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LO SFRUTTAMENTO DELLE RAGAZZE ROMENE VISTO DALLA ROMANIA

L’ultimo decennio ha visto crescere il numero di ragazze romene attive nei mercati del sesso europei, tra le quali molte le migranti sfruttate da connazionali. Partono dalle aree agricolo-rurali limitrofe alle città di Timisoara, Giurgiu, Galati, Bacau, Laszi e Bucarest, per approdare alle città dell’Europa occidentale (Carchedi 2012), dove lavorano sia in strada sia nei club.

Abbiamo già iniziato a delineare i tratti principali dello sfruttamento sessuale delle migranti romene nei mercati del sesso mediterranei nel capitolo precedente. Proveremo ora a completare la ricostruzione – ne- cessariamente imperfetta – attraverso lo sguardo delle operatrici e degli operatori che lavorano in Romania e i racconti di alcune migranti ri- entrate in patria dopo un periodo di sfruttamento esperito durante un percorso migratorio di tipo volontario.

3.1. Cambiamenti. Il 2007 come punto di svolta

Anche in Romania, le persone intervistate in veste di testimoni privilegiate/i indicano il 2007 come spartiacque. L’ingresso nell’Unione Europea ha comportato profonde trasformazioni. Muoversi attraverso i confini non rappresenta più un problema, e le reti che gestiscono lo sfruttamento delle giovani migranti romene nei mercati del sesso, sono ora più mobili.

Un altro cambiamento consiste nel fatto che le reti criminali hanno smesso di operare in un unico paese… ora agiscono in più paesi, rivolgendosi a destinazioni meno conosciute, ma dove c’è una forte domanda. Per esempio, tendono a spostarsi dalla Spagna al Regno Unito, o dall’Italia alla Svizzera e ai paesi del nord [testimone, T5, Oco, funzionaria ope- rativa, Romania].

Per quanto riguarda i paesi di destinazione, le testimoni raccontano che fino alla prima metà dei primi anni del xxi secolo le ragazze rimpatriate in Romania provenivano principalmente dai paesi dell’ex Yugoslavia, mentre dal 2004-2005 in poi le mete principali sono diventate l’Italia e la Spagna seguite, negli ultimi anni, anche da Regno Unito, Germania e altri paesi del nord Europa.

Se all’inizio, quando ho cominciato a lavorare, la maggior parte delle vit- time proveniva dall’ex Yugoslavia, a partire dal 2004-2005, Spagna e Italia cominciarono a diventare paesi di destinazione per lo sfruttamento sessuale e continuano a essere le mete principali; d’altro canto, più di recente i paesi del nord Europa rappresentano nuove mete, ed è anche aumentata la tratta interna per lo sfruttamento sessuale [testimone, T3, Gsa, presidente asso- ciazione, Romania].

Anche se Italia e Spagna rimangono le mete principali, le rotte sono cambia- te. Dal 2011 e 2012 sono comparse nuove destinazioni più attrattive come il Regno Unito e la Germania, i paesi del nord, anche se non tantissimo, incluso il Belgio. Tuttavia, possiamo continuare a parlare di Spagna, Italia e Grecia [testimone, T4, IA, ricercatrice, Romania].

Come già accennato nel capitolo precedente, le rotte sembrano prevalentemente prevedere viaggi via terra, per evitare che la giovane migrante possa chiedere aiuto in caso di un ripensamento.

Quando i gruppi criminali organizzati hanno denaro, la vittima può essere trasportata via aereo, utilizzando l’aeroporto Henri Coandă. Nella maggior parte dei casi si utilizzano mezzi su strada di varie compagnie di trasporti; è molto più facile perché la vittima non è esposta ai controlli propri dell’aero- porti e ha poche occasione per cercare e mettersi in contatto con le istituzioni statali, poiché quando si attraversano i confini non è necessario scendere dalla macchina e solitamente è chi guida a gestire i documenti di viaggio. In aeroporto ci sono più filtri e la vittima può più facilmente rivendicare il proprio status di vittima [testimone, T10, MS, funzionaria polizia, Romania].

Il punto di vista di questo funzionario di polizia è indirettamente confermato dalla testimonianza di Angela (nome di fantasia), la quale racconta come, chiusa in macchina dallo sfruttatore all’alba, si sia sentita in trappola e nell’impossibilità di chiedere aiuto. Le strade erano deserte e, anche se avesse urlato con tutto il fiato in gola, nessuno l’avrebbe sentita).

