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I manufatti di Picasso esposti nei musei dedicati alle culture altrui

Dopo aver delineato nei capitoli precedenti la storia espositiva degli oggetti africani ed oceanici della collezione del museo Picasso di Parigi in varie istituzioni legate al mondo dell’arte, passerò ora ad analizzare le mostre ospitate da musei etnografici nella quali i manufatti comparvero. Al contrario dei numerosi musei d’arte che ne richiesero la presenza, poche furono le occasioni di vedere di questi oggetti in musei dedicati alla presentazione di culture altrui dal momento della loro entrata nella dazione Picasso quarant’anni fa.

Alla storica mostra «Arts primitifs dans les ateliers d’artistes» organizzata da Marcel Evrad in collaborazione con la Societé des amis du musée de l’Homme nel 1967, che era parte di quelle mostre ospitate dal museo etnografico ma dedicate all’aspetto artistico degli oggetti non occidentali che ho descritto nel terzo capitolo, Picasso prestò la sua Masque Tsogho. Nel catalogo dell’esposizione la maschera veniva descritta come segue:

Bois peint et fibres de raphia. Masque utilisé naguère par une des nombreuses sociétés initiatique des peuples de la boucle de l’Ogooué à des fins rituelles ou sociales, ou masque de divertissement, Le traitement schématique des yeux et des sourcils est caractéristique du style des Vuvi, mais les sculpteurs tsogo sont d’habiles emprunteurs et l’on peut retrouver dans leurs masques maints aspects d’art voisins, de sorte qu’il n’est pas exclu qu’il s’agisse ici d’une œuvre tsogo527.

Per essere una mostra ospitata da un museo etnografico, le informazioni donate dal catalogo al visitatore non si discostavano molto dalle poche nozioni che il musée national Picasso-Paris presenta oggi nella sala dedicata alla collezione di opere primitive di Picasso che ho riportato nel precedente capitolo. Inoltre, le informazioni date nel 1967 erano errate, la maschera appartiene infatti all’arte

Tsogho e non allo stile Vuvi come indicava il catalogo. Nella Preface del catalogo, venne esplicitato

che il ruolo di un museo etnografico era «mantenere vive le testimonianza del passato che ospitava» e che alle volte per conseguire questo scopo era necessario mettere in evidenza alcuni aspetti degli oggetti non occidentali, il loro lato artistico, così come era stato fatto con la mostra del 1965, «Chefs d’oeuvres». La mostra del 1967 mirava a evidenziare «le influenze dirette o lontane degli oggetti esotici sulla sensibilità degli artisti europei moderni»528. Veniva sottolineato che gli oggetti erano

stati riuniti per l’occasione a causa del loro valore estetico e documentario, ma che una «nuova dimensione umana» era emersa dalle interviste che Jean Laude, etnologo e storico dell’arte, aveva richiesto ai prestatori delle opere529.

527 Arts primitifs dans les ateliers d’artistes, cit.. Negli archivi del Musée de l’Homme, oggi confluiti al musée du Quai

Branly, ho consultato le prime ipotesi di descrizione della maschera Tsogho prestata da Picasso per l’occasione. Riferimento a cote n. D005776/66287 e D006096/66402.

528 Preface del catalogo Arts Primitifs dans les ateliers d’artistes, cit., prima ipotesi conservata negli archivi del museé du

Quai Branly e da me consultata, riferimento alla cote DA000331/15003.

529 Idem, p. 1. Ai prestatori era stato fatto compilare anche un questionario sulle motivazioni delle scelte degli oggetti

collezionati. Jean Laude era uno degli storici dell’arte più preparati sulle arti primitive, l’anno seguente la mostra al musée de l’Homme pubblicò La peinture française et «l’art nègre» (1905-1914). Contribution à l’étude des sources du

116 Nessuna esposizione ospitata dal Musée de l’Homme presentò al pubblico questi oggetti una volta che confluirono nel nucleo delle collezioni del museo Picasso all’Hôtel Salé530. In una sola occasione

un manufatto oceanico dalla collezione fu esposto al Musée national des Arts d’Afrique et d’Océanie prima della sua chiusura definitiva, si trattò della mostra dedicata all’arte del Vanuatu, in Oceania. Nonostante questo fosse un museo d’arte, ho inserito questa esposizione in questa sezione della mia ricerca in quanto l’istituzione era legata alla rappresentazione delle culture altrui, specificatamente ad uno degli aspetti della vita sociale, quello artistico.

