo completamente il porto e difendendolo da attacchi esterni, risulta oggi innovativa e coraggiosa per l’epoca ma non supportata da testimonianze e ricerche archeologiche. Il saggio costituì però il primo studio scientifico-archeologico, riguardante il sito di Lilibeo, che portò Antonio Salinas a compiere i primi scavi alla fine del secolo. Nel 1894, infatti, Salinas portò alla luce oltre sessanta metri di mura lungo uno dei lati di mare. Un’analisi comparativa delle fonti antiche, della cartografia idrografica e dei portolani permise a G.M. Columba di pubblicare nel 1906 un ricerca approfondita sul sistema portuale lilibetano. Il risultato di questi studi escluse la presenza di strutture antropiche che definissero nettamente la zona portuale accertando, invece, scogliere e bassifondali che proteggevano naturalmente il porto rendendone difficile l’accesso; vd., SCHUBRING 1866, pp.49-82; COLUMBA 1906, pp.206-264.

141 S

50 Schmiedt. L’analisi dimensionale della ripartizione urbana sembra facilmente leggibile nelle piante degli isolati a Sud del Cassaro e nel centro storico. Schmiedt definì quindi una griglia formata da sei decumani in direzione NO-SE e da ventuno cardini posti in direzione NE-SO, indicando con il decumano massimo il Cassaro e con il cardine massimo l’attuale via del Fante. La squadra di tecnici urbanisti progettò per Lilibeo un rettangolo regolare circa settanta metri in avanti rispetto all’attuale linea di costa.

La Villa romana è il complesso edilizio più rilevante tra i ritrovamenti archeologici di Lilibeo. Si estende per tre insulae ed è costeggiata da due strade lastricate in pietra bianca di Trapani. La costruzione era fornita di ambienti spaziosi, impreziositi da mosaici e complessi termali che circondavano un ampio atrio tetrastilo ed un peristilio142 (Figg. 18 e 20).

Nonostante nel corso del tempo si siano effettuati vari studi, ancora oggi, risultano irrisolte o del tutto poco chiare, le modalità di trasformazione della città durante l’età tardo-romana e bizantina. Dalle ultime ricerche sul campo, possiamo ritenere che la città a partire dal tardo-antico fu soggetta ad una serie di trasformazioni strutturali urbanistici che portarono ad un sostanziale cambiamento dell’area urbana. Le indagini archeologiche condotte dalla Soprintendenza dei Beni Culturali di Trapani nell’ultimo trentennio presso l’attuale città di Marsala, ancora non del tutto soddisfacenti, ci permettono, almeno in parte, di dettare alcune importanti considerazioni.

In età tardo imperiale, l’antico municipium augusteo143

fu trasformato in colonia assumendo il nome di Helvia Augusta Lilybitanorum, come testimonia l’iscrizione con dedica della città all’imperatore Caracalla144

. A partire dal III secolo d.C., Lilybeo, così come in epoca imperiale, attraversa

142 C

ARUSO 2003a, pp.153-164; GIGLIO 2001, pp. 74-80. 143 CIL X 2, 7223.

51 una fase di crescita economica. Alcune testimonianze epigrafiche del III e del IV sec. d.C. attestano il ruolo svolto a Lilibeo da alcuni membri della classe senatoria, il loro patronato cittadino, le opere pubbliche da essi finanziate145. È a partire dal III sec. d.C., che le traformazioni politiche imperiali fecero di Lilibeo uno scalo obbligatorio per il commercio con l’Africa settentrionale in transito verso la capitale che a loro volta, dovettero assicurare alla città una nuova prosperità economica. Gli scavi archeologici hanno attestato per questo periodo, una importante ripresa dell’attività edilizia cittadina che ha riguardato fra l’altro, la costruzione di edifici termali con una ricca decorazione musiva di tipo “africheggiante”146 (Fig.21). Durante questo periodo di crescita economica ed urbanistica, la città è soggetta anche ad una intensificazione delle aree cimiteriali, che presentano sempre più numerose sepolture cristiane, costituite da gruppi di cubicoli, arcosoli e vere e proprie piccole catacombe147 (Fig. 19). Come è noto, per la

145 CIL VI 1717

: Fabio Titiano v(iro) c(larissimo) / correctori Flaminiae / et Piceni consulari /

Siciliae proconsuli / provinciae Asiae / iudici sacrarum cog/nitionum comiti primi / ordinis consuli ordi/nario praef(ecto) urbis / Peregrinus / servus domino pr(a)estantissimo; vd. anche CAMERON 1993, p.54; un cippo proveniente da Marsala loda l’evergetismo di un certo Alpewnion proveniente da Lilibeo e che dopo il 325 divenne consularis di Sicilia; Il cippo alto cm. 160, largo 63, spesso 57 con iscrizione greca è stato rinvenuto presso il cortile del Municipio di Marsala. L’iscrizione è stata pubblicata da G.AGOSTA in

IlVomere (settimanale di Marsala) del 22 febbraio 1953; in seguito è stata analizzata dal Barbieri; vd. BARBIERI 1963, p.232 seg. Su Alpinius vd. PLRE I (1971), 534 seg.

