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METODI DI RICERCA DEGLI ESOPIANET

3.4 Esempi rilevanti di micro-lensing planetario

3.4.3 MOA-2010-BLG-

L’evento di microlente MOA-2010-BLG-311 qui dunque considerato come

esempio antecedente è un evento ad alto ingrandimento della sorgente ( ) che grazie alla possibilità di avere una completa copertura oltre il

picco rende più facile l’individuazione dei corpi planetari (Yee et al 2012). Gli eventi in cui sono considerati ad alto ingrandimento della sorgente e sono quelli ottimali e di maggiore efficacia nelle osservazioni con il metodo della

microlente. Ne segue che tali eventi sono quelli maggiormente utilizzati e conseguentemente analizzati per l’identificazione degli esopianeti.

Per questo evento è importante trattare la rinormalizzazione degli errori per poter comprendere la relazione tra l’indeterminatezza di questi valori e la difficoltà di poter affermare con certezza che il corpo individuato sia un pianeta. Gli errori calcolati per ogni dato nell’ambito più esteso dell’insieme dei dati derivanti dalle osservazioni con il metodo della microlente possono essere frequentemente sottostimati. Sottostimare gli errori porta conseguentemente ad una sovrastima del valore calcolato tra i due modelli relativi all’evento ovvero sistema di lenti a due corpi e ad un punto. Riscalando gli errori con un singolo fattore k è possibile compensare la loro sottostima al primo ordine. Il fattore k è scelto per ogni insieme di dati i cosicché si ha ottenendo un con gradi di

libertà . Questo schema di rinormalizzazione degli errori viene definito “ errori ad un parametro “. Calcolando in alternativa due fattori, k e , è altresì possibile ottenere una rinormalizzazione con un metodo più complesso definita come “ errori a due parametri “. In questo caso i dati vengono ordinati in base all’ingrandimento e gli errori vengono rinormalizzati come:

dove sono gli errori originali e sono i nuovi errori ed il calcolo è effettuato

in magnitudini. L’indice i si riferisce ad un particolare insieme di dati mentre l’indice j è riferito ad un punto particolare di questo insieme. Il termine addizionale incrementa una incertezza minima in magnitudini perché la grandezza del flusso ad alti ingrandimenti può rendere irrealisticamente bassi gli errori della misurazione. In Figura 3.14 sono visibili i residui relativi al . I residui sono qui evidenziati allo scopo di comparare il modello ad un punto con quello planetario ed espressi come differenza tra la distribuzione cumulativa del ed il valore atteso . Per entrambi i modelli la distribuzione cresce gradualmente oltre il picco dell’evento. Si può inoltre notare un salto nel modello ad un punto relativo al tempo del primo attraversamento del lembo che è maggiormente evidente nel pannello relativo alla differenza tra i due modelli. Al tempo del salto è possibile osservare il segnale planetario ed è dunque un parametro significativo nell’ambito del metodo della microlente gravitazionale. In questo caso non è possibile avere certezza che il segnale sia attribuibile ad un corpo planetario sebbene il valore trovato possa essere considerato accettabile ed il segnale planetario sia indicativamente diviso in modo equo tra il salto al primo attraversamento del lembo ed una crescita più graduale dopo il salto al secondo attraversamento. Da queste analisi è evidente come il valore del

sia fondamentale per ottenere una certezza nell’identificazione del corpo planetario avendo dimostrato quanto sia funzionale all’ottenimento di questi

risultati insieme alla rinormalizzazione degli errori che sono valori ad esso collegati.

Figura 3.14: Differenza tra la distribuzione cumulativa del e la distribuzione attesa ( residui relativi al ) per gli “ errori ad un parametro “, nel pannello superiore, e per gli “ errori a due parametri “ nel pannello inferiore. In ogni pannello in a vi è la distribuzione per il modello ad un punto, in b per il modello planetario ed in c vi è la loro differenza. I dati sono riferiti all’evento MOA-2010-BLG-311 (Yee et al. 2012).

In Figura 3.15 viene rappresentata la possibile posizione dell’evento di microlente nell’ammasso globulare NGC 6553. Calcolando il moto proprio della sorgente nel sistema delle lenti è possibile determinare la sua possibile appartenenza all’ammasso. Nel nostro caso fu trovato un moto proprio relativo di NGC 6553 rispetto al Bulge di (Zoccali et al. 2001) il quale

combinato con le misurazioni della densità stellare permette di stabilire che il sistema sia molto probabilmente parte di questo ammasso globulare. In Figura 3.16 è invece possibile osservare l’eccesso di densità stellare nel fondo attorno all’ammasso NGC 6553.

Figura 3.15: Possibile posizione dell'evento di microlente nell'ammasso globulare NGC 6553 evidenziata dal cerchio verde (Yee et al. 2012).

Figura 3.16: Eccesso di densità stellare nel fondo attorno all'ammasso globulare NGC 6553. Il centro dell'ammasso è posizionato a . L’evento di microlente evidenziato dalla linea tratteggiata è a

Si può dunque concludere nella trattazione di questo evento che per quanto non siano sufficienti gli elementi per poter determinare con certezza che il segnale appartenga ad un corpo planetario esistono tuttavia evidenze significative in tal senso. Tali evidenze sono relative al fatto che la presenza del pianeta potrebbe meglio giustificare alcuni dei risultati derivati dalle osservazioni ed in particolare riguardo alla curva di luce (Figura 3.17). Inoltre la magnitudine del segnale è in relazione al fatto che gli errori sono rinormalizzati utilizzando dei fattori ad un parametro od a due parametri mentre si può sostenere che per segnali di attraversamento del lembo che sono di breve durata sono più appropriati gli errori ad un parametro.

Figura 3.17: Curva di luce di MOA-2010-BLG-311. I differenti colori sono riferiti alle diverse osservazioni. La linea nera evidenzia il modello del sistema delle lenti con il fit migliore. Gli errori sono riferiti al modello ad un parametro (Yee et al 2012).

Con tali errori si ha valore ancora insufficiente per ottenere la certezza che il segnale sia attribuibile ad un pianeta. Si consideri come l’intervallo di appartenenza del entro cui il pianeta sia da considerare come identificato dai processi osservativi è stato suggerito in (in Gould et al. 2010) e più precisamente in altri contesti relativi ad altri eventi sono stati rilevati i seguenti valori da considerare come ottimali e funzionali all’identificazione certa della natura planetaria del corpo osservato attraverso il metodo della microlente:

- MOA-2008-BLG-310: (Janczak et al. 2010)

- OGLE-2005-BLG-390: (Beaulieu et al. 2006)

Mentre in MOA-2011-BLG-293 il valore è considerato insufficiente per avere la certezza dell’identificazione (Yee et al. 2012).

Per eventi ad alto ingrandimento occorre avere dei valori alti del (inoltre necessitano di una maggiore accuratezza e completezza di dati) per l’identificazione del pianeta ma tali eventi sono da considerarsi come ottimali in questo ambito di ricerca e saranno così successivamente i principali strumenti utilizzati nella ricerca dei pianeti extrasolari con il metodo della microlente.