Un maggiore interesse si è visto con la nascita dell’istituzione del musée du Quai Branly. Già dalla prima esposizione «D’un regard l’Autre. Une histoire des regards européens sur l’Afrique, l’Amerique et l’Océanie» del 2006 i manufatti primitivi di Picasso sono stati presentati al pubblico del nuovo museo etnografico di Parigi. Nel 2017 Yves Le Fur ha organizzato la mostra «Picasso Primitif» con lo scopo di far comprendere al pubblico l’intenso legame storico, formale e spirituale tra le opere di uno dei pilastri dell’arte moderna e le creazioni non occidentali.

6.1

Una mostra dedicata all’arte del Vanuatu al Musée national des Arts d’Afrique

et d’Océanie nel 1997-1998

La mostra itinerante «Vanuatu, Océanie. Arts des Iles de centre et de corail» si svolse al Musée Port- Vila, Vanuatu, dal 28 giugno 1996 al 10 agosto dello stesso anno, al musée territorial de Nouvelle Caledonie dal 3 settembre al 30 ottobre 1996, al Museum fur Volkerkunde di Bale in Svizzera dal 15 marzo al 10 agosto 1997 e a Parigi, al Musée national des Arts d’Afrique et d’Océanie dal 30 settembre 1997 al 2 febbraio 1998531. La mostra volle dimostrare la grande diversità di forme

artistiche delle cinquanta isole che compongono il piccolo arcipelago del Vanuatu. L’esposizione era curata da Roger Boulay, incaricato della sezione oceanica del musée national des Arts d’Afrique et d’Océanie, Christian Kaufmann, conservatore di Bale e Kirk Huffamn, conservatore onorario del museo nazionale del Vanuatu. Per quanto riguarda la tappa parigina della mostra, nel dossier di presentazione da me consultato negli archivi del museo si sottolineava:

Développant résolument la vocation de musée d’art de l’établissement, on privilégiera une muséographie mettant en valeur les qualités plastiques des pièces proposées au regard du public, permettant à celui-ci de découvrir une société aux traditions particulièrement différentes de nôtres532.

Come si legge in questa dichiarazione, data la vocazione artistica dell’istituzione museale, le opere vennero esposte allo sguardo del pubblico europeo secondo le loro qualità formali. Questa scelta confermava la netta divisione tra la visione scientifica di questi manufatti promossa dal musée de l’Homme e la loro percezione estetica e artistica da parte del museo che Malraux aveva trasformato in Musée des Arts Africains et Océaniens negli anni Sessanta.

530 Il documento che attesta la presenza della Masque Tsogho prestata da Picasso è conservato negli archivi del Musée

du Quai Branly e riportato integralmente in Picasso Primitif, cit., p. 103. Riferimento al documento n. D006096/66402. Nel catalogo Arts primitifs dans les ateliers d'artistes, cit., la maschera appariva al n. 40 come «Collection Picasso».

531 Vanuatu. Océanie. Arts des Iles de centre et de corail, catalogo della mostra (Paris, Musée national des Arts d’Afrique

et d’Oceanie, 30 settembre 1997-2 febbraio 1998), a cura di Christian Kaufmann, Roger Boulay, Kirk Huffman, Paris, Réunion des musées nationaux, 1996.

532 Dossier Presentations de l’exposition avec plan, archivi del musée des Arts d’Afrique et d’Oceanie, oggi conservati al

117 Negli archivi del museo da me consultati è emersa una documentazione completa riguardo il percorso museologico della mostra nel museo parigino. I principi dell’esposizione erano:

- la répartition des collections en trois domaines de sens et leur traduction dans l’espace, - un parcours orienté depuis le centre de l’exposition,

- un travail de lumière en adéquation avec la symbolique issue des groupes des objets présentés. […]

Les pièces présentées sont des oeuvres de représentation ou des objets utilitaires qui portent en eux leur propre scénographie, ils rendent compte du temps et de l’espace […] Ce projet se propose de mettre en valeur cette temporalité particulière d’objets pensés pour l’espace et le mouvement. En travaillant sur l’image globale de l’exposition nous avons voulu lui coincé son rythme propre533.

