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In questo capitolo studiamo alcune propriet`a fondamentali delle matrici simmetriche definite su uno spazio vettoriale euclideoV . Assoceremo a tali matrici degli opportuni operatori lineari su V , detti operatori autoaggiunti. Questo permetter`a di dimostrare due risultati fondamentali (cf. Teoremi 0.11.1 e 0.12.2): il primo stabilisce che le matrici simmetriche ammettono sempre spettro reale, il secondo assicura che tali matrici sono sempre diagonalizzabili su R e che la diagonaliz-zazione avviene in una base ortonormale perV .

0.10 Operatori autoaggiunti e matrici simmetriche

Definizione 0.10.1. Sia(V, h , i) uno spazio vettoriale euclideo di dimensione n. Sia F un

o-peratore lineare suV . Allora, F si dice operatore autoaggiunto (rispetto a h , i) se, per ogni x, y ∈ V , vale:

hF (x), yi = hx, F (y)i. (29) A volte un tale operatore viene chiamato anche operatore simmetrico, per via della simmetria in (29). Tuttavia, come vedremo in seguito (cf. Esempio 0.10.1), il termine simmetrico potrebbe generare confusione. Pertanto, in tale testo preferiamo utilizzare la terminologia di opertatore autoaggiunto.

Come per gli operatori ortogonali, vogliamo stabilire come si rappresentano gli operatori autoag-giunti rispetto ad opportune basi. Per fare questo, dobbiamo considerare alcune questioni prelim-inari.

Ricordando Lemma 0.5.4 e Corollario 0.6.2, possiamo stabilire come si presentano gli opera-tori autoaggiunti in opportune basi.

Proposizione 0.10.1. Sia (V, h , i) uno spazio vettoriale euclideo di dimensione n e sia F un

opertatore autoaggiunto.

(i) Sia f una qualsiasi base ortonormale di (V, h, i). Sia A = Mf(F ). Allora A `e una matrice

simmetrica, i.e.A = tA.

(ii) Sef `e un’altra base ortonormale, siaB = Mf′(F ). Allora, B `e essa stessa una matrice

sim-metrica, che `e inoltre congruente adA. Precisamente, se M = Mf f′ `e la matrice cambiamento di base daf a f, alloraB = tM AM .

Dimostrazione. (i) Siafj un qualsiasi vettore della basef , 1 ≤ j ≤ n. Se A = (aij), 1 ≤ i, j ≤ n, abbiamo per definizione che

F (fj) = a1jf

1+ a2jf

2+ . . . + anjfn, ∀ 1 ≤ j ≤ n. (30) Il fatto chef `e ortonormale, determina Bf(h , i) = In(cf. Proposizione 0.5.1). Pertanto, da (30) vediamo subito che

hF (fj), fii = haijfi, fii = aij, ∀ 1 ≤ i, j ≤ n.

D’altra parte, sempre da (30) dove utilizziamo l’indicei al posto dell’indice j, abbiamo hfj, F (fi)i = hfj, ajifji = aji ∀ 1 ≤ i, j ≤ n.

Dalla condizione (29) che stabilisce cheF `e autoaggiunto, abbiamo quindi che aij = aji,∀ 1 ≤ i, j ≤ n. Pertanto A `e simmetrica.

(ii) Poich´e la basef `e ortonormale, per (i)B = Mf′(F ) `e simmetrica. Ora, dato che A e B sono due matrici (simmetriche) che rappresentano lo stesso operatoreF in due basi diverse, allora esse sono coniugate mediante la matrice cambiamento di baseM := Mf f′, i.e. valeB = M−1AM . Poich´ef e fsono inoltre ortonormali, da Teorema 0.5.5M `e una matrice ortogonale. Pertanto, da Corollario 0.6.2,B = tM AM , i.e. A e B sono congruenti per mezzo di M .

