• Non ci sono risultati.

Abbiamo visto che i Persiani, quando possono, evitano volentieri di ricorrere alle armi, preferendo sollecitare il pacifico riconoscimento della propria supremazia. Anche quando gli eserciti sono in campo, non vuol dire che il tempo della diplomazia sia definitivamente concluso. Ravvedimenti dell’ultim’ora sono ben accetti, e anzi la presenza di un esercito, tanto più se numeroso oltre ogni immaginazione, può essere un potente stimolo in tal senso. Nell’ambito del racconto erodoteo della spedizione di Dati e Artaferne i fatti di Maratona sono quelli narrati in maniera più ampia e dettagliata. Anche per questo motivo non deve sorprendere che il tema del medismo, già affacciatosi nella narrazione delle tappe precedenti della spedizione, e in particolare di quella eretriese, emerga con un maggior numero di indizi e suggestioni proprio a proposito della situazione ateniese. Come abbiamo visto nel capitolo precedente, Erodoto parla di un tentativo di tradimento che alcuni Ateniesi misero in atto dopo la battaglia, sulla base di accordi preventivi con i nemici, suggerendo ai Persiani la tempistica per una manovra di aggiramento. Dopo il racconto della battaglia Erodoto, pur affermando che il tradimento ci fu certamente, difende la famiglia degli Alcmeonidi dall’accusa di esserne colpevole.

Erodoto e la difesa degli Alcmeonidi

Chiuso il racconto della campagna persiana, Erodoto conclude dunque la narrazione dedicata a Maratona tornando ad occuparsi in maniera più analitica della diceria, già riferita rapidamente al capitolo 115, secondo cui gli Alcmeonidi avrebbero fatto delle segnalazioni ai Persiani, sollevando in alto uno scudo, per suggerire loro la strategia da adottare subito dopo la battaglia.

Al capitolo 121 Erodoto si dice dunque meravigliato delle accuse rivolte all’illustre famiglia ateniese, che non possono essere accettate. Come potrebbero gli Alcmeonidi avere tentato di favorire il ritorno di Ippia ad Atene, se avevano dimostrato in passato di odiare i tiranni quanto e più di Callia figlio di Fenippo? Questo Callia era stato un fiero avversario di Pisistrato; e quando il tiranno era stato bandito dalla città, aveva acquistato all’asta i suoi beni, unico fra gli Ateniesi ad avere il coraggio di infliggergli un tale affronto.

Dunque, si riprende al capitolo 123, visto che gli Alcmeonidi odiavano i tiranni in modo simile e non inferiore a costui, le accuse contro di loro non sono accettabili. Essi, infatti, furono in esilio τὸν πάντα χρόνον ad opera dei tiranni, e fu grazie ad una μηχανή organizzata da loro che alla fine i Pisistratidi furono allontanati da Atene. Qui Erodoto interviene nel

189

dibattito sui meriti della cacciata dei tiranni, osservando che Armodio e Aristogitone, i celebri e celebrati tirannicidi uccisori di Ipparco, avevano solo esasperato il regime tirannico di Ippia, mentre gli Alcmeonidi erano stati molto più efficaci nella loro azione anti-tirannica, convincendo la Pizia a imporre ai Lacedemoni di liberare Atene727.

Infine, con il capitolo 124, Erodoto analizza, scartandolo, un potenziale movente per l’eventuale tradimento degli Alcmeonidi. Si potrebbe pensare, infatti, che, indispettiti per qualche motivo con il popolo, essi pensarono di tradire la loro città. Ma in realtà, riferisce Erodoto, essi erano in quel momento gli uomini più illustri ad Atene, e nessuno godeva di maggiore considerazione. Anche per questo motivo, dunque, Erodoto giudica incredibili le accuse contro di loro. Eppure, è il sibillino finale della difesa erodotea, uno scudo fu sollevato. Il fatto avvenne, ma su chi fu l’autore del gesto non è possibile dire di più.

