61 MALATERRA, I, 16; AMATO, III, 9 e poi si veda NORWICH, I normanni del sud cit., p. 92. 62 MALATERRA, I, 17.
63 Tra il 1050 e il 1051 Leone IX avviava trattative con i normanni con lo scopo di dare corpo
ai suoi programmi politici e religiosi. Guaimario e Drogone accettarono di accordarsi con il pontefice che pensava che un’alleanza fra i signori locali, i Greci e i principi d’oltralpe fosse sufficiente a bloccare i Normanni. Ci sfuggono i motivi del fallimento di queste intese ma non sembra da trascurare la loro coincidenza con l'assassinio di Drogone. Il conte normanno di Puglia infatti venne assassinato dai suoi, assai scontenti del suo operato. MATTHEW, L’Europa normanna
cit, p. 39; TRAMONTANA, La monarchia normanno-sveva cit., p. 483.
64 MALATERRA, I, 13. Secondo il cronista, i longobardi di Puglia decisero di uccidere tutti i
normanni in un giorno solo e al momento stabilito colpirono il conte di Puglia Drogone mentre si trovava in chiesa, trucidando anche molti che erano con lui. Il fratello di Drogone, Umfredo d'Altavilla, riservandosi il titolo di conte, vendicò la morte del suo predecessore uccidendo i colpevoli.
65 P. DELOGU, I normanni in Italia: cronache della conquista e del Regno, Napoli 1984, p. 54. 66 Il nuovo pontefice voleva affermare la superiorità della sede pontificia, riorganizzare la
gerarchia ecclesiastica e imporre la piena potenza patrimoniale, fiscale e dottrinale sulle chiese di Calabria, Puglia e Sicilia che dall’VIII secolo erano sotto la giurisdizione del patriarcato costantinopolitano per volere dell’imperatore bizantino: CILENTO-VANOLI, Arabi e normanni cit.,
da tutti gli altri pontefici. In merito alla cosiddetta “Donazione di Costantino”67 papa Leone IX rivendicava il dominio sul tutto il sud dell'Italia68 e forte dell'esercito di tedeschi inviatogli dall'imperatore germanico si presentò a combattere la battaglia di Civitate69, uno degli episodi meglio documentati della storia dei normanni del sud. E se tutte le fonti normanne furono d'accordo, come era prevedibile, a cantare le medesime gesta eroiche dei cavalieri nordici, anche quelle pontificie70, ad onor del vero, fecero emergere l'esito poco felice per il papa.
I normanni per quanto spietati, avvezzi ai saccheggi, e dediti alla guerra, alla vigilia della battaglia presso il Fortore, dove l'esercito pontificio, come d'accordo, attendeva di ricongiungersi a quello dei bizantini, speravano in un accordo pacifico, preoccupati di dover combattere contro il vicario di Cristo71. Quando però l'esercito normanno, guidato da Riccardo Quarel, Umfredo d'Altavilla e Roberto il Guiscardo, che aveva creato un contingente con uomini provenienti dalla Calabria, si vide rifiutare la proposta si scagliò contro quello papale. L'esito della battaglia è cosa nota. Limpidi e trucidi i versi latini di Guglielmo di Puglia sull'efferatezza del Guiscardo in questa battaglia che «alcuni trafigge con la lancia, altri decapita con la spada e con le sue mani possenti vibra
p. 188. Si veda anche O. CAPITANI, Immunità vescovili ed ecclesiologia in età “pregregoriana” e “gregoriana”, Spoleto 1966, p. 183 e sg.
67 Sulla donazione di Costantino si veda P. DE LEO, Ricerche sui falsi medioevali, I. Il
Constitutum Costantini: compilazione agiografica del secolo VIII. Note e documenti per una nuova lettura, Reggio Calabria 1974. Più recentemente si veda: A. MARCONE, Pagano e cristiano.
