3.6 Il mercato sommerso delle ‘badanti’
E’ consuetudine in Italia essere a conoscenza o aver avuto a che fare con casi di assunzione di badanti immigrate, spesso clandestinamente, impegnate senza contratto regolare nei servizi di cura e assistenza agli anziani. Per ovviare a questa situazione diffusa è stato attuato un provvedimento legislativo (102/2009) volto a normalizzare la posizione irregolare di colf e assistenti agli anziani e di tutte le famiglie coinvolte. Sono state inoltrate al Ministero dell’Interno quasi 300 mila domande di emersione, di cui poco più di un terzo riguardanti gli assistenti impegnati nei servizi di cura. Il risultato è inferiore rispetto alle attese e alle previsioni sulla dimensione del lavoro sommerso.
Le stime sul numero di badanti nel territorio italiano sono numerose e approssimative per la mancanza di dati certi. Pasquinelli e Rusmini (2008) stimano la presenza di 774 mila badanti, di cui il 90,4% sono immigrate e circa 300 mila soggiornano illegalmente. Stando a queste indicazioni, le domande di emersione presentate sono poco più di un terzo rispetto alle previsioni degli autori. Inoltre, come si può osservare dai dati riportati nella tabella 3.12, vi sono notevoli differenze tra le regioni nell’inclinazione a far emergere il lavoro sommerso da parte delle famiglie residenti.
Tabella 3.12: Domande di regolarizzazione dei collaboratori domestici per regione in Italia
(2009)
Regione Numero domande Numero domande per 1.000 famiglie residenti Lombardia 83.460 22,7 Campania 36.671 19,1 Emilia-Romagna 30.124 17,8 Lazio 36.659 16,7 Veneto 23.954 14,1 Toscana 15.863 11,2 Marche 5.983 10,7 Calabria 7.061 9,8 Liguria 6.729 9,3 Piemonte 14.998 8,2 Umbria 2.543 8,0 Sicilia 12.231 6,7 Abruzzo 2.887 6,1 Puglia 8.421 5,9
Trentino Alto Adige 1.929 5,2
Friuli Venezia Giulia 2.246 4,4
Valle d’Aosta 180 3,4
78
Sardegna 1.852 3,2
Molise 241 1,9
Totale 294.744 13,2
Di cui per assistenti familiari 114.000 5,1
Fonte dati Pasquinelli e Rusmini (2009).
Gli autori sottolineano, tuttavia, la possibilità che le posizioni assunte dalle diverse regioni dipendono da una serie di fattori quali: le modalità con cui è stato reso noto il provvedimento legislativo, le differenze nella propensione a regolarizzare la posizione dei collaboratori domestici e degli assistenti familiari e i casi di un uso improprio della sanatoria10. Queste
precisazioni riguardano, per esempio, la posizione della Campania che a sorpresa raggiunge una quota di 19,1 domande ogni mille famiglie. Detto ciò, i valori più alti di alcune regioni settentrionali (Lombardia, Veneto, Emilia-‐Romagna) si spiegano se rapportati ai più alti livelli di occupazione femminile.
Le cause della ridotta affluenza a prendere parte al provvedimento legislativo di regolarizzazione del lavoro assistenziale sommerso da parte delle famiglie, sono legate alla complessità insita nello svolgimento della pratica, alla difficoltà di reperire informazioni utili e ai vincoli posti dal provvedimento legislativo (come il versamento obbligatorio di 500 euro, la dichiarazione di un reddito annuo di oltre 25 mila euro per regolarizzare i collaboratori domestici11, l’adeguatezza dell’alloggio nei casi di coabitazione, la certificazione della non
autosufficienza dell’assistito e un impiego lavorativo minimo di 20 ore a settimana).