Qui si conclude la difesa erodotea degli Alcmeonidi dalle accuse relative al loro comportamento a Maratona. Ma, come è noto, il nostro storico non si fa sfuggire l’occasione, quando c’è la possibilità, di inserire nel racconto una digressione interessante. E così, alla discussione sulle segnalazioni di Maratona, Erodoto aggancia il racconto di due episodi della storia precedente della famiglia degli Alcmeonidi; episodi che finiscono per interagire con le precedenti considerazioni erodotee, formando un tutt’uno con esse.

Il primo di questi episodi ha come protagonista Alcmeone, figlio di Megacle, ed è ambientato al tempo del re lidio Creso. Come lo stesso Erodoto ha narrato nel libro primo, Creso usava consultare frequentemente l’oracolo di Delfi, inviandovi degli emissari728

. Questi Lidi, in Grecia, venivano accolti e assistiti proprio da Alcmeone. Venutolo a sapere, Creso decide di ricompensare il suo benefattore in un modo degno di essere ricordato. Lo invita, dunque, a prendere dal suo tesoro tanto oro quanto era in grado di prenderne con sé in una volta sola. Alcmeone indossa un’ampia veste, e si ricopre il più possibile d’oro, cospargendosi persino le chiome, e riempiendosi la bocca. Erodoto nota che Alcmeone, in queste condizioni, assomiglia a tutto meno che a un uomo. Alla sua vista Creso è travolto dal riso. Ma è grazie a queste ricchezze che la famiglia si arricchisce grandemente, e Alcmeone può diventare allevatore di cavalli da quadriga, vincendo pure un’olimpiade729

.

Il secondo episodio narrato da Erodoto è quello della contesa panellenica per le nozze di Agariste, figlia di Clistene tiranno di Sicione. Clistene, infatti, aveva emesso un bando aperto a chiunque dei Greci si stimasse degno di divenire suo genero. Si presentarono pretendenti

727 Si veda il racconto erodoteo di 5, 55-65. 728 Hdt. 1, 46-55.

190

dalla Magna Grecia, dal Peloponneso, dalla Tessaglia, dall’Eubea, e anche due ateniesi: Ippoclide, figlio di Tisandro, e Megacle, figlio dell’Alcmeone protagonista dell’episodio precedente.

Clistene trattenne presso di sé per un anno tutti i pretendenti, sperimentandone l’indole, l’educazione, gli stili di vita, il valore. Gli piacevano soprattutto i candidati provenienti da Atene, e più di tutti Ippoclide. Ma durante il banchetto finale, quello in cui Clistene avrebbe dichiarato la sua scelta, costui, dopo aver bevuto, si scatenò in danze scomposte e sconvenienti, oltrepassando i limiti della decenza. Clistene, allora, decise di ripiegare sull’altro candidato ateniese, l’alcmeonide Megacle, concedendogli la mano della figlia. Grazie a queste nozze gli Alcmeonidi divennero famosi in tutta la Grecia. Dal matrimonio nacque Clistene, chiamato come il nonno tiranno, e padre della democrazia ateniese. Dalla discendenza generata da questa unione nascerà più tardi il futuro statista Pericle; e la madre, prima del parto, sognerà di dare alla luce un leone730.

Fin qui il racconto erodoteo sugli Alcmeonidi. Il libro sesto si conclude parlando della spedizione di Milziade contro Paro, di cui mi sono occupato nel capitolo dedicato a La

conquista delle Cicladi731. Erodoto difende dunque gli Alcmeonidi, bollando come calunnie le accuse contro di loro. O almeno, questo è il modo in cui comunemente viene interpretato il brano erodoteo. Per fare un solo esempio, Giuseppe Nenci ha definito il brano una «puntigliosa difesa degli Alcmeonidi dall’accusa di filomedismo»732

.

Eppure, qualche dubbio è lecito. Le argomentazioni difensive di Erodoto, è stato notato, sono deboli e scarsamente convincenti. Gli episodi aggiunti subito dopo risultano poi addirittura controproducenti ai fini della strategia difensiva733. Anche in questo brano

730

Hdt. 6, 126-131.

