• Non ci sono risultati.

9. Approcci semplificati

9.1 Metodo POR

Il metodo POR si può considerare il primo dei modelli a telaio. Per la sua semplicità è ancora oggi diffuso in ambito professionale, sebbene presenti numerose limitazioni. Tale metodo è applicabile esclusivamen- te ad edifici bassi con impalcati di piano sufficientemente rigidi, poichè si basa sull’ipotesi fondamentale di impalcati infinitamente rigidi, sia assialmente che flessionalmente, perfettamente ammorsati alle pareti. Tale assunzione, comunque molto approssimata, risulta accettabile nel caso di edifici con solai in latero-cemento, i quali, oltre ad offrire una maggiore rigidezza flessionale rispetto a tutte le altre tipologie di oriz- zontamenti, risultano usualmente ben ammorsati alle pareti.

Nel caso di edifici con differenti tipologie di impalcato, come solai in legno o volte portanti, entrambi frequentemente riscontrabili in edifici storici, le ipotesi formulate risultano molto meno accettabili. In questo caso, infatti, i solai risultano più deformabili e non sempre l’impalcato è sufficientemente ammorsato alle pareti verticali.

Il metodo risulta, invece, del tutto inapplicabile a edifici privi di im- palcati. Tale situazione si riscontra in diverse tipologie di costruzioni a carattere monumentale, come ad esempio le chiese.

Assumendo gli impalcati infinitamente rigidi, le pareti di ogni piano si comportamento come un sistema di molle in parallelo che collegano due impalcati contigui. La rigidezza assiale dei setti viene trascurata, pertanto il sistema presenta complessivamente tre gradi di libertà per ogni impalcato. Spesso viene trascurata anche la rigidezza fuori piano delle pareti in quanto risulta notevolmente inferiore rispetto alla rigi- dezza nel piano. I setti vengono modellati come molle alla traslazione nella direzione della parete stessa, il legame costitutivo ad esse asse- gnato è elastico, perfettamente plastico con duttilità limitata.

Le analisi in campo inelastico vengono condotte applicando le forze orizzontali nel centro di massa di ogni impalcato. Tali forze si distribui- ranno inizialmente a seconda delle rigidezze elastiche delle molle. Du- rante l’analisi, quando una parete giunge al proprio limite di snerva- mento inizia a deformarsi senza incrementare il proprio carico, fino al raggiungimento del valore ultimo dello spostamento. A questo punto ta- le parete viene eliminata dallo schema di calcolo in quanto non è più in grado di portare carico. L’analisi procede finché è possibile garantire l’equilibrio.

Originariamente il metodo POR prevedeva esclusivamente la rottu- ra a taglio diagonale che portava a valutare il taglio ultimo con la for- mula proposta da Turnsek e Cacovic (1971). Validato con l’osservazione dei risultati di diverse prove sperimentali (Tomazevic, 1990 e 1996), tale criterio si basa sull’assunzione che la rottura avviene quando la tensio- ne principale di trazione, nella zona centrale del pannello, eguaglia la resistenza a trazione della muratura.

La formula che esprime tale criterio si ricava facilmente mediante l’ipotesi di distribuzione parabolica delle tensioni tangenziali lungo la sezione del pannello, con valore massimo pari a 1.5*V/A in corrispon- denza dell’asse baricentrico, e deriva da semplici considerazioni sullo stato tensionale. Basta, infatti, ricavare l’espressione della tensione principale di trazione in corrispondenza proprio dell’asse del pannello, di seguito riportata: 2 2 2 2

1.5

t

P

V

p

A

A

σ

=

=

  

+

 

essendo

σt la tensione principale di trazione; P lo sforzo normale agente sul pannello; p la pressione media;

V il taglio agente;

B e t la base e lo spessore del pannello; A=B*t l’area della sezione trasversale.

Uguagliando questa espressione con la resistenza convenzionale a trazione, l’espressione del taglio ultimo assume la forma

1 1.5 tu d tu Bt p V

σ

σ

= ⋅ +

Il termine σtu rappresenta la resistenza a trazione della muratura;

tale parametro è in linea teorica una grandezza puntuale, tuttavia in quest’ambito deve essere interpretato come un parametro di tipo globa- le, dato che è riferito all’intero pannello. Non è detto inoltre che esso debba coincidere con la resistenza a trazione misurabile con una prova a trazione sulla muratura; esso va piuttosto determinato eseguendo una prova di taglio che permetta di ricavare il taglio ultimo, e poi invertendo la formula di Cacovic. Per marcare il carattere macroscopico e non locale del parametro σtu, esso spesso viene indicato come resistenza convenzio- nale a trazione.

La formula di Cacovic viene spesso riportata in funzione del para- metro τk che rappresenta la tensione tangenziale media in condizioni ul-

time (Vd/A) in assenza di sforzo normale, e non in termini di σtu. È facile

notare che questi due parametri sono legati dalla relazione τk=σtu/1.5.

Con queste posizioni la formula di Cacovic può essere scritta come

1

1.5

d k k

p

V

τ

Bt

τ

=

+

Il parametro τk presenta il vantaggio di avere un riscontro fisico più

immediato rispetto alla tensione convenzionale a trazione. Se infatti si esegue una prova di taglio su un campione di muratura (in assenza di sforzo normale), per determinare τk basta dividere il valore del taglio ul-

timo che si registra per l’area della sezione trasversale del pannello e- saminato.

In successive versioni del metodo si è cercato di tenere conto anche della possibilità di una rottura per presso-flessione del maschio mura- rio, considerando quindi anche un criterio di rottura a presso-flessione (POR-flex).

Il carico ultimo della struttura determinato attraverso il metodo POR risulta essere una stima per eccesso di quello reale. Ciò è conse- guenza dell’ipotesi di impalcati rigidi, che corrisponde ad un vincolo alla rotazione sulle facce superiore ed inferiore dei pannelli murari. Un pan- nello inserito in una struttura si trova, in realtà, in una condizione di

vincolo intermedia tra quella di parete libera in testa e quella di parete vincolata in testa alla rotazione. L’effettivo grado di vincolo dipende dal- la rigidezza delle fasce di piano e dalla presenza o meno del cordolo di piano. Non è detto inoltre che tale condizione di vincolo resti immutata durante tutta l’analisi, ma è piuttosto probabile che cambi a seguito di eventuali rotture o plasticizzazioni che interessano gli elementi a con- tatto col pannello stesso (fasce di piano, cordoli, ecc..).

Documenti correlati