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Un misfatto e un acquisto di pertinenza sacra: Burano, Brusadaz e le implicazioni Venier

3. Tra furti e doni: per una storia del collezionismo e della munificenza israelita in area lagunare

3.5 Un misfatto e un acquisto di pertinenza sacra: Burano, Brusadaz e le implicazioni Venier

I due merletti di provenienza sacra delle raccolte civiche lagunari sono i manufatti che compaiono maggiormente nelle mostre veneziane che si svolgono nel corso degli anni Ottanta del Novecento, oltre che a figurare nelle esposizioni degli anni Trenta e Sessanta.

Il merletto proveniente dalla chiesa di San Martino di Burano509, quale unico esemplare di produzione buranese delle intere collezioni civiche caratterizzato dalla narrazione di scene sacre realizzate tramite la tecnica ad ago del punto Venezia tagliato a fogliame ad alto rilievo510 (fig. 79), venne mostrato in occasione dell’inaugurazione del Museo del Merletto di Burano nel 1981 ed è

506 Venezia, Archivio Correr, b. 1930, f. nota n. 58 dell’agosto 1930, Dono Contessa Mocenigo, copia di lettera manoscritta su recto del fascicolo inviata dal direttore del Museo Correr Daniele Ricciotti Bratti di ringraziamento alla Contessa.

507 D. Davanzo Poli, S. Moronato, Il museo di Palazzo Mocenigo, cit., p. 7. 508

Una quindicina di anni dopo si poteva riaprire lo stabile come casa museo e Centro Studi di Storia del Tessuto e del Costume, con annessi biblioteca e depositi. Ivi, p. 9.

509

Merletto Correr n. 160, chiesa Parrocchiale di Burano n. 1, vedi tabella in appendice, p. 256. Cfr. inventario storico Correr, classe XXIII A n. 160; Registro acquisti n. 2104 con data 28 aprile 1931 dove si specifica che l’inventariazione risulta così tarda poiché negli anni Venti si trascura per errore di inserirlo nel registro.

510

Altri esempi di merletti caratterizzati dalla narrazione di scene sacre sono il merletto Correr n. 1, Acquisto Grasso n. 1; il merletto Correr n. 166, Dono Seguso n. 1; il merletto Correr n. 1, Acquisto Rusconi n. 1, vedi tabella in appendice rispettivamente pp. 244, 245, 246. Nessuno dei tre merletti raggiunge però la qualità tecnica di quello della chiesa di San Martino di Burano.

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stato riproposto nel recente progetto scientifico curato per la riapertura del Museo nel giugno 2011. Il merletto venne esposto originariamente diversi decenni prima, forse già nel 1911, quando era depositato temporaneamente al Correr e l’acquisto non risultava ancora concluso511

. Nella lettera del 12 dicembre 1911 inviata dal Soprintendente Gino Fogolari al Ministero dell’Istruzione si legge infatti “Ho stabilito che il merletto venga esposto nella raccolta del detto Museo con l’indicazione che lo si conservi in deposito”512

, mentre il giorno prima il direttore del museo Angelo Scrinzi affermava: “Il merletto resterà depositato nel Museo Civico Correr, ove così anche esposto fino a nuove disposizioni dell’autorità”513

.

Nel 1934 risulta il pezzo di punta dell’esposizione della sala merletti del Correr514

. In una breve guida di quell’anno, infatti, si illustravano sala per sala le collezioni del museo spostate recentemente dal Fontego dei Turchi, dove erano rimaste fino al 1922, alle Procuratie Nuove e all’Ala Napoleonica in Piazza San Marco515

. In particolare si parlava di una piccola ma scelta sala merletti al numero 42516 in cui si esponevano manufatti veneziani che andavano dal XVI al XVIII secolo, per la quale si accenna solo brevemente ai punti di realizzazione dei manufatti: “in aria, rosa, rosellina, a fuselli, tagliato, a fili tirati”517

, affermando che al centro della sala si trovava esposta la bordura di tovaglia d’altare rappresentante la vita della Vergine proveniente dalla chiesa