Il percorso di visita era diviso in tre grandi sezioni: La maison des hommes, la Place de la Danse e Le lieu des ancestres. Nella cultura del Vanuatu, la maison des hommes (nakamal) inglobava al suo interno sia quello che doveva essere mostrato, sia quello che doveva rimanere segreto. Per questo motivo le opere presentate si potevano dividere concettualmente in due grandi gruppi: quello delle attività pubbliche, manifestate ed accessibili, rappresentato nel percorso espositivo dalla Place de la Danse; e quello delle attività segrete, controllate e private, rappresentato dalla sezione Le lieu des esprits ancestraux. Queste tre categorie mentali vennero tradotte negli spazi del museo. All’entrata il visitatore si trovava di fronte alla casa degli uomini delle Isole Banks, da questo punto centrale partivano due possibili percorsi: a sinistra verso la sala rotonda con gli oggetti pubblici e manifestati, La Place de Danse, a destra verso la sala rotonda riservata agli oggetti di culto personali, Le lieu des esprits ancestraux.

La luce giocava un ruolo importante nell’allestimento delle sale, trasformandosi con il percorso espositivo, crescendo verso la place de Danse e oscurandosi verso il luogo dedicato agli spiriti antichi. Al centro, nei pressi della maison des hommes, la luce trovava un equilibrio. Alcuni oggetti, reputati più significativi, erano invece valorizzati per le loro specifiche caratteristiche attraverso una luce ad hoc. Il percorso verso la rotonda degli spiriti era composto principalmente da maschere e

coiffures. Era in questa parte che veniva presentata la sezione dedicata alle Nevinbumbaau, con uno

spazio riservato all’esemplare appartenuto a Picasso (MP 3624). Alle pareti della stessa sala erano presentate delle vetrine contenenti le maschere in legno d’Ambrym, di Malakula e di Pentecôte. All’interno del percorso di visita erano presenti anche delle coiffures contemporanee534.

Nel fascicolo Catalogue des objets exposées. Classement par regroupement scénographiques dans

l’espace d’exposition, scritto e disegnato da Philippe Délis, architetto scenografo, nel marzo del

1997, vengono illustrati i vari raggruppamenti di oggetti all’interno delle vetrine nelle sale. Nella categoria Coiffures, nel gruppo tre Nevinbumbaau, compare l’esemplare di Picasso, insieme ad altre due coiffures dello stesso tipo, due maschere e una scultura (vedere doc. n. 9 in Appendice dei

Documenti)535. Una delle due coiffures era stata presentata in occasione dell’Esposizione coloniale

533 Dossier Exposition Arts du Vanuatu, Philippe Délis, architect scenographe, 10 dicembre 1996, p. 3. Archivi musèe du

Quai Branly da me consultati, cote 5AAI/428.

534 Dossier Communiqué, documento da me consultato negli archivi del musée des Arts d’Afrique et d’Oceanie, oggi

conservati al musée du Quai Branly. Riferimento alla cote 5AAI/427, 1996.

535 Documento inedito da me consultato negli archivi del musée du Quai Branly: Philippe Délis, Catalogue des objets

exposées. Classement par regroupement scénographiques dans l’espace d’exposition, 21 marzo 1997, p. 14. Cote

5AAI/428. Nel catalogo sono riportati i disegni degli oggetti con le loro dimensioni. L’esemplare di Picasso compare con l’indicazione E26 e dimensioni 135x63x92.

118 del 1931536. All’interno dello stesso dossier si trovano dei documenti riguardo la conformazione delle

vetrine e i Plans de repartition des objets et des vitrines. Il cartellino della maschera di Picasso era il seguente:

Sculpture. Fibres, fougère arborescente. Malakula. Musée Picasso MP 3624537.

Le Nevinbumbaau erano poste nella vetrina al centro della stanza dedicate alle maschere oceaniche, come si può vedere dalla foto conservata negli archivi (Fig. 24). Nelle prime stesure del programma espositivo, la maschera di Picasso era prevista in una teca a sé stante rispetto alle altre coiffures (vedere doc. 10 in Appendice). L’arte di queste popolazioni, si leggeva nel documento di presentazione della mostra, «contiene tanta ricchezza da aver affascinato molto presto gli artisti occidentali, una delle sculture più spettacolari di questa esposizione appartenne a Matisse che la donò a Picasso»538. La maschera di Picasso prestata per l’occasione compare come: «Sculpture

nevimbumbao, Malakula Sud (?), antiche collezioni Matisse e Picasso (cat. 325)» nel catalogo della

mostra539. L’esemplare venne esposto solamente a Parigi a causa della sua fragilità e delle difficoltà

nel trasporto540.

