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L’impiego di questo trasmetti­

tore è molto semplice; premen­ do il pulsante PI si attiva il servocomando del ricevitore del primo canale, premendo il pul­

sante P2 si attiva il servocoman­

do del ricevitore del secondo canale. Il servocomando rimane in posizione « ON » fintantoché il pulsante rimane premuto. Per

le particolari caratteristiche del circuito non è possibile inviare contemporaneamente le due no­ te; premendo contemporanea­

mente i due pulsanti infatti il trasmettitore non emette alcun segnale. Premendo contempora­

neamente i due pulsanti si ri­ schia anzi di danneggiare il cir­

cuito; per questo motivo è con­

sigliabile collegare in serie ad ogni pulsante una resistenza da 330 Ohm. Per inviare contem­

poraneamente le due note è ne­

cessario utilizzare un terzo pul­ sante come indicato nello sche­

ma elettrico. A questo punto non rimane che attendere l’uscita del prossimo numero di Radio Elet­ tronica sul quale verrà descritto il ricevitore a due canali da uti­

lizzare con il trasmettitore de­

scritto in queste pagine.

Fine della Ia parte 49

C

irca i riduttori di tensione continua impieganti i soliti zener come riferimento esiste ormai una marea di schemi, di kite di prodotti finiti reperibilis­

simi sul mercato per cui sem­

brerebbe inutile occupareancora dello spazio per un tale argo­

mento.

Sembrerebbe, ma non lo è in quanto non tutti hanno le idee molto chiare circa il modo di progettarli ed inoltre è questa una delle prime realizzazioni in cui si cimentano di solito quanti sono alle prime armi.

Cominciamo col dire due bre­

vi parole sui modelli già montati o in kit reperibili sul mercato a prezzi molto accettabili. Ac­ quistandoli bisogna badare non solo alla tensione ma anche alla corrente massima che possono sopportare in uscita la quale de­

ve essere, per prudenza, sempre superiore a quella richiesta dal carico, radio o mangianastri che sia. Questa la potete misurare con un semplice tester, usato come milliamperometro, e posto in serieall’alimentazione. Lami­ sura va fatta tenendo l’apparec­ chio al massimo volume, condi­

zione nella quale è pure massi­

mo l’assorbimento di corrente.

Esistono.poi dei riduttori in grado di fornire due o tre di­ verse tensioni di uscita; per que­ sti è utile farsi dire dal rivendi­

tore quale è la massima corren­ te che possono sopportare alla più bassa delle tensioni di uscita fornite. Il perché di questo lo vedremo nel corso dell’articolo.

Entriamo nel vivo dell’argo­

mento vedendo brevemente due semplici forme di riduttori di tensione la prima delle quali è costituita dal semplice partitore resistivo.

La tensione fornita in uscita

Alcuni esempi pratici per realizzare dei riduttori di tensione che consentono di adattare i 12 volt della batteria

è proporzionale al rapporto fra la resistenza R2 e quella totale della rete secondo la formula:

Vòut — Vin X R2/R1-ER2 Per un corretto uso di tale parti­ tore bisogna fare in modo che la corrente che scorre attraverso di

50

dell'auto alla tensione di

funzionamento del registratore a cassetta o della radiolina che utilizziamo a casa.

esso (lt) sia maggiore di quella che scorre nel carico (le).

L’uso di questo dispositivo è limitato ai carichi che assorbono basse correnti quasi costanti nel tempo come i cicuiti di bassa potenza ad uno o due

transi-stors.

Un altro metodo per ridurre la tensione consiste nello sfrut­ tare la caduta di potenziale che si manifesta ai capi della giun­

zione di un diodo al silicio. Con­

siderando che in media tale ca­

duta vale 0,65 V per scendere, ad esempio, da 12 a 9 V si ren­

dono necessari almeno quattro dìodi (9,4 V) o cinque (8,75 V) connessi in scrig. La corrente ot­ tenibile in uscita è pari a quella massima sopportabile dai diodi medesimi.

Questo semplice circuito va benissimo solo quando si dispo­ ne di una sorgente di tensione già stabilizzata, in quanto le va­

riazioni della Vi,-, si ripercuotono esattamente sulla Vout e quindi non è consigliabile usarlo per ali­

mentare mangiadischi ed affini per mezzo della batteria della automobile. Infatti la tensione erogata dalla batteria dell’auto varia da 12 a 13,5 V a seconda delle condizioni di carica.

Per tale applicazione è tassa­ tivo fare ricorso ai riduttori di tensione a transistor la cui ten­ sione di uscita risulta inoltre sta­ bilizzata nei confronti delle va­

riazioni della tensione di in­ gresso e della corrente assobita dal carico. Entriamo così nel vi­

vo dell’argomento e passiamo a vedere uno schema classico di un tale dispositivo.

Questo rimarrà uguale per tutti i riduttori che verrano pro­ posti e così pure il master rela­ tivo. Varieranno di volta in vol­

ta solo i valori dei componenti a seconda della tensione e della corrente di uscita richieste.

11 cuore di tutto è lo zener dal quale dipende il valore della ten­ sione di uscita e la stabilità della medesima.

Dando per scontato che di lui 51

Nei disegni tre esempi di riduttori di tensione:

a partitore resistivo; a diodi ed a controllo stabilizzato.

sappiate vita morte e miracoli parleremo qui, brevemente, solo della corrente massima di zener e della sua resistenza dinamica.

La corrente di zener è la cor­ rente massima, inversa, soppor­ tabile dalla giunzione e non va mai superata (pena la distru­ zione del dispositivo); essa è tanto maggiore quanto più ele­ vata è la potenza dissipabile dal diodo: ciò condiziona la scelta del valore delle resistenze R2 ed R3.

La somma dei valori di que­

ste due deve essere tale da deter­ minare ai loro capi una caduta di potenziale pari alla differenza fra la Vin massima e la Vzener del diodo quando nelle medesime scorre una corrente inferiore, anche di poco per motivi di si­ curezza, a quella massima di zener.

Vediamo la cosa con un esempio. Sia Vjn massima 13,5 V; la Vout ovverosia Vzener 7,5 V e sia la lzener massima pari a 10 mA: ecco i calcoli per una Izener tenuta a soli 8 mA.

13,5 — 7,5 = 6 V R = V/I = 6/8 X IO“3

= 750 Ohm

Si può allora porre R2 pari a 250 Ohm ed R3 pari a 500 Ohm.

Passiamo ora a definire la re­

sistenza dinamica dello zener la quale non è chiaramente misu­ rabile con il tester ed infatti la si esprime non in Ohm ma in V/mA. Essa sta ad indicare di quanto varia la tensione di rife­

rimento fornita dal diodo quan­

do la corrente di zener che lo attraversa varia di un milliam- père.

Posto, per esempio, che il va­ lore di questa resistenza dina­ mica sia di 0,1 V/mA vediamo di quanto varia la tensione di ri­ ferimento fornita dal diodo del­ l’esempio precedente quando la tensione di alimentazione scen­

de da 13,5 a 12 V.

12 — 7.5 = 4.5 V I = V/R = 4,5/750 = 6 mA

La corrente di zener passa da 52