511

L’acquisto si conclude nel giugno del 1920, quando il Museo Correr ottiene l’autorizzazione dal Subeconomato dei Benefici Vacanti; Venezia, Archivio Correr, b. 1920, f. nota n. 46 del 27 maggio 1920, Acquisto chiesa parrocchiale di

Burano, lettera dattiloscritta, prot. n. 490, del 19 giugno del 1920 inviata dal Subeconomo Magrini alla chiesa di

Burano. 512

Ivi, f. nota n. 107 del 13 dicembre 1911, Acquisto chiesa parrocchiale di Burano, lettera dattiloscritta, prot. n. 3379, del 12 dicembre 1911 inviata da Venezia a Roma dal Soprintendente Gino Fogolari al Ministero dell’Istruzione Pubblica.

513

Ivi, copia di lettera manoscritta del 13 dicembre 1911 inviata dal direttore del Museo Correr Angelo Scrinzi. 514

Civico Museo Correr Venezia-Guida 1934, cit., p. 77. 515 Ivi, pp. 5-8.

516

Nella due sale precedenti (XL e XLI) si trovavano esposti reperti tessili; paramenti sacri e stoffe di fabbricazione veneziana nella prima sala e il campionario di stoffe di produzione di diverse fabbriche italiane donate da Michelangelo Guggenheim nella seconda. Ivi, pp. 75-76.

517

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di San Martino e in una vetrina di fondo una vestina da bambino, di certo appartenente alla donazione Guggenheim518 (fig. 80).

La trina di Burano veniva nuovamente esposta assieme alla vestina nel 1969 nella mostra di merletti, costumi e dipinti proposta nelle sale wagneriare di Ca’ Vendramin Calergi519, quando Giovanni Mariacher520 tenne a sottolineare che lo scopo della mostra era “quello di rievocare per i veneziani, e i non-veneziani, le glorie passate di un’arte quant’altre mai squisitamente ‘lagunare’: l’arte del merletto” giacchè “si tratta di un notevolissimo patrimonio, che soltanto in parte è noto, anche perché non ancora accessibile al pubblico. Lo sarà tra breve, quando verranno completati gli allestimenti delle apposite sale alle Procuratie Nuove, dove i lavori procedono alacremente, per collocarvi la sezione delle Arti Industriali e del folclore veneziano”521

.

La bordura d’altare proveniente dalla Chiesa parrocchiale di San Martino di Burano, come testimoniano i documenti, raffigura i Misteri del Rosario522 o della Passione ed è probabilmente opera del sapiente lavoro delle monache del convento benedettino di San Mauro di Burano. Oltre a narrare le storie della Vergine e di Cristo523 essa presenta infatti nelle intersezioni tra il lato lungo e quelli corti due santi: probabilmente santa Scolastica e san Benedetto o sant’Antonio524

. Anche

518

Ibidem. Definita come “vesticciuola da bambino con merletti a figurazioni di scarabei, amuleti., etc., contro il malocchio”. Si veda Merletto Correr n. 58, Dono Guggenheim n. 19, tabella in appendice, p. 222.

519 Il merletto antico a Venezia. Merletti, dipinti e costumi del Museo Correr e di Ca’ Rezzonico, cit. 520

Giovanni Mariacher (Perugia, 28 settembre 1912 – Padova, 7 gennaio 1994).

521Il merletto antico a Venezia. Merletti, dipinti e costumi del Museo Correr e di Ca’ Rezzonico, cit.

522 Venezia, Archivio Correr, b. 1911, f. nota n. 107 del 1911, Acquisto chiesa Parrocchiale di Burano, lettera dattiloscritta,prot. n. 3395, del 12 dicembre 1911 di Fogolari al direttore del Correr Angelo Scrinzi.

523

Sul lato lungo a partire da destra, si trovano scene della passione e della vita di Gesù: l’incoronazione di spine, la flagellazione, la preghiera nell’orto, Gesù fra i dottori; in posizione centrale la Vergine col bambino adorata da due angeli, poi ancora il Cristo porta croce, la Crocifissione, la Risurrezione e Cristo che appare agli apostoli; sul lato corto di destra figurano probabilmente san Benedetto o sant’Antonio, Gesù presentato al sacerdote, il Presepio, la Visitazione e la Vergine annunciata; sul lato corto di sinistra santa Scolastica introduce la discesa dello Spirito Santo, l’Assunzione, l’Incoronazione della Vergine, l’Arcangelo Gabriele.

