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La conoscenza numerica è l’insieme delle capacità che consentono al bambino di riconoscere le quantità e le loro trasformazioni (Lucangeli, 1999). La rappresentazione di numerosità gioca un ruolo chiave nell’acquisizione delle abilità di matematica formalizzate (Mazzocco Feigenson, e Halberda, 2011; Piazza, 2010) sebbene non sia stata ancora chiarita la natura della relazione. Alcune ricerche hanno dimostrato che la conoscenza delle grandezze numeriche nei bambini (Case, 1978) e negli adulti (Dehaene, 1997) è rappresentata come una linea dei numeri nella quale i simboli numerici sono connessi con la loro rappresentazione di quantità attraverso una relazione prevalentemente di tipo spaziale (de Hevia e Spelke, 2010; Anobile, Cicchini e Burr, 2011). In linea con questa teoria, bambini con disturbo specifico della lettura (con difficoltà nella transcodifica fonologica) hanno prestazioni paragonabili a bambini con sviluppo tipico in compiti di giudizio di numerosità (Simmons e Singleton, 2009) lasciando quindi ipotizzare che alla base di tale compito vi sia l’utilizzo di informazioni visuospaziali piuttosto che di quelle verbali.

Secondo il modello modulare di McCloskey (1992) nel momento in cui giunge un input di tipo verbale o visivo che indica una numerosità, la mente ne costruisce una rappresentazione astratta, così come quando sentiamo ad es. la parola “farfalla” ne viene

immediatamente formata la sua rappresentazione.

L'immagine mentale viene poi manipolata dal sistema del calcolo attraverso tre componenti: la conoscenza dei segni, la conoscenza delle procedure e il magazzino dei fatti aritmetici (qualora sia necessario).

Quali siano i processi che permettono lo sviluppo delle abilità matematica nelle prime fasi di apprendimento è un tema di grande interesse. La maggior parte degli studi riconosce l’implicazione dei processi di memoria di lavoro nell’acquisizione delle iniziali competenze aritmetiche ed individua, nel periodo prescolare, una stretta relazione tra accuratezza delle prestazioni matematiche e abilità di memoria di lavoro visuospaziale (Ramussen e Bisanz, 2005). Le ricerche ad oggi disponibili propongono risultati meno uniformi nell’individuazione dei processi implicati nelle fasi successive dell’apprendimento, ovvero nel periodo in cui i bambini sono esposti ad un insegnamento formalizzato della matematica. Ramussen e Bisanz, (2005) hanno ad esempio rilevato che, a partire dalla prima classe della scuola primaria, le prestazioni in compiti matematici sono predette prevalentemente dalla componente verbale della memoria di lavoro e, in misura minore, dal Sistema Esecutivo Centrale. Nel loro studio viene confrontata la prestazione di bambini con buone competenze matematiche e di bambini con difficoltà, rilevando che i due gruppi si differenziano nell’esecuzione di prove che prevedono abilità di pianificazione ed inibizione (Wisconsin Card Sorting Test) mentre forniscono prestazioni omogenee nel test di Corsi, prova nella quale sono implicate le abilità di memoria visuospaziale. La componente fonologica della memoria di lavoro risulta inoltre implicata sia nella moltiplicazione che nel recupero di fatti aritmetici Dehaene et al., 2003, De Smedt et al., 2009)

Altri studi sottolineano invece il coinvolgimento delle competenze di memoria e di attenzione visuospaziale sia nei primi anni di apprendimento formalizzato (Bull, Epsy e Wiebe, 2008) che in bambini più grandi (Anobile, Stievano e Burr, 2013, Holmes e Adams, 2006) e anche negli adulti (Granà, Hofer, e Semenza, 2006; Zorzi, Priftis, e Umiltà, 2002).

La relazione tra processi attentivi e prestazioni scolastiche è stata ulteriormente verificata analizzando la prestazione di bambini con disturbi specifici del calcolo. Uno studio di Passolunghi e Mammarella (2010) ha esaminato le abilità visive e spaziali di bambini con disturbo specifico del calcolo sia in compiti che prevedono elevati livelli di

controllo attentivo che in compiti con basse richieste di tale controllo. E’ stata registrata una difficoltà in compiti che prevedono processi di memoria di lavoro spaziale indipendentemente dal livello di controllo attentivo implicato, mentre non sono state registrate cadute in compiti di tipo visivo. In una recente ricerca di Szucs et al (2013) sulle funzioni implicate nella discalculia evolutiva, è stato possibile confermare il collegamento tra memoria visuospaziale a breve termine e disturbo del calcolo. Gli autori della ricerca hanno individuato quale ulteriore caratteristica implicata nel disturbo le difficoltà di inibizione di informazioni interferenti. In linea con alcuni risultati registrati nell’ambito delle difficoltà di lettura (De Beni, Palladino, Pazzaglia, e Cornoldi, 1998), bambini con difficoltà in ambito matematico possono commettere un maggior numero di errori, non tanto perché non sono in grado di attivare la risposta corretta, ma perché non riescono a sopprimere quella irrilevante. A tale proposito, Hasher e Zacks (1988) sostengono che l’inefficienza dei processi di controllo dell’interferenza non solo possono permettere alle informazioni non rilevanti di entrare nella memoria di lavoro, ma anche di rimanere attive occupando spazio e togliendo risorse per la prestazione. Difficoltà di inibizione possono contribuire a scarse prestazioni in ambito matematico perché le operazioni numeriche richiedono una coordinazione sia spaziale che temporale dei processi di soluzione del calcolo e contemporaneamente necessitano del recupero di soluzioni intermedie o fatti aritmetici che richiedono un continuo aggiornamento dei contenuti di memoria.

L’efficienza procedurale nel conteggio è una acquisizione graduale che si sviluppa nel tempo e con l’allenamento (Fuchs et al. 2006). Inizialmente il calcolo è infatti associato al conteggio numero per numero, successivamente si stabilizzano in memoria le strategie di conteggio rapido basato sul recupero di fatti aritmetici (Geary, Brown, e Samaranayake, 1991; Lemaire e Siegler, 1995), per i quali si presume una minore richiesta attentiva. Nell’esecuzione di compiti matematici quali il conteggio, l’attenzione esecutiva è fondamentale in quanto aiuta il bambino a mantenere traccia del conteggio, ma altrettanto importanti risultano i processi di inibizione di informazioni non pertinenti. Bull et al. (1999) hanno individuato una relazione tra abilità matematiche e processi di inibizione delle risposte automatiche e flessibilità cognitiva anche in bambini a sviluppo tipico. Steele et al. (2012) hanno rilevato che le prestazioni attentive in compiti “go-no go” e di ricerca visiva di bambini in età prescolare correlano con le future abilità matematiche misurate in prima elementare. Bambini che ottengono

basse prestazioni in ambito matematico presentano anche difficoltà nell’inibire la strategia appresa ed utilizzare nuove strategie (Bull e Scerif, 2001).

Anche studi condotti con riferimento alla teoria PASS hanno rilevato una relazione tra pianificazione e abilità matematiche e questo anche in bambini in età prescolare quando i processi di conteggio non sono ancora automatizzati (Kroesbergen et al., 2010). In uno studio condotto da Naglieri e Johnson (2000) la pianificazione è risultata il processo (tra quelli indicati nella teoria PASS) maggiormente correlato all’efficienza in ambito matematico. Studenti con Disturbo Specifico del Calcolo inoltre, evidenziano difficoltà sia nell’automatizzazione di fatti aritmetici che in processi di successione e pianificazione, attenzione.

Capitolo 3. LA RICERCA