CAPITOLO V Conclusioni e Prospettive
Appendice 1 Metodi di sintesi di SWNTs
La sintesi dei nanotubi è uno dei settori di ricerca più studiati per sviluppare metodi a bassa energia in grado di generare quantità rilevanti di SWNTs ad elevata purezza e perfezione strutturale. I tradizionali metodi di sintesi portano all’ottenimento di un materiale che è una miscela di nanotubi metallici e semiconduttori con un rapporto di 1 a 2. Per un utilizzo pratico dei nanotubi nel campo dell’elettronica è indispensabile l’ottenimento di CNTs con un’elevatissima selettività in diametro ed elicità in modo da avere esclusivamente metallici o semiconduttori. Questo obiettivo ha portato allo sviluppo di nuovi metodi di sintesi ed un sistematico studio delle condizioni di crescita che potessero controllare la struttura dei nanotubi ottenuti. Ad oggi non sono ancora state trovate le condizioni per ottenere esclusivamente SWNTs metallici o semiconduttori. Un altro importante target è quello di ottenere materiali con purezze molto elevate, in quanto i processi di purificazione dei nanotubi sono lunghi e dispendiosi, accrescendone quindi il costo finale. Inoltre possono alterare le proprietà del nanotubo.
Tutti i metodi sviluppati finora presentano alcune parti in comune. Vi è ovviamente la necessità di una materia prima che sia la fonte del carbonio ed i metodi si differenziano nell’ottenimento del carbonio atomico. Il processo avviene per evaporazione dal materiale solido, causato da una scarica ad arco o da un’ablazione laser, oppure per decomposizione catalitica (pirolisi) di molecole organiche volatili (Chemical Vapour Deposition e High
Pressure CO Decomposition). Fondamentale è inoltre il controllo dell’atmosfera di reazione
che viene ottenuto tramite l’utilizzo di gas inerti o riducenti per ottenere le migliori rese e selettività. La presenza di un catalizzatore è necessaria per la crescita dei SWNTs, di solito un metallo di transizione come Fe, Ni, Co, Pd, Pt, con l’aggiunta di piccole percentuali di Y, La, Ce per i processi ad alta temperatura (scarica ad arco e ablazione laser)
Scarica ad Arco (AD)
Nella scarica ad arco, gli atomi di carbonio sono evaporati da un plasma di elio acceso da un’elevata corrente che viene fatta passare tra due elettrodi di grafite. Questo metodo è stato il primo sviluppato per la crescita dei nanotubi di carbonio e si possono ottenere sia MWNTs[1] che SWNTs[2].
L’ottimizzazione del processo si ottiene tramite la variazione del tipo e della pressione del gas inerte, della corrente applicata agli elettrodi e del catalizzatore per i SWNTs.
Durante la sintesi si ha la formazione di co-prodotti come fullereni, poliedri grafitici con incluse particelle metalliche, carbonio amorfo sia come particelle sia a ricoprire il nanotubo. Il prodotto finale che si estrae dalla camera ha solitamente una resa in nanotubi, presenti come
bundles, attorno al 40-50% nei casi migliori, con diametro dei SWNTs nell’intervallo tra 1.2-
1.4nm. Spesso è presente anche grafite “non reagita”.
Ablazione Laser (LA)
La sintesi tramite ablazione laser porta all’ottenimento di nanotubi di carbonio di elevata qualità.[3] Il metodo sfrutta un intenso raggio laser pulsato focalizzato su di un bersaglio di grafite contenente piccole percentuali di catalizzatore (Ni e Co). Il bersaglio è posto in un forno a 1200°C; un flusso di gas inerte viene fatto passare attraverso la camera di crescita per portare via i SWNTs prodotti che vengono raccolti in fondo su di un dito freddo.
Si ottengono anche in questo caso co-prodotti come per la scarica ad arco. Il grande vantaggio della ablazione laser è l’ottenimento di un ristretto numero di tipi di SWNT (distribuzione dei diametri molto netta) ma la scarsa produttività (pochi mg) ne limita l’impiego alle sole scale di laboratorio.
a)
Figura A1 - 1 Rappresentazione
schematica dei processi di sintesi dei nanotubi descritti nel testo,
a) scarica ad arco (AD) b) ablazione laser (LA)
c) Chemical Vapour Deposition (CVD)
Chemical Vapour Deposition (CVD)
La CVD è sicuramente il metodo di crescita che sta riscuotendo le maggiori attenzioni per le sua grande versatilità e, in un ottica di produzione di massa di CNTs, per la facile scalabilità del processo.