731 Cfr. le pp. di questa tesi.

732 Nenci 1998, p. 300. Berthold 2002, p. 260 parla addirittura di «enthusiastic defense of the family». Cfr. inoltre Lachenaud 1981, p. 248 n. 4: «jamais Hérodote n’a defendu personne aussi chaleureusement que les Alcméonides» ; e ancora Ghinatti 1970 pp. 140-141. Ruberto 2009, p. 107 parla di «accorata difesa» degli Alcmeonidi da parte di Erodoto, ed elenca alle note 121 e 122 gli autori che rispettivamente hanno trovato l’episodio delle segnalazioni verosimile o improbabile.

733

McQueen 2000, nel commento a Hdt. 6, 121 scrive: «the twofold mention of the tale will seem to the modern reader to be both decidedly unfortunate and highly damaging to the Alcmeonid reputation». Secondo Thompson 1996, p. 41 «the seemingly casual sequence of thoughts that Herodotus leads us through is about as effective an indictment against the Alcmaeonidae as could be imagined». Nello stesso senso l’interpretazione di Gillis 1979 pp. 46-48, che comunque considera Erodoto storico leale agli Alcmeonidi (p. 58). Per Holladay 1978, pp. 183- 184 e ancora p. 188, se davvero le argomentazioni difensive degli Alcmeonidi si limitavano a quelle riportate da Erodoto, allora è quasi certa la loro colpevolezza.

191

erodoteo, come in tanti altri, Plutarco ha colto una certa malizia, denunciata nell’operetta de

Herodoti malignitate. Erodoto accusa e poi smentisce; accusa e poi difende. Lancia il sasso e

nasconde la mano. Definisce gli Alcmeonidi odiatori dei tiranni tanto quanto Callia, e forse anche di più, ma in precedenza, nel libro primo, aveva ricordato il loro accordo con Pisistrato; un accordo che aveva riportato la tirannide in città, e che era stato rotto non per motivazioni nobili, ma per il mancato rispetto del vincolo matrimoniale (e quindi, per la mancata concessione di una discendenza tirannica agli Alcmeonidi) da parte del tiranno734.

Secondo Plutarco Erodoto sarebbe stato il primo, e l’unico, a riferire le accuse contro gli Alcmeonidi. In tal modo, pur con l’intento apparente di difenderli, avrebbe ottenuto il paradossale risultato di tramandare ai posteri calunnie infamanti che, altrimenti, sarebbero state dimenticate per sempre. Erodoto, per dirla in termini contemporanei, sarebbe secondo Plutarco un raffinato manovratore della “macchina del fango”. Sarebbe stato meglio non riferire affatto delle accuse, piuttosto che riferirle per smentirle. Plutarco dimentica che Erodoto si è imposto come programma quello di raccontare “ciò che si dice”735

; ma potrebbe anche non avere tutti i torti nell’intravedere qui una certa malizia.

Prendendo esempio da Plutarco possiamo continuare l’analisi del brano, e notare altri problemi e ambiguità nelle argomentazioni erodotee. Perché, secondo Erodoto, le accuse agli Alcmeonidi non andavano accettate? Perché essi erano μισοτύραννοι anche più, o almeno allo stesso modo, di Callia figlio di Fenippo. E, in maniera piuttosto sorprendente, Erodoto passa subito a narrare quanto fosse “odiatore dei tiranni” Callia, che però non era un Alcmeonide736

. E ci dice, per esempio, che Callia era l’unico che aveva avuto il coraggio di comprare i beni di Pisistrato quando erano stati messi all’incanto, dopo la sua cacciata; evidenziando così indirettamente che, se Callia era l’unico, lo stesso coraggio non l’avevano avuto gli Alcmeonidi.

