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Ma se l’incisione di Dürer è del 1514, nel 1543 viene data alle stampe a Basilea

un’opera molto ben illustrata che farà epoca nella storia della medicina: nel De hu-

mani corporis fabrica del Vesalio, il corpo umano è mostrato in grande (in folio) nella sua struttura sottocutanea, mediante meravigliose tavole incise. Una di queste ritrae lo scheletro visto di lato, in piedi, in posizione inequivocabilmente melancolica. Sul cippo a cui poggia il gomito sulla cui mano insiste la mascella del teschio si legge la

seguente iscrizione: vivitur ingenio, caetera mortis erunt1.

Una “vanitas” ante litteram, in certo modo, ma anche un’ulteriore codificazione

della melancolia, sotto il duplice profilo della genialità-ingegno e della medicina.

La successiva ripresa illuministica della tavola, nella Encyclopédie di Diderot, ser-

virà solo a illustrare la consolidata conquista “specialistica” dell’anatomia, ma rappre- senta nondimeno la traccia di una persistenza non equivoca del tema melancolico, pur in un secolo – quello dei Lumi – in cui il trionfo della “ragione” dovrebbe avere

distrutto i fantasmi della nera bile2.

1 Tavola 164 (Humani corporis… ex latere delineatio) dell’opera di VESALIO, De humani corporis fabrica,

Basel 1543.

2 Acquaforte ad opera di ROBERT BENARD, tavola della Encyclopédie ou Dictionnaire des sciences, des arts

In effetti, si dovrebbe ora aprire un altro capitolo della fortuna della melancolia: quello della considerazione scientifica – e non solo artistica, letteraria o popolare – di cui quel “sentimento” godette nei secoli. Basterebbe allora sondare i testi dei quattro rami tradizionali del sapere, per scoprire che nel diritto come nella teologia, nella fi- losofia come nella medicina, il tema fu per secoli oggetto di trattazione, con intenti anche applicativi al funzionamento del corpo e della mente ma anche al comporta- mento umano e sociale. E quasi sempre in connessione con rimedi di tipo empirico – dalla dieta all’arte equestre, dalla musica alla conversazione – variamente assimilabili

al metodo e al concetto generale della disciplina3.

Il più grande scrittore di melancolia mai esistito è stato un inglese del Seicento,

Robert Burton, che nell’Anatomy of Melancholy – uscita la prima volta nel 1621 e da

lui continuamente ampliata fino all’edizione postuma del 16514 – pubblica il reso-

conto scherzoso di un incontro nella città greca di Abdera fra Ippocrate e Democrito da cui emerge che il medico illustre, chiamato a visitare il filosofo pazzo, se ne andò

3 Cfr. in generale i miei saggi sparsi sia in Specchi della politica, che nei tre volumi di Profili di storia costi-

tuzionale.

4 R.BURTON, The Anatomy of Melancholy, Text in three volumes edited by Thomas C. Faulkner, Nicolas

K. Kiessling, and Rhonda L. Blair, with an introduction by J.B. Bamborough; commentary in three volumes edited by J.B. Bamborough and Martin Dodsworth, Oxford 1989-1994, Vol. 1: 675 pp., Vol. 2: 464 pp., Vol. 3: 807 pp., Vol. 4: 384 pp., Vol. 5: 382 pp., Vol. 6: 480 pp.

convinto che nessuno al mondo fosse più saggio di lui5. Tanto che Burton firmò l’opera

della sua vita come Democritus Junior e sotto lo stesso nome si fece seppellire nella

cattedrale di Oxford, facendo incidere sulla tomba i versi seguenti:

Hic iacet Democritus junior, cui vitam dedit et mortem Melancholia.

