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6.3.1. Determinazione del contenuto in carbonio organico

Il contenuto in carbonio organico è uno dei dati più importanti nella geochimica organica e dipende dai fenomeni sedimentari e diagenetici a cui è stata sottoposta la materia organica (produttività primaria, detriti organici e minerali, preservazione della materia organica, evoluzione diagenetica, alterazione).

Molte tecniche permettono la sua determinazione. Tra questi i sistemi Carmograph, CNH, Leco e Rock-Eval. In quest’ultimo il carbonio organico totale (TOC) del campione viene determinato sommando il carbonio organico pirolizzato durante la fase di pirolisi, con il carbonio organico residuale, determinato ossidando sotto aria la materia organica che non viene scissa durante la fase di pirolisi.

I valori medi, espressi in percentuale ponderale di carbonio in rapporto alla roccia secca, sono molto bassi. Le compilazioni di schede (Handbook of geochimistry, 1969-1970) permettono di dare i seguenti ordini di grandezza: 1% per le argille e le argilliti; 0,3% per i carbonati e i silt; 0,2 % per le sabbie; tracce per le evaporiti.

Il coefficiente che permette di stimare il contenuto in materia organica della roccia a partire dal suo contenuto in carbonio organico è dell’ordine di 2 nei sedimenti recenti e tende verso 1 nel corso dell’evoluzione diagenetica (la grafite è l’ultimo stadio di questa evoluzione).

6.3.2. Determinazione del contenuto in bitume

Tale metodo consiste nel trattare la roccia con solventi quali il cloroformio, l’esano o soluzioni di metano-benzene. L’estrazione viene effettuata in un becher nel quale si mescola la soluzione con una barra magnetica o con ultrasuoni. Per migliorare l’estrazione è spesso necessario un riscaldamento moderato a circa 60 oC. Successivamente la soluzione viene filtrata ed i bitumi vengono separati dal solvente in un evaporatore rotante.

6.3.3 La pirolisi Rock-Eval

La procedura più recente di questo metodo (Espitalie et al.1985) consiste nel riscaldare, con un determinato programma di temperatura, in atmosfera ad elio, un campione di roccia. Con questo metodo si determinano quantitativamente e a stadi selettivi gli idrocarburi liberi sottoforma di gas (S0) e di olii (S1), i composti idrocarboniosi (S2) e il gas carbonico (S3)

liberati durante la scissione del kerogene (Fig. 6.5). Dopo la pirolisi propriamente detta, si ossida la materia organica residuale, in aria o in ossigeno, per dosare il carbonio organico non pirolizzabile (S4).

Fig. 6.5. Schema dei segnali registrati durante la pirolisi Rock-Eval (da Espitalie et al., 1983). I picchi S0, S1 e S2 sono ottenuti con un rilevatore a ionizzazione di fiamma (FID), i picchi S3 e S4 con un rilevatore di conduttività termica (TCD) (Fig. 6.6). Il picco S0 viene determinato nel corso di una isoterma di 2 minuti a 90 oC. L’olio è in seguito vaporizzato con

una isoterma di 3 minuti a 300 oC. Successivamente inizia la pirolisi propriamente detta nella quale il campione è portato da 300 oC a 600 oC con un gradiente termico di 25 oC per minuto. Il picco S2 è registrato in continuo dal FID nel corso delle operazioni. La CO2 liberata tra 300

e 390 oC viene intrappolata; oltre i 390 oC si ritiene il kerogene è praticamente privo di ossigeno e che la CO2 di degassazione proviene soprattutto dalla decomposizione dei

la CO2 intrappolata viene riscaldata ed il picco S3 viene registrato con un rivelatore ad

infrarossi.

Infine il campione viene introdotto nel forno d’ossidazione con una isoterma di 600 oC per 7 minuti. Attraverso un meccanismo analogo alla registrazione di S3 si misura il picco S4.

Fig. 6.6. Schema della procedura di analisi della pirolisi Rock-Eval (modificata da Espitalie et al., 1985).

Parametri ottenuti

Il contenuto in carbonio organico totale (TOC) è la somma del carbonio organico residuale, dedotto dal picco S4, e del carbonio organico pirolisizzato dedotto dai picchi S0, S1 e S2.

L’indice dell’idrogeno (IH) esprime la quantità di idrocarburi liberati nel corso della

pirolisi (S2), in rapporto al TOC (Fig. 6.7). Esso viene espresso in mg di idrocarburi per grammi di TOC, e caratterizza il potenziale in idrocarburi della materia organica (e non della roccia), in funzione del tipo e del grado di evoluzione.

L’indice dell’ossigeno (OI) si esprime in mg di CO2 (S3) per grammi di TOC (Fig. 6.7). Esso caratterizza la ricchezza in ossigeno della materia organica.

Fig. 6.7. Principali parametri ottenuti dalla pirolisi Rock-Eval (da Peters et al., 2005).

L’indice di produzione(IP) è il rapporto S1/(S1+S2). Esso esprime la proporzione di

idrocarburi liberi in rapporto alla totalità degli idrocarburi ottenuti per termoevaporazione e combustione. Quando viene misurato il picco S0, l’IP può essere decomposto in un indice di produzione di gas (IPG) e in un indice di produzione di olio (IPH) con i rispettivi rapporti: S0/ (S0+S1+S2) e S1/ (S0+S1+S2).

Infine la temperatura ottenuta alla sommità del picco S2, espressa in gradi Celsius, è chiamata Tmax. Il picco S2 esprime infatti la ripartizione di energia d’attivazione necessaria alla combustione del kerogene, tenendo conto del gradiente termico applicato (25 gradi centigradi per minuto). Più la materia organica è evoluta, più la combustione degli idrocarburi residuali richiede un’energia di attivazione elevata, che si traduce in una Tmax stessa più elevata. Quest’ultima esprime un parametro che permette la classificazione del campione.

Vantaggi e limiti di questo metodo

L’analisi Rock-Eval è utilizzata di frequente in quanto può essere applicata su un gran numero di campioni e permette anche l’analisi statistica dei parametri ottenuti. Essa è molto

praticata, non soltanto dall’industria petrolifera, ma anche nei programmi di ricerca geologici come per esempio l’ODP (Ocean Drilling Program).

L’interpretazione dei risultati deve tenere conto della natura dei campioni analizzati. Per esempio, è noto che una parte dei componenti è trattenuta, dalla fase minerale, questa fatto è maggiore relativamente più sensibile per dei campioni molto poveri in carbonio organico (minore dello 0,1%). Il rilevatore a ionizzazione di fiamma fornisce una risposta proporzionale alla quantità di carbonio degli effluenti, ad eccezione degli atomi di carbonio direttamente legati agli etero-atomi. Pertanto i picchi S0, S1 e S2 non rappresentano, ponderalmente, la quantità totale degli effluenti, ma piuttosto quella delle strutture idrocarboniose. Quando i campioni contengono materia organica molto ossigenata, i risultati sono difficili da interpretare. È il caso della materia organica di origine continentale quando è molto immatura.

6.4. Metodi di caratterizzazione della materia organica insolubile