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Per analizzare le barriere all’entrata nel mercato delle Pay Tv italiane occorre innanzitutto precisare quali sono i confini del mercato. Con il termine “Pay Tv” ci si vuole riferire in questa sede a quelle emittenti televisive che offrono la visione di canali live e contenuti dietro pagamento di un canone. Sono esclusi quindi dall’accezione classica di “Pay Tv” i video noleggio online e gli OTT che offrono l’accesso mensile a pacchetti di contenuti esclusivamente in modalità On Demand in PPV o contro il pagamento di un abbonamento. La precisazione appare doverosa in un momento in cui il mercato sta vivendo una profonda convergenza che crea competizione anche tra attori appartenenti a diverse categorie. Detto ciò, i driver da analizzare per definire la minaccia di nuovi ingressi nel mercato sono molteplici:

 Dimensione degli incumbent e forza del loro brand. Degli attori presenti nel mercato italiano si è già parlato ampiamente in precedenza. Sky è un operatore internazionale appartenente ad un gruppo di calibro mondiale ed in Italia ha saputo costruirsi in 12 anni un brand fortissimo. Mediaset dal canto suo, pur non avendo dimensione internazionale, può godere di una profonda conoscenza del mercato italiano dove è leader da anni con le reti FTA. Proprio la conoscenza del mercato è un elemento chiave nella difesa del territorio delle incumbent.

 Accessibilità della rete distributiva. Come già discusso in precedenza, i fornitori dei servizi di trasmissione del segnale sono operatori di grandi o grandissime dimensioni. La rete distributiva di Premium è per gran parte di sua proprietà con i suoi Multiplex già diffusi lungo il territorio per la

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trasmissione dei canali FTA. Per la rete distributiva utilizzata da Sky, invece, entrano in gioco relazioni estese e solide che lega l’agglomerato mediatico di Murdoch con Eutelsat. Un canale più praticabile, per un eventuale impresa entrante, parrebbe in questo senso la rete a banda larga destinata ad estendersi ed a diventare un bene pubblico garantito a tutta la popolazione.

 Accessibilità ai fornitori. La dimensione degli incumbent ha il suo peso anche sotto questo aspetto. Il potere economico di Sky e Premium consente loro di aggiudicarsi contratti di fornitura in esclusiva dei contenuti migliori di tutte le categorie: cinema, serie tv, show televisivi ed eventi sportivi.  Barriere legali. Le barriere legali sono quelle che sicuramente rinforzano

maggiormente, insieme alla loro dimensione, la roccaforte delle incumbent. Sia a livello comunitario europeo, sia a livello nazionale, la normativa in tema di prodotti audiovisivi è molto stringente. Ciò si nota in particolar modo nelle regolamentazioni in materia di diritti per la trasmissione dei maggiori eventi sportivi e nei limiti pubblicitari cui si è già accennato. Al momento alcune falle nella normativa sono presenti per quanto riguarda la trasmissione dei canali via internet. L’AGCOM ha infatti sollevato il problema attraverso le parole del presidente Prof. Cardani durante l’audizione al parlamento del 25/02/2015, il quale ha esortato ad un aggiornamento che tenga conto delle nuove tendenze già sotto analisi dell’authority stessa.

 Elevati costi fissi. Gli elevati costi necessari per la creazione di una piattaforma televisiva, dovuti all’acquisto di spazio sulle frequenze terrestri o satellitari, sono sicuramente un deterrente all’entrata. Come si è già detto, in era digitale la capacità di trasporto è aumentata provocando un abbassamento dei costi. Costi che però rimangono fuori dalla portata di imprese di piccole dimensioni, soprattutto considerando l’articolazione dei canali necessaria per competere con le due emittenti presenti. Un discorso analogo va fatto per i costi relativi ai contenuti pregiati. Solo imprese di

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grandi dimensioni che realizzano forti economie di scala possono competere nell’acquisto di tali prodotti.

 Switching cost. I costi che gli utenti devono sostenere per cambiare la piattaforma cui abbonarsi costituiscono un altro limite alle possibilità di entrata nel mercato. Nell’analisi delle condizioni contrattuali effettuata in precedenza è emerso un basso costo monetario per il recesso dell’abbonamento sia per Sky che per Mediaset Premium (a meno di recesso prima di 1 anno: in quel caso vanno restituiti gli sconti di cui si è usufruito). I costi derivanti da nuovi impianti di ricezione come il decoder possono, a seconda della tecnologia utilizzata, essere più importanti ed in tal caso rappresenterebbe un peso a carico dell’utente o, in alternativa dell’impresa che decide di accollarseli. Vanno considerati poi i costi psicologici dovuti alla ricerca ed alla valutazione dell’offerta alternativa, i costi affettivi in caso di sentimento verso il brand che si lascia e soprattutto l’inerzia dei consumatori, spesso restii ai cambiamenti.

 Crescita del mercato. Sebbene il mercato delle Pay Tv sia complessivamente in crescita nel mondo, negli ultimi 5 anni in Italia si è potuto assistere ad un rallentamento negli abbonamenti. Considerando che la penetrazione delle Tv a pagamento è in Italia del 30% contro la media del 50% in Europa, i margini di crescita ci sono, ma la stagnazione delle vendite potrebbe scoraggiare un’impresa che non ne conosce i motivi. Tutti gli elementi considerati portano a considerare la minaccia di nuovi ingressi sul mercato molto bassa. In teoria solo grandi imprese dotate di know-how su mercati esteri avrebbero le possibilità economiche per tentare un ingresso, ma fattori politico/istituzionali e legislativi costituiscono un freno importante anche per esse.

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