Osservazione 0.10.1. Notiamo che il fatto cheB sia simmetrica discende automaticamente dalla relazione di congruenza traA e B e dal fatto che A `e simmetrica; infatti abbiamo:

tB = t(tM AM ) = tM tAt(tM ) = tM tAt(tM ) = tM AM = B. (31)

Osservazione 0.10.2. Possiamo invertire la corrispondenza precedentemente descritta. Infatti,

seA `e una matrice simmetrica di ordine n, possiamo considerare A come la matrice associata ad un operatore autoaggiunto in un’opportuna base ortonormalef di (V, h , i), che determina l’identificazione dello spazio vettoriale euclideoV con Rn. Tale operatore autoaggiuntoF = FAf sar`a definito estendendo per linearit`a le relazioni (30) valide per i versori della base ortonormale f . In altri termini, parlare di operatori autoaggiunti su V , spazio euclideo di dimensione n, o di matrici simmetriche reali di ordinen, relativamente a basi ortonormali di V , sono cose equiva-lenti. Inoltre, poich´e l’operatore cos`ı determinato `e autoaggiunto, da Proposizione 0.10.1-(ii), in differenti basi dovr`a valere la relazione di congruenza fra le varie matrici rappresentative.

In particolare, abbiamo dimostrato quindi:

Corollario 0.10.2. Sia(V, h , i) uno spazio vettoriale euclideo di dimensione n.

(i) Un operatore F su V `e autoaggiunto se, e solo se, la matrice rappresentativa di F in ciascuna

base ortonormale diV `e una matrice simmetrica.

(ii) Due matrici simmetriche A e B, n × n, rappresentano lo stesso operatore autoaggiunto

0.11. AUTOVALORI DI UNA MATRICE SIMMETRICA xli

Il rango dell’operatore autoaggiuntoF `e il rango della matrice simmetrica A = Mf(F ) che lo rappresenta in una qualsiasi base ortonormalef di V .

Osserviamo che Proposizione 0.10.1 e quanto discusso in Osservazione 0.10.2 valgono sotto le ipotesi che la basef sia ortonormale. Precisamente, non `e vero in generale che un operatore autoaggiunto ha, in ciascuna possibile base di V , una matrice rappresentativa che `e simmetrica. Viceversa, non `e vero che una matrice simmetrica rappresenti, in ciascuna base di Rn, un operatore autoaggiunto. Vediamo i seguenti esempi.

Esempio 0.10.1. Sia R2 lo spazio vettoriale euclideo, con prodotto scalareh , i standard come in Esempio 0.2.2 e con base canonicae come base ortonormale fissata. Sia A :=

 1 2 2 1

 . Tale matrice definisce l’operatoreF = Fe

Ache, in basee, `e determinato dalle condizioni F (e1) = e1+ 2e2, F (e2) = 2e1+ e2.

Tale operatore `e definito su tutto lo spazio vettoriale R2 per le propriet`a di linearit`a di F . Da Osservazione 0.10.2, poich´eA `e simmetrica ed e `e ortonormale, l’operatore F `e autoaggiunto. Sia orag la base data dai vettori g

1 eg

2, le cui coordinate rispetto ade sono g

1 =1 1  ,g 2 =2 1  . La baseg `e manifestamente non ortonormale. Pertanto, se denotiamo con M = Me g la matrice cambiamento di base dae a g, l’operatore autoaggiunto F ha in base g matrice rappresentativa

B = M−1AM =  −1 2 1 −1   1 2 2 1   1 2 1 1  =  3 6 0 −1 

che non `e simmetrica.

