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Un manipolo di uomini

di Vincenzo Barone

Giulio Maltese IL P A P A E L ' I N Q U I S I T O R E ENRICO FERMI, ETTORE MAJORANA, VIA PANISPERNA pp. 398, €27, Zanichelli, Bologna 2010

I

l 6 dicembre 1938 il ministro dell'Educazione nazionale Bottai firmava il decreto con cui Ettore Majorana, scomparso otto mesi prima, veniva ufficialmente dichiarato "dimissionario dal-l'impiego" (la cattedra di fisica teorica all'Università di Napoli). Quello stesso giorno, Enrico Fer-mi, cui in novembre era stato as-segnato il premio Nobel per la fi-sica, salutava i colleghi di facoltà e partiva alla volta di Stoccolma, con l'intenzione di trasferirsi poi definitivamente negli Stati Uniti. Una coincidenza di eventi del tutto fortuita, ma tristemente si-gnificativa per il nostro paese.

Con la perdita, sanci-ta per via burocratica, di Majorana e l'uscita di scena, indotta dalle condizioni politiche, di Fermi, la scienza e la cultura italiana si impo-verivano di colpo. Se ne rese lucidamente conto l'allievo e colla-boratore più stretto di Fermi, Edoardo Arnal-di, il quale, dopo aver

salutato il maestro alla stazione di Roma, capì che "quella sera si chiudeva definitivamente un pe-riodo, brevissimo, della storia del-la cultura in Italia che avrebbe potuto estendersi e svilupparsi e forse avere un'influenza più am-pia sull'ambiente universitario e, con il passare degli anni, magari anche sull'intero paese".

Sulla data simbolica del 6 di-cembre 1938 si apre e si chiude il bel saggio di Giulio Maltese, che esplora in dettaglio il rapporto scientifico tra Fermi e Majorana nel contesto delle attività della scuola romana di fisica. Il leggen-dario gruppo di via Panisperna (la vecchia sede dell'Istituto di Fisica, in una dépendance del Viminale) si formò attorno a Fermi, scherzo-samente chiamato il "papa" per la sua infallibilità, verso la fine degli anni venti. Ne facevano parte ini-zialmente Franco Rasetti (il "car-dinale vicario"), amico di Fermi e ordinario di spettroscopia, e tre giovani promettenti che avevano deciso di abbandonare gli studi di ingegneria per passare a quelli di fisica: Ettore Majorana (il "grande inquisitore"), Emilio Segrè ed Edoardo Arnaldi (gli "abati"). A loro si aggiunse nel 1932 Bruno Pontecorvo, il più giovane del gruppo (il "cucciolo"). Frequen-tavano assiduamente l'Istituto di via Panisperna anche alcuni fisici provenienti da altre università ita-liane: in particolare, Gian Carlo Wick da Torino, Giovannino Gentile (figlio del filosofo) da Pi-sa, Giulio Racah da Firenze. Su tutti vegliava, garantendo la ne-cessaria protezione accademica, Orso Mario Corbino (il

"padre-terno"), artefice della chiamata a Roma di Fermi e intelligente tessi-tore della politica scientifica italia-na. Nell'arco di pochissimi anni questo manipolo di persone fu capace di rinnovare la nostra fisica -fino ad allora dominata da ricer-che antiquate - e di inserirla sta-bilmente in un orizzonte di eccel-lenza intemazionale.

Pur compatto nel perseguire un programma sistematico di fisica fondamentale, il gruppo romano era alquanto eterogeneo per com-petenze e personalità. Fermi era il leader indiscusso e il punto di ri-ferimento per la fisica teorica, di-sciplina che in Italia era di fatto nata con lui. Rasetti rappresenta-va l'anima sperimentale del team e, a differenza di Fermi, coltivava vasti interessi al di fuori della fisi-ca, dalla letteratura alle scienze naturali. Fisici sperimentali erano Arnaldi e Segrè, mentre Ponte-corvo iniziò la sua carriera come sperimentatore per poi dedicarsi a studi teorici. Majorana, infine, era un teorico puro, l'unico in grado di competere con Fermi sul terreno del calcolo e della cono-scenza della neonata meccanica quantistica. La fisica teorica di Majorana, tuttavia, era molto di-versa da quella di Fermi. Laddove il primo amava le astrazioni

mate-matiche e le questioni più speculative, il se-condo rifuggiva dal formalismo fine a se stesso e prediligeva i problemi concreti e cir-coscritti. Il rapporto tra i due, sul quale molto e molto a sproposito -è stato scritto, risulta incomprensibile se non si tiene conto anche di questa profonda diffe-renza di stile scientifico.

Attraverso un uso sapiente del-le fonti archivistiche e un attento riesame degli articoli di ricerca, Maltese ricostruisce minuziosa-mente l'ambiente scientifico del-l'Istituto di via Panisperna e la dialettica professionale tra i suoi componenti. Ne emerge un qua-dro più ricco e preciso di quello fornito dagli studi precedenti: spicca in particolare il ruolo di Majorana come "gran consulente per i problemi difficili" (la defini-zione è di Segrè) e collaboratore-ombra di Fermi, Segrè, e Gentile jr. Tra il 1928 e il 1932 il fisico ca-tanese, per quanto schivo e avvez-zo al lavoro solitario, non mancò di contribuire con idee, suggeri-menti e calcoli - spesso cruciali, ma non sempre riconosciuti nelle pubblicazioni - alle ricerche dei suoi colleghi. Quanto al rapporto personale tra Fermi e Majorana, Maltese smentisce quelle rico-struzioni fantasiose che hanno parlato di ostilità e invidia tra i due, riportando le numerose e convincenti testimonianze che il-lustrano l'ammirazione di Fermi per le non comuni doti scientifi-che del suo allievo.

Il gruppo romano si disperde completamente tra il 1938 e il 1939. L'unico a rimanere in Ita-lia, rinunciando all'offerta di una cattedra americana, è Arnal-di, che si assumerà il compito, nel dopoguerra, di ricostruire la fisica italiana, tenendo vivo lo spirito di via Panisperna. •

barone@to.infn.it

V. Barone insegna fisica teorica all'Università del Piemonte Orientale

Parità non vuol

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