Lui mi ha colpito sulle labbra che mi sanguinavano… Poi mi ha tirato per i capelli e mi ha spinto in macchina. Io gridavo e gli dicevo che sarei saltava giù dalla macchina… ma subito ha bloccato le portiere e quando io cercavo

di aprire una portiera, mi ha detto: «Guarda, se non ti comporti bene prendo la pistola e ti uccido». Cercavo di capire come scappare. Eravamo ancora in patria, non c’era polizia in strada, nessuno poteva sentirmi se urlavo o picchiavo sulle portiere… Erano le 5 di mattina… continuavo a piangere a e gridare, e ogni tanto lui si girava e mi picchiava sul viso… ancora e ancora… piangevo… [racconto di vita, A., RV2].

Un dato di novità rilevante riguarda il fatto che la Romania, da paese di origine, sembra essere diventato anche paese di destinazione, con nuovi casi di sfruttamento sessuale che coinvolgono ragazze della Repubblica Moldava.

Credo che il fenomeno della tratta sia cresciuto da quando ho cominciato a lavorare in questo campo. Benché la Romania sia un paese di origine, è diventato anche un paese di destinazione per le vittime dello sfruttamento sessuale provenienti dalla Repubblica della Moldavia [testimone, T3, Gsa, presidente associazione].

La letteratura indica anche una crescita della tratta interna, special- mente verso Bucarest e Timisoara (Charchedi 2012). Le nostre testimoni confermano l’esistenza di un sfruttamento interno al paese, raccontando un fenomeno molto simile a quello riscontrato in Brasile (cfr. capi- tolo 4), dove, in base a quanto emerso dalla nostra ricerca, ragazze a volte giovanissime (dodici, tredici, quattordici anni) verrebbero prima “testate” nel mercato interno, e poi selezionate per i mercati esteri una volta raggiunta la maggiore età.

Le vittime sono sempre più giovani (dodici, tredici o quattordici anni… minori). Queste minori sono prima sfruttate all’interno – una sorta di training e di percorso di apprendimento, supportate e incoraggiate dallo sfruttatore che fa in modo di diventare il loro “protettore” e la persona che si prende cura di loro – e le migliori vengono “promosse” per la tratta esterna e continuano ad essere sfruttate all’estero [testimone, T5, Oco, funzionaria operativa, Romania].

In sostanza, per la tratta esterna parliamo di adulti perché, per via della legge, è più difficile fare attraversare la frontiera a una minore. Come modello, alcune delle vittime adulte sfruttate all’estero erano state precedentemente sfruttate in Romania per molti anni quando erano minorenni, per poi “traferirsi” all’estero una volta raggiunta la maggiore età [testimone, T1, Al, psicologa, Romania].

Dei maschi sfruttati sappiamo pochissimo, se non che si tratterebbe

di minori, generalmente “affittati” per una settimana da clienti maschi1.

Se guardiamo la situazione dei maschi (ragazzi) sfruttati, le ricerche ci mo- strano che si tratta in prevalenza di minori. Dalle interviste fatte in Italia si evince che le modalità di sfruttamento dei ragazzi sono diverse rispetto a quelle delle ragazze. Ci hanno parlato di situazioni nelle quali i “clienti” possono “affittare” un ragazzo per una settimana, ospitando il ragazzo in questione nella propria casa e facendo sì che lui si renda disponibile per tutto il periodo per qualsivoglia desiderio sessuale. Anche in questo caso il cliente è maschio. Quindi, sia nel caso delle ragazze sia nel caso dei ragazzi, ritroviamo un elemento comune: il cliente maschio [testimone, T4, LA, ricercatrice, Romania].

Rispetto alle ragazze minorenni, le testimonianze rafforzano l’idea, già discussa nel capitolo 1, di un ruolo di rilievo delle famiglie – le quali riceverebbero un compenso economico. Il periodo di sfruttamento in patria sarebbe utilizzato dagli sfruttatori per costruire un rapporto di fiducia anche con i familiari per inculcare progressivamente l’idea di un futuro all’estero come obiettivo appetibile.

Ho avuto a che fare con casi nei quali le famiglie era consapevoli del fatto che le loro figlie erano vittime di sfruttamento e accettavano la situazione in cambio di denaro [testimone, T7, MB, social worker, Romania].