Esempio 0.10.2. Sia R2 lo spazio vettoriale euclideo munito di prodotto scalare standard, con base canonicae fissata. Sia g la base definita in Esempio 0.10.1. Sia S l’operatore di R2definito in baseg dalle condizioni S(g1) = g1+ g2,S(g2) = g1− g2. In baseg, l’operatore S ha matrice rappresentativa C := Mg(S) =

 1 1 1 −1



, che `e simmetrica. Per`o, S non `e un operatore autoaggiunto. Infatti

hS(g1), g2i = hg1, g2i + hg2, g2i, e hg1, S(g2)i = hg1, g1i − hg1, g2i; utilizzando le coordinate dei vettori dig rispetto ad e, notiamo che hS(g1), g

2i = 8 6= hg1, S(g

2)i = −1. Si pu`o verificare (lasciamo il compito al lettore) che in effetti Me(S) non `e simmetrica, come ci si doveva aspettare da Corollario 0.10.2.

0.11 Autovalori di una matrice simmetrica

Abbiamo visto in§ 0.6 che le matrici ortogonali possono non ammettere autovalori reali (in par-ticolare possono non essere diagonalizzabili). In questo paragrafo dimostriamo che una tale si-tuazione non capita mai per gli autovalori di matrici simmetriche. Precisamente, dimostreremo

che una qualsiasi matrice simmetrican × n ha esclusivamente autovalori reali. Questo avr`a con-seguenze fondamentali sugli operatori autoaggiunti in uno spazio vettoriale euclideo (cf.§ 0.12).

Una breve nota su come sar`a organizzato questo paragrafo. Per le conseguenze sugli opera-tori autoaggiunti in uno spazio euclideo di dimensionen, avremo bisogno di dimostrare che una qualsiasi matrice simmetrican × n ammette esclusivamente autovalori reali, per ogni n ≥ 1. Il modo pi`u breve per dimostrare questo risultato utilizza i numeri complessi (cf. Teorema 0.11.1). Invece, pern ≤ 3 intero positivo, si possono utilizzare tecniche pi`u elementari, che non ricorrono ad i numeri complessi. Pertanto, per facilitare il lettore eventualmente poco avvezzo ad i numeri complessi, in Teorema 0.11.2 tratteremo per via elementare i casi particolari conn ≤ 3.

Teorema 0.11.1. Sia n ≥ 1 un intero. Sia A una matrice simmetrica n × n. Allora A ha

esclusivamente autovalori reali.

Dimostrazione. Sen = 1, non c’`e nulla da dimostrare. Pertanto, assumiamo d’ora in poi n > 1. Se A `e la matrice nulla, essa ha tutti gli autovalori uguali a zero, i.e. 0 `e un autovalore di molteplicit`a algebrican. Assumiamo quindi che A sia una matrice non identicamente nulla. SiaT un’indeterminata e sia

P (T ) = PA(T ) = anTn+ an−1Tn−1+ · · · + a1T + a0

il polinomio caratteristico diA, con an = ±1 e aj ∈ R opportuni, per 0 ≤ j ≤ n − 1. Tale polinomio `e non nullo ed a coefficienti reali perch´eA `e una matrice reale, non nulla.

Ora, sia C l’insieme dei numeri complessi. `E ben noto che R⊂ C. Pertanto il polinomio P (T ) si pu`o vedere come un particolare polinomio a coefficienti complessi: precisamente i coefficienti di tale polinomio sono tutti numeri complessi della formacj := aj+ i · 0, dove i l’unit`a immaginaria; in altri termini icj hanno parte immaginaria nulla, per ogni0 ≤ j ≤ n. Ricordiamo che per C vale il Teorema fondamentale dell’Algebra, i.e. ogni polinomio in una indeterminataT ed a coefficienti in C ha tutte le sue radici in C. Pertanto, il polinomioP (T ) ha sicuramente tutte le sue radici in C. Si tratta di dimostrare che, per ogni radiceλ di P (T ), si ha λ ∈ R.

