di Marco Arnaudo
Sin dalla sua prima uscita nel 1982, la serie Martin Mystère (MM) ha introdotto nu-merose innovazioni nel ventaglio di offerte della Bonelli. MM è stato, infatti, il primo fumetto del rinomato editore milanese a essere ambientato in epoca contemporanea, il primo ad aprirsi al pubblico delle lettrici, e il primo ad accorpare avventura e fantasia con robusta erudizione, in un genere che potremmo definire ‘fantastoria’. Nelle storie di MM noti eventi del passato vengono rivisitati in chiave alternativa, di norma fornendoli di interpretazioni inattese. Tra le molte tradizioni che gli autori di MM hanno trasformato in varianti immaginifiche vi è anche quella cavalleresca, come si vede nelle storie Ronci-svalle (MM, nn. 94-96, 1990, testi di Alfredo Castelli e disegni degli Esposito Bros), L’isola che giaceva in fondo al mare (Storie da Altrove, n. 8, 2005, testi di Carlo Recagno e disegni di Sergio Giardo), e Il re rosso (MM Gigante, n. 11, 2006, testi di Carlo Recagno e disegni degli Esposito Bros).
In Roncisvalle (fig. 1), Martin Mystère si reca in Italia per cercare la possibile verità sto-rica dietro alle molte leggende locali riguardanti il paladino Orlando. Durante il viaggio Martin visita così le numerose pietre spezzate che secondo la leggenda Orlando avrebbe tagliato con la sua spada, la chiesa di Sant’Angelo a Treviso che sarebbe stata fondata dallo stesso conte per celebrare una vittoria sui Longobardi, le costruzioni megalitiche nell’Italia centrale e meridionale, che sarebbero state erette dal nipote di Carlo Magno e dai suoi paladini, e molti analoghi reperti (MM 95, pp. 85-91). Nella sezione che ricapito-la queste visite lo sceneggiatore ha occasione di passare in rassegna fatti poco noti alricapito-la maggior parte dei lettori, in una digressione che è tipica della serie di MM e che, lungi
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da essere un riempitivo, rappresenta invece un elemento integrale della storia. Martin Mystère, pur non credendo alla verità letterale di questi echi orlandiani, ritiene che essi possano celare fatti autentici che la trasmissione popolare avrebbe distorto fantasiosa-mente. In tale prospettiva, i materiali presentati nelle sezioni erudite della vicenda diven-gono indizi funzionali alla soluzione del mistero.
Tale soluzione, una volta rivelata, comprende un impressionante patchwork di fram-menti culturali disparati; di conseguenza per spiegare la verità dietro le leggende su Orlando la storia arriva a parlare di Merlino, Morgana, Atlantide e Mu, invasioni aliene, Excalibur, il Graal, le carte da scopa, Agarthi, la Torre Eiffel, Stonehenge, Castel del Monte, l’agopuntura, Ludovico Ariosto (che avrebbe intuito la verità e l’avrebbe riportata in cifra nel suo poema) e molto altro ancora – in un arazzo che richiama non solo questi elementi ma anche la trattazione che essi avevano già ricevuto in diverse storie di MM. La lun-ga sezione esplicativa che occupa buona parte dell’albo 96 diventa così un virtuosistico gioco di incastri che unifica filoni narrativi che si erano dipanati indipendentemente, e per anni, lungo le uscite precedenti di MM. Come risultato, la continuity entro la serie ne riesce grandemente rafforzata, e il mondo immaginario di MM ci guadagna in coerenza e spessore narrativo. Ed è forse come omaggio alla fonte ariostesca che in questa storia, più che in altre, lo sceneggiatore Castelli pratica con tanta passione l’arte dell’intreccio. Di ariostesco, sul piano tematico, annotiamo anche un viaggio di Martin Mystère in una dimensione parallela che appare esattamente come la Luna del Furioso (fig. 2), e un duello tra Java e una draga magicamente animata (fig. 3), che fa da versione moderna dell’arche-tipo eroico del duello col drago, e al contempo da simbolo della corruzione portata dalla tecnologia, analogamente all’«abominoso ordigno» del Furioso (IX, 91).