146 D

I STEFANO 1980, pp. 15-16; GIGLIO 2001, pp. 74-80.

147 I principali complessi cimiteriali tardo antichi di Lilibeo sono ubicati rispettivamente e nord-est e sud-ovest rispetto alla città antica e medievale. Si tratta di antiche necropoli di età punica e romana repubblicana con una lunga frequentazione caratterizzata da varie tipologie di sepolture. Alcune piccole catacombe paleocristiane sono dislocate presso le antiche vie d’accesso alla città antica come ad esempio, l’antica via che collegava Lilibeo a Drepanum (attuale corso Gramsci). Una prima descrizione scientifica è stata effettuata alla fine del XIX secolo dallo studioso tedesco Shubring, il quale aveva già evidenziato una una riutilizzazione “von Byzantinern” delle necropoli. In particolar modo, lo studioso tedesco descrisse una necropoli per le classi sociali più basse e medie sita vicino il Convento dei Cappuccini, ed un complesso catacombale occupato verosimilmente dalla classe sociale più elevata della città ubicato in una depressione a sud-est di fronte la città vicino il convento dei Niccolini. La prima sistematica ricognizione

52 loro frequentazione e per l’importanza delle decorazioni pittoriche collocano Lilibeo subito dietro a Siracusa per l’importanza del patrimonio archeologico paleocristiano in Sicilia. Le catacombe, che già dal periodo punico e repubblicano romano si estendevano a NE della città fuori l’abitato fortificato, (extra moenia) sono caratterizzate da ipogei di forma rettangolare e quadrata che presentano riadattamenti dettati da nuove esigenze di culto riferibili all’età imperiale e tardo antica. Le sepolture che raramente hanno restituito un corredo, erano provvisti di una copertura caratterizzata da lastroni tufacei intonacati, mentre al loro interno erano rivestiti da mattoni, talvolta provvisti di bollo148. Le tombe di questo tipo, o erano talvolta provviste di corredo o di un unico oggetto, generalmente una tazza acroma catenata o a bordo pendulo, databile fra il IV e il V secolo d.C.149. Nel 1989, è stato scoperto un nuovo ipogeo extra moenia lungo la direttrice che collegava la città antica a Drepanum, (attuale corso Gramsci) caratterizzato da tre catacombe che hanno restituito varie lucerne prodotte da officine dei cimiteri ipogei fu eseguita in seguito dall’archeologo tedesco Führer, i cui dati, furono pubblicati a Berlino da Schultz nel 1907. Il volume, intitolato Die altchristlichen Grabstätten Siziliens, rimane, tuttora, unica fonte di indagini archeologiche sistematiche delle aree cimiteriali di età tardo antica. Nonostante le numerosi devastazioni, i complessi catacombali vennero nuovamente riscoperti soltanto a partire dagli anni sessanta del XX secolo da Giuseppe Agosta, mentre altre nuove indagini e scoperte archeologiche sono state effettuate da Carmela Angela Di Stefano fra gli anni settanta ed ottanta del secolo scorso. Nel 1989 è stata rinvenuta presso corso Gramsci un’altra piccola catacomba che ha restituito lucerne africane datate fra la fine del II e gli inizi del IV secolo d.C. Attualmente si conoscono ben undici piccoli complessi catacombali: Latomia dei Niccolini; Latomia di Santa Maria della Grotta; Vigna Sparla; vicolo Evangelista Pace; Corso Gramsci; Ipogeo Crispia Salvia; Via Marettimo; Conigliera; Ipogeo del Bastione di San Francesco, Grotte della Sibilla; Tombe sub divo Capo Boeo. Sulle catacombe, in ordine cronologico vd., SHUBRING,1866, pp. 75-79; SALINAS 1886; HOLM 1896-1901, pp. 266-267; FÜHRER- SCHULTZE 1907, p.239-240; PACE 1936-1949, II, p.188; AGOSTA 1976; DI STEFANO 1982-83, p.357; BONACASA CARRA

1993-94, pp. 1465-1467, GIGLIO 2002, pp.355-374; MAURICI 2005, pp.107-148. 148

La parte interna rivestita di mattoni talvolta provvisti di bollo tecante la dicitura NOTIUS, mentre altri bolli sono stati rinvenuti su mattoni di copertura di tombe a cappuccina recante CL. MARCI; vd. DI STEFANO 1982-83, p.357.

