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Studio osservazionale, prospettico, su pazienti ultra-settantenni consecutivamente ricoverati da Aprile a Luglio 2010 nel reparto di Medicina d’Urgenza (non UTI) della AOUP. Lo studio comprende 205 pazienti (55.6% donne) di età media (±DS) 81.5±6.0 anni. Sono stati esclusi dallo studio i pazienti identificati come codice rosso al triage del Pronto Soccorso (PS) e quelli in stato confusionale secondario a trauma cranico e/o abuso (stupefacenti, alcool, farmaci psicotropi). All’ingresso in PS sono stati raccolti i principali parametri vitali quali pressione arteriosa (PA), frequenza cardiaca (FC), temperatura corporea (TC), saturazione arteriosa (SO2) e valutata la presenza di delirium mediante Confusion Assessment Method

(CAM). Presso il reparto di degenza, entro 24 ore dall’accesso in PS, è stato valutato lo stato funzionale mediante indice Barthel, il grado di comorbidità mediante indice di Charlson e il deficit cognitivo mediante MMSE (Mini Mental State Examination), quest’ultimo ripetuto anche al momento della dimissione. In prima giornata di ricovero, al mattino, a digiuno, è stato eseguito prelievo per i seguenti parametri ematochimici: emocromo con formula, glicemia, emoglobina glicata (HbA1c), creatinina, elettroliti, aspartato aminotrasferasi (AST), alanina aminotrasferasi (ALT), gamma GT, creatinchinasi (CPK), lattico deidrogenasi (LDH), attività di protrombina, INR, aPTT, fibrinogeno, proteine totali con elettroforesi, proteina C reattiva (PCR), velocità di eritrosedimentazione (VES), ormone tireotropo (TSH), triiodotironina libera (FT3), tiroxina libera (FT4).

Metodi di dosaggio

I livelli sierici di FT4, FT3, venivano analizzati mediante chemiluminescenza (Immulite 2000; Medical Systems S.p.A., Genova, Italia), mentre le concentrazioni di TSH mediante metodica IRMA (Cis Diagnostici, Tronzano Vercellese, Italy). I parametri bioumorali venivano misurati con auto-analyzer biochimico automatico (Hitachi Cobas 6000, C501 Analyzer, Roche Diagnostics, IN, USA). Gli intervalli di riferimento del nostro laboratorio sono i seguenti: FT4 = 8.6 –18.6 pg/ml; FT3 = 2.1-4.6 pg/ml; TSH = 0.30-3.6 μU/ml; AST = sino a 40 U/L; ALT = sino a 41 U/L; GGT = sino a 60 U/L; HbA1c = sino a 6.1%; Ves = sino a 25 mm/h; Glicemia = 74-109 mg/dL; Creatinina = 0.50-0.90 mg/dL; eritrociti = 4-5.30 10^3μL; emoglobina = 4- 5.3010^3μL; ematocrito = 36- 46%; leucociti = 4.50-1010^3μL; proteine tot = 6.4-8.3 g/dL .

Analisi statistica

L’analisi statistica è stata condotta utilizzando il software Stat-View (SAS Institute Inc, 5.0.1. version, 1992-1998). I dati con distribuzione parametrica sono stati espressi come media ± DS, quelli con distribuzione non parametrica come mediana e range. Il test di Student, l’analisi della varianza (ANOVA) (distribuzione parametrica), ed il test di Mann-Whitney (dati non parametrici) sono stati utilizzati per comparare i diversi gruppi. La relazione tra i diversi parametri è stata valutata mediante regressione semplice (dati parametrici), il test di correlazione di Spearman (dati non parametrici) o il test del Chi quadro (variabili dicotomiche). La regressione logistica multipla è stata condotta utilizzando la mortalità come variabile dipendente il punteggio MMSE, l’indice di Barthel e di Charlson, la prevalenza di delirium, l’età ed i parametri bioumorali, che presentavano correlazione diretta con la mortalità come variabili indipendenti. La significatività veniva assegnata per p<0.05.