Basata sull’antica dottrina dei quattro umori, l’analisi della melancolia riguarda in realtà lo studio della costituzione umana, attraverso la loro complessione o crasi e la conseguente determinazione dei quattro temperamenti. Pure questi ultimi rientrano, a loro volta, in uno schema più generale e comprensivo, in cui risultano di volta in volta collegati ai quattro elementi, ai quattro venti, alle quattro stagioni o alle parti del giorno e alle quattro età dell’uomo. Il sanguigno, riscaldato dal sangue, combina con l’aria, la primavera, il mattino e la gioventù; il collerico, eccitato dalla bile gialla, combina col fuoco, l’estate, il meriggio e l’età adulta; il flemmatico, pieno d’umore freddo, combina con l’acqua, con l’inverno, con la notte e la vecchiaia; il melancolico,

dominato dall’atra bilis, combina con la terra, l’autunno, la sera e l’età matura6.

5 Il testo è stato ripreso da P.SILLEM (ed), Melancholie, pp. 14-20, ma segnalo anche: Ippocrate, Sul riso e

la follia, a cura di Y. Hersant, Palermo 1991 e IPPOCRATE, Lettere sulla follia di Democrito, a cura di A. Roselli, Napoli 1998.

6 P.SCHIERA, Lo “schema a quattro”. Alcune considerazioni metaforologiche, in F.RIGOTTI P.SCHIERA

(eds), Aria, terra, acqua, fuoco: i quattro elementi e le loro metafore (Luft, Erde, Wasser, Feuer: die vier Elemente und ihre Metaphern, Bologna-Berlin 1996, pp. 25-41 (ora in Profili III, pp. 23-42).

Da:pierangelo schiera[email protected]

Oggetto:Selections from the Anatomy of Melancholy by Richard Burton

Data:12 gennaio 2015 14:32

A:Pierangelo [email protected]

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pages: 2 -34 -56 -78 -91 0 -1 11 2 -1 31 4 -1 51 6 -1 71 8 -1 9 ... Se l e c t i o n s Se l e c t i o n s f r o m t h e f r o m t h e A n at o m y o f Me l an c h o l yA n at o m y o f Me l an c h o l y b y Ro b e r t Bu r t o n b y Ro b e r t Bu r t o n

William E. Jones 2 0 0 8 , edit ion of 5 0 0 . 8 .5 x 1 1 " 4 3 pages.

Per avere la migliore riproduzione artistica e filosofica di questo schema cosmologico bisogna rifarsi ancora una volta a Dürer che incise su legno, nel 1502, un “trionfo della filosofia” (o “filosofia in maestà”, si potrebbe anche dire, al posto della medievale madonna) per soddisfare un desiderio di Conrad Celtis (Conrad Pickel,1459-1508)

che andava preparando i suoi Quatuor libri amorum secundum quatuor latera Ger-

maniae7:

La melancolia è dunque, di per sé, solo uno dei quattro temperamenti in base ai quali la medicina classica era solita sistematizzare la “costituzione” dell’uomo, che ab- biamo appena visto anatomizzato nel corpo dal Vesalio e nell’anima dal Burton.

Ma perché non vi sono tanti trattati sulla flemmaticità, sulla collericità o sulla san- guignità, mentre le biblioteche straripano di trattati sulla melancolia? Forse proprio perché più degli aspetti strettamente medici interessavano quelli comportamentali, e in questa direzione, il temperamento melancolico risultava più interessante o diffuso o pericoloso degli altri. E anche, di conseguenza, il più rilevante socialmente verrebbe

7 Pubblicati da “Sodalitas Celtica” nel 1502. Le opere di Celtis furono raccolte e pubblicate dopo la sua morte

nell’edizione di Strasburgo del 1513: E.SCHÄFER (ed), Conrad Celtis: Oden/Epoden/Jahrhundertlied: libri odarum quattuor, cum epodo et saeculari carmine (1513), Tübingen 2008, su cui la recensione di S.LA BARBERA, «Bryn Mawr Classical Review» (http://www.bmcreview.org/2010/04/20100409.html). Il Car- men saeculare è un poema celebrativo dell’avvento del 1500 ed esalta – all’interno del Tempo che scorre – l’eterna armonia del Cosmo, composto da pianeti, costellazioni, stelle fisse, che sono descritte e sentite quali elementi del progetto, insondabile e misterioso per l’uomo, del “deus absconditus”, operoso nella Natura (si ricordi anche il già citato Autoritratto di Dürer, datato pure “1500”). Sul nesso iconologico con il frontespi- zio di Dürer cfr. D.WUTTKE, Humanismus als integrative Kraft: die Philosophia des deutschen 'Erzhuma- nisten' Conrad Celtis: eine ikonologische Studie zu programmatischer Graphik Dürers und Burgkmairs, Nürnberg 1985.

