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Il light designer è colui che si occupa di creare la sequenza delle luci, mettendo a punto il «piano luci o regia delle luci (lighting design)»28. È affidato a lui il compito di studiare, ideare

e progettare il sistema luminoso più adeguato alle diverse ambientazioni.

Questa figura collabora strettamente con il regista e deve possedere una buona cultura artistica e buon gusto estetico. Il suo operato si divide in diverse fasi: innanzitutto, come le altre figure creative che lavorano per lo spettacolo, deve procedere con un’attenta lettura del copione, che gli permetta di analizzare il testo e potersi confrontare con il regista e i collaboratori artistici coinvolti. Una volta fatto questo, può procedere con una prima elaborazione del piano luci e un attento studio degli spazi a disposizione, degli ambienti da ricreare, delle attrezzature di cui necessita e della direzione e qualità che intende dare alla luce. È fondamentale in questa fase, per il light designer, comprendere quanti corpi illuminanti siano necessari, come e dove posizionarli nella sala in cui avverranno le recite e la loro potenza, e quante gelatine (i filtri colorati che vengono applicati per ottenere diversi tipi di colore) servano. La maggior parte delle decisioni viene presa durante le prove sul palcoscenico, utili per studiare e comprendere i movimenti degli attori, le loro entrate e uscite dalla scena, le diverse necessità degli artisti coinvolti, gli effetti che le luci possono ricreare sui costumi e sul corpo degli artisti, e il tipo di situazione che si vuole ricreare sul palco. È importante che durante le prove i tecnici delle luci annotino tutte le variazioni e indicazioni sul copione, in modo da poter conoscere alla perfezione lo spettacolo così da sapere a quale gesto o quale battuta far corrispondere una variazione di luce: i tecnici delle luci non si limitano infatti all’accensione o spegnimento di una luce nel momento corretto, ma il loro compito riguarda anche il regolamento della velocità con cui i proiettori luminosi si accendono, il tempo in cui devono rimanere accesi, l’intensità con la quale devono illuminare ciò che avviene sul palcoscenico, il loro colore, la distinzione tra luci calde o fredde, la loro inclinazione e l’orientamento.

In base a ciò che il light designer vuole rendere sul palco, può adottare diversi tipi di luci:

28 Thessy Sembiante, Professione teatro, Produzione, allestimento, distribuzione. Roma, Gremese, 2010.

- le luci frontali sono proiettori, posizionati molto in alto sulle balaustre delle balconate o nelle pareti laterali della sala, che illuminano frontalmente gli attori. Il loro raggio proietta le ombre degli artisti sul piano palcoscenico e non sulla scenografia. Le luci frontali sono combinate spesso con quelle dall’alto in quanto da sole tendono ad appiattire le persone e gli oggetti;

- le luci laterali, o “tagli”, poste “in quinta”, ai lati del palcoscenico solitamente in maniera simmetrica, illuminano gli attori di “taglio”, evidenziandone il volume. Per ottenere questi effetti spesso si usano i sagomatori (proiettori utilizzati per aree circoscritte di luce con i bordi netti, per creare particolari luci d’effetto e sottolineare contrasti o ombre nette), che rendono possibile regolare il fascio di luce;

- le luci dall’alto, poste nella parte aerea del palcoscenico, appese al graticcio, e sorrette dalle americane (particolari strutture utilizzate nell'allestimento scenico delle arti performative che permettono di sollevare l'apparato illuminotecnico rispetto al palcoscenico) servono per illuminare dall’alto gli attori, produrre effetti particolari, contrasti e ombre innaturali, e illuminano la parte anteriore del palcoscenico;

- le luci da dietro o controluce, che sono utili per creare l’effetto silhouette e un alone nei contorni degli artisti, sono posizionate nel fondo del palcoscenico: vengono solitamente utilizzati per creare questo effetto i Par, ossia apparecchi molto semplici che producono una luce dai margini netti, ma più sfuocati rispetto ad un sagomatore;

- le luci per i fondali, che si montano solitamente a gruppi, in modo da avere diversi colori e illuminare anche grandi fondali in maniera uniforme.

Negli ultimi anni l’arte dell’illuminazione di scena ha subito una netta evoluzione, e questo ha permesso di automatizzare i processi: durante le prove le sequenze di cambio luci vengono salvate su apposite consolle, e durante le recite vengono fatte partire con un tasto, il cosiddetto “go”.

«Le consolle, o mixer luci, sono apparati elettronici computerizzati per il controllo e la regolazione dell’intensità luminosa dei corpi illuminanti e […] memorizzano gli effetti creati nell’allestimento dello spettacolo per riproporlo nelle repliche e nel tempo»29. È essenziale

che i tecnici luci siano vigili e attenti durante tutte le recite e che ci sia una buona sintonia con gli altri membri del cast tecnico, come i tecnici del suono e dei video: le consolle più recenti permettono con un unico gesto di far partire insieme luci e video nello stesso momento. Due arti diverse, come luci e suono, grazie alle moderne tecnologie e all’impiego dei video su uniscono in un’unica consolle. Il montaggio e smontaggio delle luci e delle apparecchiature utilizzate per l’illuminazione dello spettacolo sono opera degli elettricisti.

Per quanto riguarda lo spettacolo l’Acrobata sono stati montati nella sala tre proiettori, che proiettavano i video montati dal regista Paolo Turro e insieme le luci necessarie: è stato interessante notare come la luce, usata nella maniera più giusta, riuscisse a conferire del valore aggiunto ad ogni scena. Lo stesso allestimento del palcoscenico, costituito da tre pannelli bianchi, combinato con il giusto uso degli apparecchi di illuminazione, riesce a far risaltare le figure e i sentimenti degli artisti in maniere differenti: la depressione della madre di Pepo, resa perfettamente dalla luce fredda che la illumina durante il suo tormento, stretta disperata contro uno dei pannelli; il faro proiettato addosso alla figura di Pepo, al racconto dell’attentato a Pinochet, immerso in un fondale buio a centro palco; la scena iniziale, in cui la mamma di Pepo, ancora bimba, è illuminata dalle onde del mare proiettate sul pannello su cui lei è appoggiata. È un gioco di luci continue, i corpi degli attori si muovono sul palco, ora illuminati dalle luci, altre volte dai riflessi dei video proiettati, «altrove inghiottiti da fessure e inquadrati da porte. Questo cono di luce che trapassa in direzione opposta la quarta parete – occhio di bue, fiocchi di neve, spume del mare, ombre cinesi, titoli cubitali, bandiera luminescente e fantasma documentario – non serve a stupire con effetti speciali, ma rende

29 Mancinelli, S., Manuale di illuminotecnica teatrale,

<http://www.iar.unicamp.br/lab/luz/ld/C%EAnica/Livros/Manuale%20di%20Illuminotecnica%20Teat

con forza come il meccanismo proiettivo e fantasmatico della memoria ci riguardi, chiamando in causa noi e il nostro sguardo come fonte e necessità profonda per poter fare luce»30.

L’abile light designer dello spettacolo è Nando Frigerio, che ha predisposto insieme a un assistente il piano luci durante i giorni di prove: è stato poi l’assistente a occuparsi di azionare le luci durante le recite. In questo spettacolo i “go” tra video e luci nelle due ore di spettacolo sono stati circa 400.

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