Come fatto per il polinomio caratteristico, possiamo considerare la matriceA come una par-ticolare matricen × n su C: gli elementi della matrice A sono particolari numeri complessi che hanno la parte immaginaria nulla, dato che per ipotesiA era una matrice reale. In tal modo, pos-siamo considerareF = FAl’operatore lineare sullo spazio vettoriale complesso Cnassociato alla matriceA rispetto alla base canonica eC di Cn. Poich´eλ `e un autovalore di A, e quindi di F , esiste un autovettorez ∈ CndiF tale che F (z) = Az = λz. Moltiplichiamo a sinistra l’ultima eguaglianza per tz, dove z `e il vettore coniugato di z, i.e. il vettore le cui coordinate rispetto ad eC sono le coordinate coniugate di quelle diz (ricordiamo che il coniugato a + i · b del numero complessoa + i · b `e il numero complesso a − i · b). Si ha pertanto

tzAz = tzλz = λtz z.

Se, rispetto adeC, abbiamo coordinatez = z1 · · zn

0.11. AUTOVALORI DI UNA MATRICE SIMMETRICA xliii allora tz z = n X j=1 zjzj = n X j=1 (a2j+ b2j) ∈ R \ {0},

per ogniz∈ Cn. Perci`o, poich´e

λ =

tzAz

tz z,

`e sufficiente dimostrare che anche tzAz ∈ R. Ricordiamo che un numero complesso a + i · b `e reale se, e solo se,a + i · b = a + i · b e che il coniugio di numeri complessi `e involutorio, i.e. a + i · b = a + i · b. Perci`o, poich´e A `e una matrice reale e simmetrica, si ha:

tzAz = tzAz = tztAz = t(tzAz) = tzAz

dove l’ultima eguaglianza discende dal fatto che, essendo tzAz uno scalare, l’operazione di trasposizione opera come l’identit`a.

Osservazione 0.11.1. SeA `e una matrice simmetrica n ×n, il suo polinomio caratteristico PA(T ) `e un polinomio di gradon. Se λ1, . . . λk,k ≤ n, sono tutti gli autovalori distinti di A il precedente risultato afferma che

n =

k

X

i=1

a(λi).

Pertanto,PA(T ) ha n radici distinte se, e solo se, tutti gli autovalori di A sono semplici.

Esempio 0.11.1. Consideriamo la matrice simmetrica

A = 0 0 2 0 2 0 2 0 0 .

Il polinomio caratteristico di A `e PA(T ) = (2 − T )(T2 − 4). Vediamo subito che A ha tutti autovalori reali: l’autovaloreλ1 = 2 `e semplice mentre l’autovalore λ2 = −2 `e di molteplicit`a algebrica2. Pertanto, il numero di autovalori distinti di A `e k = 2, ma se ciascuno di essi viene contato con la relativa molteplicit`a algebrica otteniamo che il numero delle radici (non distinte) di Pa(T ) `e 3, come il grado di PA(T ).

Come specificato all’inizio di questo paragrafo il precedente risultato, per i casi2 ≤ n ≤ 3, si pu`o dimostrare con tecniche pi`u elementari e senza invocare i numeri complessi.

Teorema 0.11.2. Sian ≤ 3 un intero positivo. Sia A una matrice simmetrica n × n reale. Allora A ha esclusivamente autovalori reali.

Dimostrazione. Se n = 1 non c’`e nulla da dimostrare. Pertanto, assumiamo d’ora in poi 2 ≤ n ≤ 3. Se A `e la matrice nulla, essa ha tutti gli autovalori uguali a zero, i.e. 0 `e un autova-lore di molteplicit`a algebrica n, con n = 2 o 3. Assumiamo quindi che A sia una matrice non identicamente nulla.

• Vediamo prima il caso n = 2. Dalle ipotesi su A, esistono a, b, c ∈ R, con (a, b, c) 6= (0, 0, 0), tali cheA =  a b b c 

. Il polinomio caratteristico `ePA(T ) = T2 − (a + c)T − (b2 − ac). Notiamo subito che, il discriminante dell’equazione di secondo grado data daPA(t) = 0 e’

∆ = (a + c)2+ 4(b2− ac) = a2+ c2+ 2ac + 4b2− 4ac = (a − c)2+ 4b2.