Per quanto concerne i lavoratori immigrati, Pasquinelli e Rusmini osservano come sembrino poco predisposti a regolarizzare la propria posizione lavorativa; a tale proposito occorre fare una distinzione tra coloro che hanno progetti di soggiorno e di lavoro temporanei e coloro che invece intendono stabilizzarsi definitivamente nel territorio italiano. La scarsa propensione a regolare la propria posizione, secondo una diversa interpretazione, può essere collegato alla perdita di attrazione del settore delle cure e dell’assistenza in Italia da parte di quei paesi che in passato erano soliti alimentarlo (Colombo, 2009).
La distribuzione tra i costi e i benefici del provvedimento è a discapito delle famiglie italiane, che, in qualità di datrici di lavoro, si assumono la maggior parte degli oneri, invece, molti lavoratori immigrati hanno ottenuto il permesso di soggiorno grazie alla regolarizzazione
10 Secondo gli autori l’uso improprio della sanatoria si percepisce in particolare osservano sia le nazionalità degli immigrati coinvolti nella domanda di emersione nel ruolo di assistenti di cura agli anziani irregolari (per la maggior parte cinesi e marocchini) sia la nazionalità dei presunti datori di lavoro (molti di questi sono marocchini, senegalesi, cinesi). Tuttavia, il 90% delle domande valutare ha avuto esito positivo rispetto al dubbio sull’irregolarità.
79 della posizione lavorativa. I costi legati al passaggio ad un contratto regolare aumentano mediamente del 30-‐40% al mese, comprendendo il versamento dei contributi all’INPS, la tredicesima, il TFR, vitto e alloggio, a cui si aggiunge il riconoscimento di una serie di diritti come i giorni di riposo, malattia e ferie, e il sostegno finanziario statale, come l’indennità di accompagnamento, non è sufficiente a sostenere la spinta verso la regolarizzazione. Si pensi, inoltre, che per le famiglie che ricorrono al mercato irregolare delle cure assistenziali è prevista una multa fino 5 mila euro e fino a tre anni di reclusione, tuttavia, questo decreto legislativo (92/2008) non sembra aver intimorito gran parte degli italiani e il motivo è probabilmente legato alla scarsa informazione. Il numero complessivo di badanti occupate in Italia nel periodo successivo al provvedimento legislativo si è comunque ridotto e la causa è legata sia al timore delle famiglie italiane di incorre in complicazioni con la giustizia sia alle circostanze economiche negative che possono aver spinto in questa direzione. In generale, la percentuale di lavoratori impegnati nel mercato sommerso delle cure assistenziali e il tasso di clandestinità sono entrambi in calo grazie al provvedimento legislativo che ha promosso un mercato regolarizzato in grado di riconosce diritti ed equità ai lavoratori (Pasquinelli e Rusmini, 2008).
Per incentivare le famiglie a preferire l’impiego regolare delle badanti lo stato dovrebbe adottare provvedimenti in grado di rendere la pratica di assunzione meno penalizzante e non mancano i contributi volti a provare come l’incremento dei costi sul bilancio pubblico sarebbero compensati dell’aumento degli introiti derivanti dallo sviluppo dei rapporti di lavoro regolari (Baldini, 2008).
Vi sono alcuni aspetti che andrebbero riconsiderati al fine di valorizzare il mercato dell’assistenza agli anziani, per esempio: l’offerta degli enti impegnati in attività formative per le badanti non garantisce gli sbocchi desiderati perché non è ancora stato sviluppato un mercato regolamentato in grado di dare il giusto valore e riconoscimento alla formazione (Rusmini, 2009). Per quanto riguarda, invece, i servizi sociali volti a facilitare l’incontro tra la domanda e l’offerta di assistenza privata agli anziani si palesa un’instabilità del rapporto di lavoro subito dopo la stipula del contratto e la mancanza di sostegni funzionali e durevoli. Con riferimento al sostegno pubblico verso la non autosufficienza, (indennità di accompagnamento) la mancanza di vincoli nella destinazione d’uso incentiva il ricorso al mercato sommerso e l’esiguità delle detrazioni dagli oneri contributivi per chi si rivolge al mercato regolamentato non agevola lo sviluppo del mercato assistenziale regolare. Gli assegni di cura regionali compensano i limiti dello stato e vincolano le famiglie ad assumere badanti in
80 regola, tuttavia hanno un basso grado di copertura e non sono economicamente significativi (Gori e Pasquinelli, 2008).
