Come hanno evidenziato i geografi Deborah Cowen e Neil Smith37, dall’inizio del nuovo secolo si sono verificate spinte e
tendenze geo-economiche che, da una prospettiva Stato-centrica del potere come prodotto dell’unione politica tra un territorio omogeneo e le sue corrispettive società, economia, cultura e cittadinanza, hanno progressivamente portato a un sistema di dominio rispondente direttamente a imperativi di mercato. Ciò non ha affatto significato la fine della geopolitica, ma una sua ridefinizione continua in relazione ai paradigmi del cosiddetto
supply chains capitalism38, e quindi a un nuovo tipo di
articolazione delle logiche territorialiste e capitaliste del sistema- mondo39. Un elemento di questa tendenza è la proliferazione in
tutta la regione di «territorialità strategiche» come le zone economiche speciali40 e i corridoi logistici di sviluppo, spesso
integrate le une agli altri.
È da notare, infatti, che molti dei progetti dell’IIRSA, soprattutto nel caso di modernizzazione e ampliamento dei terminal portuali,
37 D. COWEN - N. SMITH, After Geopolitics? From the Geopolitical Social
to Geoeconomics, «Antipode», January 30th 2009.
38 A. TSING, “Supply Chains and the Human Condition”, in «Rethinking Marxism», Vol. 21, N. 2, London, 2009.
39 G. ARRIGHI, Il lungo XX secolo, Milano, Il Saggiatore, 1994.
40 Allo stato attuale ci sono circa 600 ‘free trade zones’ tra America Latina e Caraibi, distribuite tra 23 paesi e dove operano più di 10,800 compagnie e 1,700,000 lavoratori: «AZFA» (Asociación de Zonas Francas de las Américas), www.asociacionzonasfrancas.org ultimo accesso 31 luglio 2019.
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dei canali, o nei cosiddetti porti secchi, si accompagnano alla creazione di diverse zone economiche speciali (ZES), mentre altre zone sorgono e si moltiplicano nelle enclave estrattive. In realtà, la storia delle ZES in Sudamerica è piuttosto antica, e ha la sua origine nella creazione della zona franca di Manaus nel 1967, operazione chiave nel tentativo della dittatura militare brasiliana di colonizzare, a scopi geopolitici e geo-economici, l’immensa regione dell’Amazzonia. Con il tempo, la stessa zona di Manaus è stata investita da importanti cambiamenti nella sua funzione economica, sempre meno industriale e sempre più commerciale, ed è stata sussunta dalla stessa IIRSA, come punto di connessione tra l’hub amazzonico e quello chiamato Escudo Guayanes, che collega il nord del Brasile con Guyana, Suriname e Venezuela. Negli ultimi decenni, il numero di ZEEs nella regione latinoamerica in generale è aumentato enormemente, proprio nella misura in cui si sono adattate ai nuovi processi estrattivi e logistici. A tal proposito, il sociologo uruguayano Alfredo Falero ha portato avanti un’importante ricerca sulla cosiddetta «economia di enclave» latinoamericana41. La caratteristica
centrale delle enclave sarebbe una certa disconnessione di un determinato territorio dall’ambito e dal tessuto economico, sociale e giuridico nazionale e la sua relazione privilegiata con i flussi dell’economia globale. Questo avviene attraverso esenzioni fiscali e doganali e deroghe ai diritti civili, lavorativi e ambientali, e con l'applicazione sempre più sofisticata di una forma di
governance pubblico-privata, in cui il pubblico governa
attivamente in funzione del privato, fornendogli l'infrastruttura necessaria e spogliandosi delle stesse prerogative di monopolio
41 A. FALERO, La expansión de la economía de enclaves en América Latina y la ficción del desarrollo: siguiendo una vieja discusión en nuevos moldes, «Revista Mexicana de Ciencias Agrícolas», Vol. 1, Ciudad de México, 2015, pp. 145–57.
della violenza legittima in favore di guardie private e, in alcuni casi, addirittura paramilitari.
Figura 2: Mappa 2: Soure: K. P. Gallagher & M. Myers- China- Latin American Finance Database (Inter-American Dialogue, 2019). https://www.nature.com/immersive/d41586-019-01127- 4/index.html visto il 31 luglio 2019.
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Questa disconnessione del resto del territorio, inoltre, si misura nello scarsissimo o nullo margine di re-distribuzione dei profitti generati dalle attività economiche svolte nella zona verso il territorio e la “società” nazionale nel suo insieme, sia a livello di quantità e condizioni di impiego, sia a livello fiscale. Falero ha evidenziato anche l’importante diffusione in America Latina di
enclave non legate specificamente all’estrazione o trasporto di
merci e materie prime, ma vincolate piuttosto agli ambiti dell’informazione e comunicazione, anche se in questo caso la relazione con l’IIRSA sembra più limitata.