L’unica possibilit`a per avere∆ = 0 `e b = a − c = 0: in tal caso, necessariamente si deve avere a 6= 0; ma allora A = aI2, che pertanto ha due autovalori reali e coincidenti.

In tutti gli altri casi si ha necessariamente∆ > 0, dato che ∆ `e somma di due quadrati dove almeno uno traa − c e b `e diverso da zero. In tale eventualit`a, PA(T ) ha due soluzioni reali e distinte.

• Supponiamo ora n = 3. Data A simmetrica non nulla 3 × 3, il suo polinomio caratteristico ha grado tre. `E ben noto che un qualsiasi polinomio cubico ammette almeno una radice reale. Pertanto, nella nostra situazione,A ammette almeno un autovalore reale λ. Sia v un autovettore diA relativamente a λ. Sia evil versore ad esso associato, i.e.ev = ||v||v .

Sia oravil complemento ortogonale in R3della retta vettorialeSpan(v). Prendiamo una qualsi-asi base ortonormale div⊥, sia essab = f , f. Pertanto,g := ev, f , f `e una base ortonormale per R3. SiaM = Me g la matrice cambiamento di base dalla base canonicae a g. Poich´e e e g sono basi ortonormali,M `e ortogonale. Pertanto, in base g la matrice A si trasforma in B = tM AM che `e quindi una matrice simmetrica (cf. e.g. (31)).

Il fatto cheev `e un autovettore diA relativo all’autovalore λ implica che B = λ x y 0 a b 0 d c , conx, y, a, b, c, d ∈ R. Poich´e per`o, per quanto osservato, B deve essere simmetrica allora neces-sariamentex = y = 0 e b = d, i.e. B `e della forma

B = λ 0 0 0 a b 0 b c .

Ricordiamo che il polinomio caratteristico di una matrice `e invariante per la relazione di simili-tudine (equiv. coniugio). Poich´ee e g sono basi ortonormali, da Corollario 0.6.2, in tal caso il polinomio caratteristico `e invariante pure rispetto alla congruenza traA e B, quindi

PA(T ) = PB(T ) = (λ − T ) (T2− (a + c)T − (b2− ac)).

Dalla fattorizzazione precedente del polinomio, vediamo che il fattore lineare(λ − T ) fornisce la radiceλ ∈ R considerata in precedenza, per il fattore quadratico si ragiona esattamente come nel cason = 2, discusso in precedenza. In particolare, anche per n = 3, tutti gli autovalori di A sono reali.

0.12. TEOREMA SPETTRALE DEGLI OPERATORI AUTOAGGIUNTI xlv

0.12 Teorema spettrale degli operatori autoaggiunti

In questo paragrafo consideriamo il problema dell’esistenza di basi diagonalizzanti per operatori autoaggiunti in uno spazio vettoriale euclideo(V, h , i). Ricordiamo che queste basi diagonaliz-zanti sono basi in cui la matrice associata all’operatore autoaggiunto sar`a una matrice diagonale.

Abbiamo bisogno preliminarmente del seguente:

Lemma 0.12.1. Sia (V, h , i) uno spazio vettoriale euclideo di dimensione n ≥ 1. Sia F un

operatore autoaggiunto suV e sia u un suo autovettore, relativo ad un autovalore λ ∈ R. Allora,

denotato conu⊥il complemento ortogonale inV di Span(u), si ha:

F (u) ⊆ u. (32)

Dimostrazione. Per ipotesi, F (u) = λu. Per ogni v ∈ u, poich´e F `e autoaggiunto, si ha hF (v), ui = hv, F (u)i = hv, λui = λ hv, ui = 0, cio`e F (v) ∈ u⊥.