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Orlando e i paladini di Carlo Magno compaiono come personaggi in sezioni importanti di L’isola che giaceva in fondo al mare (2005), fumetto scritto da Recagno per le Storie da Altrove, una serie spin-off di MM, e ambientato nel medesimo mondo immaginario. Qui, sulla traccia di una nota leggenda veneziana, troviamo Orlando che consegna un bocciolo di rosa a una nobile di Venezia, come pegno d’amore da parte di un amico e compagno caduto in battaglia (fig. 4). Intorno alla leggenda, lo sceneggiatore costruisce una trama densa di complotti che coinvolge, oltre a molti personaggi storici, una caccia al mitico corno di Orlando – qui arma potentissima, e ambita da diverse fazioni. La storia introduce anche il personaggio dello stregone Malagise (con eco più da Boiardo che da Ariosto), il quale sarà personaggio chiave nell’albo gigante Il re rosso, scritto di nuovo da Recagno e pubblicato l’anno successivo.
Il re rosso, in un certo senso sequel di L’isola che giaceva in fondo al mare, contiene una lunga sequenza ambientata alla corte di Carlo Magno, in cui vengono rinarrati in chiave alternativa gli eventi del primo canto dell’Orlando innamorato di Boiardo (ottave 21-41), con l’arrivo tra i paladini di Angelica, principessa del Catai, con la sua proposta di darsi in sposa a chi riesca a sconfiggere in giostra suo fratello, e con la reazione sospettosa del mago Malagise. Nella versione di Recagno la storia prende le mosse dall’arrivo presso Carlo Magno di una principessa cinese, con bella localizzazione geografica del fantasti-co Catai dei poeti rinascimentali. Il nome della fanciulla è Han Zhen, che gli occidentali pronunciano ‘An-Gen’ e che Orlando trasforma in ‘Angelica’. Anche qui, come in Boiardo, Malagise ha il ruolo di mago e nemico di Angelica, ed è l’unico, infatti, a sospettare di lei. Nella vicenda però Malagise è un mutante creato dall’ingegneria genetica di una civiltà antichissima, e dotato di poteri che agli occhi dei medievali appaiono come magici. Ange-lica/Han Zhen, anche lei in possesso di poteri sovrumani e in grado di controllare la men-te degli uomini, è stata inviata dai suoi creatori precisamenmen-te per sconfiggere Malagise (fig. 5). Il duello, però, termina senza vinti né vincitori.
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Più avanti nella vicenda vediamo che i poteri telepatici di ‘Angelica’ hanno fatto per-dere il senno ad Orlando, e Malagise convince (o meglio ricatta) Astolfo a compiere una missione per lui in cambio di una cura per il cugino. Dotato di un ippogrifo, Astolfo è costretto a recarsi in una dimensione parallela che alla mente umana, inadeguata a com-prenderla, appare come una versione distorta della Luna e del Paradiso Terrestre (figg. 6 e 7) – con un ologramma scambiato da Astolfo per il patriarca Enoch, ed esseri alieni confusi per angeli (fig. 8). La trama, chiaramente, si è ormai mossa dalla fonte boiarde-sca a quella ariosteboiarde-sca. Alla fine si scoprirà che Malagise e Angelica sono agenti mandati, rispettivamente, dagli umani e da una razza aliena a salvaguardare un’arma antica che potrebbe causare la distruzione del mondo. Gli scontri tra i due guardiani erano stati causati da tensioni tra i loro creatori, e l’impasse si potrà risolvere solamente attraverso un atto pacificatore. Come nelle riscritture di Castelli, la materia cavalleresca viene in-somma reinventata radicalmente da Recagno, combinando però la disinibita immagina-zione fantascientifica con il gusto per il dettaglio letterario e storico esatto, e anche con l’originale rivalutazione di un personaggio cavalleresco minore, ma affascinante, quale Malagise.