Negli avant-propos del catalogo venne sollevata una questione interessante riguardo la presentazione di questi oggetti a due pubblici diversificati, quello europeo e quello oceanico. Nonostante la mostra fosse itinerante, le opere esposte non poterono essere le stesse in Oceania e in Europa a causa dei rischi di spostamento541. Secondo i curatori, la vera differenza tra i vari contesti

espositivi (Port-Vila, Nuova Caledonia, Bale, Parigi) la fecero però i visitatori, con la loro percezione e interpretazione di quello che si trovavano di fronte all’interno delle sale. La mostra fu quindi un’occasione per far emergere le variazioni di significato dei manufatti a seconda che fossero presentati all’interno di un’istituzione museale ad un pubblico europeo estraneo a quegli oggetti o nel loro paese d’origine ad un pubblico che li vide nascere.

Le public européen se rendra au musée dans une perspective d’information et de plaisir esthétique. L’exercice lui est familier quand il s’agit de cultures éloignées dans le temps ou dans l’espace. Mais qu’en sera-t-il du public du Vanuatu? Quelle va être sa réaction en voyant dans son musée des objets anciens qui étaient destinés à disparaitre et à être éventuellement remplacés par d’autres plus neufs, et des objets récentes extraits de leur contexte social et festif ? Le musée serait-il-déjà devenu un médium admis avec la même évidence que le fusil, l’auto ou la télévision ? 542

Nel 1996, anno della mostra in questione, il pubblico europeo era abituato ad analizzare i manufatti di altre culture ed epoche presentati in un museo, ad indagarne la storia e la forma stilistica a partire dalla loro presentazione su una parete o in una teca di vetro. Il pubblico del Vanuatu non condivideva gli stessi schemi mentali e avrebbe dunque potuto chiedersi come mai oggetti con una funzione ancora valida e condivisa nella società fossero stati estrapolati dal ciclo della vita e

536 Antica collezione Austin, del museo des Arts d’Afrique et d’Oceanie. Questo esemplare era accompagnato dal ‘figlio’

Fig. 69 del catalogo Vanuatu. Océanie. Arts des Iles de centre et de corail, cit, p. 48

537 Dossier Cartels, p. 12, archivi del musée du Quai Branly da me consultati, cote 5AAI/428. 538 Dossier Communiqué, cit, p. 1.

539 Vanuatu. Océanie. Arts des Iles de centre et de corail, cit., p. 353.

540 Negli archivi del museo Picasso da me consultati nel sito di Pierrefitte-sur-Seine sono presenti i documenti di

assicurazione per il prestito dell’opera e le indicazioni riguardo la sua fragilità. Il valore di assicurazione della Masque

nouvelles Hibrides ammontava a 1500000 franchi dell’epoca. Dossier n. 20111084/145, Arts du Vanuatu.

541 Preface, in Vanuatu. Océanie. Arts des Iles de centre et de corail, cit.. La Preface venne firmata da: Emmanuel

Kasarherou, Jean-Hubert Martin, Raplph Regenvanu, Clara B. Wilpert.

119 immobilizzati all’interno di una stanza chiusa per essere semplicemente guardati da lontano. La

Nevinbumbaau, ad esempio, nella società oceanica nacque come maschera da indossare durante

dei riti specifici legati ai miti dell’isola Malakula e non era stata pensata per essere conservata, ma per venire distrutta dopo il rito, come tutti gli altri manufatti utilizzati nelle cerimonie religiose. Un altro aspetto interessante legato a questa esposizione fu che l’inaugurazione al museo di Port-Vila fu accompagnata da danze tradizionali, per le quali vennero create delle maschere simili a quelle che erano esposte all’interno del museo. Questa iniziativa, frutto della collaborazione di varie istituzioni in paesi lontani tra loro, potrebbe essere un esempio di una nuova direzione delle relazione tra i paesi africani e i musei europei che espongono i loro oggetti. Per quanto riguarda la maschera oceanica di Picasso, fu la prima volta che questa venne presentata al pubblico insieme ad altri oggetti dello stesso tipo, senza nessuna opera di Picasso o di altri artisti europei a fianco. I rimandi al pittore però non mancarono, nel catalogo un intero capitolo scritto da Philippe Peltier,

La nevimbumbao du musée Picasso, valorizzò l’esemplare dell’artista spagnolo rispetto agli altri543.