La CVD sfrutta la decomposizione di una materia prima carboniosa ad opera di un catalizzatore (di solito un metallo di transizione come Fe, Ni, Co) a temperature medio-alte (tra i 600 ed i 1000°C). Tra le sorgenti di carbonio, quelle maggiormente impiegate sono monossido di carbonio, etanolo, acetilene, esano. Il precursore viene “rotto” nelle componenti atomiche ed il C è reso così disponibile per la crescita dei nanotubi. Il meccanismo non è ancora completamente chiarito, ma prevede una prima fase di dissoluzione del carbonio atomico all’interno dei cluster o nanoparticelle di catalizzatore, quindi la sua fuoriuscita a creare un primo foglio di grafene che ricopre la particella e da questo la crescita del
catalyst oven temperature 500-1000°C CnHm He I oven temperature 1200°C c) Target Laser b)
Metodi di sintesi di SWNTs
nanotubo.[4] Diventa quindi di fondamentale importanza il controllo delle dimensioni delle particelle di catalizzatore,[5] le proprietà ossido-riduttive dell’atmosfera di reazione e la temperatura.[6]
Ad oggi grazie a questa tecnica sono quotidianamente ottenuti CNT di purezza apprezzabile intorno al 80% w/w e con una quantità di difetti strutturali molto bassa.
High Pressure CO decomposition (HiPco)
Una particolare variante del processo di sintesi tramite CVD è stata sviluppata nei laboratori della Rice University dal gruppo del Premio Nobel Richard Smalley.[7] SWNTs vengono prodotti in un processo catalitico in fase gassosa. Il catalizzatore è formato in-situ per decomposizione del complesso ferro pentacarbonile, che ‘condensa’ in clusters, in un flusso riscaldato di monossido di carbonio ad una pressione di 1-10atm e temperatura di 800- 1200°C. La resa ed il diametro dei nanotubi varia controllando le condizioni sperimentali (temperatura, pressione di CO, quantità catalizzatore) e si possono ottenere SWNT fino a 0.7nm in diametro. Il sistema è inoltre molto adatto ad essere scalato verso la produzione industriale.[8]
Riferimenti Appendice 1
1
T.W. Ebbesen, P.M. Ajayan; Nature 1992, 358, 220-222
2
D.S. Bethune, C.H. Kiang, M. DeVries, G. Gorman, R. Savoy, J. Vazquez, R. Beyers; Nature 1993, 363, 605- 607
3
A. Thess, R. Lee, P. Nikolaev, H.J. Dai, P. Petit, J. Robert, C.H. Xu, Y.H. Lee, S.G. Kim, A.G. Rinzler, D.T. Colbert, G.E. Scuseria, D. Tomanek, J.E. Fischer, R.E. Smalley; Science 1996, 273, 483-487
4
M. Cau, N. Dorval, B. Cao, B. Attal-Tretout, J.L. Cochon, A. Loiseau, S. Farhat, C.D. Scott; J. Nanosci.
Nanotech. 2006, 6, 1298-1308
5
A.G. Nasibulin, D.P. Brown, P. Queipo, D. Gonzalez, H. Jiang, E.I. Kauppinen; Chem. Phys. Lett. 2006, 417, 179-184
6
A.M. Cassell, J.A. Raymakers, J. Kong, H. Dai; J. Phys. Chem. B 1999, 103, 6484 - 6492
7
P.Nikolaev, M.J. Bronikowski, R.K. Bradley, F. Rohmund, D.T. Colbert, K.A. Smith, R.E. Smalley; Chem.
Phys. Lett. 1999, 313, 91-97
8
M. J. Bronikowski, P.A. Willis, D.T. Colbert, K. A. Smith, R.E. Smalley; J. Vac. Sci. Technol. A 2001, 19, 1801-1805