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La MDSC calorimetria differenziale a scansione a modulazione di temperatura

Mappa di T sul piano X-Y

7 IL CALORE SPECIFICO A PRESSIONE COSTANTE PRESSIONE COSTANTE

7.1 La MDSC calorimetria differenziale a scansione a modulazione di temperatura

La calorimetria differenziale a scansione, chiamata comunemente DSC, acronimo di differential

scanning calorimetry, è una tecnica diffusa per la misura delle temperature e dei flussi di calore

associati a particolari fenomeni di transizione dei materiali, e l’identificazione di grandezze di stato termodinamiche del materiale. Viene fissato un particolare andamento di temperatura nel tempo, definito come carico termico, e si misura il flusso termico differenziale tra due volumi di controllo, conseguenza di fenomeni endotermici e esotermici che avvengono nel volume del campione di analisi al riscaldamento.

L’affermarsi di tale tecnica è dovuto alla velocità di prova, alla facilità di preparazione dei campioni di materiale e alla vasta applicabilità in termini di materiali e temperature. Per i polimeri il metodo risulta utile perché permette lo studio completo dallo stato solido a quello di fuso, indispensabile per i processi produttivi quale l’ injection molding , e perché tiene conto della natura di non-equilibrio termodinamico delle macromolecole, ovvero permette di considerare fenomeni di invecchiamento e riassestamento che inficiano le proprietà termodinamiche, e che quindi hanno effetti sui processi produttivi e infine sulle proprietà meccaniche del componente realizzato.

Proprio nella complessità dei polimeri risiede un grosso limite del metodo DSC, ovvero l’impossibilità di scernere fenomeni complessi multipli che avvengono a stessi intervalli di temperatura, rischiando di avere quindi misure mal interpretate. Inoltre le misure del calore specifico ( cp), come altre, richiedono più test che aumentano le possibilità di errore e i tempi sperimentali. A tal proposito viene in aiuto la calorimetria differenziale a modulazione di temperatura, MDSC, che permette di ottenere misure più sensibili e risolute, di separare fenomeni contemporanei e di ridurre i tempi di prova. Per quest’ultimo motivo si è scelto tale metodo per la misura del calore specifico a pressione costante, di cui si trovano i valori numerici nell’appendice B.

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Per la spiegazione della DSC si rimanda al materiale facilmente reperibile in letteratura, mentre si approfondisce qui di seguito il metodo MDSC.

Lo strumento più comunemente usato è schematizzato di seguito in figura 7.1.

Figure 7.1: immagine tratta da [23]. Schema dello strumento di misura tipico per la DSC e la MDSC.

Vi sono due crogioli identici, uno vuoto che funge da riferimento, e uno riempito con circa 10mg di materiale, ovvero il campione di studio. Sono fatti di un materiale resistente alle temperature di prova e che non interagisce con il campione. Vi è sottostante un disco termoelettrico di costantana, mezzo principale di trasferimento di calore sia in ingresso sia in uscita dal volume dei due crogioli. Il tutto viene sigillato in un ambiente controllato, riempito di gas inerte a pressione costante, e viene riscaldato secondo un carico termico imposto. Per la DSC convenzionale è solitamente un andamento lineare tra i 100 °C/minuto e la condizione isotermica di 0 °C/minuto. Sotto il disco di costantana, in corrispondenza dei crogioli, sono posizionate le giunzioni di due termocoppie che monitorano la temperatura. In prima approssimazione il flusso termico differenziale, ovvero la differenza di calore tra quello scambiato tra macchina e riferimento e quello scambiato tra macchina e campione per mantenere campione e riferimento in equilibrio termodinamico, è direttamente proporzionale alla differenza di temperatura tra campione e riferimento, secondo la legge di Ohm.

𝑑𝑄 𝑑𝑡 = ∆𝑇 𝑅𝐷 (7.1) 𝑑𝑄

𝑑𝑡 : flusso termico differenziale;

ΔT: differenza, a un dato istante temporale, tra le temperature dei due crogioli;

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Nella MDSC viene imposto un carico termico sinusoidale sovrapposto a una rampa di temperatura a velocità costante (linea tratteggiata nell’esempio di figura 7.2 ) , in modo che la temperatura del campione vari continuamente nel tempo, ma non linearmente (linea continua nell’esempio di figura 7.2). Questo permette di ridurre i tempi di prova perché l’effetto di tale carico termico risulta equivalente a due prove separate nella DSC classica a due velocità di variazione di temperatura diverse. Si scelgono quindi i valori di rampa (velocità media di temperatura tra 0 e 100 °C/minuto), periodo della modulazione (tra 10 e 100 secondi), e ampiezza della modulazione (tra ±0.01 e ±10°C), secondo un set di prova adeguato. I valori analizzati sono solitamente diagrammati in funzione della temperatura media misurata dalla termocoppia del campione.