524

E. Ricci, Una tovaglia d’altare, in “Emporium”, Vol. LXXIII, n. 436, p. 244. La studiosa parla genericamente di “una

santa (abadessa?) col rocco” e di “un Santo Vescovo col giglio in mano, e un libro nell’altra. La testa di profilo, con

l’occhio segnato, com’era l’uso, da una perlina nera, è curata con speciale minuzia, fin nella barba, indicata con garbata discrezione”. L’interpretazione delle figure come santa Scolastica e sant’Antonio o Benedetto si ritrova nell’Inventario storico dattiloscritto della classe XXIII A di merletti (Venezia, Biblioteca Correr, merletto Correr n. 160). L’interpretazione nel senso di santa Scolastica è sostenuta anche da D. Davanzo Poli, in Il Museo del merletto, cit., pp. 24-25.

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Elisa Ricci525, sposata in prime nozze con il veneziano Errera e amica di Isabella E., sosteneva nel 1931 su “Emporium” che il merletto fosse opera seicentesca di una monaca di Burano526

, ispirata da uno dei codici miniati appartenenti al convento e che sostiene peccare d’orgoglio nella scelta di rappresentazione di un numero così elevato di personaggi realizzati poi senza “sfoggio di nodini nel fondo” e “grande varietà di punti”527

, utilizzando poco il rilievo, senza precisione nella realizzazione delle volute che incorniciano le scene sacre e cadendo nel grottesco nei gruppi più popolosi528. Va notato come del resto come in apertura del suo articolo del 1931 su “Emporium” E. Ricci parli anche del furto dei merletti di Burano e del loro ritrovamento ad opera di una signora inglese di nome John Hungerford Pollen, “appassionata amante e studiosa di trine antiche”529 autrice nel 1907 di Seven Century of Lace530. Secondo E. Ricci il merletto in questione fece parte del tesoro di Burano fino al 1919 e in quello stesso anno la bordura di tovaglia d’altare venne rubata dagli armadi della chiesa di San Martino assieme ad altri merletti. Solo tre anni dopo sarebbero stati ritrovati da una dama inglese che passeggiando sotto le Procuratie, soffermandosi davanti alle vetrine di merletti veneziani, sarebbe stata fermata da due giovani poco raccomandabili. Questi

525 Elisa Guastalla Herrera, figlia di Giuliano, nasce nel 1858; si sposa per la prima volta con l’economista Alberto Errera (Venezia 1842-Napoli 1894). Figlio dell’ebreo Giacomo Errera e di Elena Ventura, egli si era laureato a Padova nel 1867 e divenne insegnante di economia e diritto commerciale all’Istituto Tecnico di Venezia, per poi essere trasferito a Milano e successivamente a Napoli, dove riuscì a ottenere un incarico universitario. Nel 1894 Elisa, rimasta vedova del primo marito, si risposa con lo storico dell’arte e allievo di Adolfo Venturi, Corrado Ricci. Nei primi decenni del Novecento scrive un numero cospicuo di testi e di articoli sulle industrie femminili, in particolare sull’arte del merletto e del ricamo. Si ricordino Antiche trine italiane raccolte e ordinate da Elisa Ricci…, cit.; Antiche trine italiane raccolte e

ordinate da Elisa Ricci. Trine a fuselli, Bergamo 1911; La casa, Firenze 1921; Ricami antichi e moderni, Firenze 1925; Trine italiane. Modano, fili tirati, buratto, reticello, trine a fuselli, punto in aria, Bergamo 1934; Mille Santi ne l’Arte,

Milano 1931. Tra il 1904 e il 1931 interviene con diversi articoli nelle riviste “Emporium”, “Regina”, “La lettura”, “Casa Bella”, “Rassegna d’arte antica e moderna”. E’ inoltre importante sottolineare anche il suo lavoro di ristampa di alcuni dei più famosi libri di modelli per ricami, tra cui si vedano: G. Ostaus, La vera perfezione del disegno, Bergamo 1909 (riproduzione della edizione di Venezia del 1561); F. Vinciolo, I singolari e i nuovi disegni per lavori di biancheria, Bergamo 1909 (riproduzione della edizione di Parigi del 1606); A. Paganino, Il burato, libro de recami, Bergamo 1909 (riproduzione dell’esemplare della Biblioteca Comunale di Brescia del XVI secolo), G. Andrea Vavassore, Opera Nuova