E però gli Alcmeonidi stavano in esilio; e si erano conquistati la loro fama di μισοτύραννοι mettendo in moto il processo che aveva portato alla cacciata definitiva dei Pisistratidi, attraverso una μηχανή: corrompendo la Pizia, l’avevano convinta a rispondere alle interrogazioni degli Spartani con l’invito a liberare Atene. Bisogna però aggiungere, a questo

734

Plu. Mor. 862c-863b. Plutarco nota giustamente che Erodoto è in clamorosa contraddizione con sé stesso quando parla degli Alcmeonidi come μισοτύραννοι. La storia dell’accordo fra Megacle e Pisistrato si trova in Hdt. 1, 60-61.

735 Hdt. 7, 152.

736 Apparteneva infatti ai Kerykes, ed era il nonno del più famoso Callia di Ipponico. Sul personaggio cfr. Davies 1971, pp. 254-256 e inoltre Nenci 1998, p. 301.

192

punto, che una μηχανή era anche, secondo Erodoto, il piano suggerito ai Persiani tramite segnali con lo scudo per impadronirsi di Atene doppiando il Sunio, ossia proprio l’accusa da cui bisognava difendere gli Alcmeonidi. Ed è una difesa quantomeno bizzarra quella che nega che gli Alcmeonidi avessero messo in atto una μηχανή attraverso l’affermazione che ne avevano messe in atto altre in passato.

Quest’ultima, forse, è un’argomentazione un po’ capziosa. Eppure ha notato anche Plutarco che gli Alcmeonidi, pur “odiatori dei tiranni”, si erano accordati con Pisistrato per garantirgli il rientro, da tiranno, ad Atene; almeno secondo il racconto erodoteo. E anche in questo caso, secondo Erodoto, era stata messa in atto una μηχανή: trovata una donna di grande statura e di bell’aspetto, la fecero sfilare in armi, su un carro, per la città, spacciandola per la dea Atena che, in prima persona, riconduceva il tiranno737.

Ma non basta, perché Erodoto non si accontenta delle sue argomentazioni difensive, e rincara la dose illustrando alcuni episodi cruciali dell’ascesa della famiglia. Ci viene spiegato, così, che essa divenne ricca grazie ai sontuosi doni di un sovrano orientale, il favolosamente ricco Creso, ad Alcmeone. Il brano del capitolo 125 che rievoca questo episodio è caratterizzato dalla frequenza del vocabolario del dono: δωρέεται χρυσῷ… τὴν δωρεὴν… πάντα τε ἐκεῖνα διδοῖ… πρὸς ἕτερα δωρέεται οὐκ ἐλάσσω. Nella lingua greca il vocabolario del dono coincideva con il vocabolario della corruzione738. E cosa fa Erodoto? Nell’ambito della difesa degli Alcmeonidi, ci spiega che essi si erano arricchiti grazie ai doni, non disinteressati, ma concessi in cambio di assistenza e collaborazione, di un sovrano orientale, che per giunta era il primo ad avere assoggettato le città greche d’Asia.

La Thomas ha giustamente notato che non è la prima volta che le ricchezze di Creso sono presentate a un cittadino ateniese, nell’opera erodotea. Davanti ad esse si era già trovato Solone, che ne aveva tratto moraleggianti considerazioni sulla vanità umana739. Nel confronto implicito con il sapiente concittadino Alcmeone non fa una bella figura. La superiorità morale appartiene a chi resta sobrio, a chi non si arricchisce740.

Erodoto, quindi, va avanti, narrando di come la fama degli Alcmeonidi venisse molto accresciuta dal legame familiare con Clistene, tiranno di Sicione. Ma non erano “odiatori dei tiranni”, si chiede a questo punto il lettore? Peraltro, nel narrare la storia della contesa per la scelta del marito per Agariste, Erodoto non è certo benevolo nei confronti del candidato

737 Hdt. 1, 60.

738 Cfr. Harvey 1985, p. 82; interessanti anche le pp. 105-108 sulle possibili radici culturali del fenomeno. 739 Hdt. 1, 30-33.