Figure 7.2: immagine tratta da [23]. Esempio di carico termico, in funzione della temperatura media del campione, per una prova MDSC: la linea continua è il carico termico modulato, la linea tratteggiata è il

carico termico medio, la linea a tratto punto è la velocità di carico termico.

L’equazione del primo principio riferita al volume di controllo del crogiolo contenente il campione, ovvero quella che descrive sia la DSC sia nella MDSC in ogni istante temporale, è

𝑑𝑄

𝑑𝑡 = 𝑐𝑝𝛽 + 𝑓(𝑇, 𝑡)

(7.2)

𝑑𝑄

𝑑𝑡 : flusso termico differenziale;

cp : calore specifico a pressione costante;

β : velocità di carico termico, ovvero la derivata temporale della temperatura; f(T,t) : flusso termico dato dai processi cinetici.

Il primo termine al secondo membro è legato alle modalità di prova e al calore specifico, e viene indicato come componente di capacità termica o flusso termico reversibile.

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Il secondo termine al secondo membro è legato alla temperatura assoluta e al tempo, e viene indicato come componente cinetico o flusso termico non reversibile.

La MDSC permette, tramite l’utilizzo di un flusso termico modulato, di essere equivalente a una misura fatta alla velocità di variazione di temperatura media, che mi dà informazioni sul flusso totale al primo membro dell’equazione 7.2 , e a una misura fatta a velocità di variazione di temperatura sinusoidale, che mi dà informazioni sul componente di capacità termica, sul temine che risponde cioè alla velocità di variazione di temperatura. Per misurare il cp ci si concentra su tale effetto.

Figure 7.3: immagine tratta da [23]. Esempio di flusso termico modulare, ovvero effetto di un carico termico con velocità sinusoidale

Nella DSC classica si misura il flusso termico differenziale secondo la 7.1 con il crogiolo del campione pieno e successivamente con il crogiolo vuoto, alla medesima fissata velocità di carico termico. Le due misure vengono sottratte per eliminare il termine cinetico, divise per la velocità imposta, e moltiplicate per una costante di calibrazione 𝐾𝑐𝑝

𝑐𝑝= 𝐾𝑐𝑝 𝑑𝑄 𝑑𝑡𝑐𝑜𝑛 𝑐𝑎𝑚𝑝𝑖𝑜𝑛𝑒𝑑𝑄𝑑𝑡 𝑠𝑒𝑛𝑧𝑎 𝑐𝑎𝑚𝑝𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑑𝑇 𝑑𝑡 (7.3)

Analogamente è possibile operare con due misure fatte a crogiolo pieno, ma a due diverse velocità di variazione di temperatura, ovvero

93 𝑐𝑝= 𝐾𝑐𝑝 𝑑𝑄 𝑑𝑡𝑐𝑜𝑛 𝑐𝑎𝑚𝑝𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑎 𝑑𝑇 𝑑𝑡 1𝑑𝑄𝑑𝑡 𝑐𝑜𝑛 𝑐𝑎𝑚𝑝𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑎 𝑑𝑇 𝑑𝑡⁄ 2 𝑑𝑇 𝑑𝑡1𝑑𝑇𝑑𝑡 2 (7.4)

Il vantaggio della MDSC risiede appunto nell’essere equivalente a due prove DSC a velocità diverse, secondo il seguente grafico di esempio

Figure 7.4: immagine tratta da [23]confronto tra il flusso termico differenziale della DSC e della MDSC.

Attualmente il segnale di capacità termica viene calcolato nella MDSC con una trasformata discreta di Fourier in cui l’ampiezza della temperatura oscillante del campione e il flusso termico modulato sono comparati con un seno di ugual frequenza preso a riferimento. L’equazione usata risulta

𝑐𝑝= 𝐾𝑐𝑝(𝑄𝑎𝑚𝑝 𝑇𝑎𝑚𝑝) (

𝜏 2𝜋 )

(7.5)

Qamp: ampiezza del flusso termico differenziale Tamp: ampiezza del carico termico

τ: periodo di modulazione.

7.2 Le misure di cp

Per la misura del calore specifico a pressione costante, cp, è stata usata la MDSC per ragioni legate al tempo di prova. I campioni analizzati sono stati presi sezionando provini stampati per injection

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materiale R2100, mediando poi le misure di cp, per tener conto della maggior disomogeneità che caratterizza il materiale costituito dal 100% di riciclato. Le temperature a cui sono stati misurati i cp

sono 25°C, 27.5°C e 30°C, limite di temperatura scelto per le prove a fatica. Per i valori numerici delle misure si rimanda all’appendice B, mentre di seguito si diagramma l’andamento del modello lineare considerato nelle misure. Vi è un avariaglio considerevole tra i materiali, in particolare tra l’EA209 e i materiali contenerti percentuali di riciclato. La variazione in termini di temperatura non è rilevante. Si sono comunque considerati tali andamenti ai fini di Q vista l’azione positiva sulla dispersione statistica della curva ricercata per la sintesi del comportamento a fatica.

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