Il MIT deve assumere un ruolo di spinta nell’e-lettrificazione del TPL. Il Recovery Plan è ancora troppo timido su questa prospettiva, in continuità con i decreti di investimento per il rinnovo del par-co cirpar-colante approvati in questi anni. Per il rinnovo del parco autobus sono previste risorse aggiuntive pari a 1,5 miliardi che si aggiungono a 500 milio-ni da legislazione vigente, per l’acquisto di 2.730 veicoli alimentati da GNC o GNL, 2.051 veicoli a propulsione elettrica e 358 veicoli alimentati a idrogeno. È ora il momento di scegliere di puntare sull’elettrico, perché in particolare nelle aree urba-ne oggi è competitivo e sempre di più lo sarà, se si considera l’intero ciclo di vita, gestione e manuten-zione. Inoltre, sono previsti 200 milioni di euro (di cui 50 a legislazione vigente) per il “Rafforzamen-to dell’industria dei trasporti green e delle relative filiere nazionali” ma non è chiaro come si vuole spingere questa prospettiva. Eppure, dare una for-te accelerazione alla riconversione verso l’elettrico del parco circolante e alla creazione di una filiera industriale della mobilità elettrica e della riconver-sione delle industrie esistenti e relativa forza lavo-ro ha un valore strategico in un Paese come l’Ita-lia (si vedano le proposte sul tema presentate da Motus-E). Il MIT dovrà svolgere nei prossimi anni un ruolo molto più forte di supporto ai Comuni per riconvertire il parco circolante di TPL in elettrico.
Un esempio a cui guardare è quanto sta facendo un’impresa italiana come Enel-X, che oggi serve un parco di 1.400 veicoli elettrici in leasing in di-verse città del Sudamerica, con una proposta che risulta competitiva perché considera non solo la spesa di acquisto degli autobus ma l’intero ciclo di utilizzo dei mezzi e di adeguamento di depositi, infrastrutture di ricarica, software di gestione e au-toproduzione dell’energia da fonti rinnovabili. Un altro esempio a cui guardare è quello del governo britannico, che non solo ha stanziato risorse per finanziare la trasformazione dei parchi circolanti nelle città in elettrici, ma ha costruito partnerships con le città e le aziende del TPL urbano per costru-ire modelli di gestione virtuosi.
Una riforma indispensabile riguarda i controlli sulla qualità del servizio a garanzia degli uten-ti. Il trasferimento della competenza sul servizio ferroviario pendolare alle Regioni, dal 2001, è sta-ta una scelsta-ta giussta-ta ma è mancato il necessario controllo sulla qualità del servizio a garanzia di pendolari e utenti. Con molto ritardo si è riusciti a definire i contratti di servizio con i
concessiona-ri (l’ultimo approvato nel 2018 in Sicilia, e scelto solo in Emilia-Romagna, Piemonte e Valle d’Aosta attraverso gare), e le Regioni come le società che esercitano il servizio in concessione non sono sta-te uguali nell’atsta-tenzione al servizio, come il Rap-porto Pendolaria racconta da anni.
Non deve più succedere che nel silenzio più totale intere linee vengano sospese, stazioni chiuse, che circolino treni vecchi e sporchi, senza che nessuno intervenga. In questi anni si sono determinate situazioni semplicemente scan-dalose e inefficienze che pagano i cittadini, come nel degrado evidente di linee prese da centinaia di migliaia di persone, come la Circumvesuviana, le linee Atac/Cotral Roma Nord e Roma-Lido. Oppu-re pensiamo al taglio di inteOppu-re linee come in Pie-monte e in Molise.
Dal 2013 è operativa l’Autorità di regolazione dei trasporti (Art) che ha tra i suoi compiti la defini-zione delle condizioni minime di qualità dei servizi di trasporto e dei contenuti minimi dei diritti degli utenti nei confronti dei gestori dei servizi e delle infrastrutture di trasporto, mentre nel 2019 è stata istituita l’Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali (Ansfisa). Ora però serve una riforma davvero in-cisiva, che intervenga sul sistema dei controlli a li-vello centrale, che operi un monitoraggio di quello che avviene sulla rete RFI (di proprietà dello Sta-to), sulle linee regionali e urbane in concessione.
Ricordiamolo sono in larga parte risorse statali a garantire il funzionamento del servizio regionale e comunale, dei treni Intercity e delle Frecce non a mercato, ed è compito dello Stato di verificare che siano garantiti gli stessi diritti di accesso al trasporto ferroviario in tutta Italia.
E’ arrivato il momento di affidare al MIT e all’Au-torità chiari compiti di controllo sulla qualità del servizio ferroviario, perché ci muoviamo in uno scenario in cui sono diversi gli attori e le questioni aperte (tra Regioni e imprese che operano il servizio, servizi ferroviari a mercato e finanziati dal pubblico, contratti di servizio e gare, interventi dell’Autorità dei trasporti), e fare in modo che sia garantito lo stesso diritto alla mobilità in ogni parte d’Italia. Come avviene per il diritto alla Salute, nel quale la programmazione e gestione della sanità è trasferita alle Regioni ma il Ministero ha poteri di controllo, la stessa cosa deve avvenire per il diritto alla mobilità dove vanno garantiti gli stessi diritti in ogni parte d’Italia.
Un tema importante riguarda la dismissione delle linee ferroviarie. In Italia oggi sono in funzione 19.353 km di linee ferroviarie - considerando sia quelle gestite da RFI sia da gestori regionali -, mentre erano 23.200 nel 1942 (momento di massi-ma estensione della rete) con una contrazione del 16,4%. In parallelo dal dopoguerra ad oggi i chilo-metri di autostrade sono aumentati di oltre 6.500.
Negli ultimi anni sono avvenute chiusure di linee per 640 km ed il servizio è sospeso in oltre 802 km.
Il paradosso italiano è che in questo inizio di seco-lo sono state costruite nuove linee ad alta veseco-locità per complessivi 1.213 chilometri - lungo direttrici dove la domanda è fortissima ma dove esistevano già dai 2 ai 4 binari -, mentre nel frattempo sono molti di più i chilometri dismessi, in territori rimasti senza collegamenti ferroviari.
Basti pensare alle linee sospese in Piemonte - per complessivi 456 chilometri, con 125 stazioni e fer-mate coinvolte. Vanno considerati poi quei tratti di rete ordinaria che risultano sospesi per inagi-bilità dell’infrastruttura, come nel caso della Tra-pani-Palermo (via Milo).