Al fine di valorizzare nel tempo il provvedimento legislativo volto a far emergere il mercato dell’assistenza privata agli anziani, lo stato dovrebbe impegnarsi a creare una rete di servizi collegati in grado di sostenere e guidare la domanda e l’offerta di assistenza oltre a garantire un maggior grado di correlazione tra i costi e i benefici. I sostegni finanziari pubblici dovrebbero essere veicolati verso i servizi di incontro tra la domanda e l’offerta e verso la ricerca di una maggiore professionalità da parte degli assistenti familiari impegnati nell’ambito di un percorso formativo (Pasquinelli, 2009). L’obiettivo di far emergere il mercato sommerso del lavoro assistenziale da solo non è sufficiente a promuovere un mercato regolamentato e per questo deve essere accompagnato da una serie di provvedimenti riguardanti la fiscalità, il giusto sostegno ai costi che le famiglie sono chiamate a sostenere e lo sviluppo di servizi funzionali, duraturi ed efficienti.
81
Conclusione
I paesi europei, coinvolti nel processo di invecchiamento della popolazione, intervengono con modelli nazionali di assistenza che distribuiscono in modo differente le responsabilità tra stato, mercato, e famiglia. Le principali differenze emergono tra il Nord e il Sud del continente, infatti, da un lato vi sono i paesi dell’Europa mediterranea che si caratterizzano per l’insufficienza degli interventi pubblici, un mercato formale delle cure poco sviluppato e la centralità della famiglia, mentre dall’altro lato vi sono i paesi del Nord Europa in cui lo stato risulta avere un ruolo centrale nel farsi carico dell’attività di cura degli anziani. Indipendentemente dal livello e dall’intensità dell’intervento pubblico è comunque possibile individuare delle tendenze comuni nelle politiche di care: un progressivo sviluppo del settore formale delle cure attraverso un processo di privatizzazione dei servizi alla persona; il trasferimento delle responsabilità di cura agli organi di governo inferiore (regioni e municipalità); la preferenza verso i trasferimenti finanziari e i servizi di cura domiciliari, e il coinvolgimento delle famiglie nell’attività di sostegno agli anziani non auto sufficienti. Infine, in quasi tutti i contesti nazionali si sono cercate soluzioni nella direzione di una maggior collaborazione tra il settore formale e le famiglie, un miglior coordinamento tra il settore sociale e sanitario, una miglior gestione dei servizi domiciliari e residenziali, la promozione della cultura della salute e la rimozione degli incentivi al pensionamento anticipato.
La trasformazione della struttura per età della popolazione ha modificato i rapporti intergenerazionali: le famiglie sono sempre meno disposte a prendersi cura degli anziani genitori. Questo cambiamento è in parte il risultato dell’aumento delle preferenze delle donne per il lavoro sul mercato. Se nel passato la donna era associata ai doveri di mantenimento dell’integrità e del benessere fisico e morale dell’intera famiglia, a cui erano affiancati i doveri economici maschili tipici del modello male breadwinner, oggi questa separazione di compiti all’interno della famiglia si è indebolita e la donna partecipa a pieno titolo al mantenimento della famiglia. Contestualmente la disponibilità di cura e assistenza ai parenti anziani si è ridotta. Tuttavia, la donna impegnata in attività retribuite, parimenti all’uomo, può esprimere il suo contributo in termini monetari attraverso l’acquisto dei servizi di cura che in origine era solita svolgere in prima persona. La struttura familiare nei paesi occidentali sta progressivamente assumendo una forma verticale, infatti, sempre più spesso la famiglia estesa si caratterizza per l’inclusione dei parenti anziani che non sono più in grado di