Universale intitolata Corona di Ricami, Bergamo 1910; Id., Esemplario di lavori: che insegna alle donne il modo e l’ordine del lavorare, Bergamo 1910. Cfr. voce Errera Alberto in M. Brusegan, I personaggi che hanno fatto grande Venezia, Roma 2006, p. 163; B. Loffreda, La biblioteca, in In viaggio con Penelope. Percorsi di ricamo e volute di merletto…, cit., pp. 82-84.

526 E. Ricci, Una tovaglia d’altare, cit., p. 242. 527 Ivi, p. 245. 528 Ivi, pp. 243-245. 529 Ivi, p. 241. 530

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ultimi le avrebbero proposto di visionare dei merletti antichi da acquistare, cosa che accettò e che permise di ritrovare i merletti rubati e di arrestare i due giovani531:

Il merletto che riproduciamo formava parte del Tesoro di Burano fino al 1919. In quell’anno dai mal vigilati armadi della Chiesa di S. Martino fu rubato, insiem ad altre trine preziose. Dopo il primo greve sgomento, e le prime vane ricerche, sopravvenne, se non l’oblio, la rassegnazione. Tre anni dopo. Una dama inglese, appassionata amante e studiosa di trine antiche, passeggia sotto le Procuratie , a Venezia, soffermandosi curiosa, davanti alle vetrine dove sono esposti, nella loro fiorita trasparenza, merletti veneziani, antichi e moderni. Due giovinastri, in malarnese, osservano attenti la predilezione della signora, e le si accostano, cautamente, per dirle, nel puro accento della laguna: “Se madama vuole, abbiamo un merlo antico da vendere.” Vinto un primo movimento di diffidenza, la signora rispose: “Venite domattina all’albergo X.” E andarono infatti, e le mostrarono un frammento della nostra tovaglia che la signora Hungerford Pollen riconobbe subito. La aiutò il sangue freddo britannico a non rivelare la sua sorpresa e la sua gioia. “Si, disse, mi interessa, portatemi tutto quanto avete in fatto di trine, e ci intenderemo sul prezzo.” Naturalmente quando i due giovinastri ritornarono col bottino completo, trovarono… il ricevimento che meritavano. Così, per merito di Mrs John Hungerford Pollen, autrice di una opera intitolata Seven Centuries

of Lace, furono ricuperate le trine di S. Martino e assicurati alla

giustizia i malandrini. La preziosa tovaglia di altare (ora custodita al Museo Correr di Venezia) è probabilmente opera di una monaca “buranela” del seicento. L’isoletta famosa nel mondo e attraverso i secoli per le sue trine, fu l’ultima ad abbandonare l’arte e a cedere le armi davanti alle trionfanti trinaie francesi; le sue trinaie durarono infatti a lavorare per tutto il settecento; e fu la prima, come ognun sa che, nel 1872, vide rifiorire l’arte smarrita, ma non perduta. La nostra monaca doveva conoscere il disegno: pur tra le imperfezioni docute alle insuperabili difficoltà tecniche che affronta con audacia, si vede che l’ago non segue meccanicamente le linee tracciate sulla cartapecora: le completa, le interpreta così da giungere in molti casi a dare espressione ai volti, grazia alle pieghe, movimento alle figure. Nulla sappiamo di lei: possiamo quindi giocar di fantasia. Io vedo la giovane monaca, (probabilmente era miope; a certe finezze di esecuzione par che arrivino meglio gli occhi miopi) invecchiar dolcemente nell’opera d’arte e di devozione che attraverserà i secoli. Chiusa nel suo convento, senza contatto col mondo, non conosce l’infinita varietà di punti e la folle ricchezza dei fondi a nodini, che sono il vanto delle trine veneziane del seicento. Neppure si indugia a far precise e leggiadre le volute incornicianti i venti quadretti, che lascia un poco rozze e imperfette e forse confida ad altre mani meno esperte. Tutta la sua cura, tutto il suo amore, tutta la bravura del suo ago riserba per i quadretti dove narrerà la tragedia sacra. La nostra artista dovette passar lunghe ore nella contemplazione delle pagine miniate di qualche codice conservato nel convento; e dovette trarne

