(Particolari famiglie senesi, 72, “Carte Gabrielli”, 1859 e Prefettura di Siena, 2056, anno 1860) Manifesti manoscritti relativi alle elezioni del 1859; il secondo con un indirizzo di ringraziamento
56
9 AC SI, Postunitario, Carteggio, X.A, cat. III, b. 8, ins. 1854, circolare del prefetto del 14 luglio 1853. tori ma anche dai delegati di donne, non toscani abitanti all’estero, minori, interdetti, pubbliche amministrazioni e corporazioni religiose o contenuti nelle schede sigillate di coloro che abitavano in un altro comune.Non essendo stato raggiunto nemmeno questa volta il quorum previsto di un terzo degli aventi diritto, vennero eletti solo una parte dei consiglieri e il gonfaloniere dovette quindi riconvocare le elezioni per ben due volte, il 2 e il 12 ottobre, ma i votanti invece di aumentare calarono fi no a quota 285.
Quindi le elezioni non furono valide per la formazione di tutto il Consiglio, che venne completato il 10 gennaio 1853 con la nomina governativa di 8 consiglieri e 4 supplenti9.
Prendendo a pretesto la scarsa parteci-pazione, il granduca stabilì di interrompe-re questa esperienza di democrazia diinterrompe-retta: “Dopo la ripetuta esperienza che il sistema elettorale non riesce a procurare in Toscana utili amministrazioni alle Comunità e che il suo esercizio lungi dal renderlo gradito ai cittadini li ha condotti a protestare contro il medesimo col non intervenire alle elezioni”, decise di creare una commissione per elabo-rare la nuova legge.
La politica di reazione conservatrice se-guita a questa breve esperienza democrati-ca determinò il ripristino della legislazione precedente.
Il Regolamento del 28 settembre 1853 riportava in uso anche le vecchie denomina-zioni, cioè il Consiglio generale, il Magistra-to dei Priori e il gonfaloniere. I consiglieri restavano in carica un anno ed i priori due anni, ma per metà dovevano essere rinnova-ti ogni anno.
Il gonfaloniere era designato dal grandu-ca e restava in grandu-carigrandu-ca quattro anni.
La scelta dei membri del Consiglio veni-va di nuovo assegnata alla sorte: allo scopo si formava una borsa contenente i nomi di tutti i proprietari del Comune (privati e cor-pi morali laici od ecclesiastici pari a Siena a 1.400 nomi) dalla quale si estraevano i 16 componenti previsti per Siena.
il governo affi dato ai “padri di famiglia”, che contrastava l’ingerenza statale negli affari dei privati in nome della libertà individuale: la libertà politica appariva legata alle libertà domestiche, periferiche e semiprivate della tradizionale vita pubblica italiana.
Come nel precedente sistema leopoldi-no, ad avere diritto di rappresentanza erano solo i più ricchi proprietari e quindi il dirit-to di vodirit-to era riconosciudirit-to ai 2/3 dei con-tribuenti che possedevano maggiori beni, compresi anche donne, minori, interdetti ed istituzioni laiche o religiose. Nel Comune di Siena i proprietari di case o terreni erano 1.800 e quindi gli aventi diritto al voto cir-ca 1.200. Esattamente si conteggiarono 456 residenti nel Terzo di Città, 355 in quello di San Martino e 364 in quello di Camollia, per un totale di 1.175.
Potevano invece essere eletti solo i primi 814 proprietari, ma le donne e le altre cate-gorie che non potevano sedere direttamente in Consiglio dovevano nominare un rappre-sentante.
Gli elettori, suddivisi in tre sezioni in base ai Terzi, furono chiamati alle urne l’11 febbraio 1850, ma si presentarono in pochi, malgrado le raccomandazioni del ministro Landucci che aveva cercato di coinvolge-re autorità civili e coinvolge-religiose. In base ai voti espressi venne eletta una parte del Consi-glio, e si riconvocarono nuove votazioni per il 24 febbraio e il 9 marzo per poterlo completare. Ma il numero dei votanti con-tinuò a rimanere così basso che il granduca dapprima decise di prorogare il Consiglio comunale in carica nel 1849 per la normale attività, poi nel giugno 1850 nominò diret-tamente i 16 consiglieri mancanti.
Le successive elezioni si tennero il 20 set-tembre 1852 in una sola sezione, sistemata nella Sala della Pace in Palazzo pubblico, che rimase aperta dalle otto del mattino alle otto di sera. Gli elettori erano intanto cresciuti fi no a 1.223 e gli eleggibili, cioè i maggiori contribuenti, fi no a 865. Alla fi ne della giornata si contarono 340 voti validi, espressi per lo più personalmente dagli
elet-57
10 AC SI, Postunitario, Carteggio, X.A, cat. III, b. 9.
mente nella Sala del Mappamondo e nella Sala del Concistoro del Palazzo comunale. Le operazioni elettorali erano dirette dal gonfaloniere in carica, cui spettava anche il controllo sulla lista degli elettori e degli eleggibili. Tutto si era svolto con la massima solennità: il campanone aveva suonato a di-stesa per richiamare i cittadini e la bandiera italiana, insieme alla balzana, era stata espo-sta sulla Torre del Mangia e sulla facciata del Palazzo comunale.
I votanti che si presentarono, a partire dalle 8 del mattino del 30 ottobre, muniti di un biglietto di ingresso e della scheda che era stata loro consegnata a domicilio, tro-varono affi sso l’elenco dei 1.214 elettori e quello dei 790 eleggibili.
