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3.2 Analisi a scala di bacino

3.2.4 Mappatura multi-temporale dei fenomeni franosi

Sono state create diverse mappe multi-temporali degli eventi franosi partendo dai diversi set di foto aeree a disposizione. Levate fotogrammetriche rappresentanti situazioni temporali diverse per la stessa area consentono di indagare l’evoluzione dei fenomeni franosi, temporalmente e spazialmente (Guzzetti et al., 2005; Fiorucci et al., 2011), dando importanti informazioni in merito ai processi di erosione e di evoluzione del paesaggio (Guzzetti et al., 2009; Larsen et al., 2010). Nell'ambito di questo progetto di ricerca, sono stati valutati i cambiamenti avvenuti nel tempo nel territorio del bacino del Rivo ad opera dei fenomeni di instabilità di versante.

Gli inventari dei fenomeni franosi possono essere preparati usando differenti tecniche (Guzzetti et al., 2006a, 2012) e possono fornire informazioni fondamentali per costruire statistiche affidabili sulle dimensioni delle frane e sulle loro aree di distacco (Guzzetti et al., 2002; Malamud et al., 2004b). La selezione di una specifica tecnica di mappatura è dipendente dallo scopo dell'inventario, dall'estensione dell'area, dalla scala di mappatura, dalle risoluzioni e dalle qualità delle immagini da investigare, nonché dall'abilità e dall'esperienza del fotointerprete (Guzzetti et al., 2012). Per quel che riguarda l'ultimo punto difatti, molti autori evidenziano come la delimitazione e il riconoscimento dei fenomeni franosi possono variare al variare dei fotointerpreti o degli esperti che conducono il lavoro (Carrara et al., 1992; Wills e McCrink, 2002), creando una soggettività interpretativa che può determinare risultati diversi in termini di indici di franosità, anche nell'ambito della stessa area (Fookes et al., 1991; van Westen et al.,

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1999; Parise, 2003). Parise (2003) al fine di superare il problema riguardante l'omogeneità e l'uniformità nella fase interpretativa, consiglia, laddove possibile, l'utilizzo dello stesso fotointerprete.

Data la precedente premessa in relazione all'obiettivo finale della ricerca, si è dunque scelto di realizzare una mappatura dei fenomeni franosi, non tenendo in considerazione le mappature ufficiali presenti nell'area (vedi IFFI), in quanto dalle informazioni riportate in tali dataset non è possibile riconoscere differenti stati di attività dei fenomeni franosi nei vari intervalli di tempo analizzati. L'inventario IFFI difatti, fornisce informazioni solo in merito al periodo di rilevamento effettuato, e risulta impossibile risalire a stadi di attività attribuibili a precedenti intervalli di tempo. Tale informazione risulta importante per il presente studio, in quanto attivazioni e stati di attività attribuibili a diverse condizioni di propensione al dissesto (tra cui la copertura del suolo) che possono aver caratterizzato il grado di stabilità dei versanti, sono fondamentali.

I set di foto aeree analizzati sono i medesimi di quelli utilizzati per la mappatura multi- temporale della copertura del suolo, precedentemente descritti nel paragrafo 3.2.2; come già descritto, successivamente al processo fotogrammetrico, le stereocoppie sono state analizzate mediante visualizzatore stereografico digitale, attraverso l'uso del tool Stereo Analyst del pacchetto Erdas Imagine (2015). L'utilizzo della visione stereoscopica permette difatti di ottenere un'alta qualità nella visione tridimensionale del terreno, di fondamentale importanza per l'identificazione di segni morfologici distintivi dei fenomeni franosi occorsi (Rib e Liang, 1978; van Zuidam, 1985; Fiorucci et al., 2011). La visione stereoscopica abbinata alla possibilità di riportare gli oggetti mappati immediatamente in digitale, permette l'acquisizione di informazioni da immagini stereoscopiche che possono essere integrate direttamente in ambiente GIS, riducendo i tempi di acquisizione e gli errori associati alla digitalizzazione manuale tradizionale (Ardizzone et al., 2013).