Possiamo finalmente dimostrare il seguente:

Teorema 0.12.2. (Teorema spettrale degli operatori autoaggiunti) Sia (V, h , i) uno spazio

vettoriale euclideo di dimensionen ≥ 1. Sia F un operatore autoaggiunto su V . Allora esiste

una basef , ortonormale per V , che `e costituita da autovettori di F .

Dimostrazione. Si procede per induzione sun = dim V . Se n = 1, non c’`e nulla da dimostrare: un qualsiasif ∈ R tale che f = ±1 `e la base voluta.

Supponiamon ≥ 2 e assumiamo vero l’asserto per n − 1. Se F `e l’operatore nullo, non c’`e niente da dimostrare perch´e la sua matrice associata `e la matrice nulla. Sia pertantoF non identicamente nullo. Sia e una qualsiasi base ortonormale per V . Poich´e F `e autoaggiunto, da Proposizione 0.10.1,A := Me(F ) `e una matrice simmetrica. Da Teorema 0.11.1, la matrice A ha tutti autovalori reali. Gli autovalori dell’operatoreF coincidono con quelli di A, quindi sono tutti reali. Sia λ1 uno di tali autovalori e sia f

1 un autovettore ad esso associato. A meno di normalizzare, si pu`o supporre che||f1|| = 1.

Osserviamo che, con notazioni come in Lemma 0.12.1,f

1 `e un sottospazio vettoriale diV di dimensionen − 1. In base a (32), F (f1) ⊆ f1, cio`e la restrizione dell’operatoreF al sottospazio f

1 definisce un operatore F1 : f

1 → f1 che `e ovviamente ancora autoaggiunto, in quanto F1= F |f⊥

1

, quindi esso agisce comeF sui vettori di f

1.

Per ipotesi induttiva, esiste una base ortonormale di f1 che `e costituita da autovettori di F1. Denotiamo tale base conf2, . . . , fn. Per come `e costruito il tutto,f := f1, f2, . . . , fn `e una base ortonormale diV perch´e i vettori sono a due a due ortogonali fra loro e ciascuno di norma unitaria. Inoltre essi sono, per costruzione, tutti autovettori diF .

Osservazione 0.12.1. Il termine spettrale `e collegato allo spettro dell’operatore lineare F . Il precedente teorema determina delle condizioni pi`u forti di quelle discusse in Osservazione 0.11.1. Infatti, dato F autoaggiunto, fissiamo una base ortonormale per V , sia essa e. Otteniamo una

matrice simmetricaA = Me(F ) di ordine n. Per il Teorema 0.11.1, A ammette tutti autovalori reali, ciascuno contato con la propria molteplicit`a algebrica; il precedente risultato ci assicura inoltre che, per ogni autovaloreλ di A, a(λ) = g(λ). Pertanto, A nella base f del Teorema spettrale si diagonalizza.

Corollario 0.12.3. Sia f una base di V come nella dimostrazione di Teorema 0.12.2. Allora Mf(F ) `e una matrice diagonale D, i cui elementi diagonali sono tutti gli autovalori distinti λ1, . . . , λkdiF , k ≤ n, e dove ciascun λicomparir`a sulla diagonale principale diD tante volte

quanto `e la sua molteplicit`a algebrica (equiv. geometrica),1 ≤ i ≤ k.

Dimostrazione. Il fatto che la matriceD = Mf(F ) sia diagonale discende direttamente da Teo-rema 0.12.2. La seconda parte dell’enunciato discende direttamente dalla definizione di base di autovettori diF e di molteplicit`a geometrica di un autovalore.

Dal Corollario 0.12.3, abbiamo quindi la seguente:

Definizione 0.12.1. Una siffatta basef di V viene chiamata base ortonormale diagonalizzante F .

