Mediante l’analisi della Dialettica negativa di Adorno ho tentato di mostrare come un qualsiasi, per quanto geniale e filosoficamente profondo, ritorno al realismo sia dal punto di vista della storia della filosofia impossibile, a meno che non venga condotto ignorando l’inattualità di certe proposte filosofiche oramai desuete.
Difatti a mio avviso la dialettica negativa è come una sorta di potenziamento del pensiero di Hume o di qualche realista della fine della modernità, solo invertito nelle sue intenzioni vista la presupposizione adorniana realista dell’insufficienza del concetto, la quale come ho mostrato è il risultato della ambigua postulazione del reale in quanto esterno alla mente.
Adorno cerca cioè di mediare l’immediatezza positiva delle tesi realiste mediante la mediazione negativa, perché non equivalente alla realtà positiva della materia, dell’insufficienza del concetto.
Invece l’idealismo conserva in modo funzionale l’aspetto astratto del realismo proprio nella astratta tesi, base, mediante la sua contraddittoria astrattezza, per la sua negazione e perciò fulcro del suo stesso superamento.
Questo evidenzia anche come le tesi idealiste originate dalle problematiche generate dal realismo non siano tesi positive, affermanti altre verità distaccate totalmente dal realismo criticato, ma di come l’idealismo stesso
non faccia altro se non negare ciò che del realismo deve essere necessariamente negato in quanto contraddittorio.
Adorno invece nel criticare l’idealismo sembra limitarsi alla affermazione certa della accertata inadeguabilità del pensiero alla cosa, ma non mette perciò in crisi il sistema dell’adeguazione del soggetto alla realtà e quindi rimane al fondo della sua proposta filosofica il vizio realista della presupposizione della realtà esterna, declinato però in senso non dogmatico ma scettico, come un perenne non adeguamento del sapere alla verità.
L’idealismo attuale non propone verità positive particolari; più che una scienza positiva consiste in una scienza negativa, negativa perché negante contraddizioni così come presupposti e perciò affermante verità incontrovertibili mediante la messa in evidenza di ciò che nelle altre teorie da solo non sta.
L’idealista infatti più che un formulatore di teorie è un segugio il cui compito è quello di fiutare la non epistemicità delle teorie filosofiche, carattere che mette in risalto anche il vero legame tra l’idealismo in genere e la filosofia greca: l’epistemicità, ovvero la ricerca filosofica di un sapere incontrovertibile.
Adorno in un certo senso nota la difficoltà del realismo, ma ne fa il baluardo della sua aperta filosofia senza rendersi conto che quel baluardo poggia su di un altro più profondo, che è la stessa presupposizione della realtà esterna, la quale, abbiamo visto, può portare alla resa dei filosofi davanti alle difficoltà generate dall’infinito e perciò impossibile adeguamento.
È così che il realismo rompe con la epistemicità e perciò con la tradizione della filosofia, mentre l’idealismo, coerentizzandosi la persegue sino in fondo.
In questo senso l’idealismo è assolutamente legato alla tradizione epistemica della filosofia greca, mentre il realismo, se nel passato preidealistico era legato anch’esso in quanto epistemico (anch’egli allora in quanto generato dalla storia della filosofia con necessità di evidenziare le contraddizioni degli altri
sistemi precedenti) oggi invece non lo è più; semplicemente perché già apparse tutte le tesi indicanti le sue necessarie contraddizioni dal punto di vista logico e metafisico (prima fra tutte la diversa disposizione nella relazione tra i tre principi logici base della filosofia). Nell’idealismo al contrario che nel realismo infatti il principio di non contraddizione è immediatamente unito a quello dell’identità, ed essi solo astrattamente sono separabili, di modo che l’apparire di qualcosa non è distaccato dal suo apparire, ma anzi è la medesima cosa.
Ciò fa sì che si eviti la stramba e ambigua situazione dove ciò che appare (secondo il principio di non contraddizione) abbia bisogno di sperimentare, testare la verità del suo apparire mediante un suo più vero e genuino apparire nella realtà (dimostrato dall’adeguamento di principio di non contraddizione e realtà generante la completezza dell’ente mediante questo confronto reale- ideale fornito dal principio d’identità).
L’idealismo sa che principio d’identità e di non contraddizione sono una e una medesima cosa immediatamente, pena la contraddittorietà della non contraddittorietà dell’apparire.
Ciò fornisce dignità suprema al reale ma ancor di più al pensiero che non è il luogo dove il reale si presenta (realismo kantiano più che empirico), ma è piuttosto il vero reale.
Perciò il realismo oltre che scettico o dogmatico è anche razzista, perché differenzia la dignità, la realtà o la falsità di enti che in quanto appaiono sono comunque reali al di là della loro materialità o meno.
Il realismo decide insomma chi deve vivere senza curarsi del fatto che costui al di là di ogni prova empirica, siccome appare, vive già.
Per potere enunciare con più destrezza e semplicità le contraddizioni realiste e di conseguenza le soluzioni necessarie dell’idealismo ho fatto ricorso all’analisi di alcune parti di testi scritti da Giovanni Gentile.
La scelta si è basata sulla convinzione che la massima coerentizzazione dell’idealismo filosofico trovi la sua espressione nelle teorie gentiliane dell’idealismo attuale, dal cui punto di vista, proprio perché esso è il vertice della coerenza filosofica dell’idealismo, si sono potute scorgere meglio quelle stesse contraddizioni che hanno poi potuto portare l’idealismo stesso alla vetta attualistica.
Tuttavia ora mi propongo soprattutto di analizzare i primi presupposti delle due teorie, quelli che costituiscono la vera base dell’un pensiero e dell’altro: esteriorità e interiorità della realtà al pensiero che la pensa.
Perciò prendendo spunto da Gentile, mi baserò soprattutto sul suo confronto con Berkeley tratto dall’ opera Teoria dello spirito come atto puro. Certo qui Gentile non arriva alla completezza e sistematicità del suo Sistema di logica, ma è un’opera assolutamente propedeutica allo stesso giacché si parla espressamente, in polemica con gli impianti realisti dell’origine, dei motivi del discostamento dell’idealismo dalle basi teoretiche del realismo.