da dire, se è vero che pure la rappresentazione letteraria e artistica lo privilegia tanto, come abbiamo già intravisto. E quindi forse anche perché, in conclusione, il nostro temperamento era più direttamente collegabile alla dilagante passione per la disci- plina che rappresenta il filo rosso di quel processo di civilizzazione al quale da tempo

si attribuiscono i meriti e le colpe della formazione del mondo moderno 8.

Se c’è un campo interdisciplinare che a lungo ha fornito la base per lo sviluppo dei nuovi interessi per la politica degli uomini, dal medioevo in poi è stato quello in cui si

sono variamente mescolate le considerazioni teologiche con quelle giuridiche 9. Dai

livelli astrali del diritto naturale della Scolastica a quelli più concreti – non meno ef-

ficaci anche sul piano ideologico-culturale – dell’utriusque iuris, per secoli i compor-

tamenti anche sociali degli uomini sono stati dettati e sanzionati da un miscuglio a volte confuso e inestricabile delle due fonti principali di autorità: quella divina (me- diante la Chiesa) e quella statale (mediante il re o l’assemblea). Paolo Prodi ha mo- strato quanto complicato e controverso sia stato il processo di distinzione e separa- zione di quei due ambiti, mediante la creazione nella coscienza individuale dei due

fori, rispettivamente deputati alla gestione del crimine e del peccato10.

Un effetto particolarmente drammatico di quella commistione è ben visibile in tutta Europa – per i tre o quattro secoli che hanno congiunto il medioevo all’età con- temporanea – nella repressione di fenomeni di solito di basso livello (in quanto ine- renti alla vita di villaggio o di piccola comunità) ma nondimeno relativi al tema gene- rale della presenza del diverso, del difforme, del marginale, dell’estraneo nel mondo, mediante l’azione concreta del diavolo. Nessun altro caso può rappresentare meglio della persecuzione delle streghe (e talora, ma più raramente, degli stregoni) la stret- tissima coesistenza di microstoria e di storia in grande, in una concatenazione di dot- trine e di procedure che vanno dalla punizione di poveri uomini e donne di periferia

8 Di questo tema, con riferimento anche ai lavori di Elias e di Foucault, mi sono brevemente occupato in La

concezione weberiana della disciplina e il tema della Lebensführung (1995), ora in Società e stato, in cui il tema della disciplina occupa un posto centrale.

9 P.PRODI, Il sacramento del potere. Il giuramento politico nella storia costituzionale dell’Occidente, Bolo-

gna 1992. Ma di nuovo è d’obbligo il rimando a G.AGAMBEN, Homo sacer, passim.

10 P.PRODI, Una storia della giustizia dal pluralismo dei fori al moderno dualismo tra coscienza e diritto,

alla glorificazione della macchina repressiva, punitiva, disciplinante di un’autorità centrale, come quella ecclesiastica, che si sentiva mancare sotto i piedi la base solida

di legittimazione del proprio potere, anche e soprattutto mondano 11. Senza voler qui

quantificare il fenomeno, è certo che esso fosse ancora rilevante a cavallo fra XVII e XVIII secolo, nell’epoca cioè in cui i Lumi cominciavano a lambire coi loro raggi le forme ancora incerte della nascente società civile.