82 condurre una vita in autonomia. L’autosufficienza nell’anziano dipende dal livello di salute fisica e mentale che si è in grado di mantenere, per questo stili di vita sani in età avanzata sono un’importante prerogativa volta a ridurre l’intensità degli interventi di assistenza sia formale che informale. La capacità degli anziani di mantenersi sani richiede la fornitura di un ambiente di sostegno ben organizzato in termini di prevenzione rispetto alle situazioni di rischio e di promozione della salute. Diversi paesi europei hanno inoltre intrapreso riforme pensionistiche volte a prolungare la vita lavorativa in linea con l’aumento della speranza di vita. Sembrerebbe, infatti, che il coinvolgimento attivo delle persone anziane nella società oltre a garantire una maggior sostenibilità finanziaria del sistema pensionistico e sanitario, contribuisce all’invecchiamento sano favorito dall’integrazione sociale e dalla stima di sé. Il processo di invecchiamento si caratterizza per una distribuzione territoriale non uniforme. In Italia si è potuto osservare come vi siano delle regioni demograficamente più vecchie perché segnate da una maggiore presenza di anziani rispetto ad altre, in particolare la Liguria registra il tasso di invecchiamento più alto della penisola (con oltre 239 over 65 ogni 100 giovani di età 15-‐64). La gestione e la responsabilità dell’assistenza pubblica agli anziani è rinviata alle regioni e i diversi sistemi assistenziali che ne derivano hanno urgenze divergenti e si esprimono attraverso un differente impiego degli strumenti che hanno a disposizione. L’intervento pubblico in ambito assistenziale è, comunque, nel complesso insufficiente rispetto alla crescente presenza di individui non più autonomi per via dell’età. Il problema della sostenibilità del modello di care in Italia è affrontato attraverso soluzioni che riconfermano la centralità del ruolo di caregiver della famiglia; a tale proposito viene riconfermato il maggior peso dei trasferimenti monetari sugli altri servizi pubblici e l’inclusione di una figura terza (la badante) nel nucleo familiare, che prende le veci dei parenti nell’assistenza e nella cura delle generazioni più anziane. Il ricorso ai servizi forniti dagli assistenti informali appare, oggi, la soluzione preferita dalle famiglie italiane sia economicamente sia rispetto al mantenimento della domiciliarità e della familiarità. Ci si domanda, tuttavia, fino a che punto il numero degli assistenti familiari possa aumentare, soprattutto di fronte ai recenti segnali di rallentamento della crescita delle assunzioni. Le ondate migratorie di donne straniere sono sempre più consapevoli rispetto ai propri diritti, più orientate verso l’integrazione sociale e soprattutto meno disponibili a coabitare. Secondo le stime INPS 2008, una badante regolarmente impiegata costa intorno ai 14 mila euro annui, a cui vanno aggiunti vitto e alloggio, TFR, le pratiche amministrative di assunzione, i giorni di riposo, ferie e malattia, per un totale di circa 18 mila euro. Si deduce che la regolarizzazione
83 determina una perdita di competitività delle badanti rispetto agli altri servizi assistenziali. Il processo di emersione del mercato dei servizi di cura informali potrebbe tradursi in una riduzione determinante del ricorso a tale strumento. La diminuzione delle esternalizzazioni alle badanti del carico di assistenza potrebbe comportare la necessità di ridefinire i legami familiari con il rischio di cadere in una riqualificazione dei servizi di cura offerti dalle donne italiane costrette a rinunciare alle proprie aspirazioni per badare al genitore in condizioni di non autosufficienza. I servizi pubblici, domiciliari e residenziali, che in termini di costo non si allontanano di molto da una badante regolarizzata ed, inoltre, offrono maggiori garanzie e qualità pur comportando inevitabilmente un calo di intensità nelle prestazioni (per esempio, il servizio pubblico domiciliare con una media di 4-‐5 ore a settimana per utente non regge il confronto con quanto le badanti sono in grado di offrire) potrebbero rappresentare un’importante alternativa.