Vita e mito di Costantino, Roma-Bari 2002 e G. M. VIAN, La donazione di Costantino, Bologna 2004. Fondamentale resta comunque: O. BERTOLINI, Le origini del potere temporale e del dominio
temporale dei papi, in I problemi dell'occidente nel secolo VIII, Atti della XX Settimana di studi
sull'alto medioevo (Spoleto, 6-12 aprile 1972), Spoleto 1973, pp. 231-255. Per i significati giuridici si veda D. MAFFEI, La donazione di Costantino nei giuristi medievali, Milano 1964.
68 Furono gli stessi pugliesi a incitare il pontefice Leone IX a intervenire per rivendicare ciò
che gli spettava di diritto: MALATERRA, I, 14.
69 Storia de’ Normanni, III, 37: «...Se appareilla, de destruire li Normant. Il asembla plus de
gent qu'il n'avoit avant, et avoit o lui .ccc. Todesque et comensa à venir contre li Normant». «...Si preparò a distruggere i normanni. Egli radunò più gente che poteva e aveva con sé 300 tedeschi, quando cominciò a venire contro i Normanni».
70 «Mentre il beato Leone stava a Roma, reggendo pacificamente la sede apostolica,
giungevano molti dalla Puglia con gli occhi strappati, il naso tagliato, i piedi e le mani mozzati, dolendosi miserevolmente della crudeltà dei Normanni. E avvenne perciò che quell'uomo mitissimo, pieno di misericordia e di pietà, commosso dall'immensa afflizione dei meschini, tentasse di umiliare la superbia di quella gente. Raccolto un esercito piccolo, ma costituito di forti combattenti, muove contro i normanni a combattere, certo con molto amor di Dio, ma forse con minore sapienza...»: BRUNO DI SEGNI, Vita di s. Leone IX, in I.M. WATTERICH, Pontificum
terribili colpi; combatte con entrambe le mani, e dovunque decide di colpire, va a segno sia con la lancia che con la spada [...] così Roberto non cessa di fare strage, con diversi tipi di morte [...], ad alcuni tronca un piede, ad altri le mani, ad altri sfracella il capo e il corpo; ad alcuni taglia a pezzi il ventre e il petto, ad altri trafigge le costole dopo aver tagliato il capo, rendendo i grandi corpi mutilati simili ai piccoli [...]»72. Furono uccisi dunque tutti i tedeschi. E il papa era solo e indifeso. Ma «accoltolo con la riverenza dovuta alla Santa Sede di Roma, i normanni con grande devozione gli si prostrarono ai piedi chiedendogli perdono e invocando la sua benedizione»73. Di fatto però lo fecero prigioniero, disarmando la Chiesa. A partire da quel momento si mostrò chiaramente l’impossibilità di cacciare i Normanni dal Mezzogiorno. Qualche anno dopo, durante la riforma della chiesa portata avanti da pontefici romani, i normanni, inoltre, da odiati nemici divennero preziosi alleati del papa74.
Leone IX venne liberato nel 1054. Non sappiamo a seguito di quali accordi; non esistono bolle papali che attestino investiture ma è ragionevole pensare che il pontefice riconobbe tutte le conquiste effettuate dai normanni fino ad allora75. Con la battaglia di Civitate i normanni divennero la principale potenza militare del sud Italia, primo indizio, forse, anche per il futuro primato politico che non tardò ad arrivare. Nel 1057, quando il Guiscardo si trovava a San Marco, gli giunse notizia che il fratellastro, il conte Umfredo di Puglia, era moribondo76. Benché tra i due non scorse mai buon sangue Roberto venne nominato tutore e protettore del figlio del conte, Abelardo, ancora in fasce, le cui terre vennero inglobate a quelle che il Guiscardo aveva appena conquistato. Roberto d'Altavilla si preparava a divenire Conte di Puglia.
71 Così in AMATO, III, 39.
72 GUGLIELMO DI PUGLIA, II, vv. 222-243.
73 MALATERRA, I, 14. Allo stesso modo AMATO, III, 41: «Il papa aveva paura e il clero
tremava. I normanni vincitori gli offrirono la speranza e promisero che con loro il papa sarebbe stato sicuro; e lo condussero con tutta la sua gente a Benevento, e avrebbero somministrato subito loro pane e vino e tutte le cose necessarie». «Li pape avoit paour et li clerc trembloient. Et li Normant vinceor lui donnerent sperance et proierent que securement venist lo pape, liquel meneront o tout sa gent jusque a Bonvenic, et lui aministroient continuelment pain et vin et toute choze necessaire».