Il dualismo moderno di coscienza e diritto non apparteneva al mondo della caccia alle streghe, in cui venivano impiegate invece (come spesso accade ancor oggi, nei

modi traslati applicati a tutti coloro che sono considerati in qualche modo borderline)

tecniche indiziarie tanto miste quanto imprecise, risultanti dalle valutazioni più varie, da quelle pseudoreligiose e pseudoscientifiche, a quelle politiche ed etico-sociali. Il bandolo era di solito rappresentato dal diavolo, di cui si denunciava la straordinaria abilità contrattuale. In particolare nel caso delle donne, il patto col diavolo non pro- duceva gli effetti faustiani che ci avrebbe poi descritto Goethe, ma si consumava più facilmente sul piano del rapporto sessuale, su cui si concentrava ogni possibile indi- gnazione di gruppo. Fatto sta che si accendevano volentieri roghi su cui venivano col- lettivamente purificate sconcezze che non potevano ancora essere confessate sul di- vano individualizzato dello psicanalista.

Già Martin Lutero aveva sinteticamente definito quello che talora pudicamente

viene considerato un sentimento, cioè la melancolia, come balneum diaboli e tutta la

storia del protestantesimo popolare, da Melantone in poi, è fortemente marcata dalla

ricerca e dall’imposizione della disciplina (ma Zucht nell’uso linguistico tedesco del

tempo: cioè, ancor prima che disciplina, allevamento, educazione: insomma l’antica

institutio latina ed umanistica, ma applicabile anche alle bestie), indispensabile per regolare e tener insieme la società politica e civile. Dire quanto quest’ultima sia cen- trale per comprendere la struttura profonda della società protestante, in base al

11 L’Inquisizione romana in Italia nell’età moderna. Archivi, problemi di metodo e nuove ricerche, Atti del

seminario internazionale (Trieste, 18-20 maggio 1988), a cura di A. Del Col e G. Paolin, Roma, Ministero per i beni culturali e ambientali, Ufficio centrale per i beni archivistici, 1991; A.PROSPERI, Tribunali della coscienza, Torino 1996; E.BRAMBILLA, Alle origini del Sant’Uffizio. Penitenza, confessione e giustizia spi- rituale dal medioevo al XVI secolo, Bologna 2000.

principio della lex charitatis, e di conseguenza la legittimazione ultima della stessa obbligazione politica discendente dalla Riforma sarebbe troppo complicato. É qual- cosa di più di un aneddoto la notizia secondo cui Max Weber, gravemente affetto da disturbi del comportamento che potrebbero venire genericamente considerati di tipo depressivo o melancolico, superò la sua forse più lunga crisi proprio scrivendo il sag-

gio sull’Etica protestante e lo spirito del capitalismo, in cui venivano celebrate le virtù

della Lebensführung (stile o condotta di vita) luterana, matrice e garanzia non solo di

ogni vita ben ordinata ma anche delle sorti meravigliose e progressive del capitalismo moderno.

Christian Thomasius è autore nel 1701, all’Università di Halle in qualità di respon-

dens, di una dissertazione De crimine magiae12, alla quale viene normalmente attri-

buito il merito di aver contribuito a porre fine a questa degenerazione politico-reli- giosa. Il discorso è, come sempre, più complicato e rimanda, in prima istanza, alla consuetudine invalsa, verso la fine del Seicento, di inviare gli atti dei processi di stre- ghe alle facoltà giuridiche (ma anche a quelle mediche) per acquisire una sorta di pe-

rizia sulla condizione mentale degli accusati 13: il che rappresentò certamente un passo

avanti, per il peso che l’osservazione scientifica veniva assumendo nella gestione degli affari sociali, a detrimento della tradizionale supremazia teologica, ma fu anche con-

ferma che le streghe continuavano ad essere perseguitate 14.

12 Da me consultata nell’edizione stampata in C.THOMASIUS, Vom Laster der Zauberei. Über die Hexen-

prozesse. De Crimine Magiae, Processus Inquisitorii contra Sagas, München 1987. Ma si ricordi che Tho- masius era stato il primo professore tedesco ad insegnare, a Halle, in lingua tedesca, trattando fra l’altro proprio un tema di comportamento: cfr. P.SCHIERA, Christian Thomasius fra Mediterraneo e Nordeuropa: comportamento e melancolia nel tempo della politica (1982, 1997, 2004), in Società e stato, pp. 197-228.