6.2

Gli oggetti non occidentali della collezione di Picasso in tre esposizioni ospitate

dal musée du Quai Branly, 2006-2017

Come anticipato nel terzo capitolo, il musée du Quai Branly, fortemente voluto dal Presidente Jacques Chirac e dal mercante Jacques Kerchache, è stato inaugurato il 20 giugno del 2006. La prima mostra temporanea organizzata dal nuovo museo etnografico di Parigi è stata «D’un regard l’Autre. Une histoire des regards européens sur l’Afrique, l’Amerique et l’Océanie» tenutasi dal 19 settembre 2006 al 21 gennaio 2007 nella galleria Jardin, lo spazio dedicato alle esposizioni temporanee del museo che conta una superficie espositiva di duemila metri quadrati. La mostra è stata presentata come l’esposizione manifesto della nuova istituzione museale parigina. L’esposizione, curata da Yves Le Fur, si componeva di cinque sezioni, definite «sequences

fondatrices» dagli organizzatori. Queste erano: Teatro del mondo (1500-1760), Storia naturale del

mondo (1760-1800), Le grand herbier du monde (1800-1850), La Scienza dei popoli (1850-1920), Mutazione estetica (1920-2006). Quest’ultima sezione era suddivisa in: La charmeuse de serpents, I nuovi selvaggi, Les amateurs distingués, Noire et blanche (Man Ray), Arte coloniale, Universalismo544.

Come si può intuire il percorso espositivo partiva dal XV° secolo, con le scoperte via mare di nuove terre, e alla nascita della pratica di collezionare oggetti stravaganti che portò alla nascita dei cabinets

des curiositès, per arrivare alla fine del XXI° secolo, con la mostra «Les magiciens de la terre» tenutasi

al Centre Pompidou nel 1989. La mostra del Quai Branly è stata promossa come la prima esposizione temporanea internazionale consacrata alle visioni portate dagli europei sulle culture scoperte per mare di Africa, America e Oceania, dal Rinascimento ai giorni nostri545.

543 Philippe Peltier, La nevimbumbao du musée Picasso, inVanuatu. Océanie. Arts des Iles de centre et de corail, cit., pp.

320-321.

544 D'un regard l'autre: histoire des regards européens sur l'Afrique, l'Amérique et l'Océanie, catalogo della mostra (Paris,

Musée du quai Branly, 19 settembre 2006-21 gennaio 2007), a cura di Yves Le Fur, Paris, Ed. Musée du Quai Branly, 2006.

545 Queste erano le presentazioni ufficiali sui volantini pubblicitari della mostra conservati negli archivi del musée du

120 In realtà nel contesto americano una mostra con intenti simili venne curata da Susan Vogel del Center for African Art nel 1988546. «ART/Artifact» presentava le diverse modalità di osservare ed

esporre gli oggetti non occidentali dal momento del loro arrivo nel mercato dell’arte europeo ed americano fino alla fine del Novecento. Si trattava di «una esposizione sulla percezione e l’esperienza museale, focalizzata sulle modalità con le quali gli Occidentali hanno classificato ed esibito gli oggetti Africani»547. Non si trattava quindi di una mostra di arte africana e nemmeno di

etnografia, lo scopo era presentare i possibili allestimenti di un oggetto non occidentale nelle istituzioni europee ed americane. All’interno delle sale erano presenti degli allestimenti tipici dei musei di Storia Naturale, con una serie di oggetti con la stessa funzione inseriti uno di fianco all’altro per mostrare l’evoluzione della specie umana, presentazioni tipiche dei musei antropologici dell’era di Franz Boas, con ricostruzioni di vita reale e diorami esplicativi, museografie legate al valore di capolavori attribuito a questi oggetti, esposti quindi isolati e illuminati secondo le loro qualità puramente estetiche. Per dimostrare come la percezione del visitatore riguardo un determinato oggetto sia influenzata dalle scelte di allestimento nel quale è inserito, alcune sculture africane di grande valore artistico vennero esposte con lo stile dei musei di storia naturale, ammassate con altri oggetti, mentre delle reti da pesca Zaire, senza alcun significato culturale ed estetico, vennero esposte isolate e illuminate come dei veri capolavori.

The exhibit on approached the question of perception through individual objects ant through installation styles. Recognizing that the physical setting of an object is part of what makes it identifiable as art, the installation showed art object and nonart object in such a way to raise the question in the viewer’s mind and to make the trickery of the