Se si tratta di minori, i documenti sono falsi e c’è la complicità della fami- glia nel creare un rapporto di fiducia tra il minore (maschio o femmina) e l’estraneo. Ma, per questo motivo, i minori sono prima sfruttati in Romania per consolidare la relazione tra lo sfruttatore e la famiglia (che di solito riceve un compenso economico se la figlia/il figlio lavora bene), e per costruire un rapporto di fiducia (progetto di vita insieme). Mentre l’idea di andare a lavorare all’estero è inculcata un poco alla volta… con promesse di mag- giori guadagni, di opportunità migliori, di più denaro per la famiglia… via, via fino a che non attraversano i confini [testimone, T5, Oco, funzionaria operativa, Romania].

Il trasporto può essere via terra o via aereo. Nel caso dei minorenni, gli sfruttatori hanno bisogno di un mandato da parte dei genitori, i quali sono più o meno consapevoli di ciò che sta accadendo, quindi si tratta sostanzial-

1 In una ricerca genovese svolta nei primi anni del duemila, avevamo rilevato la pre-

senza di ragazzini romeni attivi nel mercato del sesso già dalla metà degli anni Novanta. Anche in questo caso si parlava di giovani “affittati” per periodi non brevissimi da uomini autoctoni, ma non è chiaro se si trattasse di sfruttamento o di lavoro sessuale libero (cfr. Abbatecola 2005a e 2006).

mente di un’uscita legale dal paese [testimone, MM, ispettrice polizia con formazione di operatrice sociale, Romania].

Mentre fino a una quindicina di anni fa, la percezione era che l’or- ganizzazione dello sfruttamento romeno fosse meno strutturata, con piccoli gruppi attivi non necessariamente ben coordinati tra di loro (cfr. Abbatecola   2006), oggi si intravede uno scenario parzialmente differente, nel quale gli sfruttatori, generalmente connazionali, sono organizzati in gruppi a base familiare che agiscono avvalendosi di appoggi locali e di complici dislocati sul territorio. I ruoli risultano divisi con chiarezza e nulla sembra essere lasciato al caso o all’improvvisazione. Un dato di rilievo è che a volte nella rete criminale ci sono anche parenti delle ragazze sfruttate o loro mariti. Le famiglie, in questo senso, non sarebbero semplicemente complici, ma svolgerebbero un ruolo attivo nella rete dello sfruttamento.

[…] sembra che essere vendute o sfruttate dal marito o da un familiare pros- simo non sia un’eccezione [testimone, T2, LA, direttrice Centro, Romania]. La nozione stessa di tratta degli esseri umani implica l’esistenza di un gruppo organizzato. Questi gruppi possono lavorare a livello nazionale o internazio- nale e possono includere più membri della stessa famiglia, anche membri della famiglia della vittima. Abbiamo avuto casi in cui gli sfruttatori erano i genitori della vittima [testimone, T6, Ispettrice polizia con formazione di operatrice sociale, Romania].

Parlando della Romania, i gruppi sono ben organizzati, conoscono molto bene l’impianto del lavoro, cosa fare, chi cercare, come rendere la loro presenza discreta all’esterno e come infiltrarsi subdolamente nella vita delle potenziali vittime; sono molto ben organizzati a livello nazionale, supportati da aiuti locali. Ci sono molti casi in cui, sfortunatamente, anche i familiari fanno parte della rete [testimone, T7, MB, ispettrice polizia, Romania].

[…] a volte gli sfruttatori provengono dalla cerchia più intima, dalla famiglia o da un gruppo di persone che la vittima conosce. Per esempio, nelle reti possiamo trovare un’intera famiglia coinvolta nella tratta [testimone, T9, B., funzionario polizia, Romania].

Il racket criminale si distribuisce a rete anche nei paesi di destinazione con una divisione funzionale dei compiti, in modo da garantire un’efficace mobilità sul territorio e una gestione strategica del traffico e della tratta.

Possono avere il loro quartier generale a Londra, ma lo sfruttamento può avere luogo altrove. Coordinare il tutto in modo centralizzato rende più facile assicurare l’attraversamento dei confini e il reclutamento, garantire il tempo

necessario affinché la vittima si abitui a quello che sta accadendo, nonché stare al comando dell’intera operazione [testimone, T4, IA, ricercatrice, Romania].

Lo sfruttamento nei mercati del sesso è un business che rende tantissimo e, come accaduto negli anni Novanta per gli albanesi, reti inizialmente informali si sono rapidamente date una struttura più solida ed efficace. 3.2. «E vissero per sempre felici e contenti». Amore, tradizione e altre

strategie di reclutamento

Il reclutamento è solitamente operato da persone – uomini o don- ne – direttamente coinvolte nello sfruttamento. Tutte le testimonianze raccolte, sia in Romania sia in Italia, convergono nel descrivere chi recluta come persona vicina all’intorno sociale della vittima – cono- scente, vicino di casa, amico, fidanzato, parente… – o comunque come soggetto dotato di grandi capacità manipolative e in grado di infiltrarsi nella vita delle ragazze adocchiate in modo da captarne la fiducia.