RISULTATI

Parametri demografici, clinici, bioumorali e deficit cognitivo

Abbiamo suddiviso la popolazione in base al grado di compromissione cognitiva, documentando la seguente distribuzione: 103 pazienti presentavano un grado di compromissione grave (MMSE<18), 46 una compromissione moderata (MMSE 18-24) e 53 un lieve-assente impairment cognitivo (MMSE>24). I parametri demografici, clinici e bioumorali distinti per sesso sono riportati nelle Tabelle 1 e 2. Le donne presentavano un’età significativamente più avanzata (p=0.0002), inferiori concentrazioni sieriche di albumina (p=0.01), una maggiore compromissione cognitiva (MMSE,

p=0.02), e funzionale (indice di Barthel, p=0.04) rispetto agli uomini. Dopo correzione per età, non era più evidente alcuna differenza statisticamente significativa tra i due sessi per quanto riguarda sia il punteggio MMSE che l’indice di Barthel (p=0.3 e p=0.2, rispettivamente).

Il punteggio MMSE presentava una correlazione significativa diretta con l’indice di Barthel (p<0.0001; R=0.78) ed inversa con l’età (p<0.0001; R= - 0.33); era inoltre presente una correlazione inversa con l’indice di Charlson, che sfiorava la significatività statistica (p=0.06; R=-0.13). La presenza di delirium inoltre si associava ad una compromissione cognitiva significativamente maggiore [0.0 (0-26) Vs 22.0 (0-30); p<0.0001]. Per quanto riguarda i parametri ematochimici, il punteggio MMSE presentava una significativa correlazione diretta con i livelli sierici di albumina (p=0.0004; R=0.32) e di FT3 (p=0.03; R=0.15), ed una correlazione inversa con il valore della VES (p=0.01; R=-0.22) (figura 1). Le concentrazioni plasmatiche di creatinina e di PCR correlavano inversamente con il grado di compromissione cognitiva, sfiorando solamente la significatività statistica (p=0.05). All’analisi multivariata, ponendo il punteggio MMSE come variabile dipendente e l’indice di Barthel e di Charlson, i livelli di albumina, FT3 e creatinina, la VES e l’età come variabili indipendenti, solamente l’indice di Barthel manteneva la significatività statistica (p<0.0001). Le patologie più frequentemente riscontrate sono state: patologie polmonari (16%), patologie addominali (14%), scompenso cardiaco (10%), squilibri elettrolitici- disidratazione (10%), febbre di ndd (10%), sincope (9%), aritmie (7%), cerebropatie vascolari acute (5%), anemia (8%). A questo proposito, abbiamo inoltre indagato la possibile associazione tra compromissione cognitiva e la

patologia acuta, motivo dell’acceso al PS. I pazienti con disidratazione e/o squilibrio elettrolitico (iper- o iposodiemia, iper- o ipopotiessiemia) presentavano un grado di compromissione cognitiva significativamente maggiore rispetto a quelli con un normale assetto idro-elettrolitico [MMSE 0.0 (0-25) Vs 19.0 (0-30); p=0.0009]; un maggiore impairment cognitivo era anche presente nei pazienti con patologia acuta febbrile [TC >38 °C, MMSE 3.0 (0-28) Vs 18.0 (0-30); p=0.03] (figura 2).

Degenza e compromissione cognitiva

La mediana della degenza è stata 3.0 giorni (range 1-29), con il 55.6% di pazienti ricoverati per meno di 5 giorni, il 27.3% tra 5 e 10 giorni e solo il 17.0% per un periodo superiore a 10 giorni. Non era presente alcuna correlazione significativa tra durata della degenza e grado di compromissione cognitiva (MMSE), funzionale (Barthel) e comorbidità (Charlson) all’ingresso. Abbiamo invece documentato un incremento statisticamente significativo del punteggio MMSE ottenuto alla dimissione rispetto a quello all’ingresso [18 (0-30) Vs 16 (0-30); p<0.0001)]; tale incremento risultava significativo sia nei pazienti con presenza di delirium all’ingresso [11 (0-26) Vs 3 (0-25); p=0.001)] che in quelli senza delirium [22 (0-30) Vs 20 (0-30); p=0.002)]. Inoltre, tale incremento significativo del punteggio MMSE si osservava indipendentemente dal grado di compromissione cognitiva iniziale (Tab 3) e dalla durata della degenza (Tab 4). Analogamente, l’incremento del punteggio MMSE si manteneva suddividendo la popolazione in base al grado

di comorbilità: indice di Charlson ≤ 4 (p=0.05), maggiore di 4 e ≤6 (p=0.001), maggiore di 6 e ≤8 (p=0.002) e ≥ 9 (p=0.05).

