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London, 2012 The travel journal: First installment

Nel documento Varici trans-esofagee ed altro (pagine 34-36)

E fra noi c’è chi non ha nemmeno le sterline e deve cercare una banca. Ma è proprio da- vanti a un bancomat misterioso in una pau- sa furtiva per ammirare Westminster che le amicizie nascono, non è uno scherzo. Le camere vengono consegnate alle due, ma noi siamo stanchi. Che fare? Riunione nella hall, dove a parte l’illustrazione delle visite scientifiche, le doverose presentazioni, i “bi- gini” per non perdersi, i numeri attivi 24 ore su 24 – numeri nostri, in caso di bisogno – e poi si incomincia ad organizzare la giorna- ta. Ognuno può fare ciò che preferisce: c’è chi propone il museo e chi lo shopping in Oxford Street. Alzi la mano chi va al museo. A chi è convinto - come me prima di par- tire - che il fascino di Londra sia finito da tempo, avvolto nel grigio della sua nebbia e della globalizzazione, consiglio un salto sotto Natale, come abbiamo fatto noi. C’è magia nell’aria: nelle luminarie, nella voglia di festa, nelle decorazioni indimenticabili, nella vetrina di Harrod’s dedicata alle fia-

be, perché anche chi non può permettersi il collier da due milio- ni di euro - e chi non può permetterselo? - c’è sempre uno spa- zio per i sogni. Questa magia di- viene parte di chi Londra l’attraversa, a piedi con la con- sigliera Gobbi alle- natissima, per cui 15 dei suoi minuti sono 45 dei nostri, o in metropolitana con la Oyster card, e chi riesce a leggere la piantina con tutte le linee guida il grup- po. E così, magia in tasca, viene voglia di fare il miracolo in 3 giorni: vedere tutto e non mancare a una visita scientifica. Possibile, se si dispone di energia infinita. Senza metterci d’accordo, se non pochi minuti prima, abbiamo cena- to nei pub tipici, i famosi “English pub” di Covent Garden, abbiamo festeggiato tutti insieme una serata esotica al ristorante thai, ci siamo deliziati con il te delle cinque e gli scones consigliati dalla guida del museo di Florence Nightingale, e poi qualcuno si è dato all’arte, qualcun altro alla cultura, qualcuno all’esplorazione e anche ai mer- catini. E chi dimentica Portobello? Ma, so- prattutto, come non rivivere il fascino della “swinging London” a Camden Town? Siamo stati un gruppo, nel bene e nel male, anche quando c’erano 193 – davvero, lo diceva il cartello – ripeto 193 gradini da salire per arrivare a Covent Garden, e solo chi fuma sa cosa significa. Ma mi dicono che gli in- fermieri in reparto camminano molto, e si è visto. E poi ecco il tormentone del viaggio: l’Irish Coffee. Iniziamo in due, poi diventia-

Pubblicazioni

Elisa Crotti

Consulente in comunica- zione e relazioni esterne del Collegio IPASVI MI- LO-MB

Communications and external relations advisor - Collegio IPASVI MI-LO-MB

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IJN N.5/2013

INFERMIERI… COL MARTELLO

Di Sandro Spinsanti - Buoeticista, Istituto Giano, Roma

Una piccola notizia pescata dal mare magno di fatti che costituiscono la “storia femminile del mondo”, proposta da Rosalind Mi- les: Chi ha cucinato l’Ultima Cena? (ed. Elliot, 2009). L’immagine con cui è stata tramandata la figura di Florence Nightingale - la “signora con la lampada” – sarebbe un falso storico. Perché in Crimea, dove l’energica inglese curava i feriti in guerra, era nota piuttosto con l’appellativo di “signora con il martello”. La trasformazione è dovuta a un cronista del Times, che riteneva la de- nominazione troppo volgare per i suoi lettori. “Signora con il martello” Florence era diventata il giorno in cui, martello in mano, aveva forzato la porta di un deposito che un ufficiale si ostinava a tenere chiuso. Nel deposito erano custoditi i materiali medici che le servivano per curare i malati. L’immagine della devota infermiera, che si aggira di notte vegliando sui poveri infermi, le è stata cucita addosso con finalità edificanti. Ma è una forzatura storica, oltre che un melenso ghirigoro maschilista: modellava bene l’immagine che si aveva della donna, in particolare della donna che si occupava dei malati.

Ai nostri giorni è molto più attuale Florence Nightingale con il martello in mano. Non sono più miopi ufficiali di fureria quelli che chiudono i depositi di medicinali e presidi sanitari, ma i tecnici dei bilanci, in nome della spending review. La subalternità non è più solo quella degli infermieri rispetto ai medici, ma tutti i professionisti sanitari, compresi i medici, sono diventati subalterni rispetto a chi è autorizzato a decidere quanto si può spendere e quali sono le priorità. Sentiamo una profonda nostalgia di figure dirompenti che, in nome degli impegni di cura che hanno scelto come professione, osino far violenza ai nuovi conformismi che si traducono in danni di salute.

mo quattro, alla fine tutto il gruppo vuole assaggiare questa benedetta bevanda - Irish Coffee in Inghilterra, dovevamo capire che c’era l’inghippo. “Lo fanno dappertutto”, ci dicono. Peccato che nei pub inglesi non ci sia la macchina del caffè. Ma al Prince of Wales (eh bè, è il Principe di Galles) sì. Ce lo confermano alle 18.00, due ore prima della cena sociale. Irish Coffee assicurato. La cena prenotata dall’Ipasvi è ottima, al- lietata da buona birra e un pensierino per gli ospiti. Ma alla fine, al momento del caf- fè irlandese, la macchina si rompe. Ormai l’Irish Coffee è una missione. Ci inoltriamo

nello sgangherato pub di fronte: ci siamo noi e quattro ragazzi. “My dear – mi dice la vecchina con aria sconsolata – qui non ho la macchina del caffè. Ma se volete chiamo Bruce”. “Chiami Bruce, siamo pronti a tut- to”, rispondo. “Bruce, sono una ventina, più donne che uomini e vogliono l’Irish Coffee. Li puoi accogliere?”.

Lasciamo una spillina Ipasvi alla gentilissi- ma signora molto English e scattiamo una foto ricordo. “Siamo una delegazione di infermieri italiani, grazie!”. Quindici minuti dopo siamo di fronte a un ristorante dove un improbabile soggetto ha apparecchia- to un’intera tavolata per noi. Irish Coffe per tutti, fatto da un indiano in un ristorante

tandoori in un angolo di Londra. Incredibi- le, ma piacevole, divertente, probabilmente indimenticabile per quell’atmosfera surrea- le. Londra per me è stata chiacchierate, cor- se, ricerche disperate, risate, un po’ di sano lavoro, leggerezza, scoperte e il piacere di incontrare persone nuove.

Oltre alla soddisfazione di conoscere me- glio l’infermieristica, anche quella inglese. Ma questa è un’altra storia, che vi raccon- teremo più avanti.

Alla fine del viaggio, prima del ritiro bagagli, abbiamo raccolto le impressioni dei parte- cipanti. Ho le loro espressioni impresse: il piacere non è stato solo mio. Come dice un’amica, già pronta per la prossima!

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Nel documento Varici trans-esofagee ed altro (pagine 34-36)

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