53 africane tra la fine del II inizi del III e gli inizi del IV secolo d.C., che rappresenterebbero l’ultimo stadio di frequentazione della necropoli, in un periodo in cui i rapporti commerciali di Lilibeo erano particolarmente intensi con l’Africa settentrionale150

.

A partire dal IV secolo d.C., all’interno del centro urbano si sono rilevate varie aree costituite a volte anche da interi isolati, che presentavano stati di crollo delle abitazioni151. Questa momentanea fase, è stata messa in relazione al terremoto del 365 d.C., il quale, come documentato dalle fonti antiche152 arrecò numerosi danni alle città siceliote. Questi stati di crollo, quindi, non sarebbero dettati da una crisi demografica ed economica della città. Infatti, stando sempre alle indagini archeologiche, si è potuto rilevare che sulle macerie dei vecchi edifici danneggiati sorsero nuove costruzioni erette tramite il reimpiego di materiali preesistenti. Questa parziale ricostruzione degli isolati cittadini è testimoniata dalla messa in opera tramite tecniche edilizie più scadenti che farebbero ipotizzare ad una ricostruzione degli isolati cittadini danneggiati per affrontare un periodo di emergenza abitativa153. In queste nuove costruzioni, in cui si riscontrano pavimenti di cotto o di semplice tessellato di pietra di Trapani, il mosaico antico diviene assai raro e viene generalemente sostituito dall’ opus sectile, che poteva quindi consentire l’impiego di vecchi materili di rimpiego. È stato rilevato anche una ristrutturazione dell’impianto stradale, ripristinato, talvolta, anche con iscrizioni, provenienti probabilmente da edifici pubblici distrutti ed inseriti nella nuova pavimentazione stradale (Fig.20).

150

BONACASA CARRA 1993-94, pp. 1465-1467. 151

DI STEFANO 1980, p.15; in queste unità stratigrafiche sono state rinvenute monete bronzee di Costantino I, Costantino II, e Costanzo II; vd., DI STEFANO 1982-83, p.356 nota 16.

152 ZOS. IV, 59; A

MM.MARCELLINO, XXVI, 10.

153 D

54 Per quanto concerne le fortificazioni cittadine è stato accurato che durante il IV secolo d.C., almeno sul lato SE, (attuale via del Popolo, verso la terraferma) erano già in stato di abbandono, dato che, sui loro resti, vennero edificate alcune modeste costruzioni che testimonierebbero una graduale espansione della città fuori dal suo perimetro originario154. Le ultime campagne di scavo del 2008 hanno messo invece in evidenza alcune parti del fronte Nord-occidentale delle fortificazioni costiere155. Dai dati raccolti si evincerebbe che il sistema di difesa di epoca punica abbandonato fra la fine dell’età repubblicana e gli inizi dell’età protoimperiale, viene sostituito nel corso del IV secolo d.C., da un nuovo complesso sistema di difesa munito di una porta d’accesso monumentale dal porto156

. Gli scavi in corso stanno confermando che l’aspetto naturale del promontorio era stato integrato con un complessa sistema di fortificazioni artificiali, una massiccia cerchia muraria che poteva raggiungere i sette metri di larghezza, dotata di torri di forma quadrangolare, costruite a intervalli regolari: un articolato sistema di difesa non rettilineo, che segue l’andamento della costa.

Le ultime campagne di scavo, tra il 2008 ed il 2011 hanno messo alla luce una nuova estensione del decumanus maximus157 (Fig. 22). Sembra che

154 D

I STEFANO1973, p.79; Si trattebbe di ambienti realizzati con materiale prevalentemente di reimpiego; al di sotto della loro pavimentazione, è stata rinvenuta una moneta in bronzo di Giordano III, vd., DI STEFANO 1976-77, p. 762.

155 G

IGLIO 2010, p. 74. 156 G

IGLIO 2010, p. 77; è opportuno ricordare che oggi ancora non disponiamo di dati stratigrafici validi che possano chiarire il sistema difensivo durante il tardo antico e l’età bizantina. Di certo, questi nuove indicazioni, farebbero pensare che dopo l’ abbandono delle fortificazioni del III secolo d.C, la città si sia dotata di nuovi sistemi dimensivi verosimilmente anche riadattando le mura antiche. Dalle ultime indagini ancora in corso si evincerebbe che l’antico sistema difensivo lilibetano era costituito nella parte interna da due mura uno Nord e l’altro Ovest, ritmati da torri molto aggettanti disposte in modo regolare e protette sul margine interno del fossato da una proteichisma. Mentre come attestato dalle fonti antiche dalla parte del mare le fortificazioni seguivano la linea di costa ed erano costituite da due linee di mura; vd., CARUSO 2003, pp.171-207.

