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Dalle misure per l’emergenza a quelle strutturali e di rilancio

Nel documento RAPPORTO REGIONALE PMI 2020 (pagine 98-101)

In un’ottica di rilancio, è necessario evitare brusche interruzioni del sostegno alla liquidità e avviare misure più orientate agli investimenti e

6.3. Dalle misure per l’emergenza a quelle strutturali e di rilancio

La diffusione del virus Covid-19 ha prodotto un devastante shock sull’economia globale e continuerà anche nei prossimi mesi a condizionarne pesantemente le aspettative di ripresa, vista la sua attuale diffusione in alcune grandi economie e i rischi di nuovi focolai di infezione in quelle europee - le cui Istituzioni stanno faticosamente e con grande determinazione cercando di concordare una efficace strategia per rilanciarle e rafforzarle.

Per le imprese, e in particolare per le PMI, è immediatamente emersa l’esigenza, per alcune, di sopravvivere al blocco e, per altre, alla forte riduzione dei ricavi.

universale”) da ammortizzatori sociali erogati con lentezza e difficoltà (a fronte del blocco dei licenziamenti); costi fissi parzialmente e selettivamente compensati da contributi pubblici prevalentemente erogati con crediti d’imposta; oneri fiscali e contributivi e pagamenti di varia natura sospesi e rinviati; indennizzi e esenzioni fiscali limitati e applicati in modo più o meno restrittivo. Tutte misure mirate a salvaguardare la liquidità delle imprese, supportate soprattutto da massicci interventi di prestiti e garanzie erogati tramite banche e intermediari finanziari, anche in questo caso con non poche difficoltà di avvio e di concreto e tempestivo sollievo per le imprese.

Meno rilevanti, per ora, sono state le misure di sostegno degli investimenti, so-prattutto quelle del cd. DL “Rilancio”, preferendo un’azione limitata e indiretta (ma che potrebbe essere significativa per i settori interessati) sul lato della domanda privata (ristrutturazioni edilizie, mobilità a basso impatto ecologico) e limita-tamente di quella pubblica.

Senza dimenticare che la limitata tempestività e le modalità attuative di tali misure hanno generato non pochi problemi alla stessa liquidità che si avrebbe voluto tu-telare, va detto che si tratta di interventi che hanno una logica “difensiva”, più di mantenimento dell’esistente che, sia pure con modalità e dimensioni diverse, po-trebbero continuare in funzione del “trascinamento” degli effetti economici sulle imprese e di eventuali e scongiurabili ondate successive di contagio. In ogni caso, si tratta di misure che possono contribuire limitatamente al sostegno del rilancio economico e degli investimenti, pur con tutte le incertezze che gravano sul futuro dell’economia globale ed europea, per il quale si potrà e si dovrà agire su più fronti e con diversi strumenti, finanziari e operativi, da collocare nel contesto delle po-litiche di riforma richieste per l’utilizzo delle consistenti risorse messe in campo dall’UE.

Appare evidente l’esigenza di un’azione più incisiva sulla domanda pubblica, per i suoi effetti diretti e indiretti sulla ripresa. La recentissima entrata in vigore del DL “Semplificazione” 76/2020, potrebbe offrire, in tal senso, una spinta si-gnificativa agli investimenti pubblici, per ora circoscritta alle previsioni del Bilancio 2020 e ai suoi sviluppi tendenziali, ma in prospettiva alle rilevanti risorse che l’UE si accinge, si spera presto, a programmare definitivamente già dal 2020 e per il ciclo 2021-2027.

Ma ancor più evidente risulta la necessità di sostenere i processi di investimento delle imprese, soprattutto delle PMI, le più esposte al rischio di chiusura e alle conseguenti perdite occupazionali indotte dagli effetti del Covid-19, in particolare nel Mezzogiorno. Le misure straordinarie adottate per sostenere la liquidità dovrebbero progressivamente chiudersi entro il 2020, in particolare quelle con-sentite dal QT della Commissione europea. Pur considerando i rischi della crescita dell’esposizione debitoria acquisita dalle imprese, anche per il largo impiego degli strumenti messi in atto dal Governo e l’impatto ancora incerto delle misure a sostegno della patrimonializzazione, sarà fondamentale mantenere, anche ritornando agli standard precedenti il QT, una adeguata capacità di intervento degli interventi di garanzia (Fondo Centrale per le PMI in primis, ma anche di altri strumenti) soprattutto e non solo in funzione del sostegno all’esercizio, quanto anche agli investimenti.

Per questi ultimi è fondamentale sfruttare tutte le opportunità finanziarie attuali e previste, già disponibili nei Fondi europei e nazionali e ancor più in previsione delle rilevanti risorse aggiuntive provenienti dal Bilancio dell’UE 2021-2027, in particolare quelle destinate al Piano nazionale di Rilancio che utilizzerà le risorse del New Generation Europe nel periodo 2021-2024.

