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Malattia di Parkinson e utilizzo di statine: meccanismi neuro protettivi

CAPITOLO 4 MALATTIA DI PARKINSON, IPERCOLESTEROLEMIA E STATINE

4.3 Malattia di Parkinson e utilizzo di statine: meccanismi neuro protettivi

Negli ultimi anni, numerosi studi hanno mostrato la capacità delle statine di mediare, oltre alla ben nota attività ipolipemizzante una serie di altri effetti pleiotropici, che consistono principalmente in un’azione antiinfiammatoria, antiossidante e in un miglioramento della funzione endoteliale (Wierzbicki A.S. et al., 2003). Parallelamente, l’acquisizione di conoscenze sempre più approfondite relative al coinvolgimento nella patogenesi della MP di un processo neuro infiammatorio, di una disfunzione mitocondriale e di una condizione di stress ossidativo ha suggerito l’ipotesi di un effetto neuro protettivo svolto in tal senso dalle statine (Schapira A.H. 2006).

Più in particolare, relativamente alla capacità delle statine di modulare in senso inibitorio la risposta infiammatoria, è stato osservato, attraverso studi eseguiti su modelli animali, che la somministrazione di questa classe di farmaci sia in grado di migliorare le funzioni motorie in topi con parkinsonismo indotto da MPTP.

Quest’ultima, infatti, rappresenta una neurotossina in grado di determinare una sindrome clinica e neuropatologica analoga a quella parkinsoniana attraverso una selettiva distruzione dei neuroni dopaminergici striatali su base infiammatoria. In questo senso, alcuni studi hanno osservato come la simvastatina sia capace di arrestare la perdita di neuroni dopaminergici attraverso la riduzione dei i livelli di TNF-α e perossinitrito e la diminuzione dell’espressione di molecole pro infiammatorie mediante l’inibizione di NF-kB (Nuclear Factor kappa-light-chain- enhancer of activated B cells) a livello striatale (Selley M.L. 2005 ; Ghosh A. et al., 2009). NF-kB, in particolare, rappresenta un fattore trascrizionale necessario per la sintesi della maggior parte di citochine infiammatorie che risulta iperattivato nei topi trattati con MPTP (Ghosh A. et al., 2007).

Ad una analoga conclusione è giunto anche un altro studio che ha confermato la capacità della simvastatina di mediare un’azione neuro protettiva attraverso la soppressione della produzione di citochine infiammatorie (TNF α, IL-6, IL-1β)

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indotta da LPS (Lipopolisaccaride), a seguito della somministrazione di quest’ultima a livello dello sostanza nera dei topi esaminati. Il trattamento con simvastatina è risultato inoltre efficace nel ridurre la degenerazione dopaminergica anche attraverso l’attivazione di un fattore neurotrofico noto come BDNF (Brain- derived neurotrophic factor) (Hernández-Romero M.C. et al., 2008).

Nonostante tutte queste evidenze, l’effetto neuro protettivo delle statine nei modelli di topi MPTP rimane ancora controverso dal momento che altri autori non hanno evidenziato alcuna capacità né della simvastatina, né della fluvastatina di esercitare un’azione protettiva nei confronti della morte dei neuroni dopaminergici striatali (Santiago M. et al., 2009 ; Yokoyama H. et al., 2008).

Nel contesto della funzione endoteliale, invece, le statine agiscono preservando la sintesi endoteliale di ossido nitrico (eNOS) a livello dei vasi cerebrali e aumentando la biodisponibilità di NO attraverso numerosi meccanismi sia colesterolo dipendenti, che colesterolo indipendenti.

Questo si traduce, oltre che nel rilascio della muscolatura peri-vascolare, in un effetto antiaggregante piastrinico e in un’inibizione dell’interazione tra leucociti ed endotelio, che sembrano esercitare un effetto benefico nei pazienti con diagnosi MP (Endres M. et al., 2004; Hernandez-Perera O. et al., 1998).

Un ulteriore meccanismo coinvolto nel miglioramento della funzione endoteliale sembra essere rappresentato dalla capacità di questi farmaci di mediare un effetto antiossidante (Rikitake Y., Liao J.K. 2005).