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idee, e modelli e soggetti per il lavoro cui intendeva dedicarsi; sicura che il suo ago avesse le possibilità stesse del fine pennello dell’alluminatore, intraprese serena l’opera lunga e difficile. Peccò forse d’orgoglio la pia lavoratrice; ma lo sforzo che dovette fare per dar vita ai settanta personaggi che figurano nella sua trina, intenerisce e interessa anche là dove nelle scene più popolose e drammatiche, cade nel grottesco. […].532

A differenza di quanto racconta la studiosa, nella documentazione d’archivio del Museo Correr non si hanno notizie precise sulla questione del ritrovamento dei merletti. Nella citata lettera del 12 dicembre 1911 inviata da Fogolari al Ministero dell’Istruzione Pubblica533 si parla brevemente e senza seguito di un processo svoltosi “per la tentata vendita di un prezioso merletto rubato già alla chiesa parrocchiale di Burano”534

e sempre dalla stessa lettera si può ricavare che i merletti rubati a Burano erano in tutto tre535, mentre i furti erano avvenuti in due volte a distanza di qualche mese “senza che del primo furto si sia data notizia alla competente autorità”536

. La data del 1919 proposta da Elisa Ricci per il furto di Burano non risulta quindi credibile, in quanto i merletti risultano già rubati nel 1912; probabilmente il furto risale al 1910, come testimonierebbe una missiva del 18 marzo di quell’anno inviata dal direttore Angelo Scrinzi in cui si racconta l’episodio del furto dei merletti537. Sul furto e sul deposito giudiziario le informazioni sono molteplici e chiariscono che già l’11 dicembre 1911 il merletto sacro si trovava provvisoriamente al Museo Correr538

e che l’acquisto della trina della chiesa di Burano venne autorizzato al museo dal Reale Subeconomato dei Benefici vacanti solo il 19 giugno del 1920539.

532

Ivi, pp. 241-243.

533 Venezia, Archivio Correr, b. 1911, f. nota n. 107 del 13 dicembre 1911, Acquisto chiesa parrocchiale di Burano, lettera dattiloscritta, prot. n. 3379, del 12 dicembre 1911 inviata dal soprintendente Gino Fogolari al Ministero della Pubblica Istruzione. 534 Ibidem. 535 Ibidem. 536 Ibidem.

537 Ivi, lettera manoscritta del 18 marzo 1910 inviata dal direttore del Museo Correr Angelo Scrinzi. 538

Ivi, annotazioni manoscritte circa la consegna in data 11 dicembre 1911 del merletto al Museo Correr per il deposito temporaneo, recto del fascicolo.

539 Venezia, Archivio Correr, b. 1920, f. nota n. 46 del 1920, Acquisto chiesa parrocchiale di Burano, lettera dattiloscritta del 19 giugno 1920, prot. n. 490, inviata dal Reale Subeconomo Magrini alla Direzione del Museo Correr.

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E’ Giuseppe Nicoletti, vice conservatore del Museo Correr, a raccontare al direttore Angelo Scrinzi nel 18 marzo 1910540 di un fatto riferito dal parroco Cottin541 di San Luca e accaduto al parroco di Burano don Dario Costantini542, direttore spirituale in Seminario e “figura tipicamente e nobilmente veneziana”543. Egli era tanto attento ai fatti locali che nel maggio 1909 scambiò anche una serie di lettere con la contessa Elena da Persico per invitarla a tenere una conferenza sulla questione femminile e la donna cattolica, in quanto nell’isola in quell’anno lavoravano quasi mille merlettaie e circolava aria di sovversivismo544. Il sacerdote Costantini narrava di aver visto, in un giorno non identificato, uscire dalla sacrestia della chiesa buranese il parroco Lacchin545 assieme a un altro uomo. Il primo portava dei merletti come cintura e nonostante l’attenzione rivolta dal parroco Costantini a questa “strana moda”, egli sottolineava di non essersi accorto subito del furto, notato solamente in occasione delle funzioni serali546. Del pittoresco episodio, in cui non si specifica quanti e quali merletti vengano rubati, colpisce che sia proprio un personaggio come don Enrico Lacchin a rendersi responsabile del furto dei merletti di Burano, in quanto questi, oltre a essere citato nei documenti come il “famoso Lacchin”547, detiene una laurea in lettere, è insegnante in seminario e alla regia Accademia e ricordato come “fine e competente cultore di storia delle arti” e “apprezzato segretario della commissione diocesana di arte sacra”548

.