74 HOUBEN, I Normanni nel sud cit., p. 275.
75NORWICH, I Normanni nel sud cit., p.114. La Piccinni scrive: «Benevento rimase sotto la
giurisdizione papale, come un'isola pontificia in terra normanna, giacché il resto dell'antico ducato venne, invece, tutto conquistato»: PICCINNI, I mille anni del Medioevo cit., p. 200.
2.3 – Conquista della Calabria
In aiuto del fratello accorse, presumibilmente intorno al 1056, anche l'ultimo figlio di Tancredi, Ruggero77, forse il vero protagonista di questa storia. Insieme i due fratelli Altavilla restituirono la Sicilia alla cristianità, difesero il papato contro Enrico IV nella lotta per la libertà della Chiesa, mortificarono la superbia bizantina fin nel cuore stesso dell'impero78. Le loro gesta vennero cantate dai cronisti del tempo. Ed è innegabile che anche ai posteri più prossimi, nonostante i loro modi assai discutibili e la loro indole di popolazione nordica che ricordava, almeno nei mezzi, quella degli antenati vichinghi, i due Altavilla apparvero come i «liberatori di un popolo avvilito, portatori della più pura tra le religioni e sanatori di coscienze turbate dall’ortodossia greca e dalla religione islamica»79. Non a caso anche Dante poneva Roberto il Guiscardo tra i difensori della fede80. Ascesero in poco tempo dal nulla a magnifica potenza. Debellarono bizantini, saraceni e longobardi e chiunque oltraggiasse i loro grandi disegni. Litigarono, si riconciliarono, si trovarono di nuovo in disaccordo. Accorsero ognuno a sostenere l'altro. Si odiarono in quanto capi supremi ma tornarono sempre ad amarsi da fratelli.81 Come diceva Malaterra «operavano separatamente per accrescere ognuno la propria fortuna, ma in caso di necessità sapevano di dover unire le forze in mutuo soccorso»82. Ognuno di loro ebbe un rispettivo campo d'azione. Se infatti Roberto gravitava intorno alla zona della Puglia e quella del principato di Salerno, Ruggero controllava la Calabria e la Sicilia e fu suo figlio, Ruggero II, a essere poi incoronato re dell'isola siciliana. «Era un
77 Secondo AMATO (III, 43) Ruggero giunse in Italia dopo la battaglia di Civitate (1053);
secondo MALATERRA (I, 19) dopo la morte di suo fratello Umfredo (1057). Sulla figura di Ruggero si veda l’esaustivo ritratto di TRAMONTANA, Ruggero I d’Altavilla cit.
78 PONTIERI, Tra i normanni cit., p. 197.
79 Ibid., p. 12. Si veda anche TRAMONTANA, La monarchia normanno-sveva cit.: «è abbastanza
probabile che la gente cristiana, specialmente in Sicilia, accogliesse con sollievo i nuovi arrivati, ma sembrerebbero piuttosto esagerati i racconti delle fonti normanne secondo le quali gli abitanti attendevano i due condottieri con ricchi doni». Così in AMATO, V, 21 e 25 e in MALATERRA, II,
14.
80 Par., XVIII, vv. 46-48, in DANTE, Commedia, III, Paradiso, a cura di A. M. CHIAVACCI
LEONARDI, Milano 1994: «...Poscia trasse Guiglielmo e Rinoardo / e 'l duca Gottifredi la mia vista / per quella croce, e Ruberto Guiscardo».
81 Secondo Mor, Ruggero nasce come un violento avventuriero, un ladro quasi al pari del
Guiscardo, meno astuto e subdolo del fratello ma con una moralità molto più coerente di quella del duca di Puglia: MOR, Ruggero Gran Conte e l'avvio alla formazione cit., p. 111.
giovane bellissimo, alto, elegante nel portamento, buon parlatore, astuto, meticoloso nei suoi disegni, gioviale e affabile con tutti, forte e fiero soldato»83.