Osservazione 0.12.2. (a) Osserviamo che, nella dimostrazione di Teorema 0.12.2,A e D sono simili per mezzo della matrice cambiamento di baseM = Me f. Poich´e per`o le basie ed f sono ortonormali, alloraM `e ortogonale. In particolare, da Lemma 0.5.4, A e D sono congruenti; in altri termini la diagonalizzazione diA si ha in una base ortonormale di V ed avviene per mezzo di una matrice ortogonale M . Per cui, al livello computazionale, per passare da A a D basta calcolare solo la trasposta di una matrice, che `e un calcolo molto pi`u rapido di quello necessario per determinare una matrice inversa.

(b) Non esiste un Teorema spettrale per gli operatori ortogonali. Ricordiamo infatti che ad esempio in Osservazione 0.6.1-(c) abbiamo visto operatori ortogonali non diagonalizzabili, poich´e privi di autovalori reali.

Abbiamo diverse formulazioni equivalenti del Teorema spettrale degli operatori autoaggiunti. Precisamente:

Teorema 0.12.4. (i) Per ogni matrice simmetrica realeA, n × n, esiste una matrice ortogonale M , n × n, tale che tM AM `e diagonale.

(ii) Il rango della matrice simmetricaA come in (i) `e uguale al numero di elementi λi non nulli che sono sulla diagonale principale della matriceD come in Corollario 0.12.3.

Dimostrazione. (i) Se A `e simmetrica, da Corollario 0.10.2, essa `e la matrice di un operatore autoaggiuntoF = Fe

Arispetto alla base canonicae di Rn. La conclusione segue direttamente da Corollario 0.12.3 e da Osservazione 0.12.2.

(ii) PerA, discende direttamente da (i) e dal fatto che il rango `e una nozione invariante la relazione di similitudine e quindi, con matrici ortogonali, anche per congruenza.

0.12. TEOREMA SPETTRALE DEGLI OPERATORI AUTOAGGIUNTI xlvii

Concludiamo osservando che, come diretta conseguenza della dimostrazione di Teorema 0.12.2, abbiamo il seguente risultato che suggerir`a una procedura operativa per determinare una base ortonormale diagonalizzante come nel Teorema spettrale e quindi la forma precisa della matrice diagonaleD.

Proposizione 0.12.5. Sia(V, h , i) uno spazio vettoriale euclideo di dimensione n ≥ 1 e sia F un

operatore autoaggiunto suV . Se x e y sono due autovettori di F relativi a due autovalori distinti

diF allora x e y sono ortogonali. Ne segue che, gli autospazi di F sono a due a due ortogonali.

Dimostrazione. Sia F (x) = λx e F (y) = µy, con λ 6= µ i relativi autovalori reali. Ora hF (x), yi = λhx, yi e hx, F (y)i = µhx, yi. Poich´e F `e autoaggiunto, allora deve valere λhx, yi = µhx, yi. Dal fatto che λ 6= µ, segue che hx, yi = 0.

Osservazione 0.12.3. Data una matrice simmetricaA n × n (equivalentemente, una forma qua-dratica Q di ordinen), il precedente risultato fornisce un metodo operativo per calcolare la base f ortonormale che diagonalizzaA e la matrice M che rende A congruente ad una matrice diagonale D. Questo permetter`a inoltre di precisare ulteriormente quanto dimostrato in Corollario 0.12.3. Si procede nel modo seguente:

(a) Si calcola il polinomio caratteristico di A e tutte le sue radici reali, contate con la relativa molteplicit`a algebrica;

(b) Si sceglie una fra queste radici come primo autovalore di A; sia esso λ1 e sia a(λ1) la sua molteplicit`a algebrica. L’autospazio Vλ1 ha anche esso dimensione a(λ1) (cf. Osservazione 0.12.1). Determiniamo le equazioni che rappresentano 1 considerando le equazioni che rap-presentano il sottospazioKer (A − λ1 In), i.e. risolviamo il sistema lineare omogeneo scritto in forma vettoriale(A − λ1 In)X = 0.