Deficit cognitivo e mortalità

Durante la degenza la mortalità complessiva è stata pari all’8%. I pazienti deceduti presentavano all’ingresso un punteggio MMSE (p=0.0003) ed un indice di Barthel (p=0.003) significativamente inferiore, una maggiore prevalenza di delirium (p=0.0004) ed un indice di Charlson più elevato (p=0.03), oltre ad un’età più avanzata (p=0.0004) rispetto ai soggetti di messi (tabella 5). Differenze statisticamente significative tra i pazienti sopravvissuti e quelli deceduti sono state documentate anche per quanto riguarda i livelli plasmatici di glicemia (p=0.02), albumina (p=0.02), LDH (p=0.02), PCR (p=0.03), creatinina (p=0.04) e potassio (p=0.03) (tabella 5).

Mediante regressione logistica multipla, ponendo la mortalità come fattore dipendente e punteggio MMSE, indice di Barthel, presenza di delirium, indice di Charlson, età e i parametri ematochimici sopra riportati come variabili indipendenti, la compromissione cognitiva (MMSE, p=0.003) seguita dalla glicemia (p=0.01) risultava essere il fattore di rischio indipendente più rilevante per la mortalità (Tab. 6). In particolare un declino cognitivo severo (MMSE<18) comportava un rischio di mortalità cinque volte superiore [Odds ratio 5.5 (95% CI: 3-10)].

DISCUSSIONE

Il numero di anziani che afferiscono ai reparti di emergenza è in costante aumento e tra questi la prevalenza di demenza e delirium risulta molto elevata, aggirandosi intorno al 6-8% e 26-40%, rispettivamente (124,231).

Nel nostro studio la prevalenza di delirium (31.2%) è conforme ai dati epidemiologici della letteratura (161,231). Al contrario, la prevalenza di deficit cognitivo grave (MMSE<18) risulta particolarmente elevata, intorno al 50% con solo un quarto dei pazienti (25.8%) con lieve o assente compromissione (MMSE>24). Una possibile spiegazione di questo risultato può essere ricondotta all’elevato indice di vecchiaia della Regione Toscana con una prevalenza di ultraottantenni di circa il 7% (ISTAT 2010). Infatti, la prevalenza di demenza varia da circa il 5% nei soggetti di età compresa tra i 75 e i 79 anni fino ad oltre il 25% negli ultraottantacinquenni (232).

Oltre a ciò, va rilevato che il MMSE è stato somministrato immediatamente dopo il trasferimento dal DEA, ambiente di per sé sfavorevole per l’equilibrio psico-cognitivo del paziente anziano (ritmi serrati, scarsa illuminazione, lunghe attese su barelle, eccessivi rumori etc.), che può favorire il manifestarsi di uno stato confusionale acuto (delirium), presente in circa un terzo dei pazienti del nostro studio. Un’altra possibile spiegazione è che il quadro patologico acuto responsabile dell’accesso al DEA possa, particolarmente nel paziente anziano, determinare un temporaneo peggioramento della funzione cognitiva, indipendentemente dalla presenza di delirium. In accordo con questa ipotesi, abbiamo osservato un miglioramento statisticamente significativo del punteggio MMSE alla dimissione rispetto all’ingresso in reparto, in concomitanza con la risoluzione del quadro acuto. Tale miglioramento risultava indipendente sia dal grado di compromissione cognitiva iniziale che dalla durata della degenza, che comunque era inferiore ai cinque giorni in oltre il 50% dei pazienti. L’incremento del punteggio MMSE si manteneva significativo anche escludendo i pazienti con delirium