Dopo le formalità (insediamento della sezione e lettura delle leggi) ciascuno com-pilava la sua scheda, indicando un numero indefi nito di preferenze, quindi la poneva entro l’urna che si trovava davanti al banco della presidenza. Alle quattro del pomerig-gio i seggi vennero chiusi e tutto il materiale elettorale, comprese le urne contenenti le schede vennero riposte nella sagrestia della cappella, non prima di avervi apposto due sigilli – uno raffi gurante un’aquila con due martelli e l’altro le iniziali A.S. in carattere gotico – e chiuse le due serrature.
Perché le elezioni fossero considerate va-lide doveva votare la metà degli aventi di-ritto, e il giorno successivo quando venne verifi cato dal registro dei votanti ed aperte le urne risultò che avevano votato in 611, cioè poco più della metà.
In base al decreto vennero tuttavia di-chiarati eletti coloro che avevano ricevuto la metà più uno dei voti espressi, quindi i componenti di ciascuna sezione elettorale distrussero bruciandole (come prevedeva la legge) le schede “squittinate” (cioè scrutina-te).
Non essendo completo il Consiglio, ven-nero riconvocate nuove elezioni per la do-menica successiva 6 novembre, ma questa volta si potevano votare solo i 32 candida-ti più votacandida-ti. Gli elettori calarono ancora e Da una seconda borsa, contenente la
metà più ricca di tutti i proprietari (cioè 700 nomi), venivano estratti a sorte i membri del Magistrato (8) in un numero triplo a quello necessario (24), [perché “i principali pro-prietari hanno maggior interesse al buon an-damento dell’amministrazione”], fra cui il granduca sceglieva quelli da designare. Ogni anno il Magistrato si rinnovava per metà.
Nei comuni più piccoli questa funzione era attribuita al prefetto, fi gura burocratica ereditata dall’esperienza napoleonica, rein-trodotta in Toscana nel marzo del 1848, come rappresentante del potere centrale e capo amministrativo dei compartimenti con potere di controllo sui comuni.
Le borse da cui fare le estrazioni veniva-no “purgate” (cioè tolti i proprietari che veniva-non potevano essere designati) e aggiornate ogni anno.
Con decreto 30 novembre 1853 veniva decisa la formazione di una terza borsa an-cora più ristretta con i nomi dei più ricchi (120 quell’anno): da questa si sarebbe da al-lora estratta la metà dei Priori (l’altra metà dalla seconda borsa).
Come abbiamo visto il Governo transi-torio riconobbe defi nitivamente il diritto di voto amministrativo ai cittadini.
Le elezioni vennero convocate dal gon-faloniere per il 30 ottobre 1859, prevedendo però un eventuale secondo turno per il 6 novembre.
Preoccupato che si ripetesse l’astensio-nismo delle ultime elezioni, il gonfaloniere Tiberio Sergardi fece affi ggere un manife-sto per invitare al voto, nel quale si legge-va fra l’altro: “Il Governo col decretare che la vostra libera scelta debba decidere quali persone faranno parte delle medesime ha ri-chiamato i Municipj a nuova e più fl orida esistenza, ed ha dimostrato ampiamente la fi ducia che ripone in voi; fi ducia alla qua-le non mancherete di corrispondere degna-mente, concorrendo numerosi alle elezioni, siccome è dover vostro”10.
Il collegio elettorale di Siena era stato diviso in due sezioni, sistemate
rispettiva-58
11 AC SI, Postunitario, Carteggio, X.A, cat. III, b. 7.piemontesi al resto d’Italia, facendosi por-tavoce dell’autonomismo regionale toscano. Ma il pur limitato decentramento previsto da Minghetti venne bocciato dal parlamen-to che a maggioranza decise di adottare la legge comunale e provinciale del 1859 come base dell’ordinamento degli enti locali ita-liani.
Intanto nel marzo 1860 il popolo to-scano viene chiamato ad esprimersi diret-tamente riguardo al futuro assetto istituzio-nale della regione mediante un plebiscito, con una scheda che prevedeva la possibilità di scegliere fra l’annessione al Regno di Pie-monte e un regno separato.
Il corpo elettorale ammesso al plebisci-to dell’11 e 12 marzo 1860 era diverso da quello amministrativo e molto più ampio. Gli aventi diritto al voto furono 6057, per-ché l’età minima venne abbassata a 21 anni e si richiese solo la residenza nel comune da almeno 6 mesi11.
Nel Comune di Siena votarono 5618 elettori, l’assoluta maggioranza dei quali, 5509, si espresse a favore dell’unifi cazione. furono solo 297, ma il Consiglio venne
co-munque completato con tutti i 24 membri (più 8 supplenti), a partire da Tiberio Sergar-di che aveva avuto 253 voti fi no a Bernardo Tolomei che ne aveva avuti 85.
In base alla legge non erano eleggibili i minori di 25 anni.
Nel frattempo, il 23 ottobre 1859, nel regno di Piemonte era stata approvata la nuova legge Lamarmora - Rattazzi sull’or-ganizzazione amministrativa locale centra-ta su comuni e province, che fu sottoposcentra-ta alla “commissione temporanea di legisla-zione” formata da piemontesi e lombardi, perché elaborasse le necessarie proposte di adattamento per gestire l’unifi cazione con la Lombardia. Referente della commissione era il ministro degli interni - prima Farini poi Minghetti - che nel marzo 1861 presen-tò al Parlamento quattro progetti di legge ri-guardanti l’organizzazione degli enti locali, contenenti anche la creazione delle regioni. Nel dibattito parlamentare era stato Bettino Ricasoli ad opporsi a un’idea di unifi cazione basata sulla semplice estensione delle leggi
La registrazione dei risultati generali del plebiscito in Siena e nei Comuni del territorio senese (Prefettura di Siena, 2056)