In generale, secondo la Free Trade Zones Association of the
Americas (AZFA), in America Latina ci sono più di 600 «free trade zones», presenti in 23 paesi e in cui operano 10.800 imprese
e 1.700.000 lavoratori. É largamente prevedibile che, come avvenuto in altri contesti, anche in America Latina la sempre maggiore presenza economica cinese (sempre di più non relegata solo alla relazione commerciale, quanto piuttosto a un forte aumento degli investimenti diretti) porterà un ulteriore aumento di queste zone.
Oggi in America Latina, infatti, si sta assistendo a un importante cambio di scenario: messi in crisi dal crollo dei prezzi delle
commodities, i governi progressisti stanno lasciando spazio a
governi di stampo reazionario e conservatore, con conseguenze devastanti a livello economico, sociale e politico, come nell’Argentina di Macri e nel Brasile di Bolsonaro42. Questi nuovi
42 Alla data della pubblicazione di questo testo, Macri è stato sconfitto alle ultime elezioni di ottobre 2019, e ha di nuovo lasciato spazio a un progressismo moderato di matrice peronista guidato da Alberto Fernández. Inoltre, proprio nel corso degli ultimi mesi, lo scoppio di insurrezioni popolari e resistenze al saccheggio neoliberista in paesi come Cile, Ecuador e Colombia, ha parzialmente controbilanciato l’avanzata delle destre, che sono tuttavia riuscite ad affermarsi elettoralmente in Uruguay e, attraverso un’insurrezione popolare
governi hanno affossato l’UNASUR e sono ritornati a una più stretta alleanza con gli Stati Uniti, ma non hanno margini per rompere con la Cina, che si sta proponendo, da ormai parecchi anni, come principale partner commerciale e maggior investitore della regione. Dal 2015, l’America Latina è entrata nell’orbita della BRI, e alcuni corridoi strategici dell’IIRSA vengono progressivamente sussunti dai tentacoli della Nuova Via della Seta Marittima. Si tratta, per ora, per lo più del faraonico progetto del Corridoio Transamericano, che è l’asse portante dell’hub Interoceanico centrale, di una serie di terminal portuali fluviali e di altre infrastrutture nel corridoio del Tapajós, nell’hub amazzonico, oltre che di numerosi progetti estrattivi in Venezuela e Cile. Il primo di questi progetti è stato proposto nel 2015 nell’ambito della visita del primo ministro cinese Li Kequing, ed è stato sancito dalla firma di un memorandum tra Brasile, Perù e Cina, che ha dato il progetto in concessione alla China Railway Eryuan Engineering Group Co. (Creec). Tuttavia, negli ultimi anni sono sorti dubbi generati dagli alti costi ingegneristici dell’opera, che ha subito la concorrenza di due progetti alternativi. Il più recente interesse cinese per i corridoi amazzonici sembrerebbe forse indicare che per l’importazione da parte della Cina di soia, cereali e carne, di cui il paese asiatico è sempre meno in grado di garantire il proprio fabbisogno internamente, si starebbe privilegiando l’esportazione attraverso i porti settentrionali brasiliani e il loro transito per il canale di Panama, altro nodo logistico ormai integrato alla BRI. Questo sviluppo dell’infrastruttura logistica amazzonica, a sua volta
a cui è seguito un colpo di Stato, in Bolivia. La situazione politica in Sudamerica vive dunque una fase particolarmente caotica, in cui nessun progetto politico specifico riesce realmente ad avere la meglio.
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legato alla veloce espansione della frontiera dell’agrobusiness, sta generando conseguenze ambientali drammatiche, di cui si ha avuto prova con l’ondata di incendi dello scorso agosto.
Mentre la situazione geopolitica vive profonde instabilità, evidenti in situazioni di acuto conflitto come in Venezuela, il permanere e rafforzarsi della dimensione strategica dell’infrastruttura logistica nella regione a fronte dei costanti rivolgimenti politici dà l’idea della profonda resilienza della logistica di fronte alle politiche statali e ai profili ideologici dei governi. Tale resilienza è dimostrata dalla sopravvivenza e rafforzamento dell’IIRSA («sistema di oggetti») nonostante l’affossamento delle sue cornici giuridico-politico-commerciali di riferimento («sistema di norme»), l’ALCA prima e l’UNASUR poi.
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