Chi recluta può essere uomo o donna, membro della famiglia, oppure com- pagno di scuola, ex collega e così via, persone della comunità con un certo ruolo all’interno della stessa; anche persone che ritornano dall’estero con una situazione economica molto migliore e che reclutano altre persone. Questo ultimo caso funziona come esempio positivo di storia di successo!! La storia di successo ha ancora molta presa! In molti casi, le famiglie sanno chi è la persona… perché lentamente, ma inesorabilmente questa persona riesce a diventare un fidato amico di famiglia, sempre disponibile e che fa promesse. Perciò, la potenziale vittima non si aspetta il peggio da una persona così brava e fidata [testimone, T1, Al, psicologa, Romania].

Uno dei punti di forza di chi recluta consiste nel convincere la ragazza designata, con metodo e pazienza, ad aderire al progetto migratorio: ci si insinua nella sua vita, si cerca di coglierne fragilità e bisogni, si fa leva sui suoi desideri – denaro, affetto o entrambi – inducendola ad aderire a un progetto migratorio nel quale difficilmente le promesse saranno mantenute:

Viene descritta loro una situazione totalmente differente da quella che trove- ranno, e viene data loro l’impressione di una totale libertà di scelta rispetto all’accettare o meno l’incredibile quantità di denaro che è sempre parte della situazione descritta (testimone, T1, Al, psicologa, Romania).

Dalle interviste e dai racconti di vita sembrerebbero emergere due principali strategie di reclutamento: l’offerta di un lavoro appetibile e ben remunerato; la messa in scena del “principe” innamorato.

Nel primo caso, il riferimento delle testimoni è a un lavoro di tipo tradizionale. In realtà è difficile stabilire quanto questa rappresentazione sia falsata dal desiderio o dall’abitudine – socialmente appresa – delle ragazze di offrire una presentazione di sé e della propria storia tesa a evitare lo stigma. Raccontare di aver scelto un percorso nei circuiti del- la vendita di sesso in assenza di costrizioni non è facile. In ogni caso, che si tratti di un’offerta di lavoro nel mercato ufficiale o in quello del sesso, è probabile che chi recluta conosca molto bene le difficoltà e le necessità della ragazza e che faccia leva su quelle offrendo soluzioni su misura e costringendo la potenziale migrante a decidere velocemente, senza avere il tempo per riflettere con calma o informarsi sulla natura e sulle condizioni della proposta.

Abbiamo notato che l’offerta di lavoro spesso proviene da una persona vicina alla vittima, una persona di fiducia, che conosce bene i bisogni della ragazza e le propone il lavoro che rispecchia esattamente le sue necessità. Lui dice, per esempio: «So che vuoi che tua madre riceva le migliori cure di cui necessita, e ho trovato per te questo lavoro». Così ti sacrifichi, vai all’estero, lavori per qualche mese e raccogli i soldi per curarla, l’aiuti. Oppure, «So che vorresti che i tuoi fratelli continuassero ad andare a scuola e ho trovato la soluzione migliore per aiutarti». Così, chi recluta parte dal problema di cui è a conoscenza. Inoltre, concede poco tempo alla vittima per decidere: «Devi decidere entro domani» oppure «Devi decidere entro lunedì altrimenti qualcun altro prenderà il tuo posto», specie ora che molte persone perdono il lavoro. Le mettono molta pressione, e le consigliano di non dire niente a nessuno e di non andare in cerca di altre informazioni [testimone, T2, LA, direttrice centro, Romania].

L’offerta è sempre appetibile e risolutiva rispetto a un problema

contingente (le cure per un parente ammalato, i soldi per gli studi…),

e l’idea di avere pochissimo tempo per decidere (“prendere o lasciare!”) induce facilmente ad adesioni incaute prese senza approfondire oltre. Del resto, la voglia di partire è molta e la situazione che si lascia induce a correre qualche rischio.

Inoltre, le vittime sono reclutate in aree povere, dove le persone sono dispe- rate e una semplice promessa è sufficiente per accettare qualsiasi cosa, senza fare domande, benché i lavori proposti non richiedano qualifiche specifiche [testimone, T9, B., funzionario polizia, Romania].