157 G

55 fra la fine del IV e gli inizi del V secolo d.C., l’area del decumano inizia ad avere un uso funerario. Questa datazione è avvalorata dal ritrovamento di un tesoretto monetale e da un epigrafe pubblica. Le monete rinvenute, che facevano parte di un gruzzolo domestico erano in circolazione fra la fine del IV e gli inizi del V secolo e sono attualmente in corso di studio158. Nel 2008 è stata rinvenuta presso il decumanus maximus una lastra frammentaria di calcare iscritta datata alla metà del IV secolo159. Si tratta dell’angolo inferiore sinistro di una epigrafe pubblica. L’iscrizione riporta: ISTANTE FL (avio) VALERIANO D[UCENARIO-] PUBLIC. L’iscrizione, che presenta il nome di un funzionario imperiale ducenarius, Flavius Valerius, preposto alla posta imperiale, (cursus publicus) farebbe parte di una serie di diciture relative a miglioramenti edilizi cittadini connesse al cursus publicus, in quanto sempre in Sicilia occidentale presso l’odierna Sciacca, (antiche Thermae Selinuntinae), decenni or sono, venne recuperata una epigrafe riportante lo stesso personaggio ISTANTE FL(avio)/ VALERIANO DUCENARIO160.

Dai dati sopra elencati si attesta una certa continuità di vita della città almeno fino alla metà del V secolo d.C. quando questa nuova fase edilizia tardoantica viene interrotta da una distruzione violenta attestata da alcune unità stratigrafiche riportanti strati di crollo ed incendio161. Secondo gli archeologi, queste unità stratigrafiche in cui vi erano inglobate ceramiche africane e anfore del V sec. d.C., nonché alcune monete di Teodosio II, (che attesterebbero a loro volta la vitalità dei commerci con la sponda africana) sarebbero la testimonianza materiale delle razzie effettuate a Lilibeo dai Vandali sotto Genserico162. Questa teoria sarebbe avvalorata dai 158 GIGLIO 2010, p. 74. 159 ibid., 160 CLI X, 7200. 161 D I STEFANO 1980, p.16. 162 Ibid.,

56 provvedimenti legislativi imperiali a favore della città che probabilmente attraversò una profonda crisi durante l’età Vandalica163. Forse a causa di tali disastrosi avvenimenti, la città comincia a cambiare volto, mostrando un aspetto di crisi avvalorato dal rinvenimento a tratti di abitazioni distrutte, in stato precario o ricostruite in modo sommario. In questi quartieri, caratterizzati da sporadiche occupazioni di fortuna che si contrastano con l'ordine antico, sono stati rinvenute tombe a lastroni strette e allungate, con inumazioni spesso prive di corredo funerario che attesterebbero il restringimento dell’abitato in poche aree probabilmente gravitanti attorno agli edifici pubblici, mentre altre sepolture sono state rinvenute all'interno di abitazioni distrutte o talvolta abbandonate164. Da questi dati emergerebbe, quindi, un aspetto di una città, che dopo aver subito un grave assedio, si riorganizza in misura limitata, attorno agli edifici pubblici gravitanti nella parte più centrale dell’insediamento (Fig.20).

Per quanto concerne le fonti storiche, esse ci presentano un quadro in cui la città e le istituzioni dovettero attraversare un periodo di profonda crisi; comunque sia, dalle fonti a nostra disposizione, si potrebbe pensare che la città era già sede di vescovado già a partire dalla prima metà del V secolo. Sappiamo che durante l’assedio del 440 ad opera dei Vandali, Lilibeo venne saccheggiata e probabilmente molte abitazioni vennero incendiate; la precaria situazione del centro si può ricavare dalle stesse parole del vescovo Pascasino165.

163 Codex Theodosianus, Valent Nov. II, 73-74. 164 C

ARUSO 2003b, pp. 191-195.