I fenomeni franosi sono stati censiti e descritti basandosi sulla classificazione proposta da Cruden e Varnes (1996), e distinguendo le seguenti classi di tipologia di movimento: (i) scivolamenti (rotazionali o traslativi), (ii) fenomeni complessi o compositi, (iii) colate. Le frane prese in considerazione sono quelle ritenute verosimilmente superficiali che coinvolgono i primi metri di terreno e che si sviluppano generalmente all'interno dei perimetri di fenomeni più ampi e antichi.

Per i vari perimetri di frana mappati sono state distinte la zona di distacco e la zona di accumulo (Figura 3.2-7 e Figura 3.2-8).

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Figura 3.2-7 A sinistra due fenomeni franosi riportati su ortofoto relativa al 1954, in cui vengono distinte le zone di distacco (aree di innesco) (ZD) e le zone di accumulo (CF). A destra le stesse frane sono riportate e ancora

riconoscibili su base topografica 1:5000 della carta CTR.

Questa distinzione è stata necessaria poiché le sole zone di distacco vengono tenute in considerazione durante la fase di modellizzazione della suscettibilità da frana, dato che le stesse sono strettamente correlate al meccanismo di distacco e quindi di origine del fenomeno franoso (Fernandez et al., 2003; Conforti et al., 2012, 2014). Inoltre, come dimostrato da Regmi et al. (2014), l’accuratezza dei modelli di suscettibilità è migliore quando essi sono basati su campioni ottenuti dalle aree di distacco, ipotizzando che la maggior parte delle frane mappate per l’area di studio si siano verificate a causa della sfavorevole condizione di pendenza nelle aree di coronamento.

Figura 3.2-8 Nelle foto sono riportanti due tipici fenomeni franosi alimentate da più aree sorgente, ricadenti nel bacino del Rivo (precisamente a valle dell'abitato di Trivento) attivi e risalenti all'autunno 2016. Dalla foto sono

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Per quel che riguarda l'età di innesco o lo stato di attività, in relazione allo scopo della ricerca sono state riconosciute nelle varie annate solo le frane caratterizzate da evidenze di movimenti recenti con chiare zone di scarpata e deposizione, e con chiari segni di cambiamenti nel pattern di vegetazione lungo i bordi del corpo di frana. Queste infatti possono essere definite recenti, e si ritiene abbiano subito con ogni probabilità un movimento negli anni immediatamente precedenti all'annata della foto aerea analizzata. Ciò ha lo scopo di captare, con la massima accuratezza possibile, le sole frane che si siano sviluppate nel periodo più prossimo all'annata della foto aerea analizzata e quindi con ogni probabilità riferibile alla copertura del suolo caratterizzante quel periodo.

Da attività di campo, e come riportato in uno studio effettuato su un'area appenninica limitrofa a quella qui investigata (Wasowski et al., 2010), movimenti di massa superficiali hanno un periodo di vita molto breve, al contrario di quelli più ampi e più profondi che invece lasciano segni molto più persistenti sul paesaggio.

È stato deciso dunque di partire dal set di foto più antico (1954), e di creare una prima mappatura e digitalizzazione dei fenomeni franosi, andando a discretizzare quali di essi presentassero uno stato di attività "recente", e quali invece uno stato di attività più antico e quindi riferibili a decenni precedenti, e che dunque non potevano essere con certezza correlati alla copertura di uso del suolo dell'istante analizzato. Seguendo la stessa procedura anche per i set di foto aeree e ortofoto delle annate successive, le frane riconosciute come nuove o di recente attività, sono state segnalate e catalogate in differenti database GIS, differenziando il tipo di movimento.

3.2.5 Metodo utilizzato per l’analisi multi-temporale della suscettibilità