Capitolo 3 Lobbying: cos’è e come si esercita
3.2 Lobbying
3.2.1 Lobbying e spese elettorali
Stando ai dati del 201249, le spese per le campagne elettorali del congresso
ammontavano a 3.6 miliardi di dollari, mentre quelle finalizzate all’attività di lobbying ammontavano a 3.3 miliardi di dollari. I dati a cui si riferisce Mueller nel brano sopra
citato sono invece quelli contenuti nel lavoro di Wright (1990)50, il quale analizza dati
relativi al House Ways and Means Committee e del The House Agriculture Committee, risalenti al 1985. I dati più recenti mostrano come, pur essendo le spese per le campagne elettorali ad essere maggiori, le spese per l’attività di lobbying sono comunque considerevoli e di poco inferiori.
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Fonte: opensecrets.org
50 Wright J. R., Contributions, Lobbying, and Committee Voting in the U.S. House of Representatives, in “American Political Science Review” 84, 1990.
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Nel lavoro del 1990 Wright analizza contemporaneamente i dati relativi all’attività di lobbying e ai contributi elettorali legati a due casi di produzione normativa della House of Representatives del 99esimo Congresso degli Stati Uniti: la previsione di nuove tasse per l’aggiornamento del Comprehensive Environmetal Response, Compensation, and Liability Act del 1980 in tema di smaltimento di rifiuti tossici, ed un intervento normativo in tema di sussidi e controllo dei prezzi dei prodotti agricoli. Sono stati selezionati questi due casi risalenti al 1985 in quanto le rispettive commissioni parlamentari responsabili, la House Ways and Means Committee e la House Agriculture Committee, si occupavano di materie le quali godono dell’attenzione di molti gruppi d’interesse.
Wright comincia ponendosi tre domande fondamentali:
- in che modo i contributi elettorali influenzano l’attività di lobbying?
- in quale modo questa dipende dall’appartenenza ideologica e politica del parlamentare che la subisce?
- il lobbying incide sulle scelte di voto dei rappresentanti?
Raccogliendo dati attraverso i report delle audizioni tenute dalle commissioni parlamentari ed altre informazioni ottenute da lobbisti, Wright individua un elenco di gruppi d’interesse attivi nei settori di cui si occupavano le commissioni sopra citate, e li sottopone ad interviste e questionari. In questo modo ottiene informazioni riguardanti quali gruppi d’interesse abbiano lavorato di concerto e su quali parlamentari. Inoltre ricava i dati relativi ai contributi elettorali versati da questi gruppi attraverso la Federal Election Commission (FEC).
I risultati del lavoro di Wright mostrano come, dal punto di vista dell’attività di lobbying, l’appartenenza partitica e ideologica definiscano il numero di gruppi d’interesse attivi sulle due commissioni. Per quanto riguarda la questione relativa alla
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nuova tassa, sono i parlamentari conservatori e democratici ad aver ricevuto maggiormente le pressioni da parte di quei gruppi favorevoli ad essa, mentre sono liberal e repubblicani coloro che hanno subito il lobbying dei gruppi contrari a questa nuova tassa. Relativamente alla questione del controllo dei prezzi agricoli, mentre i democratici più conservatori sono stati contattati sia da gruppi d’interesse favorevoli che da gruppi contrari, i repubblicani sono stati contattati da gruppi favorevoli al controllo dei prezzi a differenza dei democratici più liberal.
Altri fattori individuati da Wright, capaci di incidere sul numero di gruppi attivi, sono la leadership e le caratteristiche degli elettori dei singoli rappresentanti. Infatti presidenti, vicepresidenti e tutti i portatori di particolari cariche all’interno delle commissioni analizzate, sono stati contattati da un numero maggiore di gruppi rispetto ai semplici membri. Viene da sé, inoltre, che quei rappresentanti eletti in distretti sensibili ai sussidi agricoli, hanno maggiormente subito le pressioni dei gruppi d’interesse anch’essi sensibili a questi.
Emerge poi un collegamento tra contributi elettorali e contatti lobbistici: maggiore è il numero di gruppi d’interesse che hanno finanziato la campagna elettorale di un parlamentare, maggiore sarà il numero di gruppi che eserciterà attività di lobbying su questo. Possiamo così affermare che questi contributi preparano il terreno per futuri rapporti tra gruppi e parlamentari, facilitando i rapporti fra questi ed amplificando la forza con cui le informazioni contenute nel messaggio lobbistico arrivano ai rappresentanti.
Wright individua anche notevoli differenze tra le due commissioni. Innanzi tutto, l’House Ways and Means Committee, occupandosi di una materia come la tassazione, la quale inevitabilmente va a toccare una enorme varietà di materie ed interessi, è sottoposto a sempre nuove e diverse pressioni da altrettanti gruppi d’interesse. Di
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conseguenza i rapporti tra questi e i membri di tale commissione si baseranno soprattutto sui fattori visti sopra, ovvero l’ideologia, l’appartenenza politica, la leadership e i contributi elettorali ricevuti. Ne deriva una minor e più difficile accessibilità e possibilità di creare contatti, a differenza invece dell’House Agriculture Committee, il quale occupandosi solo di un campo specifico, permette ai suoi membri di instaurare rapporti continui sempre con gli stessi gruppi d’interesse coinvolti, permettendo così un accesso più fluido e informale per i lobbisti.
Per quanto riguarda gli effetti sul voto dei rappresentanti, Wright riscontra come i contributi elettorali incidano meno sul voto rispetto all’attività di lobbying. Si riscontra infatti come i parlamentari soppesino le pressioni ricevute dai gruppi d’interesse, anche in base ai fattori che, come abbiamo appena visto, determinano l’attività di lobbying. Infatti l’House Ways and Means Committee, essendo la commissione con maggiori contatti con i gruppi d’interesse, è quella che risponde maggiormente all’attività di lobbying e quindi sembra seguire maggiormente le indicazioni dei gruppi predominanti, mentre l’House Agriculture Committee sembra essere meno sottoposto alle pressioni dei gruppi in quanto il rapporto costante e continuo con questi ne smorza l’incisività.
I contributi elettorali, come visto prima, preparano e definiscono il terreno per l’attività di lobbying, ma non determinano il comportamento di voto dei rappresentanti. I contributi ci permettono invece di prevedere quelli che saranno gli obiettivi dell’attività lobbistica in termini di quali parlamentari verranno contattati, supportando così l’affermazione “money buys access, but not votes”.
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