Contrappose con chiarezza riferimenti culturali alla bruta violenza della guerra. Riuscì a far coesistere nel suo operato la saggezza della politica e la ferocia della spada84. Si ricorda ai posteri con l'appellativo di Gran Conte85 , più che con quello di Bosso, con il quale venne, è vero, alcune volte soprannominato. Preme qui sottolineare il rapporto stretto tra i due fratelli Altavilla, soprattutto nel loro intento di conquista della Calabria86. Tale conquista invero dovette seguire determinati percorsi che la natura e le particolari condizioni geografiche di una regione come la Calabria, obbligavano a percorrere. Come prima ricordato, Drogone d’Altavilla aveva assegnato al fratello Roberto un «castrum in Valle Cratensi, in loco qui Scribla dicitur», con l’esplicito scopo «ad debellandos Cusentinos et eos qui adhuc in Calabria rebelles erant»87. Ed è proprio questo il momento in cui, tutti gli storici abbastanza concordemente, fanno iniziare la conquista della Calabria da parte dei Normanni88.
In questa prima fase l’insediamento normanno, come ricorda Malaterra, si configura come un semplice accampamento89. Ruggero I, appena arrivato in Puglia viene inviato nel Vibonese dal Guiscardo, che forse voleva mettere alla prova le attitudini militari e le ambizioni del fratello, mandandolo a conquistare ciò che lui aveva volutamente evitato90. Il Gran Conte riuscì a sottomettere molti
castra situati soprattutto nella zona della valle delle Saline, nell’attuale piana di
82 MALATERRA, II, 46. 83 MALATERRA, I, 19.
84 TRAMONTANA, I normanni in Calabria cit., p. 21.
85 Vincenzo D’Alessandro si chiede quando Ruggero I abbia assunto il titolo di Granconte, o
perché lo preferisse ad un altro come quello ducale adottato dal fratello. Da alcuni documenti normanni pare che Ruggero I assumesse tale titolo quando ormai appariva sicura la conquista della Sicilia: V. D’ALESSANDRO, Il problema dei rapporti fra Roberto il Guiscardo e Ruggero I, in Roberto il Guiscardo e il suo tempo, Atti delle prime giornate normanno-sveve (Bari, 28-29
maggio 1973), Roma 1975, pp. 91-105: 97-98 e le note 34-36.
86 Fino a quel momento ai normanni non erano del tutto sconosciute le terre calabresi. Oltre,
ovviamente alle allora recenti conquiste del Guiscardo, presumibilmente ai tempi della spedizione di Maniace in Sicilia nel 1038, i normanni avevano già attraversato quei territori aspettando di devastarle nel viaggio di ritorno in Puglia. Cosi in AMATO, II, 8 e 14 e MALATERRA, I, 7-8.
87 MALATERRA, I, 12.
88 GIVIGLIANO, I percorsi della conquista cit., p. 23. 89 MALATERRA, I, 19: castrametatus, tentoria fixit.
90 Ibid.: «Porro Guiscardus, fratris constantiam et militarem audaciam certius experiri volens,
Gioia Tauro91. In generale però il progetto della conquista si svolse in maniera incruenta, dal momento che la maggior parte dei centri calabresi preferì arrendersi spontaneamente piuttosto che combattere contro la proverbiale ferocia dei due condottieri normanni92. Soltanto alcuni paesi come Cariati93 e Squillace vennero assediati e quindi conquistati. Gerace giurò fedeltà ma non permise al duca normanno di penetrare nelle sue mura94. Stilo pare fosse stata assediata dal Guiscardo mentre si dirigeva verso Reggio95. La città di Santa Severina è al centro dell’episodio del contrasto tra Roberto e il figlio di Umfredo, il nipote Abelardo96. Ruggero «ora con minacce, ora con lusinghe, sottomise undici famosissimi castelli»97. Probabilmente a rallentare, anche se di poco, la conquista della Calabria concorse la terribile carestia che colpì la regione nel 105898, e il litigio tra i due Altavilla, quando Roberto cominciò a mostrare parsimonia nel ricompensare l'operato del fratello. Tutto ciò provocò un'insurrezione di calabresi a Nicastro99, che «uccisero i sessanta soldati normanni che erano stati lasciati lì a difesa del castello»100. E se i calabresi più volte approfittarono dei litigi dei normanni, perennemente in disaccordo nella spartizione delle terre, non riuscirono
91 Il Malaterra è molto incisivo quando narra la dedizione delle città calabresi; si può dire che
tutte o quasi si comportarono come gli abitanti dei dintorni di Vibona, i quali atterriti dalle razzie del conte Ruggero, «munera plurima dantes, fortissima castra enerviter reddunt in servitutem, iuramentis et obsidus federantur», MALATERRA, I, 19.