13 THOMASIUS, Vom Laster, p. 15 dell’introduzione : «so füge die göttliche Vorsehung, daß immer nach und

nach auch andre Hexen-Acten in unsere Facultät geschickt und meiner relation anvertraut wurden, die mich gleichsam forcirten die Augen immer weiter und weiter auffzuthun, und die miserable prostitution der Hexen-Richter und Advocaten zu erkennen». In generale sul tema cfr. H.ZWETSLOOT, Friedrich Spee und die Hexenprozesse, Trier 1954; E.FISCHER-HOMBERGER, Medizin vor Gericht. Gerichtsmedizin von der Renaissance bis zur Aufkälrung, Bern-Stuttgart-Wien 1983, ma anche: Hypochondrie, Melancholie bis Neurose: Krankheiten und Zustandsbilder, Bern-Stuttgart-Wien 1970.

14 Anche se, nella specie, e proprio con riferimento a Tomasio, si moltiplicarono le lagnanze dei teologi sulla

crescente intromissione dei giuristi nelle materie di loro competenza (THOMASIUS, Vom Laster, p. 17). Si noti che il tema doveva essere di grande attualità se, solo tre settimane prima di Tomasio, anche il suo collega Heinrich Bode (Henricus Bodinus) aveva fatto discutere una sua Dissertatio de fallacibus indiciis magiae (20.10.1701) nella stessa Università di Halle.

Il fatto che, quattro anni prima della dissertazione sulla magia, Tomasio ne aveva

discusso un’altra sull’eresia 15 induce qualche riflessione sul nesso fra i due presunti

crimini e di entrambi con la melancolia. Ma fa pensare anche alla rilevanza politica che tali problemi dovevano rivestire in uno Stato come il Brandeburgo-Prussia (dove stava l’università di Halle, presso la quale Christian Thomasius appunto insegnava) in cui all’epoca veniva praticata una politica di tolleranza in materia religiosa che con- trastava con quella luterana ortodossa (vigente ad esempio in Sassonia e difesa nella vicina Università di Lipsia) fondata sulla diretta interdipendenza fra peccato in senso religioso (di eresia e stregoneria, appunto) e crimine in senso penalistico (da perse-

guire dunque da parte dell’autorità statale)16.

Nel suo scritto sulla magia, Tomasio non contesta l’esistenza del diavolo; egli si limita a dire che, essendo la natura di quest’ultimo spirituale, esso non può materia- lizzarsi. Chi sostiene il contrario può essere solo preda di allucinazioni, di false illu- sioni, o vittima di tortura. Gli interventi di Tomasio ebbero molto successo, anche all’interno dell’appena ricordata polemica fra il luteranesimo ortodosso imperante in Sassonia ed il relativo liberalismo religioso prussiano. Fatto sta che, fra attacchi di avversari e difese di scrittori amici, il nostro pubblicò ancora nel 1712 un’ultima dis-

sertazione De origine ac progressu processus inquisitorii contra sagas17, a cui fece se-

guito da parte del re di Prussia Federico Guglielmo I un editto per la definitiva “eli- minazione degli abusi in occasione dei processi alle streghe” del 13 dicembre 1714 (l’ultima strega verrà bruciata in Prussia nel 1728, anno di morte dello stesso Toma- sio).

15 Dissertatio an Haeresis sit crimen, discussa all’Università di Halle il 14.7.1696, poi tradotta in tedesco

(Ob Ketzerey ein strafbares Laster sey?) nel 1705. Ad essa seguì l’altra dell’anno successivo, politicamente ancora più importante, De iure Principis circa Haereticos.

16 Cfr. il classico studio di O.HINTZE, Kalvinismus und Staatsräson in Brandenburg zu Anfang des 17. Jahr-

hunderts (1931), in Regierung und Verwaltung. Gesammelte Abhandlungen zur Staats-, Rechts- und Sozi- algeschichte Preussens, hg. v. G. Oestreich, Göttingen 1967, pp. 255-312.