193

Alcmeonide, Megacle. Se è vero che Clistene desidera un genero ateniese, è anche vero, però, che il suo candidato preferito è Ippoclide. Solo quando questi, nel corso del banchetto finale, si lascia andare ad eccessi, autoescludendosi dalla competizione, emerge la candidatura di Megacle; non tanto per meriti propri, che Erodoto non evidenzia, quanto per demeriti altrui741. Dal matrimonio nascerà Clistene, che introduce la democrazia ad Atene ma porta il nome del suo nonno materno, un tiranno.

Insomma, Erodoto sembra fare di tutto per indebolire la sua stessa difesa degli Alcmeonidi. Se essi erano stati “odiatori dei tiranni” in alcune occasioni e in alcune circostanze, non lo erano stati sempre; e questo, ad Erodoto, non poteva sfuggire.

A questo punto, dunque, sorge un interrogativo inevitabile. Cosa pensava davvero Erodoto? La sua difesa degli Alcmeonidi è sincera? Più d’uno ha scelto di portare alle estreme conseguenze le obiezioni di Plutarco. Se Erodoto fa di tutto per indebolire le sue considerazioni difensive, vuol dire che egli voleva in realtà maliziosamente accusare gli Alcmeonidi. Secondo Hart, in effetti, la difesa erodotea costituisce «a dazzling piece of irony. […] Herodotus did not aim to convince, but to ridicule the ‘official’ defence put forward for the Alcmeonidae»742.

Più di recente sulla scia di Hart si è posta Emily Baragwanath743, che ha evidenziato come la narrazione erodotea della campagna persiana sia piena di rimandi all’età pisistratide. In tal modo, parlando dell’accordo eventuale degli Alcmeonidi con i nemici, Erodoto richiama alla mente dei lettori il loro antico accordo con Pisistrato. La stessa menzione di Callia, che osava comprare all’asta i beni di Pisistrato, attira ulteriormente l’attenzione dei lettori sulla storia degli esili e dei ritorni di Pisistrato narrata nel libro primo.

Insomma, secondo la Baragwanath, «such an accumulation of echoes of the earlier account suggests that there is nothing remotely surprising in the possibility of Alcmaeonid collusion with tyrants again at the time of the battle of Marathon»744. Il giudizio espresso esplicitamente da Erodoto sulle accuse agli Alcmeonidi «works against the picture he establishes in the wider narrative»745. E ciò non sarebbe dovuto all’ingenuità di un autore alla mercé delle proprie fonti, ma a una studiata, e più che maliziosa, strategia autoriale. Erodoto avrebbe sfidato il lettore a ragionare con la propria testa; riferendo l’accusa al capitolo 115, ma ritardando la

741 Cfr. Thomas 1989, p. 269. 742 Hart 1982, p. 12. 743 Baragwanath 2008 p. 27-34. 744 Baragwanath 2008 p. 31. 745 Baragwanath 2008 p. 33.

194

“difesa” fino al capitolo 121, egli avrebbe lasciato al lettore il tempo per riflettere da sé sulla verosimiglianza della diceria, prima di sostenere apparentemente una posizione di cui, in realtà, egli mette in evidenza soprattutto le ambiguità e le incoerenze. Secondo Gillis, se davvero ci furono medizzanti ad Atene al tempo di Maratona, gli Alcmeonidi sono effettivamente i colpevoli più plausibili746.