Studi recenti indicano che una produzione anomala di ROS e una conseguente diminuzione della biodisponibilità vascolare di ossido nitrico (NO) costituiscono un meccanismo patogenetico comune coinvolto nella disfunzione endoteliale. In questo senso le statine, attraverso l’inibizione dell’enzima NADPH ossidasi, riducono la produzione di nicotinammide adenina dinucleotide fosfato (NADPH), una delle principali fonti di superossido nel sistema vascolare e nel SNC, conferendo così protezione alle cellule endoteliali (Wagner A.H. et al., 2000; Wassmann S. et al., 2001). In aggiunta a tutte queste azioni, un’ulteriore evidenza che suggerirebbe l’effetto neuro protettivo delle statine nei confronti della MP, riguarda la capacità di queste stesse, in vitro, di inibire la formazione di aggregati di α-sinucleina, proteina

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responsabile del processo neurodegenerativo a livello dei neuroni pigmentati dopaminergici della SNpc (Bar-On P. et al., 2008).

L’azione protettiva delle statine, in particolare, sembra manifestarsi attraverso due differenti meccanismi. Il primo è riconducibile ad un effetto ipocolesterolemizzante mediato dalla statina che induce una diminuzione della concentrazione di metaboliti ossidati di colesterolo (24S, 27-idrossicolesterolo) a livello cerebrale. Questi ultimi, infatti, sarebbero in grado, a differenza del colesterolo, di attraversare la barriera emato-encefalica e di indurre una più rapida aggregazione di α-sinucleina, come dimostrato in vitro da Bosco e collaboratori (Bosco D.A. et al., 2006 ; Bieschke J. Et al., 2006).

Il secondo meccanismo, invece, prevede che le statine agiscano attenuando l’attivazione gliale e la conseguente cascata infiammatoria, indotta dalla presenza di α-sinucleina mutata, indipendentemente dai livelli di colesterolo. L’α-sinucleina mutata, infatti, a differenza di quella wild-tipe, è in grado di determinare una maggiore tossicità come conseguenza di un’estensione della struttura β-foglietto che porta all’accumulo di auto-aggregati insolubili fibrillari non più suscettibili al processo di proteolisi esercitata dal sistema ubiquitina proteasoma (Stefanis L. et al., 2001).

In aggiunta, la presenza di questi aggregati mutati comporta una più potente attivazione gliale e una maggiore induzione di molecole infiammatorie che compartecipano alla patogenesi del danno neuronale (Klegeris A. et al., 2006). In questo contesto, la statina che si è rivelata più efficace nel modulare la formazione di tali aggregati, è rappresentato dalla lovastatina che, sfruttando la sua capacità di attraversare la BEE, è in grado di ridurre i livelli 27-idrossicolesterolo sia a livello centrale che periferico (Koob A.O. et al., 2009 ; Guillot F. et al. 1993). Inoltre, la natura antiossidante del farmaco sembrerebbe costituire un ulteriore meccanismo protettivo nei confronti della formazioni di aggregati di α-sinucleina, che risentono della modifica post-trascrizionale indotta dalla generazione di radicali liberi come ONOO-, O2- (Good P. et al., 1998).

In ultima analisi, le statine hanno mostrato risultati incoraggianti anche nella riduzione dell’incidenza e severità dei movimenti involontari indotti dalla levodopa

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Tale effetto sarebbe riconducibile ad un’azione inibitoria delle statine a livello della via di segnalazione intracellulare implicata nella genesi delle discinesie che fa capo ad ERK (Schuster S. et al., 2008; Hernández-Romero M.C. et al., 2008).

Nonostante la maggior parte delle evidenze, emerse dagli studi fino ad ora descritti, sottolineino un’azione neuro protettiva delle statine, attualmente non si è ancora giunti ad una conclusione unanime e condivisa in tal senso.

Infatti, alcuni autori hanno suggerito che un’assunzione prolungata di statine potrebbe essere responsabile di una disfunzione mitocondriale tale da accelerare la progressione di MP, a seguito dell’associata riduzione di coenzima Q10 (Becker C., Meier C.R. 2009), un componente chiave della catena respiratoria mitocondriale già di per sé diminuito nei pazienti con diagnosi di MP (Hargreaves, I.P. et al., 2008). In conclusione, l’incertezza indotta dagli esiti contrastanti degli studi volti ad indagare i meccanismi d’azione delle statine non hanno consentito, fino ad ora, di considerare le statine come farmaco aggiuntivo per il trattamento della MP.

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