(c) Scegliamo una qualsiasi base per 1 e la ortonormalizziamo mediante il procedimento di Gram-Schmidt applicato nel sottospazioVλ1(cf. Teorema 0.4.4). Otteniamo una base ortonormale perVλ1 della formafλ1

1 , . . . , fλ1

a(λ1).

(d) Tra gli autovalori residui di A (i.e. distinti da λ1) ne prendiamo un secondo, sia essoλ2 di molteplicit`a algebrica a(λ2). Per esso, ripercorriamo i punti (b) e (c). Alla fine, otteniamo una base ortonormale perVλ2 della formafλ2

1 , . . . , fλ2

a(λ2)

(e) Procedendo cos`ı come in (b), (c) e (d) per tutti gli autovalori distinti diA, esauriamo il calcolo di tutti gli autospazi diA, Vλ1,Vλ2,. . ., Vλk, per qualchek ≤ n, e di tutte le loro rispettive basi ortonormali calcolate come nel punto (c).

(f) L’unione della base ortonormale di Vλ1, di quella diVλ2,. . ., di quella di Vλk determina una base ortonormale f := fλ1 1 , . . . , fλ1 a(λ1), fλ2 1 , . . . , fλ2 a(λ2), . . . , fλk 1 , . . . , fλk a(λk)

come nel Teorema spettrale. Infatti,n =Pk

i=1a(λi), quindi f `e una base di Rn. Tale base `e, per costruzione, di autovettori diA ed inoltre `e ortonormale, dato che gli autospazi determinati sono a due a due ortogonali fra loro (cf. Proposizione 0.12.5) e dato che in ciascun autospazio abbiamo

usato nel punto (c) il procedimento di Gram-Schmidt per avere una base ortonormale in ciascuno degli autospazi.

(g) Per costruzione e dalla teoria generale, senza dover quindi fare alcun calcolo, sappiamo che la matriceA nella base f diventa la matrice D.

(h) Da ultimo, la matriceM che determina la congruenza tra la matrice A e la matrice D come in (g), i.e. D = tM AM , `e la matrice M = Me f cambiamento di base dalla base canonica e alla base (ordinata)f come nel punto (f).

Esempio 0.12.1. Sia data la matrice simmetrica

A =  7 −53 −53 −3  .

Vogliamo determinare esplicitamente una base ortonormale di autovettori diA data dal Teorema spettrale per portareA in forma diagonale. Notiamo che il polinomio caratteristico di A `e

PA(T ) = det (A − T I) = T2− 4T − 96.

Le soluzioni diPA(T ) = 0 sono λ1 = 12 e λ2 = −8. L’autovettore, relativo al primo autovalore λ1 = 12, si determina considerando il sistema



−5α − 5 = 0 −53α − 15β = 0

che fornisce l’autovettorev =√3 −1 

, le cui coordinate sono espresse rispetto alla base canonica e. Poich´e λ2 6= λ1, da Proposizione 0.12.5, l’autovettore relativo all’altro autovaloreλ2 = −8 `e sicuramente ortogonale av. Quindi, senza bisogno di calcolare direttamente l’autospazio V−8, basta prendere un qualsiasi vettorew ortogonale a v: questo sar`a automaticamente un generatore diV−8. La base ortonormale di R2 costituita da autovettori diA `e ad esempio la base f formata da f1 = v ||v|| = √3/2 −1/2  , f2 =−1/2 3/2  . La matrice cambiamento di baseM = Me f `e pertanto

M :=  3/2 1/2 −1/2 3/2  ,

che `e una matrice ovviamente ortogonale. Dalla teoria generale, senza dover fare necessariamente il calcolo fra matrici, in basef la matrice A sar`a congruente per mezzo di M alla matrice

D :=  12 0 0 −8  ,

dato che il primo versore dif era stato scelto a partire dall’autovettore relativo a λ1 = 12 ed il secondo versore dif a partire dall’autovettore relativo a λ1= −8.

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