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Nel predisporre una programmazione degli investimenti coerente con le profonde riforme strutturali a cui va strettamente collegata, un’efficace azione capace di integrare le grandi finalità dettate dall’UE – sostenibilità, resilienza e digita-lizzazione - con obiettivi di superamento delle criticità strutturali delle PMI, va-riamente diversificati tra Mezzogiorno e Centro-Nord e tra Regioni, declinati anche in una prospettiva di sviluppo regionale e di coesione territoriale, conduce

necessariamente a promuovere l’impostazione di una politica nazionale per

le PMI, che sappia impiegare efficacemente e tempestivamente le cospicue ri-sorse disponibili e programmabili.

Per le politiche di coesione e sviluppo regionale, a seguito della riprogrammazione dei Fondi SIE - con un utilizzo previsto di circa 10 miliardi di euro a rendiconta-zione di spese sostenute per l’emergenza sanitaria, ma da riallocare sui Pro-grammi operativi complementari (POC) nazionali e regionali - dovranno anche essere impegnate e poi impiegate le risorse residue del ciclo 2014-2020, a cui si aggiungeranno risorse, sempre provenienti dall’UE, per sostenere la transizione verso il ciclo 2021-2027, per complessivi 52,5 miliardi di euro, di cui circa 15 miliardi destinabili all’Italia, da impegnare negli anni 2020-2022, di cui 47,5 miliardi resi disponibili dal New Generation Europe. Quest’ultimo strumento, con una dotazione (in attesa di conferma) di 312 miliardi di sovvenzioni e 360 miliardi di prestiti, potrebbe destinare all’Italia, per il Piano nazionale di Rilancio, circa 185 miliardi di euro (58 miliardi di sovvenzioni e 127 miliardi di prestiti). Sempre dall’Europa, il Bilancio 2021-2027 prevede risorse per investimenti per l'occu-pazione e la crescita delle politiche di coesione per 322 miliardi euro, di cui circa 38 miliardi dovrebbero essere riservati all’Italia. Da segnalare, grazie ad una combinazione tra risorse per la coesione e del New Generation Europe (per complessivi 17,5 miliardi di euro, di cui, per ora, sono ipotizzabili risorse per circa 1 miliardo all’Italia), l’attenzione particolare dedicata ai problemi regionali di riconversione industriale per la de-carbonizzazione e la transizione verde, che necessiterà di alcuni adeguamenti necessari ai reali fabbisogni di intervento nel nostro Paese, che emergono dalle analisi basate sui cd. “settori transitional”. Inoltre e non secondaria, c’è da considerare tutta la riprogrammazione nazionale del Fondo Sviluppo e Coesione (FSC), che dovrà condurre ad una ripartizione delle risorse provenienti da ben tre cicli di programmazione (2000-2006, 2007-2013 e 2014-2020) tra interventi effettivamente realizzabili e da realizzare (risorse già impegnate e impegnabili) e interventi da riprogrammare con Piani di Sviluppo e Coesione (PSC), a cui si prevede di aggiungere, secondo il Piano Sud 2020-2030, ulteriori e rilevanti risorse per quasi 60 miliardi di euro per il ciclo 2021-2027. Siamo di fronte ad una straordinaria opportunità non solo di rilanciare l’economia del Paese, ma anche di avviare quei profondi cambiamenti strutturali di cui l’Italia ha ormai bisogno da un ventennio, in cui le PMI del Mezzogiorno e del Centro-Nord possono svolgere un ruolo determinante, se sapranno affrontare con decisione le loro rilevanti criticità e potranno contare su un’efficace politica di interventi da attivare già nell’immediato e da completare con impegno e re-sponsabilità nel medio e nel lungo termine.

L’Unione Europea ha, al centro della sua agenda, l’ambizioso obiettivo

di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. È un impegno che

comporta la riconversione nei prossimi anni di una parte importante

del sistema produttivo europeo.

In questo capitolo monografico, si analizza il potenziale impatto di

queste trasformazioni sulle imprese italiane. In particolare, si valutano

i potenziali effetti della Tassonomia UE per la Finanza Sostenibile, con

un focus sulla capacità delle nostre imprese di sostenere gli investimenti

necessari alla riconversione e sull’impatto territoriale delle nuove norme.

Questi risultati sono analizzati alla luce dei criteri di allocazione delle

risorse previsti dal Just Transition Fund, il principale ammortizzatore

economico e sociale previsto a livello comunitario per la transizione

Nel documento RAPPORTO REGIONALE PMI 2020 (pagine 98-101)

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