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sta" maschile, mentre il corpo ma-schile si depura delle sue poten-zialità erotiche per diventare il corpo eroico del guerriero.

Naturalmente, osserva Mosse, perché uno stereotipo si affermi deve crearsi il suo opposto, il con-trotipo, da individuare nei "debo-li", che saranno, come già nel me-dioevo, "le persone instabili, pri-ve di radici: gli zingari, i vagabon-di, gli ebrei (...), i criminali

che su alcuni scrittori omosessua-li, come Siegfried Sassoon, Wil-fred Owen e T. E. Lawrence, che proprio in quanto artisti sentiva-no pesare su di sé il sospetto di es-sere meno "uomini" dei "veri uo-mini".

Un altro sospetto molto diffuso è che gli ebrei, regolarmente rap-presentati come brutti, deformi e anche effeminati, organizzino complotti su scala mondiale,

co-bello e di solito vestito. Fascismo e nazismo riprodurranno invece in pieno la contraddizione origi-naria, esaltando fino al parossi-smo il maschio guerriero bello, forte e nudo, che trova nei came-rati la società più congeniale (dai

Blinde alle SS), cementata dai vin-coli comuni dell'azione, del san-gue e della patria. Al tempo stesso essi continuano a vedere nella fa-miglia, luogo della domesticità e

N. 9, PAG. 39 del femminile, e dunque della po-tenziale svirilizzazione del guer-riero, la cellula fondante dello Stato.

Oltre che alle proprie contraddi-zioni, lo stereotipo maschile, pur qua e là sgretolato, sopravvive co-munque anche al crollo delle ditta-ture, in quanto determinato, con-clude Mosse, non soltanto dai rap-pprti di potere, ma da un fitto reti-colo di codici morali e di comportamento in cui la rispetta-bilità continua a giocare un ruolo centrale.

Di quest'ultimo lavoro dell'illu-stre storico del razzismo e dei na-zionalismi si apprezzano sicura-mente l'ampiezza dello sguardo e della documentazione, la capacità di sintesi, la scorrevolezza e l'orga-nicità dell'esposizione. Eppure, alla fin fine, una perplessità rima-ne. Per la formazione del moder-no codice della mascolinità era proprio indispensabile il ricorso all'immagine nuda di un corpo bello? Non bastava che fosse for-te, come infatti Mosse ci dice che bastò all'iconografia sovietica? Come mai allora nell'Occidente così saldamente legato alla nozio-ne della rispettabilità borghese non accadde altrettanto? Come convivano l'industrioso perbeni-smo e la bellezza nuda, se non in un rapporto tortuoso di desideri negati, di fantasie represse che trovano infatti la loro strada segre-ta nei bordelli e nella produzione pornografica così fiorente proprio nell'Ottocento? E in che rapporto stanno la rispettabilità borghese e il fascismo, il nazismo, la loro glo-rificazione del corpo maschile bel-lo e nudo e sensualissimo, testimo-niata dallo Stadio dei Marmi a Ro-ma o da Olympia di Leni Riefen-stahl? Per non parlare delle SS e delle loro non sempre impeccabili propensioni sessuali. Da Mosse si sarebbe forse voluto qualcosa di più di quanto già non dica sulla so-stanza profonda dell'omoeroti-smo maschile, indispensabile ce-mento delle istituzioni del potere patriarcale (esercito, chiese, scuo-le, confraternite, associazioni pro-fessionali, sport) e sul labile e tor-mentato confine che nell'Europa cristiana blocca ufficialmente -ogni espressione sessualizzata di tale fondante legame. La doppiez-za guerrigliera dell'operazione compiuta da Winckelmann su questo campo minato ricorrendo al linguaggio della classicità e dell'accademia avrebbe potuto as-sumere un risalto più spiccato, e i connotati ambigui e violenti della rispettabilità borghese si sarebbe-ro ancor meglio evidenziati in tut-ta la loro genetica deformità.

abituali, i pazzi, e i cosiddetti de-viati sessuali", oltre, ovviamente, alle donne, da sempre ritenute in-capaci di autogoverno. E ora il controllo e la persecuzione si fan-no più sistematici, col soccorso della scienza medica che stigma-tizza isterie - prima femminili e poi anche maschili: quelle degli "uomini nervosi" ovvero effemi-nati - e alterazioni comportamen-tali di ogni tipo, attribuite vuoi all'onanismo (forma erotica emi-nentemente improduttiva e che sfugge al controllo sociale) o alla temuta sifilide (giusta punizione per i fornicatori), o a tare geneti-che e razziali.

Su queste posizioni variamente maschiliste, violente e razziste si ritrova l'intera destra europea, da de Maistre a Jahn, Fichte, Grégoi-re, Dorè, Weininger, Junger, Montherlant, Drieu Fa Rochel-le, Saki, Papini, fino allo Hitler di Mein Kampf. La fascinazione esercitata dal maschio eroico e combattente agisce del resto

an-me gli omosessuali. Verso i quali ultimi nemmeno il rivoluzionario Friedrich Engels era granché te-nero. Quando Marx gli inviò, nel 1869, uno dei primi appelli per i diritti degli omosessuali, Engels reagì, dice Mosse, "con orrore e spavento". Toccherà da un lato ai socialisti e ai movimenti per l'e-mancipazione femminile, e dal-l'altro a scrittori, artisti e intellet-tuali come Whitman, Wilde, Hir-schfeld, Jean Lorraine, Natalie Barney e tanti altri e altre, il com-pito di elaborare un modello di vi-rilità diverso e più accettabile, fondato sui valori della solida-rietà, dell'eguaglianza dei sessi, e sul rifiuto della violenza e del na-zionalismo, proprio mentre in Germania, in Inghilterra e altrove si promulgano leggi punitive nei confronti dei "deviati".

Il comunismo elegge a campio-ne della lotta di classe, preludio all'abolizione della famiglia e del-lo stato, un maschio potente e ag-gressivo, non necessariamente

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