[…] nel caso delle donne, il livello di istruzione non è elevato (scuola media o, al massimo, scuole superiori). La vulnerabilità consiste nel fatto che la

persona che riceve l’offerta solitamente non ha sospetti per via dell’ambiente dal quale proviene (famiglie disgregate o assenza di alternative nel proprio paese). Anche se qualcosa non sembra convincere, sarà comunque sempre meglio di quanto hanno a casa. In un certo senso, accettano l’idea che una volta al paese di destinazione potranno gestire la situazione in qualche modo o che “il diavolo non è così terribile come appare” [testimone, T4, IA, ricercatrice, Romania].

La seconda efficace strategia di reclutamento è quella del principe

azzurro, dell’uomo perfetto che si insinua progressivamente nella vita

della ragazza facendo leva sul suo desiderio di amare e di essere amata.

Conosciamo casi di ragazze trafficate il cui reclutamento è durato mesi, durante i quali il comportamento di lui era “perfetto”, molto centrato sul bisogno di lei di affetto e sull’umana speranza di poter migliorare un gior- no la propria situazione, grazie a questo nuovo uomo che sistemerà tutto. Sappiamo di “fidanzati” che promettevano un futuro insieme all’estero, dove avrebbero trovato il denaro per poter tornare in Romania, comprare una casa, mettere su famiglia e avere figli. Una volte giunti all’estero, però, alla ragazza veniva detto che doveva prostituirsi perché le cose non stavano andando come previsto, perché lui non riusciva a trovare lavoro e quindi lei avrebbe dovuto “vendersi” per salvare la loro relazione, per salvare lui e se stessa e continuare a vivere lì. Il messaggio era che la donna si sarebbe dovuta sacrificare per poter vivere insieme, con la promessa che nessuno lo sarebbe mai venuto a sapere; lei sarebbe stata l’eroina e avrebbe salvato la situazione e nulla avrebbe compromesso la loro relazione. La strategia del “principe-affascinante” o dell’ “uomo-perfetto” sembra essere molto frequente [testimone, T2, LA, direttrice Centro, Romania].

Come nel caso dell’offerta di lavoro, il reclutatore-sfruttatore conosce molto bene i dettagli e le fragilità della vita della ragazza scelta e lavora, con competenza e abilità manipolative, su quelle fragilità. In questo senso, le famiglie problematiche dove vi siano lacune rispetto alla dimensione dell’affettività rappresentano un ottimo bacino di reclutamento.

Il secondo metodo è quello del fidanzato, ancora utilizzato anche se meno rispetto al passato; lo sfruttatore, come un fine psicologo, sa bene su chi puntare e va a cercare ragazze e ragazzi giovani provenienti da ambienti privi di affetto familiare, dove non si ricevono attenzioni, dove il contesto sociale è distorto e fa sì che la potenziale vittima sia in cerca di affetto, attenzioni e cura in ambienti differenti e da altre persone [testimone, T7, MB, social worker, Romania].

[…] storie marcate da situazioni di abuso, violenza, o situazioni di disegua- glianze di genere nell’ambito della famiglia, anche se non sempre si tratta di

violenze e abusi estremi. Sappiamo di casi di trascuratezza, che inducono i bambini, specie le ragazze, a non vedere soddisfatti i propri desideri emoti- vi, a coltivare un basso grado di autostima e una scarsa valorizzazione di sé [testimone, T7, MB, social worker, Romania].

Naturalmente il concetto di fragilità è sempre anche profondamente incorporato nella società, nei suoi modelli culturali e nei processi di costruzione sociale della femminilità e della maschilità. E quindi, per meglio comprendere le dinamiche e le forme dello sfruttamento può essere utile soffermarsi su come il contesto culturale plasmi e produca desideri, aspettative, percezioni rispetto alle possibilità, al proprio sé e al proprio valore e potere contrattuale. L’amore, per esempio, è un sentimento naturale e trasversale, ma non per questo neutro. È la società a definire, nello spazio e nel tempo, i caratteri dell’amore: cosa è amore e cosa non lo è; quali sono gli amori legittimi e quali quelli illegittimi (quindi sanzionabili); quale posto deve avere l’amore nella definizione del sé e dei percorsi di vita delle donne e degli uomini; quali modelli di ruolo nella relazione di coppia sono prescritti a seconda dei generi di appartenenza. Rispetto a questo, una delle intervistate sottolinea con acume che:

La promessa di amore che lo sfruttatore fa anche in situazione di sfruttamen- to, funziona, e questo ha a che fare con la dimensione del genere. L’amore

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