92 Come ricorda Pontieri: «Ogni castron trattò separatamente con i vincitori, i quali imposero
condizioni differenti, secondo l’importanza di essi. Alcune popolazioni tentarono di resistere, ma per breve tempo, poiché non tardarono a sentirsi impotenti dinnanzi a un nemico più valido, più dinamico, soprattutto per l’assenza di scrupoli. Altre atterrite dai saccheggi e dalle rappresaglie nemiche, preferirono evitarle, trattando anzi tempo»: PONTIERI, Tra i normanni, p. 131.
93 Pare che Roberto fosse intento all’assedio di Cariati quando Niccolò II arrivò a Melfi. Dopo
avere ottenuto dal papa il titolo di duca di Puglia e di Calabria il Guiscardo ritorna a Cariati che impaurita del prestigio appena conquistato dal normanno si arrende spontaneamente. GUGLIELMO DI PUGLIA, II, vv. 404-410: «unde sibi calaber concessus et Appulus omnis / est locus, et Latio
patriae dominatio gentis. / Romam papa redit, cum magno dux equitatu / obsessum repetit Cariatum, quo sibi fida / maxima pars equitum dimissa remanserat ante. / Gens Caratiensis, duce perturbata reverso, / non obstare valens, illi se dedit et urbem».
94 MALATERRA, II, 24: «Geracenses jamdududum fidelitatem juraverant; non tamen urbem ut
pro libito suo uteretur reddiderunt». Cfr. anche capitolo 4, par. 2.
95 AMATO, VI, 13 e MALATERRA, II, 44.
96 MALATERRA, III, 5-6. Roberto fece prigioniero il conte Ermanno, fratello di Abelardo e lo
inviò al fratello Ruggero perchè fosse rinchiuso nella torre di Mileto. Abelardo mosso da fraterna compassione propose al duca la resa della città di Santa Severina in cambio della liberazione del fratello, che avvenne soltanto dopo la resa di un ulteriore roccaforte in Puglia.
97 MALATERRA, I, 36. 98 MALATERRA, I, 27.
99 Nicastro insieme a Maida nell’istmo di Catanzaro si arresero al Guiscardo quando questi
stava ritornando in Puglia. MALATERRA, I, 18.
comunque a opporre che una fievole resistenza, poiché i due Altavilla, nel timore di perdere quanto conquistato, si riappacificavano sempre assai celermente, scongiurando ogni minaccia101. Il duca di Puglia concesse al fratello la metà della Calabria già conquistata e da conquistare102. Tale spartizione valeva per ogni singola città, di cui una parte doveva toccare al Guiscardo e l’altra al Gran Conte103. Questi, restituita Scalea a Roberto, stabilì la sua residenza a Mileto104. Nel 1059, prima che i reggini «potessero fare il raccolto del frumento», Roberto e Ruggero assediarono Reggio, capitale del tema bizantino, che non volle fino ad allora arrendersi105. All’interno delle sue mura si erano rifugiati i presidi e le autorità bizantine scacciati da ogni parte. La stretta normanna fu così forte che, nonostante la città fosse protetta da solide mura e la resistenza degli assaliti fu così caparbia da conservare la città per alcuni mesi, fu concordata la resa da parte della popolazione, intimorita e spaventata. Secondo quasi tutti i cronisti, fu proprio a Reggio che il Guiscardo, per iniziativa dell'esercito, venne acclamato duca106. Alcuni bizantini scappati da Reggio si rifugiarono nel castello di Scilla107 che tuttavia venne assediato e conquistato, mentre i soldati bizantini e gli alti funzionari imperiali si diressero a Costantinopoli. Gli abitanti di Scilla chiamarono Ruggero e stipularono la pace consegnandogli la città108. Sulle prime la conquista normanna pesò molto sugli abitanti calabresi. Successivamente furono gli stessi cittadini a rendersi conto che gli invasori non avevano nessun interesse a cambiare il sistema dell’amministrazione locale, limitandosi a imporre
101 Malaterra ricorda come Roberto raggiunse, dopo il litigio, con cuore fraterno il fratello
Ruggero presso Scalea, castrum concessogli nel 1058 dal fratello Guglielmo, quasi a riparazione dei torti subiti dal Guiscardo: MALATERRA, I, 24. Il Gran Conte, al pari del fratello conduceva vita brigantesca, pronto a rubare i cavalli adocchiati in qualche vicina scuderia, od a spogliare mercanti che sospettava carichi di ricchezze: MALATERRA, I, 25-26.