165 In una lettera di Pascasino del 443 d.C. indirizzata al papa Leone I, che, con una epistola non pervenutaci, gli aveva chiesto lumi sul computo pasquale del 444, il vescovo lilibetano ringrazia il pontefice per le sue parole di conforto : “Apostolatus vestri scripta diacono Panormitanae Ecclesiae Silvano

deferente percepi, quae nuditati meae atque aerumnis, quas amarissima capti vitate faciente incurri, solatium in omnibus atque remedium attulerunt, coelesti rore meum animum recreantes, atque omne quod triste fuerat, abstergentes, domine venerabilis papa”; A tal proposito, è opportuno ricordare che già i

57 Dall’epistolario di Leone I e dagli atti conciliari a nostra disposizione, risulta evidente che il vescovo lilibetano godeva di una grande reputazione in quanto lo stesso papa Leone I lo consultò più volte, per il computo pasquale, il monofisismo, il battesimo166. Pascasino nel 451 d.C., fu primo legato pontificio al Concilio Ecumenico di Calcedonia167. Probabilmente l’amicizia che univa il vescovo al papa Leone I risaliva al 418, quando il papa di ritorno dall’Africa si fermò a Lilybeo. È provabile, quindi, che già nel 418 d.C., la città di Lilibeo era sede di vescovado. Fra le lettere più importanti quella che più ci interessa è quella del 443 relativa al computo pasquale, essendo sorta una controversia tra la Chiesa di Alessandria e quella occidentale. In quell’occasione Pascasino nel confermare il computo alessandrino ricorda un miracolo avvenuto al tempo di Papa Zosimo, nella notte di Pasqua del 417, in una chiesetta in contrada Meltinas posta tra i boschi168. Sulla base di una curatori dell’edizione della fonte scrivevano: Indicatur Leonis epistola ad Paschasinum, quae desideratur,

de Paschate scripta hoc eodem anno 443, in qua mentio fiebat litterarum Cyrilli ad Leoem, quarum fragmentum jam dedimus. Quod autem traditur S. pontificis epistola nuditati et a aerumnis Paschasini solatium in omnibus atque remedium attulisse, respicit Siciliae magnam partem occupatam a Vandali an. 440, qua occasione Paschasinus non tam captivitatem quam honorum suae Ecclesiae jacturam passus fuerat. vd., PASCHASINI EPISCOPI LILYBETANI AD LEONEM PAPAM;in MIGNE, Patr. Lat., S. Leonis Magnis

epistolae, III, Coll. 606. Su queste parole, è stata ipotizzata una deportazione del vescovo a Cartagine; vd.,

GIUNTA 1958, p.48; LIMA 1997, p. 108; LA VIA COLLI 2006, p.18; mentre contro la tesi della deportazione si esprime la Cracco Ruggini; cfr. CRACCO RUGGINI 2002, p.31.

166

PASCHASINI EPISCOPI LILYBETANI AD LEONEM PAPAM;in MIGNE, Patr. Lat., S. Leonis Magnis

epistolae, IV, Coll. 606-610.

167 M

IGNE, Patr. Lat., S. Leonis Magnis epistolae, LXXXVIII, Coll. 702-706.

168«Quaendam vilissima possessio, Meltinas appellatur in montibus arduis ac silvis densissimis

constituta, illicque perparva atque vili opere constructa Ecclesia. In cujus baptisterio nocte sacrosancta paschali, baptizandi hora, cum nullus canalis, nulla sit fistula, nec aqua ommino vicina, fons ex se repletur, paucisque qui fuerint consecratis, cum deductorium nullum habeat, ut aqua venerat, ex sese discedit. Tunc ergo, sicut supras diximus sub sanctae memoriae domino quondam meo ac beatissimo papa Zosimo, cum apud Occidentales error ortus fuisset, consuetis lectionibus nocte sancta decursis, cum presbiter secundum morem baptizandi horam requireret, usque ad lucem aqua, non veniente, non consacrati, qui baptizandi fuerant, recesserunt. Ut ergo breviter narrem, Illa nocte, quae lucescebat in diem Dominica, decimo die kalendas Maii fons sacer hora competenti repletus est. Evidenti ergo miraculo clruit Occidentalium

58 tradizione storica locale, è stato recentemente ipotizzato che la chiesa bizantina menzionata da Pascasino si trovava presso la attuale chiesa dei SS. Filippo e Giacomo, a 12 km a NE da Marsala una zona territoriale più alta rispetto al circondario, e correlata dalle fonti, al culto dell’acqua169. A nostro parere, insoluta rimane tutt’oggi la localizzazione della sede episcopale e di quella battesimale, citata dal vescovo Pascasino nell’epistola a Leone Magno sopra menzionata, ricordata in località Meltinas, di cui oggi si è perduta memoria anche del toponimo. Infatti, da un punto di vista strettamente archeologico e topografico, non ci sono dati che confermerebbero tale ipotesi, fra l’altro, già Lancia di Brolo escluse che essa potesse essere esattamente localizzata170.

È verosimile che il territorio della diocesi paleocristiana e bizantina di

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