540

Venezia, Archivio Correr, b. 1911, f. nota n. 107 del 1911, Acquisto chiesa parrocchiale di Burano, lettera manoscritta del 18 marzo 1910 inviata dal direttore del Museo Correr Angelo Scrinzi.

541 Il parroco Giovanni Battista Cottin muore nel 1939 all’età di 69 anni. Egli fu Cooperatore ai Santi Apostoli, rettore al ricovero di San Zanipolo, parroco a San Luca, arciprete a San Pietro di Castello per 26 anni; viene ricordato come “sacerdote di fervida fede, ed esemplare fedeltà al servizio pastorale”. Si veda Ricordo dei sacerdoti dell’ultimo

cinquantennio, Venezia 1961, p. 52.

542

Il parroco Dario Costantini, morto nel 1956 all’età di 82 anni, fu cooperatore e poi per molti anni parroco a Burano, canonico residenziale a San Marco e per un anno direttore spirituale nel Seminario; egli mantenne per tutta la vita la semplicità di un fanciullo, e la delicatezza propria di un’anima gioiosa della propria consacrazione a Dio” (ibidem). 543 Ibidem.

544

S. Tramontin, Iniziative sociali dei cattolici fra Ottocento e Novecento, in La chiesa di Venezia nel primo Novecento, a cura di S. Tramontin, Venezia 1995, pp. 130-131.

545 Venezia, Archivio Correr, b. 1911, f. nota n. 107 del 1911, Acquisto chiesa parrocchiale di Burano, lettera manoscritta del 18 marzo 1910 inviata dal direttore del Museo Correr Angelo Scrinzi. Il parroco Enrico Lacchin, morto all’età di 49 anni nel 1935, si laureò in lettere e fu cooperatore a Santo Stefano. Si veda Ricordo dei sacerdoti

dell’ultimo cinquantennio, cit, p. 41.

546

Venezia, Archivio Correr, b. 1911, f. nota n. 107 del 1911, Acquisto chiesa parrocchiale di Burano, lettera manoscritta del 18 marzo 1910 inviata dal direttore del Museo Correr Angelo Scrinzi.

547 Ibidem. 548

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La sensibilità nei confronti dei manufatti non doveva appartenere troppo neppure a don Dario Costantini se Gino Fogolari testimoniava che “detti merletti erano tenuti senza alcuna cura e in modo che facilissimo ne era l’asporto”549, tanto da opporsi alla riconsegna del merletto alla chiesa, proponendo al Ministero della Pubblica Istruzione “un’inchiesta in via amministrativa per stabilire se la colpabilità o almeno la grave trascuratezza nel custodire gli oggetti artistici di sua proprietà non rendesse immeritevole la Fabbriceria di riavere in libero possesso il merletto in questione”, oltre che un deposito temporaneo al Museo Correr fino alla presa della decisione definitiva550. Il Soprintendente Fogolari richiedeva in questo modo l’applicazione dell’art. 4 della legge n. 36 del 20 giugno 1909551, sostenendo anche il mantenimento della custodia del merletto al Museo Correr “almeno sino a quando non siano recuperati gli altri due, e che la Fabbriceria di Burano non dia speciale garanzia di conservarli senza pericolo”552

. Le richieste venivano approvate in data 3 gennaio del 1912 dal Ministero della Pubblica Istruzione553, in particolare dalla figura di Corrado Ricci554, che richiedeva a sua volta l’approvazione al Ministero di Grazia e Giustizia e dei Culti; veniva in seguito discussa dal Consiglio Superiore delle Belle Arti, il quale esprimeva il parere “che