all’ingresso, sebbene quest’ultimo si associasse ad una più grave compromissione cognitiva. In questo contesto risulta particolarmente interessante notare come nei pazienti più fragili, con maggiore comorbilità, l’evento acuto fosse in grado di indurre un più spiccato transitorio deterioramento delle capacità cognitive, come indicato da un incremento medio di oltre 8 punti del MMSE alla dimissione. Va sottolineato comunque che minime variazioni del punteggio MMSE (1 o 2 punti), anche se statisticamente significative, possono non corrispondere ad un reale miglioramento della funzione cognitiva (157). E’ ampiamente documentato come la degenza, associata o meno alla presenza di patologia acuta critica, comporti un peggioramento del deficit cognitivo persistente nel tempo (149,162,233). Al contrario vi sono pochi studi che documentano la comparsa di una compromissione cognitiva parzialmente reversibile alla dimissione e quindi alla risoluzione del quadro acuto (13). Analogamente ai nostri dati, in uno studio di Inouye et al. il 39% di 460 ultra-settantenni ricoverati in regime d’urgenza in un reparto di medicina generale presentava, al momento della dimissione, un miglioramento del punteggio MMSE variabile da 3 a 13 punti (164). Non vi sono attualmente evidenze riguardo la possibile interazione tra gravità della patologia acuta e compromissione transitoria dello stato cognitivo. Benché nel nostro studio non siano stati utilizzati score di gravità di malattia acuta, abbiamo documentato una significativa correlazione diretta tra punteggio MMSE e concentrazione plasmatica di albumina e triiodotironina libera (FT3) e negativa con i livelli di VES e PCR. Poiché l’intensità dello stato flogistico e la riduzione della concentrazione plasmatica di FT3 sono considerati markers di gravità di malattia (234), la descritta

correlazione sembra confermare il ruolo patogenetico almeno parziale del quadro clinico acuto sul grado di compromissione cognitiva all’ingresso. Inoltre, l’ipoalbuminemia potrebbe aver svolto un ruolo scatenante per l’insorgenza di delirium, con conseguente maggiore transitoria compromissione cognitiva, attraverso diversi meccanismi, quali ad esempio un incremento della concentrazione plasmatica di farmaci potenzialmente tossici per il SNC (84). In accordo con queste considerazioni è stata descritta un’associazione tra deterioramento cognitivo, ipoalbuminemia ed elevati livelli di PCR (235-237). Contrariamente a quanto riportato da alcuni autori (135), i nostri risultati non confermano la presenza di un’associazione tra deficit cognitivo all’ingresso e durata della degenza, sebbene quest’ultima sia stata generalmente molto breve (mediana: 3 giorni). Nel nostro studio la mortalità globale (8%) era in linea con le più basse riportate in letteratura, variabili dal 7 al 20% (61,238). All’analisi multivariata, il deficit cognitivo è emerso come il più importante fattore predittivo di mortalità seguito dall’iperglicemia a digiuno, mentre gli indici di flogosi (PCR, VES) e l’età non raggiungevano la significatività statistica. In particolare un severo declino cognitivo (MMSE<18) comportava un incremento di 5 volte del rischio di mortalità. I nostri dati quindi confermano come pazienti anziani, ricoverati per patologia acuta, con grave compromissione cognitiva, funzionale e delirium, presentino un incremento del rischio di mortalità a breve termine (61,128,238); numerosi studi infatti hanno infatti documentato come la presenza di deterioramento cognitivo determini nel paziente anziano ospedalizzato, oltre ad un peggiore “outcome” in termini funzionali (240) e di istituzionalizzazione (239), un significativo incremento della mortalità a breve

termine (61,126,129-131). La ragione per cui i pazienti con deficit cognitivo abbiano un incremento del rischio di morte in corso di patologia acuta non risulta ad oggi ben chiara. Alcuni autori hanno suggerito che i pazienti con deterioramento cognitivo siano più frequentemente vittime di eventi iatrogeni avversi e che le cure loro prestate possano non essere sempre ottimali (129,131,133). I nostri dati confermano inoltre il ruolo prognostico negativo dell’iperglicemia a digiuno come recentemente dimostrato in uno studio prospettico multicentrico in pazienti anziani ospedalizzati sia in reparti geriatrici che di medicina interna (241). In conclusione, il presente studio documenta l’estrema frequenza di grave deficit cognitivo nei pazienti ultrasettantenni ospedalizzati per patologia acuta e ne conferma il primario ruolo prognostico negativo, suggerendo quindi la necessità di includere lo screening cognitivo nella routine dell’inquadramento clinico del paziente anziano. Lo stato cognitivo appariva significativamente migliorato al momento della dimissione indipendentemente dal grado di compromissione iniziale e dalla durata della degenza, suggerendo che la patologia acuta è in grado di indurre una transitoria alterazione della performance cognitiva.

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