Prima di decidere se Erodoto è sincero o meno nel difendere gli Alcmeonidi, e qual è la sua posizione reale a proposito delle accuse che egli riporta, è necessario però cercare di comprendere meglio il materiale con cui egli costruì il suo racconto. Un ampio studio sulle tradizioni familiari e su quelle popolari nell’Atene classica è stato condotto da Rosalind Thomas747. Tale studio ha messo in evidenza alcuni elementi costituitivi delle tradizioni delle famiglie aristocratiche. Tramite queste tradizioni le famiglie più illustri celebravano il proprio passato, ricordando in particolare le proprie origini e i meriti che avevano acquisito nella storia della città: imprese militari, liturgie, ambascerie, vittorie negli agoni748. Altri aspetti, invece, dovevano essere posti in minore evidenza, per non dire occultati; e in particolare, ad Atene, questo era il destino delle notizie relative alla collaborazione con i tiranni, e a cariche importanti esercitate durante il loro dominio. E, non a caso, apprendiamo soltanto da una lista epigrafica degli arconti che l’alcmeonide Clistene, come pure il filaide Milziade, esercitò la magistratura sotto i Pisistratidi; notizia che contrasta decisamente con quella, riportata dallo stesso Erodoto, secondo cui, durante la tirannide, gli Alcmeonidi erano stati in esilio τὸν πάντα χρόνον749

.

Le tradizioni familiari presentavano una percezione della storia totalmente incentrata intorno alla famiglia stessa, e potevano contenere distorsioni e semplificazioni dei fatti750. Le tradizioni popolari sulle grandi famiglie avevano invece un carattere decisamente diverso.

746 Gillis 1979, p. 46.

747 Thomas 1989. Per quanto riguarda la definizione di tradizione familiare e tradizione popolare si veda p. 98. 748 Thomas 1989, pp. 109-118.

749

6 M. – L., fr. c. Clistene, secondo la lista, fu arconte nel 525-24; l’anno prima la stessa carica era stata rivestita direttamente da Ippia. Se l’arcontato di Milziade era già noto grazie alla testimonianza di Dionigi di Alicarnasso, l’arcontato di Clistene costituisce la più clamorosa scoperta determinata dal ritrovamento dell’iscrizione. Secondo Fortunato 2008, pp. 329-332 ad andare in esilio fu solo Alcmeonide figlio di Alcmeone, personaggio noto da alcune epigrafi, mentre altri membri della famiglia rimasero ad Atene, e fra questi Clistene, che ricoprì l’arcontato.

195

Esse concentravano la loro attenzione sulla ricchezza e sulle sue origini, e su gossip e scandali751.

La famiglia degli Alcmeonidi, alle origini della propria storia, era stata protagonista di un episodio clamoroso e infamante. Cilone, un cittadino ateniese che si era messo in luce vincendo i giochi olimpici, aspirava alla tirannide, e, radunato un gruppo di amici, aveva tentato di occupare l’acropoli. Il suo tentativo, tuttavia, era fallito, ed egli si era rifugiato, supplice, presso la statua della dea, insieme ai suoi complici. I supplici erano stati convinti a venire fuori, con la garanzia della salvezza della vita; ma subito erano stati uccisi, e del crimine sacrilego erano stati accusati proprio gli Alcmeonidi. Questo è il modo in cui Erodoto racconta la vicenda; ed è già indicativo che il nostro storico non taccia sulla vicenda, e non trascuri di menzionare la responsabilità alcmeonide752.

I fatti relativi ai Ciloniani avvennero prima dell’ascesa di Pisistrato ad Atene, e prima che Alcmeone si recasse presso Creso per beneficiare dei suoi ricchi doni. A causa di questi fatti gli Alcmeonidi si guadagnarono una duratura fama di sacrileghi, più volte strumentalizzata dai loro nemici per finalità di lotta politica753. La strage e la maledizione conseguente non dovevano però, ovviamente, essere particolarmente evidenziate dalla tradizione familiare754. Anche l’episodio della visita di Alcmeone presso Creso, ricordato da Erodoto, deriva probabilmente da una tradizione popolare che si interrogava sulle origini della ricchezza della famiglia, piuttosto che dalla tradizione familiare. Ancora, Erodoto ricorda che la tirannide di Pisistrato ebbe diverse fasi, e che non tutte furono caratterizzate dall’ostilità e dall’esilio degli Alcmeonidi. La tradizione di questo esilio era molto importante per la difesa della fama anti- tirannica della famiglia; ma proprio per questo motivo, secondo la Thomas, bisogna dubitare

Documenti correlati