102 MALATERRA, I, 29 «... e gli concesse metà di tutta la Calabria dai monti Nicefolo e
Squillace, che erano già in loro possesso, fino a Reggio che era ancora da conquistare».
103 CHALANDON, Histoire de la domination normande cit., p.153.
104 La città di Mileto venne donata al Granconte dal fratello Roberto: MALATERRA, I, 32. 105 MALATERRA, I, 34; AMATO, IV, 3. Già nell’inverno 1058 i due fratelli avevano preparato un
assalto su Reggio, ma si risolse in un attacco vano perché scoppiò tra i due Altavilla un’aspra discordia. MALATERRA, I, 19.
106 Così in AMATO, IV, 3 e in MALATERRA, I, 35.
107 G. RAVEGNANI, I bizantini in Italia, Bologna 2004, pp. 198-199. Ravegnani, così come
Chalandon, traduce lo Scillacium di Malaterra in Squillace. Ma si tratta, a mio avviso, di un errore in quanto, Squillace si trova a circa centocinquanta chilometri da Reggio contro la più vicina cittadina di Scilla. Di quest'avviso, cioè che si tratti di Scilla, è anche NORWICH, I Normanni del sud cit., p. 154.
un tributo sicuramente non più oneroso di quello che avevano già pagato ai funzionari bizantini109.
Dopo la conquista di Reggio, sebbene non si può ancora parlare di
Calabria normanna, sicuramente è giusto affermare che la storia della Calabria
bizantina era agli sgoccioli. I due fratelli si trovarono uniti probabilmente anche nel momento in cui il Guiscardo ricevette l'investitura ducale a Melfi110, quando apparvero nitide le ambizioni e le mire di conquista dei due Altavilla. Dopo la Calabria, la Sicilia diventava un passo quasi obbligato.
2.4 – Conquista della Sicilia
“Io, Roberto, per grazia di Dio e di San Pietro duca di Puglia e di Calabria e, con l'aiuto di essi, futuro duca di Sicilia, sarò d'ora in poi fedele alla Chiesa Romana...”111
Soltanto a chi sia capitato di passeggiare sul lungo mare di Reggio Calabria può riuscire facile immaginare cosa avesse provato il Gran Conte Ruggero all'indomani della conquista della cittadina calabrese, ultima roccaforte bizantina in quella regione. È infatti impossibile non scorgere distintamente, anche nei giorni di foschia, il panorama della costa siciliana, con il suo contorno
109 G. GAY, L’Italia meridionale e l’impero bizantino dall’avvento di Basilio I alla resa di Bari
ai Normanni (867-1071), Firenze 1917, p. 490.
110 GUGLIELMO DI PUGLIA (II, vv. 384-405) è l’unico dei cronisti che si dilunga sull’investitura
del Guiscardo a Melfi: «Viene accolto a Melfi, dove è ricevuto con grande onore anche il papa, che si è recato in quella regione per trattare affari ecclesiastici. Infatti in questa regione, sacerdoti, diaconi e tutto il clero si univano in matrimonio apertamente. Il papa vi tiene un concilio, e