Sarebbe auspicabile un rafforzamento delle politiche pubbliche in ambito assistenziale in grado di mantenere in equilibrio i benefici che il ricorso agli assistenti familiari comporta e i costi che le famiglie italiane sono disposte a sostenere. Tuttavia, la rinuncia alla convenienza del mercato senza regole vuole, come alternativa, l’organizzazione di una rete di interventi pubblici che vanno dal sostegno economico, ad una maggior tutela sia dal lato della domanda, in termini di maggiore informazione e sostegno, sia dal lato dell’offerta, in termini di formazione e riconoscimento delle competenze.
84 Indice tabelle e grafici
Tabella 1.1: Criteri di definizione dei modelli di politica sociale di Titmuss. Tabella 1.2: I tre regimi di welfare di Esping-Andersen (2000).
Tabella 1.3: Principali classificazioni dei modelli di welfare dei paesi latino americani. Tabella 2.1: Indicatori di fecondità in alcuni paesi europei.
Tabella 2.2: Indici della speranza di vita alla nascita (1990-2009).
Tabella 2.3: Spesa pubblica per il Long Term Care in percentuale al PIL, per tipo di cura (2010). Tabella 3.1: Saldo naturale della popolazione italiana cumulativo del periodo 2011-2065
(dati in milioni).
Tabella 3.2: Tassi di fecondità in Italia (2011-2065).
Tabelle 3.3: Indici di speranza di vita alla nascita in Italia (2011-2065).
Tabella 3.4: Ripartizione della popolazione per classi d’età (2011-2065) (dati in milioni). Tabella 3.5: Indici di dipendenza in Italia (2011-2065).
Tabella 3.6: Popolazione straniera residente in Italia (2011-2065)(dati in milioni).
Tabella 3.7: Percentuale di anziani che ricorrono ai servizi assistenziali in Italia (2005-2007). Tabella 3.8: Percentuale di anziani che ricorrono ai servizi domiciliari per regione (2005-2007). Tabella 3.9: Percentuale di anziani che ricorrono ai servizi residenziali per regione (2006). Tabella 3.10: Percentuale di anziani che ricorre all’indennità di accompagnamento per regione
(2007).
Tabella 3.11: Assistenti familiari in Italia (1991-2008).
Tabella 3.12: Domande di regolarizzazione dei collaboratori domestici per regione in Italia
(2009).
Grafico 2.1: Distribuzione della popolazione per età in Europa (1950-2050). Grafico 2.2: Distribuzione della popolazione per età in Est Europa (1950-2050). Grafico 2.3: Distribuzione della popolazione per età in Nord Europa (1950-2050).
Grafico 2.4: Distribuzione della popolazione per età in Europa meridionale (1950-2050). Grafico 2.5: Distribuzione della popolazione per età in Europa continentale (1950-2050).
Grafico 2.6: Piramidi della popolazione in Europa 2008 e 2060.
Grafico 2.7: Tasso di dipendenza degli anziani in EU-27 (2008-2060).
Grafico 2.8: Proiezioni del tasso di dipendenza degli anziani e del tasso di dipendenza giovanile
in EU-27.
Grafico 2.9: Spesa pubblica per il LTC in rapporto al PIL in EU-27 (2010-2060). Grafico 3.1: Piramidi della popolazione italiana al 2011 e al 2065.
85 Grafico 3.3: Spesa pubblica per Long Term Care in Italia in percentuale al PIL (2010-2060). Grafico 3.4: Distribuzione per componente della spesa per Long Term Care in Italia (2010-
2060).
Grafico 3.5: Distribuzione per fascia d’età della spesa per Long Term Care in Italia (2010-2060) Grafico 3.6: Condizioni delle assistenti familiari straniere in Italia
Grafico 3.7: Assistenti familiari straniere per condizione e ripartizione geografica Grafico 3.8: Assistenti familiari in Italia suddivise per provenienza
Grafico 3.9: Provenienza delle assistenti familiari per periodo di arrivo in Italia
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