17 Anche questa pubblicata in Vom Laster, pp. 108 ss. Qui Thomasius insiste nel dire, in base a ricognizione

storica, che non vi è traccia di streghe prima dell’istituzione del processo inquisitoriale contro le streghe stesse nell’anno 1484 (p. 134). Quest’operetta è importante anche per il rigoroso esame che compie di un’amplissima bibliografia sulle streghe nel XVI e XVII secolo.

Tornando alla componente melancolica della questione, va segnalato che fin dall’inizio della dissertazione sulla magia, nel fare la storia degli autori che prima di lui avevano contestato l’esistenza della stregoneria, Tomasio ricorda che da tempo quest’ultima era stata attribuita «… alla melancolia e a malattie varie, o ad arti istrio-

niche» 18. Il suo ragionamento è molto semplice: le allucinazioni o false illusioni pos-

sono essere facilmente il prodotto di quell’eccesso di bile nera che produce l’altera- zione delle facoltà mentali nota come melancolia. Quindi semmai le streghe sono da considerare malate di mente e vanno perciò trattate non con la tortura e il rogo, ma

con l’emarginazione o l’esclusione dal contesto civile 19. Si apre in tal modo la via, fu-

tura ma non troppo, all’internamento manicomiale, ma almeno, intanto, tendenzial- mente si chiude quella verso il supplizio.

Anche in campo più specificamente medico – meglio medico-legale – questo tipo di ragionamento aveva preso piede, e questa volta era stato un italiano a compiere il

passo più lungo. Paolo Zacchia – autore delle ben note Quaestiones medico-legales e

considerato perciò fra i fondatori della moderna medicina legale20 – utilizzò ampia-

mente la dottrina della melancolia per meglio articolare le sue vedute sulla capacità d’intendere e di volere, ma fu anche dedito, in qualità di medico, al morbo ipocon-

driaco e alla sua cura per via di diete e digiuni21. In verità, Tomasio criticherà lo

18 Vom Laster, p. 38. Il più illustre predecessore in questa direzione era stato il medico renano Johann

Weyer, che nella sua celebre opera De Praestigiis Daemonorum, Basel 1563 oltre a negare l’esistenza del diavolo argomentava che le streghe non fossero altro che donne isteriche o melanconiche: «il disturbo della melanconia le fa fantasticare di aver causato tutti i possibili mali».

19 FISCHER-HOMBERGER, Medizin vor Gericht, p. 142 spiega l’influenza dell’antica dottrina della melan-

cholia col fatto che «die Melancholielehre gilt als ehrwürdiges klassisches Gedankengut, und die Melan- cholie hat ihren alt-angestammten sicheren Krankheitswert».

20 Ivi, p. 116: «Eine wesentliche und zentrale Funktion der Gerichtsmedizin ist es, sich regulierend in die

rechtlich gegebene Beziehung zwischen Kollektiven und Individuen einzuschalten». Cfr anche P.SCHIERA, Aspekte der Sozialdisziplinierung in der italienischen Rechtstheorie und -praxis des 17. Jahrhunderts, in Akten des 26. Deutschen Rechtshistorikertages, Frankfurt am Main 22. bis 26. September 1986, Frankfurt a.M. 1987, pp. 541-557.

21 P.ZACCHIA, De’ mali ipocondriaci Libri Tre, Venezia 1665. Solo per dare un esempio della diffusione

secentesca dell’interesse, anche in Italia, per la melancolia vorrei citare il Quadripartitum Melancholicum,

GASPARIS MARCUCII Nobilis Lucensis, quo variae quaestiones de melancholiae morbo, essentia, differen-

tiis, causis, prognosi, curatione habentur. Et plura de morbo ipocondriaco veris melanchoricorum somniis, et amantium melancholia innotescunt. Omnia philosophicis, historicis, eruditisque locis referta, Roma 1654.

Zacchia proprio per la superficialità con cui questi attribuiva importanza alla bile nera: anche quest’ultima, un po’ come il diavolo, nessuno l’aveva mai vista ed era per- ciò necessario, a detta di Tomasio, attribuire i suoi nefasti effetti a qualcosa di più

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